18 Marzo 2018. Negli ultimi mesi trascorsi, quando si preparavano le elezioni politiche e la propaganda la faceva da padrona, si sentiva parlare pomposamente di ripresa, di Pil in salita, di occupazione sempre più florida. Già, l’occupazione lavorativa. Sennonché si offrivano alla gente le cifre inerenti agli occupati per una sommatoria di per sé nemmeno tanto onesta. Ovvero, in quel computo andavano a cadere una moltitudine di precari, di lavoratori a tempo determinato che, assunti in forza delle disposizioni di legge, per le stesse disposizioni dopo tre mesi potevano essere licenziati e così l’esercito dei senza lavoro non faceva che aumentare. Dunque più occupazione apparente e più gente affamata, scontenta e delusa.
L’ISTAT ha pubblicato il suo ultimo rilevamento su occupati e disoccupati, che mostra come lo scorso novembre lavoravano in Italia 23 milioni e 183 mila persone, il numero più alto dal 1977, quando iniziarono le serie storiche dei suoi rilevamenti. Significa che mai così tante persone hanno lavorato nel nostro paese.
I dati mostrano anche un calo della disoccupazione in generale e un parallelo calo della disoccupazione giovanile. Sono buone notizie, ma sindacati e opposizioni fanno notare che i nuovi posti di lavoro sono quasi tutti instabili e precari e che il tasso di disoccupazione in Italia è ancora tra i più alti in Europa (soltanto Spagna e Grecia vanno peggio di noi).
Gli “occupati” sono il totale degli italiani che lavorano, definiti dall’ISTAT come coloro che nella settimana di riferimento hanno lavorato almeno un’ora. Il “tasso di occupazione”, quindi, è la percentuale di coloro che sono “occupati” sul totale della popolazione in età attiva, definita come tutti coloro che hanno tra i 15 e i 64 anni. Al record degli occupati, più di 23 milioni, corrisponde anche il record del tasso di occupazione, arrivato per la prima volta al 58,4 per cento.
I posti di lavoro sono aumentati, mentre la disoccupazione scende leggermente ma in modo stabile. Qui però cominciano i problemi attinenti ai nuovi dati ISTAT. Poi venne il periodo delle decontribuzioni, quando chi assumeva a tempo indeterminato otteneva uno sconto fiscale della durata di tre anni. In questo periodo poco meno di metà dei nuovi posti di lavoro era a tempo indeterminato, 481 mila, e circa il 60 per cento era a tempo determinato, 659.
I critici, come i sindacati, sottolineano che appena sono terminate le decontribuzioni, i posti precari sono tornati ad aumentare sensibilmente. Secondo loro questi lavori precari sono molto spesso a basso valore aggiunto, con stipendi inferiori alla media e condizioni poco soddisfacenti. È senza dubbio vero che parte dei nuovi lavori sono part-time o comunque a bassa retribuzione. Molti dei nuovi occupati sono probabilmente “sottoccupati”, persone che vorrebbero un’occupazione a tempo pieno, ma che sono costretti ad accettare un lavoretto. Il sospetto che quelli che hanno ottenuto siano lavori di bassa qualità è forte tra gli esperti.
Poi i calcoli si fecero probabilmente un po’ più seri ed ecco quel che ne è venuto fuori. Oggi come oggi peggiora la qualità dell’occupazione in Italia. A fine 2017 si è toccato il record delle persone comprese nell’area del disagio: oltre quattro milioni e mezzo. Sono dati provenienti dallo studio “Lavoro: qualità e sviluppo” del “Fondo Di Vittorio” della Cgil. Nel quarto trimestre 2017 le ore lavorative sono state inferiori del 5,8%, l’equivalente di 667 milioni in meno rispetto al primo trimestre 2008 e le unità di lavoro sono il 4,7% in meno ossia 1,2 milioni di unità. Negli ultimi cinque anni sono aumentati “fortemente” i part-time involontari e, negli ultimi due, i contratti a tempo determinato. È questo il benessere, è questa la dignità di esistenza che la politica riesce a garantire ai suoi cittadini che, come par vero, considera vedere e udire con gli occhi e gli orecchi foderati di bambagia?
20 Marzo 2018. Sicché oggi ricorre la Giornata della Felicità. Dobbiamo proprio essere felici? Con quel che ci succede intorno? L’Ocse, nel suo rapporto “Going for Growth 2018”, comunica che “la crescita economica in Italia rimane debole e la disoccupazione è alta, specialmente tra i giovani e i disoccupati di lungo termine”. Rimane molto lavoro da fare su “produttività e investimenti, lavoro e competenza, ma anche sulla povertà infantile” per “sostenere la crescita, migliorare la Pubblica Amministrazione e la lotta alla corruzione”.
