Giustizia sociale

Giustizia sociale? Qualcosa si muove. Forse. Il Financial Times anticipa la notizia secondo la quale la Commissione europea starebbe pensando di introdurre nuove regole a limitazione delle entrate godute dai top-manager di note società. L’intenzione sarebbe quella di ridurre l’abissale disparità tra gli stipendi e le pensioni d’oro da una parte e i salari dei lavoratori dall’altra. Così il F.T.: “I capi delle aziende europee potrebbero dover affrontare nuove rimostranze dell’opinione pubblica, visto che Bruxelles chiede loro di giustificare il motivo per cui spesso guadagnano cento volte più dei loro dipendenti”. Sarà la volta buona? Il buon senso comune guiderà tutti a comprendere che ognuno di noi ha una bocca per nutrirsi e non si dà alcuno che ne abbia cento? Ma intanto la manovra finanziaria italiana cerca di richiamare gli evasori che da molti anni la fanno franca, condonando loro il versamento degli interessi maturati: come dire che chi ha sempre onorato il pagamento delle tasse viene ancora una volta penalizzato, mentre chi ha evaso viene persino premiato. Vediamo, cosa succederà…

Ideologia e singoli

Scorrendo le pagine di uno fra i suoi più che interessanti lavori, il libro Changing Minds, sto parlando di Howard Gardner 2004, tradotto in Cambiare idee da Ester Dornetti ed edito da Feltrinelli 2005, mi soffermo su una considerazione che subito attrae con particolare riguardo la mia attenzione. Mi riferisco alla proliferazione delle ideologie negli ambiti della cultura, delle credenze e della politica antropica.

Gardner, emerito professore di Scienza dell’Educazione e Psicologia all’Università di Harvard, tratta ampiamente la questione sulla possibilità di cambiare le teorie che indirizzano il comportamento umano della nostra epoca.

Dice Gardner (pag. 69, cit.) che al radicamento di una teoria può contribuire un fattore che egli denomina “risonanza emotiva” ossia l’atteggiamento di chi investe emotivamente una causa al punto tale da far cadere ogni tentativo indirizzato a distogliere il soggetto dalla propria idea. Poi esordisce: “Anche dopo che i crimini di Stalin in Unione Sovietica sono stati rivelati in tutto il mondo, chi aveva una profonda fede nel comunismo, connotata emotivamente, ha incontrato grandi difficoltà a riconoscere i danni che esso aveva prodotto”. Più avanti Gardner riporta l’esempio di Whittaker Chambers, grande estimatore, in una prima fase della sua militanza politica, della ideologia comunista, passato poi, dopo una serie di esperienze concrete, a una netta opposizione. Così continua Gardner (pag. 190, cit.): “Chambers sapeva che all’estero il comunismo aveva fatto molte vittime, e alcune ne aveva perseguitate e uccise anche negli Stati Uniti (…) finì per capire che non avrebbe più potuto essere in pace con se stesso se fosse rimasto devoto all’ideologia comunista”.

Detto questo, mi viene da operare una distinzione, quella fra ideologia in sé e l’uso, la manipolazione, lo stravolgimento strumentale che di essa è stata fatta, in tempi passati ma anche attualmente, da alcune persone furtivamente appostate alla sua ombra appropriandosi dei suoi principi etici e morali. Gardner cita le nefandezze che si verificarono nell’Unione Sovietica, in particolare sotto l’egida di Stalin. Bene, è qui che mi interessa soffermarmi. Ricorderò intanto che il comunismo, nell’idea di Marx, era sorto nella forma di regime sociale caratterizzato dalla comunione di tutti i beni e dalla assenza della proprietà privata. Si presentava peraltro alla luce di una dottrina politica e, allo stesso tempo, economica e sociale. Per comunismo in senso lato si intende, nella pratica, quello sovietico, sebbene sia da ritenersi qualcosa di diverso dal socialismo politico nato dalla dittatura del proletariato poiché, secondo Marx, il socialismo rappresenta soltanto una tappa transitoria con il compito di preparare il terreno per l’emergere del comunismo. Dal 1845 Marx, a Bruxelles, fondò i comitati di corrispondenza comunista, aderì alla Lega dei comunisti e scrisse, insieme a Engels, il Manifesto del partito comunista al quale seguirono i tre libri del Capitale pubblicati nel 1867. Il Capitale gettò una nuova luce sugli studi dedicati alla economia politica. Chi, poi, si arrogò il diritto di fregiarsi della ideologia comunista, fu Stalin, ma la sua posizione si servì del comunismo travisandone tutti i principi teorici e facendone scudo alle proprie azioni violente, snaturandone pertanto del tutto il profilo storico originale. Il comunismo di Stalin non era certo quello di Marx.

