Tristi stridenti contrasti. Il misero bilancio sociale di un fine anno.

Finito l’anno vecchio ne inizia uno nuovo, così ogni dodici mesi, ma con quali prospettive?
Tanti soldi spesi per i cenoni, per gli addobbi, per i festeggiamenti, per il lusso e gli sprechi. Poi gente che si ritira malconcia, delusa, con lo stomaco rivoltato dal troppo ingurgitare. Già dicevano i nostri progenitori Latini: Edunt ut vomant, vomunt ut edant, mangiano per vomitare, vomitano per mangiare. E questo succede nella maggior parte del mondo opulento che continua a esistere e a resistere di fronte alla sofferenza dei più.

Gente che soffre in ospedale o a casa propria, padri di famiglia rimasti senza lavoro, persone sole e abbandonate, clochards intirizziti dal freddo agli angoli delle strade, poveracci che continuano a frugare nei cassonetti delle immondezze per rimediare qualche resto di vivande da mettere sotto i denti. Non posso allontanare dalla mia mente quel poveretto che, al posto di ristorazione all’aperto di Roma Termini, passava in rassegna i tavoli lasciati liberi da poco: scrutava qua e là e, individuati alcuni avanzi rimasti nei piatti, se ne cibava con voluttà.

L fame è una gran brutta bestia. Sua compagna di vergogne è la violenza. È l’Unicef che denuncia: oltre 170 mila sono state le violazioni gravi perpetrate contro i bambini, oltre 45 violazioni mediamente al giorno negli ultimi dieci anni. Soltanto nel 2018 sono stati uccisi 12 mila bambini; 24 mila sono state le violazioni: parliamo di mutilazioni, stupri e rapimenti. In Siria due milioni e 600 mila bambini sono stati costretti a sfollare a causa di quasi nove anni di conflitto armato, costretti a riparare in rifugi fatiscenti spesso privi di energia elettrica. Altri due milioni e mezzo di bambini hanno dovuto abbandonare le proprie case per cercare riparo in altri Paesi, vedi il Libano, dove spesso le temperature sono rigide. Si contano in quasi sette milioni i bambini sfollati alla fine del 2019, per i quali si è trovato riparo in tende leggere o all’aperto, con il rischio che morissero di freddo, come dichiara Save the Children. E i bambini afghani della crisi di ferragosto 2021, lanciati letteralmente dalle madri fra le braccia dei soldati in partenza per il rimpatrio, perché li portino in salvo? Straziante, di un dolore indescrivibile, la disperazione negli occhi.

Noi, che viviamo negli agi in un mondo malato di simili contraddizioni, non siamo degni di essere chiamati gente civile, e mi metto per primo in questa vergognosa lista.

È ancora un mondo, questo?

Un’altra sforbiciata che ha toccato e ferito nel profondo le fasce più deboli, quelle che davano a osservare, immagine ricorrente nei mass-media, la vecchietta che andava a rovistare nei cassonetti delle immondizie per rimediare qualcosa da mettere sotto i denti, cose da terzo mondo o peggio, in un Paese civile come il nostro! Ma poi, sul filo divergente della sforbiciata, il magnate che si permetteva, lo dichiaravano le notizie giornalistiche del 13 novembre 2013, di valutare se fosse valsa la pena di acquistare il trittico Three Studies of Lucian Freud di Francis Bacon venduto per 142,4 milioni di dollari all’asta da Christie’s a New York. Senza contare il precedente primato, quello dell’opera L’urlo di Edward Munch venduto nel maggio 2012 all’asta tenuta da Sotheby’s a Ginevra per la bella somma di 119.9 milioni di dollari. È l’asta dove si instaura la vendita del diamante rosa Pink Star di 59,60 carati, anche quello destinato a qualche riccone sfondato: è stato battuto a Ginevra al valore di 83 milioni di dollari. Da Christie’s, poi, si diceva, erano in vendita ancora altre opere la cui quotazione superava i 20 milioni di dollari, come una scultura di Jeff Koons, del valore stimato tra i 33 e i 55 milioni di dollari. Ma non finisce qui: le notizie del 14 novembre 2013 parlavano di un nuovo record per un’opera di Andy Warhol, re della Pop Art, il quadro Silver Car Crash, opera fondamentale della serie Death and Disaster battuto all’asta Sotheby’s di New York per 105 milioni di dollari.