12 Aprile 2018. Dalle ultime tabelle Istat: Il numero di famiglie prive di redditi da lavoro in Italia, calcolato per l’anno 2017, si trova ancora sopra il milione, esattamente 1.070.000. Nel Mezzogiorno sono 600.000 i nuclei familiari senza lavoro ossia famiglie ove tutti i componenti attivi sono disoccupati. Il tasso di occupazione per le donne single è del 70,1%.
22 Aprile 2018. L’Italia, secondo le ultime statistiche Eurostat, è al penultimo posto in Unione Europea nella classifica per l’occupazione: raggiunge il 62,3% nel 2017, migliore soltanto della Grecia che si colloca con il 57,8%. Per le donne la percentuale riferita all’occupazione è ancora peggiore: 52,5% in Italia e 48% in Grecia.
28 Aprile 2018. Ancora sulla povertà. È stato calcolato che in Italia, nel 2016, il 12,1% dei pensionati vive in condizioni di grave deprivazione. Superiamo, oggi, le stime che ci riportano al 2015, allorché la percentuale si fermava all’11,5%. Oltre un quarto di questi sfortunati risiede in Sicilia (il 26,1%) e in Campania (il 25,9%). Il nostro Paese supera di 4,6 punti percentuali la media detenuta dall’Unione Europea. Il dossier elaborato da Istat, che mette a conoscenza questi dati, rileva ancora un endemico ritardo in ambito europeo, non disgiunto dall’effetto “forbice” a livello territoriale tra il Centronord (a quota 70,2%) e il Sud (a quota 47,7%) d’Italia. Forte si rivela anche lo squilibrio di genere, ossia il 72,3% dei maschi occupati contro il 52,5% delle donne.
29 Aprile 2018. Ma dove vanni i nostri soldi? L’Agenzia Cgia comunica che nel periodo intercorso tra il 2010 e il 2017 le manovre della finanza pubblica hanno comportato cali di risorse da destinarsi alle Autonomie locali per 22 miliardi di Euro. I più colpiti dalle restrizioni sono i Comuni, sofferenti di un taglio che nel 2017 ha bloccato gli 8,3 miliardi e le Regioni a Statuto ordinario con meno 7,2 miliardi. A pagare l’ammanco, come sempre, sono i cittadini che si vedono diminuite sia la quantità sia la qualità dei servizi. Già non basta il tasso di disoccupazione, diventato una peste endemica del nostro Paese. Ma perché non impariamo anche un po’, ad esempio, dai Tedeschi? Da noi, a vedere dalle stime di Eurostat, nel 2017 l’occupazione era al 58% delle persone con età al di sopra dei 35 anni e in possesso di titolo di educazione terziaria, a fronte dell’82,7% riportato dai 28 Stati dell’Unione Europea. Peggio di noi sta soltanto la Grecia, con un livello del 54%. In Germania, invece, entro tre anni dal conseguimento del diploma di laurea, trova lavoro il 92,7% dei giovani.
6 Maggio 2018. In Europa, le ultime quattro regioni per tasso di occupazione femminile sono italiane, con la Sicilia fanalino di coda, Comunica Eurostat che in Sicilia lavora solo il 29,25% delle donne di età compresa fra i 15 e i 64 anni, a fronte del 64,2% della media europea e del 48,9% della media italiana. Poco meglio stanno la Campania (29,4%), la Calabria (30,2%), la Puglia (32%). Le zone con il maggior numero di donne occupate si trovano in Germania (76%) e in Finlandia (80,4%). In tema di occupazione l’Italia resta al penultimo posto in Europa, con il 58% contro il 67,6% della media europea, precedendo soltanto la Grecia.
9 Maggio 2018. Viene da Confcommercio la notizia che a marzo 2018 l’indice sul disagio sociale è salito a quota punti 17,6, in aumento di 0,4 rispetto al mese precedente. La recrudescenza del disagio sarebbe dovuta alla dinamica dei prezzi di beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto e alla stabilità della disoccupazione estesa.