L’ideologia di per sé non crea vittime né luoghi di tortura, non porta l’estrema sofferenza fra la gente. Chi abbia letto Il Capitale di Marx e i Sacri Vangeli non può esimersi dal considerare in entrambi i testi la presenza di ideologie che calcano, abbastanza ravvicinate, nei significati di fondo lo stesso percorso. Da una parte abbiamo Marx che nella sua lettera “Critica al programma di Gotha”, riferendosi a una fase più elevata della società comunista, superata dunque la subordinazione servile degli individui alla divisione del lavoro, sostiene che la società potrà assumere a proprio vessillo il motto “Ognuno secondo le proprie capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni”. Su un altro versante storico-ideologico troviamo nei Vangeli le esortazioni di Gesù: “Se vuoi essere perfetto, vai, vendi quanto hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e seguimi” (Matteo, XIX, 21).

Siamo veramente su due piani diversi sotto il punto di vista epistemologico, ma il concetto di fondo va a collocarsi su una coincidenza di significato: due linguaggi colorati di sfumature variegate ma confluenti nella medesima esortazione necessaria e nel medesimo impegno morale, in definitiva un messaggio condiviso: l’uguaglianza fra individui nel fruire delle opportunità fondamentali per un’esistenza dignitosa.

Questa è una mia prima impressione. La seconda è volta all’analisi delle parole usate da Gardner nei confronti del comunismo, in particolare quelle rivolte ai crimini attribuiti a Stalin nel corso della sua spietata e orrenda opera di sterminio contro i propri effettivi e presunti rivali.

Vogliamo attardarci un attimo sul termine “crimini”? Bene, se dapprima avrete terminato la lunga lettura del “Capitale” di Marx per rendervi conto di asserzioni quali “pluslavoro”, “plusprodotto”, “plusvalore”, “sfruttamento”, allora andate a visitare alcune pagine della Bibbia, sia nella parte veterotestamentaria sia in quella che compendia i Testi canonici del Nuovo Testamento. Nella Bibbia della Storia ebraica vi sorprenderà forse la massa di citazioni relative a stragi, massacri, eccidi, soprusi, violenze le più diaboliche e sadiche di cui furono vittime popoli del Medio Oriente, limitrofi al popolo di Israele, prima della venuta di Cristo. Non credo di esagerare se vado a parlare di veri e propri genocidi.

Se poi ci riportiamo ai Vangeli troviamo, sì, parole di amore, di umanità, di riconciliazione, di perdono, sia pure alla presenza di passi che mettono in piena luce il parlare difficile di Gesù, talvolta sbalorditivo per la sua palpabile contraddizione con il senso della sua missione terrena. Ma io amo e apprezzo senza riserve ciò che usciva dalla bocca e dai gesti di Gesù. La cosa che invece mi rattrista e mi deprime profondamente risale a quel che ne è seguìto. La storia moderna ci si presenta intrisa di violenze, torture e sopraffazioni di ogni genere perpetrate da orde di massacratori, anche e persino sotto il segno della Croce: guerre di religione, crociate contro gli eretici, caccia alle streghe, simonia, nepotismo, nicolaismo (tendenza contraria al celibato), corruzione e scandali divenuti rituali, vendita di indulgenze plenarie, concubinato e venalità, accumulazione di ricchezze, il tutto costellato da elenchi infiniti di vittime sacrificate nel nome della Santa Chiesa Cattolica ossia – bestemmia invero sacrilega – nel nome di Gesù.

