All’alba del 7 dicembre 1941 il comandante del Ward, tenente di vascello Outerbridge, avvistò un mezzo subacqueo. Ordinò di fare fuoco. Era un mini sommergibile giapponese e fu affondato. Era la prima azione di guerra fra Giappone e Stati Uniti. Subito dopo, l’inferno di Pearl Harbor. Verso Pearl Harbor puntarono, dalla base giapponese di Yokosuka, 11 sommergibili e altri 9 dalla base avanzata di Kwajalein, aggiungendosi ai 5 sommergibili partiti il 18 novembre da Kure. Lo scopo era quello di accerchiare l’isola Oahu e di mandare a fondo le navi americane scampate a Pearl Harbor, ma anche di impedire l’arrivo di rinforzi americani. Nella rada di Pearl Harbor sostavano un centinaio di navi fra le quali la corazzata California, la West Virginia, la Tennessee, l’Arizona, tutte da 32 mila tonnellate di stazza, oltre l’incrociatore Helena, le corazzate Oklahoma, la Maryland, la Nevada, la Utah e l’incrociatore leggero Raleigh e altro naviglio.
I Giapponesi contrapponevano due portaerei con 450 aerei, due corazzate, tre incrociatori, 11 cacciatorpediniere, tre sommergibili e una decina di petroliere. Alle ore 7,55 del 7 dicembre 1941 iniziava il bombardamento nipponico. Il meno di due ore erano stati distrutti 165 aerei, sei corazzate, un incrociatore pesante, tre caccia, un posamine e due petroliere, tutti affondati. I Giapponesi persero 24 aerei e una cinquantina di uomini rispetto ai 2.403 morti e ai 1.178 feriti americani.
Con i mini sommergibili i Giapponesi attaccarono anche Sidney in Australia. Tre di questi sommergibili il 31 maggio 1942 ebbero la meglio su un buon numero di navi australiane. I tre sommergibili furono abbattuti. Fra il dicembre 1944 e il marzo 1945 altri mini sommergibili giapponesi affondarono 14 navi americane durante la battaglia delle Filippine.
L’attacco del 9 gennaio 1945 vide affondare una nave da trasporto colpita da tre barchini esplosivi. Altre unità vennero colpite a morte con il sacrificio estremo di oltre settanta marinai. Altissime furono le perdite americane. Il mese seguente si sviluppò un altro attacco a Manila, isola di Corregidor. Gli Americani colarono a picco 5 barchini, ma persero 5 cannoniere porta-razzi e tre navi che colarono a picco.
Il 19 ottobre 1944 l’ammiraglio di divisione Takijiro Onisci raggiunse Mabalacat sull’isola di Luzon: Si sarebbe messo a capo delle spedizioni dei kamikaze (in giapponese: vento divino).La loro origine risale al 1281allorché il potente mongolo Kubilai Kan, spinto da mire imperialistiche, organizzò una gigantesca armata con lo scopo di conquistare le isole del Giappone. I religiosi giapponesi pregarono gli dei di preservarli da quella minaccia: sopravvenne un terribile tifone che distrusse le navi di Kubilai Kan. Nel ricordo del dio dei Venti giapponese, di nome “Kamikaze” o “Vento divino”, così vollero chiamarsi i combattenti attaccanti. Gli stormi di kamikaze erano agli ordini dell’ammiraglio Onisci che era il “padre spirituale” dei volontari della morte. Nel 1904-1905 l’ammiraglio Heihaciro Togo, nel corso della guerra russo-giapponese, era ricorso all’invio di “reparti della morte” per bloccare Port Arthur. I kamikaze si sentirono frustrati e forse anche traditi all’annuncio della resa emanato il 15 agosto 1945 dall’imperatore Hirohito e alla firma della resa avvenuta il 2 settembre 1945 sulla corazzata americana Missouri nella baia di Tokio.
Il riepilogo delle perdite fu il seguente: per i Giapponesi 1228 aerei persi su 2314; per gli Americani 34 navi affondate e 268 danneggiate.
Gli aerei “Zero” di cui si servivano i kamikaze dovevano salire fino a quota settemila per sfuggire ai radar e all’osservazione, quindi iniziare una discesa in picchiata verso l’obiettivo individuato, conservando un angolo di 20 gradi. La picchiata finale si aveva a mille-duemila metri di quota per la caduta, con un angolo di 45 gradi, sul ponte della nave da abbattere. Si potevano affidare anche al volo “a pelo d’acqua”, sfiorando la superficie del mare non oltre i dieci metri, salendo poi di quattro-cinquecento metri prima di gettarsi sull’obiettivo. Si privilegiava la caduta sull’ascensore centrale del ponte, ma anche su quelli mediano e anteriore che, messi fuori uso, avrebbero reso inservibile la portaerei.
