Per i Giapponesi la conquista della Birmania voleva dire interrompere il passaggio di materiale dall’India alla Cina. Erano entrati in forze in Birmania il 16 gennaio 1942. I monsoni rendevano impraticabili le strade per cinque mesi all’anno.
Il generale Wingate il 17 febbraio 1943 inviò 2.300 uomini della brigata indiana nel cuore della Birmania per interrompere le vie di comunicazione ai Giapponesi e per sabotare la ferrovia Mandalay-Myitkyna impedendo così l’afflusso di materiale utile ad aprire la porta delle Indie. L’interruzione fu praticata il 1° maggio 1942. Il generale Charles Wingate detestava l’esercito, la disciplina nella sua inutilità e il sistema gerarchico, come tutta l’ortodossia. Trasformò gli Indiani in soldati scelti, i “Chindits”. Il 6 marzo le truppe di Wingate raggiunsero la ferrovia Mandalay-Myitkyna con lo scopo di tagliare a pezzi il percorso, far saltare i ponti, distruggere rotaie e provocare deragliamenti.
Allorché nel mese di maggio la 77a brigata rientrò in India percorrendo da 1800 a 2500 chilometri, da 3.200 uomini le restavano soltanto più 2.181. Le linee di comunicazione giapponesi subirono completa disorganizzazione e la ferrovia Mandalay-Myitkyna fu interrotta in oltre 75 punti.
Si alternavano le sorti delle battaglie: il 6 gennaio la 14a divisione riattaccò I Giapponesi asserragliati nelle città di Dombaik e Rachedaung. Il 18 marzo la 55a brigata indiana, attaccata ai fianchi dai Giapponesi, riparò in ritirata e il 5 aprile i nipponici riconquistarono la penisola di Mayu.
Da parte americana fu creato un Comando per il Sudest asiatico, affidato all’ammiraglio Louis Mountbatten il quale decise di concentrare gli sforzi nella Birmania settentrionale per tentare di arrivare a Mogaung e a Myitkyina e raggiungere la provincia cinese dello Yunnan. Fece pertanto arrivare a Wingaten mezzi più efficienti.
Nell’aviazione americana il comandante superiore, generale Arnold, ne affidò la guida al colonnello Cochran che, nell’autunno del 1943, fu inviato in Birmania. Nasceva così il primo Comando dell’aria in terra di Birmania. Cochran lanciò i bombardieri a colpire gli aeroporti giapponesi, a distruggere le linee telegrafiche e telefoniche giapponesi. Intanto centinaia di aerei, dal 6 all’11 marzo 1944, atterrarono a “Broadway” scaricando in grande quantità uomini, animali da soma e tonnellate di materiali. La 77a brigata era ora al completo. A “Broadway” l’11 marzo erano arrivati 9 mila uomini, 1350 animali da soma e 250 tonnellate di materiale e munizioni.
Era l’8 marzo allorché i piloti di Cochran registrarono la presenza di squadriglie nel Nord della Birmania. Immediatamente si alzarono in volo 20 caccia bombardieri diretti verso gli aeroporti di Shwebo, Onbauk, e Anisakan: degli 80 aerei giapponesi a terra ne distrussero 34. Il bombardamento degli Alleati sugli aeroporti della Birmania settentrionale si protrassero per quattro giorni. Il 13 marzo fu la volta dei Giapponesi ad attaccare “Broadway”, ma gli Americani li intercettarono con il radar e distrussero un gran numero dei loro aerei. I Giapponesi non desistettero e attaccarono ancora il giorno 17, fino al 21, ma non ce la fecero a interrompere il ponte aereo tra l’India e l’aeroporto. Anche dalle postazioni dei “Chindits” furono respinti. Giunse il giorno fatale per il generale Wingate: il 24 marzo, durante un giro di ispezione, il suo aereo cadde ed egli vi trovò la morte. Fu sostituito dal generale Lantaigne.