Giunto a questo punto mi lascio andare per una mia considerazione conclusiva. Vada pure il discorso sulle atrocità commesse dalle spade con la benedizione di un Dio geloso, vendicatore, furibondo qual era il Dio dei Testi veterotestamentari, forse non è terreno che mi compete e per la comprensione di quanto avvenne penso di non possedere elementi di critica letteraria sufficienti a elaborarne una definizione soddisfacentemente comprensibile e comunicabile. Mi soffermo piuttosto sul punto che ha aperto questa mia elucubrazione mentale, quello legato alle affermazioni di Howard Gardner. Lo psicologo al quale mi sono accostato, dunque, ascrive al comunismo la colpa gravissima di una serie enorme di crimini contro l’umanità. Io penso tuttavia che il punto di vista espresso da Gardner vada sottoposto alla luce di due sorgive luminose: una cade sul comunismo come ideologia, l’altra su Stalin come artefice di vili atrocità. Ora io penso che non il comunismo come ideologia sociale sia all’origine dei crimini commessi, ma piuttosto l’appropriazione e lo sfruttamento che di esso furono fatti in forma assolutamente snaturata a opera di menti criminali. Non il comunismo di per sé fu responsabile della falange di vittime cadute sotto la mannaia dei carnefici, ma, nel caso di Stalin, lo furono la paranoia del dittatore e la ferocia dei criminali che si appropriarono indegnamente dell’ideologia comunista esclusivamente per un tornaconto personale, per godere del potere e dei privilegi acquisiti con i quali coronare la propria effimera e vergognosa esistenza terrena. L’ideologia, in sé e per sé, non commette crimini se i suoi princìpi sono fedeli ai canoni morali. Nel caso qui sviscerato è stata la stessa ideologia comunista a essere tradita e adoperata con intenzioni perverse. In questo senso Marx fu tradito sul piano storico, politico e culturale, come lo stesso Gesù Cristo fu tradito da ciò che la Storia contemporanea ha fatto della sua parola in termini di religione e di fede.

Poiché tutto scorre e tutto è lanciato verso il cambiamento, anche le due forme di ideologia portate a esempio hanno seguito ciascuna il proprio destino: il comunismo non ha retto alle chimere e alle promesse di più allettanti progetti capitalistici dai quali è disceso il benessere economico che tutti conosciamo. Inficiato inoltre dalla triste nomea attribuitagli dalle atrocità staliniane si coprì fatalmente di una tinta oscura e subdola. Oggi si sente vociferare molto sottovoce di comunismo come di un mostro minaccioso che insidia le conquiste sociali di cui godiamo, da ricacciare come portatore di pestilenza. La Chiesa cattolica, per altro verso, resiste, ma resiste non per la fede nella voce dei Vangeli che arriva a raggiungere la mente e il cuore di pochi fedeli convinti; resiste perché ha saputo creare a fondamento del proprio sistema di sopravvivenza un impero finanziario di formidabile potenza, su interessi di portata mondiale che ne hanno fatto un vero e proprio fortilizio multinazionale per eccellenza. Nel medesimo tempo si fa forte nell’attribuire a se stessa la missione di tramite con il potere divino e si atteggia, alla presenza delle innumerevoli miserie umane, in veste di paternità, o maternità, consolatoria alla quale ricorrono i fedeli colpiti da sorte maligna, per non cadere nella disperazione. Siamo a livello del peso netto, peso lordo e tara, chiedo venia per l’esempio di bassa lega: la Chiesa di Roma, che si dichiara “povera” per vocazione, entra fra la gente ostentando sontuosità di paramenti, ricchezze di mercato valutario, possesso di beni immobili e artistici di incalcolabile valore. Nel corso delle celebrazioni di più alto tenore rituale mette in mostra un apparato talmente grandioso da riportare l’impressione dei fedeli ai fasti dell’era faraonica. Vengo al punto: togliamo tutte queste ricchezze e riportiamo la Chiesa di Roma alle morigeratezze dei tempi di Gesù ossia povera per davvero, nei fatti e non a parole, sostentata soltanto dalla fede. Che cosa accadrebbe? Accadrebbe che perderebbe in men che non si dica tutto il suo smalto, la sua autorità, l’ascendente indispensabile per conquistare le folle perché le folle, purtroppo, per essere mosse a uno scopo qualsiasi, hanno bisogno di apparenze clamorose e di maschere ingannevoli quanto allucinatorie. Ma di proposito non voglio addentrarmi in questo meandro dell’argomento che ho posto in essere, potrà più appropriatamente rientrare nel novero di altre analisi affini all’argomento. D’altra parte ho voluto prendere di petto una questione spinosa, quella dell’uguaglianza sociale, che non avrà soluzione sino a quando nella mente delle persone regneranno l’ingordigia, l’egoismo, la prevaricazione, la mania di prevalere a tutti i costi.