E nel medesimo tempo si consumava l’immane tragedia provocata dal tifone nelle Filippine, con più di quattromila morti e decine di migliaia di senzatetto. Ci pensate ai bambini? Le Organizzazioni umanitarie chiedono via telefono la donazione di uno o due euro per aiutare le popolazioni colpite. Uno o due euro, a fronte di milioni spesi per asservire all’egoismo personale di altri individui non sfiorati da problemi di sopravvivenza. Bambini, malati, anziani, tutta la fascia dei più deboli, bisognosi di protezione, che viene spesso volutamente ignorata.

Nell’estate 2012 il mondo della finanza era in pieno fermento per via della crisi economica diffusasi in breve tempo su tutto il pianeta, ma un rapporto Auser faceva il punto su come fossero soprattutto gli anziani a patire la crisi. Il 55% di coloro che avevano superato i 65 anni di età erano costretti a vivere con un reddito inferiore a mille Euro al mese e, all’interno di questa fascia, quattro anziani su dieci non raggiungeva neppure i 500 Euro mensili. Questi furono i dati rivelati dal 5° Rapporto italiano di Auser – Filo d’Argento. E siamo arrivati già al 2012! Erano in genere in maggioranza le donne a chiedere aiuto, l’82% e più al Nord d’Italia che non al Sud (da Televideo del 4 luglio 2012). Ma restiamo ancora al 2012. Ora voglio farvi strabiliare in quanto ad equità sociale.

Due fonti d’informazione: l’Istat e un periodico per Pensionati, tutte in ambito strettamente italiano. La prima titola: Povertà per otto milioni, soprattutto al Sud. Il 7,6% delle famiglie italiane, riferisce l’Istat, è a rischio di povertà: poco sopra la soglia, qualora dovesse far fronte a una spesa imprevista potrebbe essere classificata fra le famiglie povere. In Italia è quindi povera o quasi circa una famiglia su cinque. Le famiglie relativamente povere arrivano, a metà anno 2012, all’11,1% ossia 8.173.000 persone; quelle povere in assoluto toccano il 5,2% inglobando la triste cifra di 3.415.000 soggetti. La soglia di povertà relativa per una famiglia composta da due persone è valutata a una disponibilità di spesa mensile pari a € 1.011,03. Nel Mezzogiorno d’Italia sono quasi due milioni le famiglie che vivono in condizione di povertà relativa, vale a dire il 23,3% di tutti i nuclei del Sud. E la proiezione per il futuro registra un aumento intensivo della povertà: in un solo anno è recentemente passata dal 21,5% al 22,3% (dai mass-mediadel 18 luglio 2012).

E ora la seconda fonte d’informazione. Mentre l’Italia guarda con una certa pena e preoccupazione a quei 7,6 milioni di pensionati, quasi la metà, il 45,4% dei registrati a giugno 2012, che incassavano meno di mille Euro al mese, e a quei 2,4 milioni che campavano miracolosamente con meno di 500 Euro mensili, dietro le quinte si affaccia una sparuta popolazione di grandi privilegiati che non riescono nemmeno più a contare le proprie fortune in denaro. Ne riferisco alcuni casi: Marco Tronchetti Provera, patron della Pirelli, nel 2011 metteva in tasca la bella retribuzione di 22,7 milioni di Euro. La lista prosegue con Cesare Geronzi ed i suoi 17,8 milioni di Euro, Pierfrancesco Guarguaglini (Finmeccanica) con 11,3 milioni, Giorgio Zappa (Finmeccanica) con 9,9 milioni, il patron di Prada Patrizio Bertelli con 9 milioni, Luca Cordero di Montezemolo con 5,6 milioni, Sergio Marchionne (Fiat) con 5 milioni, Paolo Scaroni (Eni) con 4,8 milioni, Fulvio Conti (Enel) con 4 milioni, Franco Bernabè (Telecom) con 3,6 milioni. E in tutto ciò c’è un’enormità: pensate che alcuni di questi ricconi avevano proposto al Governo in carica di istituire una tassa sulle ricchezze esorbitanti, dichiarandosi disponibili a pagarla. Sarebbe stata una bella cosa, per iniziare, ma il Governo ha fatto orecchie da mercante e della tassa speciale a chi ha troppo denaro in tasca non s’è fatto cenno alcuno in sede istituzionale (da Conquiste del Lavoro – Pensionati FNP CISL, Anno 64, n. 138, lunedì 11 giugno 2012, pag. 2).