A fianco dei “Chindits” operava una formazione di specialisti della guerriglia, i “Predoni” americani del generale Merril. La loro base aerea era Dinjan, a 50 chilometri da Ledo.
Nel marzo 1944, nel corso di 17 missioni per sei o sette aerei, furono trasportate 373 tonnellate di materiale e di provviste. Formati alla scuola di Wingate, i “Predoni di Merril” costituirono la 5307a Composit Unit. Ogni battaglione era diviso in due colonne, chiamate Combat Teamse, ogni Combat Team era designato con un colore: rosso e bianco, blu e verde, arancione e kaki.
I “Predoni” partirono per la prima volta il 24 febbraio per impedire ai Giapponesi la ritirata, dopo che erano stati respinti dai Cinesi. Il 2 marzo fu un gruppo di trenta fanti nipponici ad attaccare, ma furono respinti, con la perdita di dieci uomini. I Giapponesi attaccavano in particolare l’Orange Combat Team, ma i “predoni” riuscirono a sconvolgere completamente gli attaccanti. I Giapponesi ripeterono l’attacco il 6 marzo con le batterie da 77, ma persero oltre 400 uomini. In cinque giorni i “Predoni” avevano ucciso 800 avversari riportando nelle proprie fila 8 morti e 37 feriti.
Da parte alleata fu deciso di dare vita all’ India Base, un apparato logistico indiano per soccorrere ai bisogni di un esercito di 27 divisioni, 118 squadriglie della R.A.F., 30 squadriglie dell’aviazione costiera e 158 squadriglie americane. La spesa complessiva fu di 760 milioni di lire sterline. Vennero costruiti 285 aeroporti per circa 500 chilometri di piste. La ferrovia dell’Assam subì un raddoppiamento e il ferry-boat sul Brahmaputra raddoppiò i traffici. Venne costruita una pipe-line (oleodotto) di 15 centimetri di diametro da Calcutta, per 2900 chilometri, in parallelo alla strada di Ledo, al costo di 137 milioni di dollari. Si installò una linea telegrafica e telefonica da Calcutta alle città del fronte. Si trasformò il trasporto ferroviario adattando la jeep alla rotaia.
Il mulo fu considerato uno dei principali protagonisti della logistica. Ogni animale costava all’esercito americano 600 dollari-oro. Gli Americani li trasportavano in aereo. Tra il 5 dicembre 1944 e il 5 gennaio 1945 la 10a Army Air Force fece passare sopra l’Himalaya 1595 quadrupedi.
La 14a Armata britannica comandata dal generale Slim doveva affrontare il grosso delle forze giapponesi ed estradarle dalla Birmania, dandosi quattro compiti: 1) difendere la frontiera del Bengala e dell’Assam, 2) avanzare nella Birmania del Nord verso la linea Mogaung-Myitkyna, 3) avanzare nell’Arakan fino alla strada Buthidaung-Mungdaw.
Nel corso dell’estate 1943 i Giapponesi avevano rafforzato il proprio esercito. Nel mese di dicembre 1943 il 15° corpo avanzò nell’Arakan e lungo la costa respinse la 55a divisione giapponese. Il 3 febbraio 1944 un reparto di 8 mila Giapponesi della 55a divisione, al comando del colonnello Takahashi si mosse all’attacco. Con le truppe dello Yorkshire si dovette aprire una breccia sul fianco della montagna, che venne chiamata “passo di Okydoke”. La compagnia del West Yorkshire occupò le posizioni dominanti della catena. Il generale Evans inviò la compagnia West Yorkshire ad affrontare i Giapponesi. Questi ultimi incendiarono i depositi di munizioni e di carburante e nel corso delle notti moltiplicarono gli attacchi suicidi. Dopo il 21 febbraio il generale giapponese Tanahashi fece ritirare le truppe: le perdite erano pesanti, anche per la scarsità di viveri e di munizioni.