Due anni or sono se n’è andato nel mondo del Vero dom Giovanni Franzoni, era il 13 aprile 2017. Se fosse ancora qui potrei condividere con lui le cose che ho enunciato e ricevere da lui dotti chiarimenti su molti punti oscuri e controversi. Come Martin Lutero anche Franzoni ebbe il coraggio e la temerarietà di porsi in aperto contrasto con alcuni aspetti fondamentali della fede cattolica, attirandosi le ire del papato e l’ostracismo che nel 1976 lo allontanò definitivamente dallo stato clericale, soprattutto per la vicinanza del sacerdote al Partito Comunista Italiano. Dom Franzoni si era schierato già da subito contro la guerra nel Vietnam e, assunta una chiara posizione marxista, aveva espresso solidarietà per le lotte operaie, si era interessato di argomenti come il matrimonio e il divorzio in netta contrapposizione ai canoni dettati dalla Chiesa cattolica. Infine si era scagliato contro gli scandali e le vergogne proliferati attorno allo IOR. Mi ricorda Martin Lutero, che coraggio, un uomo dalla tempra d’acciaio!

Gara a esalare l’ultimo respiro

È il verdetto esplosivo espresso da “Libero” su Televideo. Si legge, fra l’altro, che i partiti della maggioranza declamano di impegnarsi al massimo per far riprendere velocità all’economia italiana, ma non si vedono risultati. “Intanto, per coprire i fallimenti, bisticciano, si chiariscono e poi rimenano incessantemente”.

