Al momento dello scoppio della Grande Guerra sul fronte cadorino insistevano nostre truppe sul settore Ansiei-Pàdola (Ovest e Nordest di Auronzo del Cadore). La 4a Armata si componeva dei corpi I, comandato dal generale Ragni, e IX.
Il generale Cadorna, all’inizio delle operazioni nel 1915, aveva dichiaratamente ordinato al generale Luigi Nava di muovere in offensiva verso Dobbiaco e di occupare senza esitazione ogni zona che non avesse presentato sistemi difensivi austriaci nel tratto tra l’Ortles e l’Adriatico. Sarebbe stato abbastanza fattibile portare a buon termine gli ordini pervenuti dallo SME, ma purtroppo tali ordini furono largamente disattesi in un’attesa assurda e nella perdita di tempo prezioso a carico della 4a Armata.

Il Generale Nava (nella foto, da Wikipedia), comandante della 4a Armata, fu esageratamente ossequiente nei confronti degli ordini ricevuti, facendosi scrupolo di osservarli alla lettera, ma anche di più, tanto da accontentarsi di un inspiegabile stato di temporeggiamento che si tramutò presto in inerzia. La motivazione di tale risoluzione risiedeva nella lagnanza per la mancanza di artiglierie d’assedio, che non erano ancora arrivate sul posto assegnato. Avrebbe comunque avuto la possibilità di insidiare posizioni austriache molto deboli di consistenza e con ciò rendere meno onerosa l’avanzata verso le posizioni fortificate dell’avversario. A fronte di quell’immobilità furono i nostri avversari a tirare un lungo respiro rassicurante e a predisporre opere di difesa di maggiore efficacia piazzate su siti pressoché imprendibili.

Cadeva il 25 settembre del 1915 allorché il generale Nava veniva sostituito dal generale Mario Nicolis di Robilant al comando della 4a Armata (vedi foto a lato).
In seguito ai disastri di Caporetto, constatata la rapida avanzata degli Austro-tedeschi in Terra italiana, allo Stato Maggiore dell’Esercito sorse violento il timore che il IX corpo d’Armata, non solo, ma anche l’intera Armata del Cadore, potessero cadere in una sacca, circondati dal versante meridionale e trattenuti come in una trappola. Era necessario fare presto e prendere la decisione perentoria di sganciarsi dal fronte dolomitico. Bisognava puntare da subito su Belluno e di lì muovere repentinamente verso il Grappa. Il Comando della 4a Armata era al corrente della situazione, ma non si risolse con la tempistica richiesta nell’assumere le decisioni del caso.
Tre giorni dopo la disfatta di Caporetto il comandante della 4a Armata, generale Nicolis di Robilant, ricevette dal capo di SME, generale Cadorna, l’ordine di far retrocedere l’Armata sino alla linea di resistenza a oltranza, procurando di garantire le condizioni che avrebbero favorito una ulteriore fase di ripiegamento. Non ne era del tutto convinto il generale di Robilant, tanto che dovette vedersela personalmente con il proprio superiore in un incontro tenutosi a Treviso. Qui gli ordini furono impartiti in modo tassativo e senza lasciare dubbi né adito a interpretazioni soggettive: a partire dal 29 ottobre 1917 la 4a Armata si sarebbe dovuta schierare sulla linea di sbarramento corrente dal Monte Grappa al Piave, posizionandone l’ala destra nei pressi di Vidor, dove si poteva fare facile uso del ponte di transito sul Piave. L’ordine di ricollocazione delle forze era pervenuto contemporaneamente al generale Pecori Giraldi, comandante della 1a Armata. Quando quest’ultimo tentò di accordarsi con di Robilant sulle decisioni da prendere, trovò il collega della 4a Armata assai dubbioso sulla disposizione ricevuta, per la quale si sarebbe dovuto abbandonare il Cadore. Di Robilant, infatti, lasciò ancora scorrere qualche giorno e soltanto il 2 di novembre decise sullo spostamento da effettuarsi. Il lungo tergiversare del responsabile della 4a Armata ebbe conseguenze assai pesanti sul piano strategico. C’erano, infatti, gli Austro-tedeschi decisamente sul piede di guerra; allorché si accorsero che nessuno si era portato sui punti critici di infiltrazione, subito ne approfittarono e irruppero velocemente giù per la Valle del Vajont. La facile discesa, pressoché incontrastata, portò a vantaggio dei nostri avversari la cattura di circa diecimila prigionieri e di 94 cannoni.
Nel quarto anno di guerra vediamo finalmente il nostro Esercito alla riscossa, animato da un rinnovato impeto patriottico. Già nell’autunno 1917 gli Austriaci, nel tentativo di sfondare sul Piave, avevano deciso di abbattere le posizioni difensive italiane sul Grappa dove dirigeva le operazioni delle truppe italiane il generale Mario di Robilant. Erano state predisposte otto divisioni del generale Krauss, spinte in avanti dal Comando della 14a Armata austro-tedesca. Gli attacchi avevano avuto inizio il 15 novembre, ma non si protrassero a lungo. Ripresero tuttavia con maggiore impeto tra il 4 e il 26 dicembre allorché gli Austriaci riuscirono a impossessarsi del Monte Asolone e del Col Caprile.
Ci portiamo ora all’interno della Battaglia del Piave, giugno 1918. La 4a Armata, ora comandata dal generale Gaetano Giardino, fu impegnata duramente nella Battaglia del Grappa il cui massiccio aveva assunto un’importanza fondamentale per lo schieramento difensivo italiano, ponendosi come una cerniera di saldatura tra il fronte della pianura e il fronte montano. Vi si svolsero tre sanguinose battaglie, sostenute dalla 4a Armata italiana. Nel giugno 1918 entriamo in piena Battaglia del Solstizio, così denominata, e troviamo l’11a Armata austriaca impegnata a preparare l’attacco sugli Altipiani di Asiago e sul Grappa nell’intenzione di spingersi sino alla pianura e prendere alle spalle lo schieramento italiano disposto lungo il Piave. L’attacco si avverò all’albeggiare del 15 giugno 1918, nello stesso momento in cui l’artiglieria italiana sputava un fuoco tremendo per disorganizzarne gli effetti tattici. Per gli Austriaci fu una giornata dura, portata a termine con perdite così pesanti da consigliare il generale Conrad von Hötzendorf a sospendere le operazioni.

La 4a Armata si fece sentire con un contrattacco sviluppato il giorno appresso, il 16, che riportò a migliore ragione le intenzioni aggressive di Conrad. Entriamo nel mese di ottobre 1918 e troviamo ancora la 4a Armata del generale Giardino nel fronteggiare le dodici divisioni del Gruppo austriaco Belluno comandate dal maresciallo Ferdinand von Goglia (nel ritratto, da Wikipedia), con lo scopo di impegnare le riserve austriache sino al loro esaurimento. L’attacco, a partire dal 24 sino al 29 ottobre, costrinse gli Austriaci a richiamare in campo un gran numero di riserve. Il 30 ottobre le nostre truppe occuparono il Monte Asolone, il Col Beretta, i Solaroli e il Monte Pertica (tra il Monte Grappa e il Brenta). Il mese di ottobre si concluse con reparti della 4a Armata che, debellate le resistenze opposte dagli Austriaci, riuscirono a portarsi nella Conca di Feltre, oltre la località di Seren del Grappa.
Le azioni di valore dimostrate in battaglia dalla 4a Armata italiana valsero in prima persona a far attribuire al Monte Grappa il titolo autorevole di “Monte Sacro alla Patria”.
Immagine di copertina tratta da Italian Traditions.