10 Maggio 2018. Oggi l’Istat pone l’accento sull’aumento del numero di persone che in Italia si trovano nella condizione di povertà assoluta. Il presidente Alleva rende noto che nel 2017 il fenomeno ha riguardato circa cinque milioni di persone, pari all’8,3% dei residenti. Da notare che nel 2016 la quota toccava il 7,9% e nel 2008 il 3,9%. Le famiglie con nessun membro occupato nel lavoro arrivano a contare l’entità di un milione centomila, come dire il 6,9%, mentre nel 2016 erano al 6,3% e nel 2008 al 4%. Ancora, il 56,1% di tali famiglie si trova nel Mezzogiorno d’Italia, vale a dire 7 famiglie su 100, quando al Nord sono solo 2 su 100.
17 Maggio 2018. La Commissione UE ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia europea per aver violato le norme europee antismog: sono stati ripetutamente superati i limiti UE per il particolato Pm10, ma anche per i rifiuti radioattivi in quanto non è stata assicurata la piena conformità alla direttiva in materia e per non aver applicato le misure UE contro la diffusione del batterio killer degli ulivi, la xylella, tra cui l’abbattimento delle piante. – Ma, ancora una volta, questi cosiddetti politici, oltre a godere di stipendio e benefici, che ci stanno a fare? Se soltanto si preoccupassero di onorare le direttive UE…
19 Maggio 2018. Eurostat conferma l’ascesa del divario fatto registrare dal Pil italiano nei confronti della media europea. Lo si è costatato nel 2017 allorché, al netto dell’inflazione, il Pil italiano è stato di 26.300 Euro, mentre quello medio europeo era di 27.600 Euro ossia ci troviamo al 4,71% in meno. Considerando il rapporto dall’inizio del secolo, il Pil pro capite in Italia è passato da un livello superiore del 18,8% alla media europea al -4,71% del 2017. La caduta a precipizio in 17 anni, dunque, è arrivata a quota 23,51%.
23 Maggio 2018. Il vicepresidente della Commissione Europea, Dombrovskis ha affermato che “L’Italia ha il più alto debito pubblico nell’area dell’Euro dopo la Grecia”, per cui occorre “stimolare la crescita tramite riforme strutturali e mantenere il deficit sotto controllo”.
28 Maggio 2018. Un’indagine dell’Anva Confesercenti rivela che il fatturato delle attività abusive del commercio ambulante è stimabile in 1,85 miliardi di Euro (16,7% del fatturato complessivo), con un corrispondente mancato gettito fiscale e contributivo valutabile in 967 milioni di Euro. La quota di operatori fuori legge in prossimità dei mercati per intercettare i clienti è molto elevata, come dire 15 operatori abusivi ogni 100 regolari, quota che in Campania raggiunge il 37%. Si tratta, in sostanza, di 105.000 ambulanti abusivi.
29 Maggio 2018. Piazza Affari chiude in forte calo, maglia nera in Europa. Il Ftse All Share è a quota -1,88%. Praticamente azzerati i guadagni 2018. La Borsa brucia così 12 miliardi di Euro (si sono persi 63 miliardi in dieci sedute). Pesano le incertezze sulla situazione politica. Male in particolare i titoli bancari. Lo spread Btp-Bund chiude sui massimi di seduta a 235 punti base, un livello che non si vedeva dalla fine del 2013. Queste le notizie del mattino.
A metà pomeriggio si legge il verificarsi di un’impennata dello spread a quota 320, con il superamento dei massimi da giugno 2014. L’indice Ftse Mib ha segnato -2,11% e All Share è a quota -1,96%. La Borsa di Milano è arrivata a perdere oltre il 3%. È in calo il clima di fiducia dei consumatori e delle imprese. A maggio il dato dei consumatori si contrae da 116,9 a 113,7, il livello più basso dallo scorso settembre. Il calo risente molto delle attese, fortemente peggiorate, sulla situazione economica del Paese.
7 Giugno 2018. La spesa sanitaria privata tocca i 40 miliardi. Dal 2013 al 2017 è aumentata del 9,6%. Nell’ultimo anno sono stati 44 milioni gli Italiani che hanno speso soldi di tasca propria per prestazioni sanitarie per intero o ticket. Sette milioni di Italiani si sono indebitati e 2,8 milioni hanno usato il ricavato della vendita di una casa o svincolato risparmi. La spesa sanitaria pesa di più per le famiglie a basso reddito e la tredicesima viene spesa in cure, 1.100 Euro annui.
8 Giugno 2018 L’Italia è terza in Europa, dopo Francia e Danimarca, per il consumo di cannabis e quarta per quello di cocaina. Nel nostro Paese fa uso di cannabis il 20,7% dei giovani e di cocaina l’1,9, ma sull’arco della vita si arriva al 6,8%.