Dall’ottobre 1944 al gennaio 1945 i Giapponesi affondarono 5 portaerei, una nave da battaglia, 5 incrociatori, 3 caccia, 23 navigli da trasporto e danneggiarono 13 portaerei, 3 navi da battaglia, 8 incrociatori, un caccia e 34 navi da trasporto.
Un altro tipo di arma segreta fu progettato dal guardiamarina Ohta: un aereo-bomba chiamato Ohka (Fior di ciliegio), armato con quasi due tonnellate di esplosivo e trasportato da un bombardiere bimotore. Al momento dell’attacco era spinto da cinque razzi. Il pilota dell’Ohka si calava nella bomba e al momento giusto si sganciava a mano dal rimorchiatore dirigendosi contro il bersaglio. Le Ohka furono usate nell’invasione americana di Okinawa. Il 20 marzo del 1945 fi sferrato l’attacco americano. I Giapponesi reagirono con una cinquantina di aerei che danneggiarono le portaerei Enterprise, Yorktown, Intrepid, Essex, Wasp e Franklin oltre al cacciatorpediniere Halsey Powell e al sommergibile Devil Fish. Anche numerosi aerei americani vennero abbattuti. Non minori furono le perdite giapponesi fra aerei, navi e basi a terra, soprattutto a Kanoya. I pesanti bombardieri giapponesi, ridotti nella velocità a causa del peso, furono attaccati da 50 caccia “Grumman” e per sfuggire alla minaccia si liberarono della Ohka trasportate: 16 fra loro precipitarono. In una sola azione i Giapponesi persero 30 caccia, 18 bombardieri e 16 Ohka. Okinawa era stata attaccata da 100 mila Americani, più 50 mila rimasti a bordo delle navi. Erano state impiegate 1400 navi ossia 6 divisioni di Americani. I Giapponesi avevano appena due divisioni e due brigate della 32a Armata, al comando di Mitsuri Uscigima, oltre alla guarnigione navale del contrammiraglio Minoru Ota e allo stormo di Nansei Scioto al comando del colonnello Tamasci. In tutto potevano contare su una forza di 70 mila uomini. Si trattò di una strage dissennata e sanguinosa.
Le operazioni nelle quali erano attivi kamikaze, Ohka, Esercito e Marina andarono sotto il nome di “Operazioni Kikusui”. Si svolsero dal 6 aprile al 22 giugno 1945. Furono una decina, con la forza di 860 aerei della Marina, 605 aerei dell’Esercito che riuscirono ad affondare 11 importanti navi americane e ne danneggiarono 102. I kamikaze ebbero anche a scontrarsi con i caccia americani “Grumman”: lo scontro si verificò in agosto.
La battaglia di Leyte, punto di nascita dei kamikaze, aveva decretato la fine della Marina giapponese. Rimasero integre esclusivamente le corazzate Yamato, Nagato e Haruna.Uno dei fattori chiave della sconfitta fu la mancanza di carburante a partire dal mese di gennaio 1945, tanto che potevano muoversi soltanto la Yamato, l’incrociatore leggero Yahaghi e cinque cacciatorpediniere. L’ultimo combattimento si svolse il 26 marzo 1945. Le navi sopra citate avevano l’ordine di bombardare le navi avversarie presso le spiagge di Okinawa, ma nello stretto di Bungo intervennero 300 aerei americani lanciati dalle portaerei, che provocarono l’affondamento della Yamato, della Yahaghi e dei cacciatorpediniere Asascimo e Hamakazy. Il Giappone aveva perso sei navi su dieci e circa 3 mila combattenti uccisi. Nel corso della battaglia di Bungo una ventina di aerei kamikaze attaccarono le portaerei americane, ma vennero distrutti. La vantata flotta del Mikado non esisteva più. Il kamikaze ammiraglio Ugaki volle morire in battaglia: si gettò egli stesso contro le portaerei americane e portò a esplodere il proprio aereo su una delle navi; era il 15 agosto 1945.
L’acqua pesante per vincere la guerra.