Tutti ormai abbiamo capito, e il Presidente della Repubblica in testa e prima di noi, sicuramente, che la cosiddetta politica italiana non è altro che una già nobile istanza sociale trasformata in arena dove scendono contendenti vociferando l’un contro l’altro e inscenando farse che hanno la pretesa immediata di attirare l’attenzione, di far scrivere fiumi di inchiostro e di divertire la gente, ma anche lo scopo, più o meno occulto, valso al mantenimento di una posizione sociale garante del maggior benessere sul piano privato. I politici si divertono a balzare sulla scena come le pedine della dama sullo scacchiere, a schierarsi con piglio severo per questioni di second’ordine o persino futili e a non prendere in seria considerazione i problemi che ci stanno attanagliando alla gola. Eccone, se vogliamo, una succinta rassegna in stretto ordine alfabetico: Camorra: la camorra uccide (115 morti in media all’anno) più della mafia e dell’ndrangheta, soprattutto per traffico di droga (TG del 21-1-2005); Corruzione; Abusivi del lavoro; Abusivi dell’edilizia; Disoccupazione (attorno al 20 Febbraio 2020 si legge sulle fonti di informazione: “Italia ferma. Dilaga la cassa integrazione: a gennaio sono stati autorizzati 21,3 milioni di ore. Vola la cassa straordinaria (+57%). Al Sud incrementi del 90,7%”); Esportazione armi e sistemi militari; Evasione fiscale; Giovani dipendenti dai genitori; Giovani dipendenti da fumo e droghe; Immigrazioni clandestine; Inefficienza della Pubblica Amministrazione; Infortuni sul lavoro; Inquinamenti: miliardi e capitali all’estero; Pedofilia, mercato del sesso nell’infanzia; Pornografia commerciale e massmediale; Povertà assoluta in famiglie che non hanno abbastanza risorse economiche per sopravvivere (povertà a un indice del 25%, TG del 7-10-2005); Prostituzione sfacciata; Racket dell’accattonaggio; Reddito, stipendi, pensioni; Reddito di cittadinanza a chi non ne ha diritto; Scuola e Sanità; Sicurezza in casa, per le strade, sui treni; Sprechi delle risorse interne (TG del 18-7-2016); Sprechi e insufficienze della P.A. (TG del 3-11-2017); Terremoti e dissesti idrogeologici; Vecchi soli abbandonati; Violenze sui bambini, abbandono e soppressione di neonati… (Per non continuare) … Tutto questo su scala globale, nel nostro Paese, poi più in generale le epidemie-pandemie che potrebbero invadere il nostro contesto, le temperature impazzite, la pressione rovente delle immigrazioni, una parte sempre crescente di gioventù lasciata sola, senza educazione, allo sbando. Tutto quanto accade sul nostro Pianeta induce a prefigurarci un futuro assai misero e doloroso. Eppure i problemi più scottanti si lasciano a se stessi come fossero uno stormo di uccelli migratori che passa e va, senza lasciare traccia. Ma guardiamo più terra-terra: sono le numerose famiglie di terremotati che dopo tre anni vivono ancora in abitazioni precarie e si sostengono con mezzi di fortuna; sono le gravi e offensive contraddizioni imperanti sul piano della giustizia sociale; sono la corruzione dilagante e gli sprechi del bene pubblico; sono il degrado ad ampio raggio e l’indifferenza assurta a sistema di vita; sono tutte queste e altre avversità a renderci infelici e poveri. Si potrebbe continuare ancora a lungo sul tono facile della disperazione, se non che a interrompere la sequela perviene la notizia terrificante dell’ultima ora, quella di ragazzini e ragazzine di età appena dai dieci ai tredici anni che si prostituiscono. Nooo, non possiamo essere caduti così in basso, quale disastro, e i genitori, si curano i genitori dei loro figli? Sanno di avere dei figli e di avere precise responsabilità nei loro confronti? Succede a Roma. Siamo molto prossimi al rinnovellarsi di una terribile edizione moderna della biblica Sodoma e Gomorra? Ma dove stiamo andando? Verso quale baratro infernale stiamo dirigendo i nostri passi? A che vale la nostra intelligenza, quali frutti godiamo delle nostre conquiste tecnologiche?

Mi riporto brevemente a casa nostra: Qui è stato il Presidente Conte a dichiarare di voler preparare un nuovo governo: “Chiamo le forze sane del Paese”. Perché? Si è forse accorto che quanto è stato instaurato in regime di governo è tutt’altro che sano, non lo si sapeva prima, con tutto quello che ci succede intorno? E, queste forze sane, dove le troverà? Qualora ci riuscisse, si tratterebbe di forze così potenti da scalzare quelle che hanno ormai affondato radici profonde nell’humus politico di casa nostra? Con tanti auguri di ottimi esiti, ma non ne sono molto sicuro.