Il 23 febbraio terminava la battaglia dell’Okydoke, con il risultato di 400 feriti fra gli Alleati, mentre erano caduti sul campo duecento Inglesi e duecento Indù.
La sconfitta subita al passo di Okydoke lasciò i Giapponesi profondamente demoralizzati: all’ultimo scamparono fuggendo nella giungla, lasciando oltre 5 mila morti in battaglia.
Nel marzo 1944 Slim richiamò il 4° corpo d’Armata da Imphal per convogliarlo nella battaglia. I Giapponesi furono più previdenti e il 15 marzo partirono all’offensiva contro i Chinhills, in particolare con la 17a Indù che fu costretta a ripiegare si Imphal. Un altro reparto giapponese avanzò lungo la strada Tamu-Imphal: le forze britanniche indietreggiarono ed evacuarono Tamu. Il 16 marzo tre divisioni giapponesi attraversarono il Chindwin e aprirono la strada alla 15a Armata del generale Mutaguchi. La 31a divisione giapponese sorprese i Britannici a Kohima isolando in tal modo Imphal. Poco dopo il generale Mutaguchi ordinò alla 33a divisione un assalto disperato. Tutti gli assalti dei Giapponesi furono respinti.
Nel mese di giugno 1944 la 14a Armata terminò il proprio compito: in sette mesi, dal dicembre 1943 al giugno 1944, distrusse quattro divisioni giapponesi. Le forze americane, affiancate alla prima Armata cinese, avanzarono sulla strada Mandalay-Lashio. A fine luglio 1944 i Giapponesi erano in ritirata su tutti i fronti: gli Anglo-Indù li avevano cacciati dai settori di Tamu e di Tiddim. L’avanzata, agli ordini di Slim, avveniva sotto torrenti di acqua. Infine cadde anche Myitkyina e la strada della Cina fu aperta. Il 28 gennaio 1945 un primo convoglio di materiale per le truppe di Ciang Kai-shek valicò la frontiera a Wanting.
Per la conquista di Tarawa.
La riconquista delle isole del Pacifico da parte degli Alleati, iniziata a Guadalcanal, proseguiva. Il 4 settembre 1943 l’ammiraglio Chester Nimitz, in una riunione a Pearl Harbour, decideva di occupare l’arcipelago delle Gilbert ossia gli atolli di Tarawa, di Makin e di Apamana, per puntare all’accerchiamento di Rabaul che costituiva, con Truk, un’importante base giapponese nel Pacifico. L’atollo di Tarawa aveva un’isola principale, Betio, conquistata dai Giapponesi nel dicembre 1941 e dotata di un grande aeroporto che era ambito dagli Americani come trampolino per la riconquista delle Filippine. Il compito fi affidato alla 2a divisione Marines comandata dal maggiore generale Holland Smith. Bombardamenti americani si abbatterono sull’isolotto di Bettio e nell’aria molti aerei giapponesi venivano distrutti: dei 20 aerei partiti da Truk fecero ritorno soltanto due. Anche la 2a Flotta giapponese venne annientata nella rada di Raboul, il 6 novembre. Ma quando i marines misero piede sulla spiaggia vennero falciati dal fuoco delle mitragliatrici. L’avanzata era molto lenta, si usavano anche i lanciafiamme e il bombardamento continuava. Tutto si stava facendo più difficile.
Il colonnello Edson mandò all’attacco il 6° Marines, con appena l’ausilio di un carro armato. Mancava l’acqua e le perdite furono altissime, quasi un terzo del contingente. I Giapponesi si difendevano, ma in modo abbastanza disorganizzato. Avevano perso l’ammiraglio Shibasaki e furono coinvolti in un’epidemia di suicidi. Betio cadde in mano agli Americani. I Giapponesi dell’isolotto, già in numero di 4.600, erano ridotti ad appena 17. Per i marines si contarono 988 morti e 2.311 feriti.