Ma c’è chi si accontenta anche di meno. Faccio per dire, vero? Non fraintendetemi, resto in argomento. Il mio riferimento è per i manager italiani che, a fine 2013, erano i più pagati del mondo. Eccovi alcune cifre, poi potremo continuare a farci un cruccio delle disuguaglianze e delle ingiustizie sociali. All’epoca in cui, in Italia, c’è chi deve farcela con meno di cinquecento euro al mese, certi senior manager della pubblica amministrazione centrale italiana si distinguono per essere i più pagati dell’area Ocse. Lo rileva la stessa Ocse ossia l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, comprendente 34 Paesi e sede a Parigi. Dunque quei magnati italiani godono di uno stipendio medio annuo pari a 650 mila dollari, oltre 250 mila in più dei secondi classificati, i Neozelandesi con 397 mila dollari, e quasi il triplo della media Ocse che si aggira sui 232 mila dollari. In Francia un dirigente, a parità di livello, guadagna in media 260 mila dollari l’anno, in Germania 231 mila e negli Stati Uniti d’America 275 mila. Pare proprio che i soldi non manchino nel mondo, ce ne sarebbero anche tanti da sfamare chi non riesce a sbarcare il lunario e chi va costretto a rovistare nei cassonetti delle immondizie per mettere insieme (magari fosse!) il pranzo con la cena.

Quindici, venti milioni di euro all’anno? Bazzeccole! C’è chi non sa neppure quanti soldi possiede! Ma quel che qui m’interessa è la vergognosa contraddizione che da queste ricchezze si manifesta se solo facciamo un confronto con la povertà che cammina sulla stessa strada dell’esistenza a fianco dei ricchi, ma su una pista meno confortevole. State a sentire: accadde in Italia, fine 2012. I mass-media annunciavano che dal primo gennaio del 2013 sarebbero scattati gli aumenti del tre per cento per adeguare le pensioni al costo della vita. Con tale magnanima provvidenza le pensioni minime sarebbero passate da 481 Euro mensili alla favolosa cifra di 495,43 mentre le pensioni da mille Euro sarebbero salite alla vertiginosa quota di 1.025. Ma ci pensate che lusso, che scialacquìo? Quattordici e venticinque Euro di aumento mensili! Una vita da nababbi, questo ciò che la povera gente avrebbe dovuto pensare e accettare come un gran bene, una super-storica riforma sociale!

La contraddizione? Eccola. Tre milioni al mese alla moglie separata. Un assegno da tre milioni di Euro al mese, vale a dire centomila Euro al giorno, a esclusione della villa di Macherio: così si chiudeva il caso relativo alla separazione non consensuale tra Veronica e il consorte Silvio, un iter iniziato tre anni prima e i cui termini erano finalmente svelati dal “Corriere della Sera”. L’assegno di mantenimento, in cifre 36 milioni di Euro ogni anno, si richiamava all’articolo 156 del Codice Civile e alle sentenze della Corte di Cassazione che fissavano i parametri del mantenimento del tenore di vita a un livello analogo a quello goduto durante la convivenza (dai mass-media del 29 dicembre 2012). Che se ne farà, la signora Veronica, di tutto quel denaro? Un “misero” assegno di mantenimento che vale la bellezza di oltre seimila “favolose” pensioni “rivalutate” al 2013. E, se il marito separato può elargire una simile somma e mantenere un ritmo di vita da “mille e una notte”, con le entrate effettive realizzate sarà senza dubbio in cima alla graduatoria dei benemeriti per la sontuosità del contributo versato all’erario.

Facciamo ora un balzo di otto anni e arriviamo al 26 luglio 2021, giorno della festività di Sant’Anna. I mezzi divulgativi informano che in Italia la povertà assoluta è in forte crescita: lo dice l’Istat in un rapporto sulla situazione del Paese. Abbiamo tre milioni di persone che si sono trovate a dover affrontare problemi per le spese alimentari durante la seconda ondata del Covid-19. Così spiega Coldiretti: i dati Istat attestano intorno ai 5,6 milioni le persone in povertà assoluta. “Un numero crescente di individui è costretto a fare ricorso alle mense dei poveri e molto più frequentemente ai pacchi di aiuto alimentare”. Allargando lo sguardo al mondo intero, possiamo constatare che sono undici le persone che ogni minuto rischiano di morire per fame. Queste sono le rivelazioni contenute nel rapporto “Il virus della fame si moltiplica” dell’agenzia Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief, Organizzazione ONG fondata nel 1942 con lo scopo di ridurre la fame nel mondo, attiva in Italia dal 1° agosto 2010). Nell’ultimo anno è cresciuto di sei volte il numero di persone sull’orlo della carestia: 155 milioni di persone vivono in condizioni di insicurezza alimentare. La guerra è valutata come la prima causa della fame: 100 milioni di persone vivono in aree infestate da conflitti. “Siamo di fronte alla tempesta perfetta – spiega Oxfam – in cui guerre, pandemie e caos climatico stringono popolazioni inermi in una morsa che non lascia scampo”.

È ancora un mondo, questo?

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