Noi Italiani, da quanto mi pare di intendere alla luce dei fatti, non siamo maturi ancora per una vera democrazia, per un sistema di governo, cioè, mondato da corruzione, da arrivismi, da manie di potere, da egoismi e interessi privati, e lo stiamo dimostrando con il nostro endemico atteggiamento incurante e disincantato. Forse ci meritiamo soltanto un regime dittatoriale. Nessuno sobbalzi, prego, per questo parolone, sebbene mi aspetti di andar soggetto a una copiosa serie di invettive e critiche. Nella Storia d’Italia, ricorderò, Giuseppe Garibaldi fu dittatore in Sicilia e riuscì, temporaneamente con quella carica, a risanare l’assetto sociale, a diffondere l’istruzione e a garantire l’accesso alle cure sanitarie fondamentali facendo leva sul semplice buon senso; nulla di male, penso, ma soltanto provvedimenti assunti a favore della popolazione e in soccorso alle fasce più deboli, come quello, per portare un esempio, della riduzione di cariche stipendiate ai cittadini privilegiati, dalle cinque o sei o più godute, a una sola bastante per il fabbisogno personale e della famiglia.

Sto pensando al nostro Presidente della Repubblica, uomo altamente probo, di alta statura politica e di grande dignità istituzionale, ma privato di poteri decisionali, ridotti questi ultimi pressoché al solo ruolo di rappresentanza politica dello Stato Italiano. Se gli fossero conferiti maggiori poteri credo che potrebbe sanare molte piaghe purulente della nostra società. Lo credo perché vedo in Lui la profondità di cultura, di umanità, di sentimento, di passione patria, di onestà intellettuale, di sincerità di propositi, tutte qualità che concorrono a diffondere il bene fra i cittadini del nostro Paese. Non che pensi a un Presidente dittatore, ma diciamo una via di mezzo, anche se, per la stima e l’affetto che nutro verso il nostro Capo di Stato, credo che, qualora egli fosse investito di un potere simil-dittatoriale, non arriverebbe mai ad abusarne nel dirigere l’attività pubblica e tanto meno per curare interessi personali o di casta. Chissà, forse un giorno questo si avvererà, ma ne siamo ancora molto lontani, anni luce invero.

Tornando al concreto intravedo una possibile soluzione all’andamento della politica italiana che vorrei considerare come Politica, con la P maiuscola, l’ambito più onorevole per la ricerca del benessere sociale, dell’equità nei diritti e nei doveri, per la riaffermazione del senso di giustizia e di sicurezza nel contesto di appartenenza. Ed è questo il cambiamento che umilmente propongo, nel mio piccolo-nulla sulla scena della vita collettiva, all’assetto politico incaricato di portare l’Italia a un livello di crescita sostenibile. Lo esprimo come contrasto e antidoto a quell’andazzo tipo “tela di Penelope” cui siamo stati costretti ad assistere da molto tempo in qua. Perché, questo è il nocciolo della questione, abbiamo bisogno di personaggi politici seri, onesti, disinteressati a se stessi e votati al bene comune. Allora, e non è la prima volta che sostengo questa tesi, incominciamo con il lavorare sul sistema di retribuzione, a partire dal Governo, via via agli altri Poteri della Repubblica sino alle Amministrazioni più periferiche. Punto a capo, rifacciamo tutto.

Questa la proposta. Gli incaricati della Politica saranno retribuiti con uno stipendio iniziale che al netto parta da duemila Euro mensili e non possa superare, mai e in assoluto, i cinquemila Euro. In aggiunta potranno riscuotere una cifra mensile, con un massimo previsto in mille Euro (con documentazione dettagliata accompagnatoria), per rimborso spese straordinarie di viaggio o di residenza presso la sede di lavoro o per missione di servizio. Con quei soldi si vivrebbe quasi da nababbi, chi non vorrebbe essere stipendiato a quel modo? Perché, dunque, riceverne 4, 5, 6 volte di più? È vero, hanno responsabilità e un lavoro gravoso da svolgere, ma l’impegno assunto deve essere visto anche e soprattutto come un pregio e un onore per il servizio reso al Paese, a onta di qualsivoglia considerazione di lucro o di vantato prestigio.