Il generale Smith, alla testa della 27a divisione, conquistò Makin. La conquista di Tarawa e di Makin era costata agli Americani perdite considerevoli. Mentre Chester Nimitz prendeva le isole Gilbert, il 15 dicembre 1943 il generale Krueger con il 112° reggimento Cavalleria americano sbarcava ad Arawe nella Nuova Bretagna e il 26 i marines della 1a divisione raggiungevano capo Gloucester.
I Giapponesi erano afflitti da zanzare, febbre, pioggia, da malattie come il beriberi, la malaria, la dissenteria. Potevano nutrirsi soltanto di patate dolci, di foglie d’albero e di radici.
Mac Arthur aveva trovato un collaboratore d’eccezione nell’ammiraglio William Frederick Halsey. A quel tempo pensava a riprendere le Filippine dalle quali partire per la conquista del Giappone. Stava organizzando la prima vittoria americana sul fronte del Pacifico, ponendosi Buna come obiettivo, per la conquista della quale inviò il generale Rbert Eichelberger. Attraverso la giungla partirono due colonne con meta Buna. Erano i primi di ottobre e gli Americani sbarcavano a Wanigela, sud del capo Nelson, conquistando la piccola isola di Goodenught dove installarono una base di rifornimento. Il 10 novembre 1942 presero possesso dell’aeroporto di Kokoda e il 5 dicembre un reparto del 126° Fanteria, con a capo il sergente Bottcher, riuscì a sfondare le linee nemiche. Gli assalti non ebbero sosta per tutto il mese di dicembre e la zona di Buna fu interamente conquistata il 2 gennaio 1943 e all’inizio di febbraio cadde in mano americana anche Sanandana, con la fine della campagna di Papuasia. Ora a Mac Arthur premeva neutralizzare Rabaul come seria minaccia nei confronti dell’Australia.
Il 18 aprile 1943 l’ammiraglio Yamamoto lasciava Rabaul, sul suo aereo, un bombardiere “Ichisshiki”, per un giro di ispezione alle isole Salomone. Alle 7,15 un “P.38” americano lo avvicinò e lo bersagliò con colpi di mitraglia. Il pilota dell’aereo di Yamamoto cadde ucciso. L’aereo si incendiò e precipitò su Bougainville. Il corpo dell’ammiraglio venne trovato semicarbonizzato. Il 5 giugno si svolsero i funerali a Tokio e fu richiesto alla Geisha prediletta di Yamamoto di suicidarsi: ella obbedì. A Yamamoto successe l’ammiraglio Koga.
Il nuovo obiettivo era Wau, un villaggio nella penisola di Huon, Nuova Guinea, dove esisteva una pista di aviazione con un presidio di battaglioni australiani. Furono i Giapponesi ad attaccare Wau, ma il 24 gennaio 1943 Mac Arthur inviò rinforzi mettendo in fuga i Giapponesi.
Il 1° marzo un importante convoglio al largo di capo Gloucester fu attaccato dai bombardieri di Kenney che neutralizzarono 4 cacciatorpediniere e 8 navi trasporto per truppa, con l’annientamento di 7 mila uomini. Venne distrutto un vettovagliamento per 20 mila soldati per la durata di quattro mesi, con enormi riserve di benzina.
Nella primavera del 1943 l’ammiraglio Halsey diede il via alla conquista delle isole Salomone. Attaccò Vella Lavella, il 9 ottobre prese l’aeroporto di Barokama e il 1° novembre giunse sulla costa occidentale di Bougainville. Il 14 febbraio 1944 Halsey si insediò sull’isola Verde, a nord di Bougainville, ad appena 200 chilometri da Rabaul.
La situazione vedeva l’ammiraglio William Frederick Halsey combattere in Nuova Guinea e il generale George Kenney bombardare il Sud Pacifico. L’ammiraglio Kusaka, comandante di Rabaul, nel 1943 aveva perso più di 500 aerei.
Mac Arthur inviò il generale Walter Krueger a occupare le isole Woodlark e Kiriwina, di grande interesse strategico per l’aviazione.