L’acqua pesante si ricava dalla combinazione del deuterio con l’ossigeno. Fu adoperata la prima volta per ridurre la velocità dei neutroni nella pila nucleare di Argonne – Stati Uniti – nel 1944. Il primo esperimento atomico ebbe luogo il 16 luglio 1945 ad Alamogordo. I Tedeschi avevano l’acqua pesante, con la quale si poteva avviare la disintegrazione controllata dell’atomo di uranio nel processo di fissione atomica, indispensabile dunque per costruire la bomba atomica. La sua produzione avveniva soltanto a Rjukan, in Norvegia, dal 1939.
Lord Ernest Rutherford, che ideò l’immagine planetaria dell’atomo, scoprì che durante il processo radioattivo si produceva la disintegrazione naturale del nucleo atomico. Occorreva “bombardare” l’atomo e Rutherford fece uso delle particelle “alfa” ad alta energia emesse dal radio a una velocità vertiginosa. La tecnica fu perfezionata da Cockcroft e Walton nel 1932 con l’idea di usare semplici protoni, tratti dal nucleo dell’idrogeno, con la funzione di proiettili.
Un mattino del marzo 1940 il ministro della guerra francese convocò urgentemente l’ufficiale più affidabile del Servizio segreto. Gli consegnò una lettera di credito di 50 milioni di franchi (oltre 50 miliardi nel 1973) per l’acquisto dell’acqua pesante dai Norvegesi e per accaparrarsi la produzione successiva. L’inviato speciale raggiunse Rjukan, accompagnato alla presenza del direttore della fabbrica, Aubert. Riuscì ad avere il quantitativo di 185 kg di acqua pesante (i Norvegesi odiavano i Tedeschi). I nazisti, subodorando l’inganno, occuparono la fabbrica di Rjukan.
Il 15 ottobre 1942 due ufficiali e due sottufficiali in borghese appartenenti all’Armata Libera Norvegese raggiunsero con il paracadute le nevi del Telemark. Erano parte del gruppo “Swallow” e si diedero da fare per stabilire una testa di ponte con gli Inglesi. Attorno alla mezzanotte del 16 febbraio 1943si videro aerei sorvolare le montagne che nascondevano i quattro Norvegesi i quali, il 27 febbraio discendevano la valle di Rjukan. Per procedere furono costretti a guadare le acque gelate del fiume e a scalare una ripida parete. Gettarono quindi le tute fino allora indossate e si vestirono con le divise portando sulle spalle il famoso esplosivo. Il rumore assordante delle officine copriva fortunosamente i passi dei volontari inglesi che stavano guadagnando la parete per entrare nella fabbrica. Quindi non trovarono altre vie di ingresso che un lungo tunnel nel quale correvano numerosi e pericolosi cavi dell’alta tensione. Strisciarono fra quei cavi per un’ora prestando la massima attenzione a non venirne in contatto. Riuscirono infine a piazzare le micce e i detonatori, a accenderli e a fuggire alla svelta. Ne seguì un’esplosione terribile che scatenò un allarme infernale con sirene e proiettori al massimo regime. Restarono distrutti 1500 Kg di acqua pesante. , ma i Tedeschi ripresero la produzione in men che non si dica, con la massima accelerazione. Agli Alleati pervennero tutte le informazioni utili perché sul posto si erano fermati due radiotelegrafisti che a Londra comunicarono con precisione i dati raccolti. Subito dopo 80 fortezze volanti inglesi si diressero su Rjukan e distrussero la parte rimanente dell’acqua pesante. Ma la fabbrica riuscì a inviare in Germania una partita di 10 mila litri di acqua pesante. Occorreva distruggere il convoglio che trasportava il quantitativo di acqua pesante e il compito fu affidato ai due radiotelegrafisti rimasti in Norvegia. Il convoglio sarebbe stato caricato sul ferry-boat Hydro. I due volontari avrebbero dovuto colpire il battello nel momento in cui si trovava al centro del fiordo dove la profondità dell’acqua raggiungeva i 300 metri. Si servirono di un congegno a orologeria ricavato da una vecchia sveglia. Scivolarono sino all’ingresso di un boccaporto. Poi Knut e Fedor penetrarono nella stiva, sistemarono le cariche collegandole alla sveglia di Knut. Erano le 4,30 del mattino e l’esplosione sarebbe dovuta avvenire alle 14,45. La mattina successiva il convoglio partì per portare i diecimila litri di acqua pesante in Germania. Arrivarono le 10,48 e nulla successe, poi le 10,50 e di lì a poco si udì un tremendo boato: il ferry-boat era stato squarciato da prua a poppa. Seguirono altre due esplosioni e la nave colò a picco. Con questa azione la Germani fu impedita di costruire la sua bomba atomica.