Bene, se le cose andassero così, penso che una gran parte degli attuali politici scomparirebbe “sua sponte” dalla scena, già godendo della garanzia di occupazioni più lucrose, e fuggirebbe come le pulci dal pelo di un cane morto. L’attuale assetto politico sarebbe sicuramente rimpiazzato da giovani qualificati, preparati, colti, con le idee chiare sul compito da svolgere, dotati di buona volontà e spronati da un sano entusiasmo. Giovani ai quali sarebbe prescritto un regime di lavoro severo: sei mesi di prova; in caso di esito insufficiente, sostituiti con altri in lista di attesa. Ma poi, dopo la conferma in servizio per coloro che hanno superato il periodo di prova, un controllo a tambur battente ogni sei mesi per soppesare il valore della loro prestazione e la qualità dei risultati con la possibilità, in caso negativo, di immediata sostituzione. Ossia, in termini molto ristretti, lavorare, produrre, lontano da bramosie e interessi esclusivamente personali. Perché non provarci?

Mi hanno destato interesse le parole diffuse da Papa Francesco nell’intervista allo spagnolo Abc, come comunicato dalle fonti di informazione del 19 dicembre 2022: un intervento di una brevità e di una incisività profonda, il saper mettere il dito nella piaga. Papa Francesco afferma: “Non vedo una fine a breve termine perché si tratta di una guerra mondiale. Non dimentichiamolo. Ci sono già diverse mani coinvolte nella guerra. È globale. Credo che una guerra venga combattuta quando un impero inizia a indebolirsi e quando ci sono armi da usare, da vendere e da testare. Mi sembra che ci siano in mezzo molti interessi. È terrificante. C’è un’enorme crudeltà. È una cosa molto seria”.

Sono Piemontese

Sono piemontese, con orgoglio, e mi fa male sentire che anche qui, come ormai in tante parti del mondo, c’è chi delinque per peculato e per uso illecito di denaro pubblico. Sono del parere, semplicemente, che chi approfitta della propria posizione di prestigio per rubare a danno della società non sia più degno di essere chiamato Italiano. Sto pensando, come per un sillogismo: ti ho dato la mia fiducia, ti ho assegnato beni che appartengono a tutti perché tu li gestisca con onestà, e poi mi accorgo che li hai usati per puri scopi personali. Ma come, stai ancora qui? Fuori dai piedi, sei un traditore di quel popolo che ti ha prescelto, che ha creato la tua fortuna. Primo, restituire tutto il mal tolto. Secondo, interdizione dal prendere parte attiva nel decidere della cosa pubblica. Terzo, fuori dal Paese o, al massimo del beneficio, al confino. Drastico? Crudele? Inumano? Vedete un po’ voi, se trovate altro modo più indolore per fare pulizia nell’incancrenimento della nostra nobile società.

Immagine di Copertina tratta da Habitante Viaggiatore.

Una opinione su "Giustizia sociale"

  1. Troppi problemi per dare una risposta sintetica.
    Ma mi permetto solo due osservazioni. Nell’impero romano conviveva una molteplicità di divinità e religioni. Quando prevalse la religione monoteistica furono bruciate le biblioteche, scomparvero acquedotti e fogne, sopraggiunsero pestilenze e carestie. Solo quando in Europa, dopo ca. 1500 anni, i popoli presero le distanze dalla chiesa ritornarono acquedotti e fogne, si ridusse la fame, malattie ed epidemie furono combattute efficacemente. Nessuna illusione, senza la laicizzazione dei popoli europei avremmo ancora oggi i roghi, le persecuzioni, il fanatismo, come in Afganistan. Il conflitto in Palestina è una testimonianza attuale di questa affermazione.
    E, per quanto concerne il rapporto del nostro popolo con le istituzioni, l’assenteismo elettorale dimostra ampiamente che è un rapporto gravemente compromesso. I parlamentari sono per la maggior parte “nominati” dai partiti. In italia impera da decenni una partitocrazia. Noi non abbiamo più alcun rapporto con i parlamentari perché non sono eletti dei nostri territori e sono per noi degli sconosciuti, che non rispondono a noi ma alle segreterie dei partiti che li hanno nominati.

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