La 18a Armata giapponese, sconfitta a Buna, aveva ancora in mano Salamaua e Laé. Il generale Adachi richiese rinforzi e ottenne la 51a divisione che sarà annientata dall’aviazione americana. Il 10 luglio 1943 Americani e Australiani di Eichelberger avanzarono da Buna a Salamaua. I Giapponesi, con il generale Nakano, si difesero eroicamente, ma alla fine cedettero. Nello stesso tempo i bombarieri di Kenney distrussero una parte considerevole dell’aviazione giapponese. L’11 e il 16 settembre caddero Salamaua e Laé.
Gli Americani ambivano a conquistare la penisola di Huon per preparare gli attacchi da sferrare in Nuova Bretagna e quindi accerchiare Rabaul. Il 22 settembre la XX brigata e la 9a divisione australiana sbarcarono a nord di Finchaffen che presero il 2 di ottobre. La 20a divisione nipponica, inviata dai Giapponesi in Nuova Bretagna, venne sterminata: Adachi si stabilì in Nuova Guinea con la 51a divisione. Il 23 marzo 1944 Rabaul era circondata.
Alle Marshall.
Sarebbe stato compito della Flotta del Pacifico, al comando di Nimitz, attaccare le Marshall, 800 chilometri nord delle Gilbert. L’attacco era stato fissato per il 1° gennaio, rimandato poi al 31. Sugli atolli furono scaricate 15.000 tonnellate di bombe. Nelle mani degli Americani caddero le terre confinanti con Kwajalein. Il 1° febbraio ripresero i bombardamenti su Kwajalein, diretti dall’ammiraglio Marc A. Mitscher. Trascorsero due giorni e il generale Corlett annunciò a Nimitz la vittoria su Kwajalein. Altri due giorni e furono fatti prigionieri 500 Giapponesi. Roi, sede di un aeroporto, venne occupata verso sera, di fronte a una scarsa resistenza. All’opposto per la presa di Namur dove quattro compagnie d’assalto del 24° reggimento faticarono per raggiungere Sycamore Road. Numerosi ostacoli impedivano un’avanzata rapida ai carri armati. I Giapponesi avevano costruito canali sommersi con fusti vuoti di petrolio dentro i quali avanzavano strisciando e sbucando alle spalle dei marines. Combatterono valorosamente causando forti perdite ai marines. La conquista dell’isola avvenne il 2 febbraio, mentre una compagnia, agli ordini del capitano Jones, occupava l’atollo di Majuro.
La flotta era ora disponibile per andare a bombardare Truk dove esisteva un porto eccellente e dove aveva sede l’ammiraglio Koyabashi. Nimitz, insieme a Spruance, preparò il bombardamento di Truk, che dal giorno 17 infierì per tre giorni. Per difendersi Koyabashi riunì tutti gli aerei di stanza alle Caroline. Gli Americani, bombardando a bassissima quota, mandarono a picco o danneggiarono fortemente 30 navi e abbatterono 295 aerei. L’incrociatore Katori, il cacciatorpediniere Maikase e altre quattro navi tentarono di sganciarsi fuggendo verso nord, ma vennero affondati dallo Iowa e dal New Jersey di Spruance.
Il 17 febbraio i marines del colonnello Walker sbarcarono a Engebi, nell’atollo Eniwetok, dove il generale Nishida manteneva 4 mila uomini. Il giorno 18 sbarcarono a Eniwetok con il 106° reggimento di Fanteria, affrontando il contrattacco di 400 Giapponesi in una lotta corpo a corpo. Un altro aspro scontro si verificò sull’isolotto di Parry raggiunto il 22 dai marines.
Si concludeva la conquista delle isole Marshall con il sacrificio estremo di 3.400 Giapponesi a Eniwetok. L’ammiraglio Koga venne sostituito da Toyada al comando della squadra giapponese. Koga, tornato a Tokio, si suicidò con un colpo di pistola.
Immagine di Copertina tratta da Britannica.com.