11 Giugno 2018. Oggi si dice che in Italia il numero dei disoccupati sia in diminuzione di 69.000 unità, ma questa cifra va valutata alla luce di un’altra statistica, quella dei lavoratori precari che arrivano a 197.000 in più. Meno disoccupazione soltanto come notizia di facciata, ma comunque compensata da una “fabbrica” di lavoratori precari che occupati restano solo per un tempo limitato, quindi vanno a impinguare la fascia degli Italiani a rischio. L’area del disagio sociale non fa a meno di crescere: la schiera dei deboli si arricchisce di 128.000 persone in più. Gli Italiani che non ce la fanno a sbarcare il lunario e sono pertanto a rischio povertà ammontano a 9,3 milioni.
Questo succede qui da noi, nell’Italia altamente civile. E nel resto del mondo? Si pensi che più della metà dei bambini del mondo, e parlo di un miliardo e 200 milioni, è gravemente minacciata da uno stato di povertà, da conflitti o discriminazioni di genere. Queste le notizie che ci provengono dal Rapporto di Save the Children “Le tante facce dell’esclusione”. Il Niger si conferma il Paese al mondo a più alto rischio per i minori, seguito da Mali, Repubblica Centrafricana, Ciad e Sud Sudan. L’Italia, ottava nella classifica dei Paesi più a misura di bambino (i primi sono Singapore e Slovenia) ha 1,3 milioni di bambini e ragazzi in povertà assoluta.
14 Giugno 2018. L’accavallarsi del rallentamento dell’economia, frutto delle tensioni internazionali, allo stallo politico dopo le elezioni del 4 marzo, in Italia, ha prodotto uno strappo al ritmo di crescita. Secondo l’analisi Cer Ricerche di Confesercenti sono stati bruciati circa 5 miliardi, con la conseguenza di un +7,3 miliardi di disavanzo. Sono colpiti gli investimenti, in calo di 1,6 miliardi, e i consumi in flessione di 3,9 miliardi. Mi pare quasi di vedere questa povera nostra bella Italia nelle spoglie di un viandante che sfinito, colpito da mille traversie, procede a passi malfermi, appoggiato a un bastone sempre meno sicuro, come nei versi di Giacomo Leopardi: “Una lunga e breve corsa verso un Abisso orrido, immenso, / Ov’ei precipitando, il tutto oblia”.
Per altro verso continua la diminuzione del numero dei nati, iniziata nel 2008. Nel 2017 sono nati 458.151 bambini, nuovo minimo storico verificatosi dai tempi dell’Unità d’Italia (1861). Che sia anche questo un effetto del rallentamento dell’economia?
C’è poco da star tranquilli, perché ci aspettano al varco anche le notizie disastrose sul clima. L’Antartide ha perso 3.000 miliardi di tonnellate di ghiaccio dal 1992 a oggi. Negli ultimi cinque anni si è verificata una accelerazione che lascia presagire un futuro infausto per le zone costiere del nostro Pianeta a causa dell’innalzamento del livello dei mari, attualmente di circa 8 millimetri. I risultati dello studio provengono da un gruppo di scienziati, tra cui diversi italiani, e sono divulgati sulla rivista Nature. Lo scioglimento dei ghiacci si è triplicato negli ultimi cinque anni, raggiungendo una perdita pari ai due quinti del totale, nell’ultimo quarto di secolo.
Gli oceani s’innalzano, invaderanno le città costiere, e i deserti avanzano, milioni di individui disperati fuggono in cerca di salvezza. Il degrado del suolo dovuto a processi di desertificazione causati dal cambiamento climatico globale, ma anche dall’azione umana, avanza a una velocità impressionante. Il terzo rapporto del Centro Comune di Ricerca della Commissione europea ha evidenziato una perdita di suolo annuale di 14,8 milioni di chilometri quadrati, praticamente un’estensione pari alla metà dell’Unione Europa in un contesto che vede già un territorio fortemente compromesso con problemi di degrado sul 75% della superficie terrestre. Africa e Asia sono tra i continenti più colpiti. Il peggioramento della qualità del suolo potrebbe portare a una riduzione dei raccolti globali di circa il 10% entro il 2050. La maggior parte si verificherà in India, Cina e Africa sub-sahariana, dove il degrado del terreno potrebbe dimezzare la produzione agricola. Il costo economico di questo processo per l’Ue, sottolinea il documento, è stimato nell’ordine di decine di miliardi di euro all’anno. Sono problemi così lontani da non interessare forse anche noi?
Immagine di Copertina tratta da OECD.ORG.