Altre armi segrete: il Katiuscia e il Bazooka.
Il nome originale della nuova arma segreta era Katjuša. Era il tempo in cui i Russi contavano ormai 20 milioni di perdite umane di cui oltre 5 milioni di morti nella schiera dei prigionieri di guerra. I mortai multipli Katiuscia furono impiegati nella disfatta tedesca in Bielorussia il 23 giugno 1944 su un fronte di quasi mille chilometri. Inizialmente erano formati da una serie di 7 rotaie-guida che in un secondo tempo diventarono 25. Avevano una gittata dai 7 ai 10 chilometri con proietti da 115 mm. Che raggiungevano la velocità di 300 metri al secondo. Contenevano 20 kg di esplosivo: Erano molto migliori rispetto ai cannoni tradizionali, per via di un volume di fuoco maggiore e di una mobilità snellita.
I lanciarazzi portatili XM-72 o bazooka erano di sicuro effetto contro i carri armati e le postazioni difensive campali. L’arma aveva una lunghezza di 1,15 metri. All’inizio sparava proietti di 60 mm che poi raggiunsero la misura di 89 mm e potevano essere lanciati sino alla distanza di 300-500 metri.
Il Radar, un dispositivo che fece la differenza.
Il radar fu inventato nel 1935 dall’Inglese Robert Alexander Watson-Watt. Per tutta la guerra rimase arma segreta per tutti i Paesi tranne l’Inghilterra e gli Stati Uniti.
Combattere per rappresaglia.
Si parlò anche di ricorrere all’uso dei gas e dell’arma batteriologica, la minaccia concreta che la Germania stava per scatenare erano le Vergeltungswaffen ossia le armi segrete attese da Hitler. Già nel giugno 1943 entravano in azione le V-1 che i Tedeschi chiamavano “Fieseler 103”, aerei a reazione senza pilota, carichi di esplosivo, da usare come deterrente per provocare il crollo psicologico degli Inglesi e per indurre l’Inghilterra a richiedere una pace separata. Le V-1 necessitavano dell’ossigeno presente nell’atmosfera come comburente e non potevano alzarsi oltre la quota raggiunta dagli altri aerei. Fu Wernr von Braun a ideare la V-2 spinta a razzo anziché da un apparato a reazione. Poteva alzarsi indefinitamente perché portava con sé sia il carburante sia il comburente. Era lunga 14 metri, con un diametro di 167 cm e un pero di 13 tonnellate. Come propellente usava alcool etilico e ossigeno liquido, portava una tonnellata di esplosivo, poteva raggiungere la velocità di 5630 km orari, superiore a quella del suono e raggiungere una distanza di 313 chilometri. L’8 settembre 1944 fu lanciata per la prima volta su Londra. Per coprire la distanza tra la Francia e l’Inghilterra con le bombe volanti bastavano pochi minuti. Già su Londra erano state lanciate, al tempo dello sbarco in Normandia, duemila V-1 nel giro di due settimane, con la distruzione di 20 mila abitazioni, morti, feriti e gravi danni. La reazione degli Alleati si fece sentire nel settembre 1944 con la distruzione di 44 su 56 delle rampe edificate sul Passo di Calais. Nel solo 1944 gli Alleati avevano bombardato con il lancio di un milione e mezzo di tonnellate di ordigni. A metà febbraio 1945 Londra era stata colpita da 9600 V-1 tedesche. Molti civili morirono per scene di panico, come per esempio alla stazione L.T.E. di Bethnal Green dove nel marzo 1944, allo stridore delle sirene di allarme, nella calca e nella furia di raggiungere i ricoveri morirono 175 persone, soffocate e calpestate. I Tedeschi gettarono bombe volanti anche sul Belgio danneggiando fortemente numerose città, fra cui Anversa distrutta con un solo attacco.
Hitler, per parte sua, a far data dagli inizi del 1945, non riponeva più fiducia nelle V-1 e V-2. Il colonnello Wachtel usò in massa le bombe volanti dal 12 giugno al 1° settembre. Si era trattato di un’arma costata una somma enorme: per gli Alleati fu di 47.635.190 sterline e per i Tedeschi di 12.600.670. Al loro primo utilizzo persero la vita oltre 7.800 cittadini inglesi, fra i quali 1.950 aviatori. Su Londra si erano riversati quindici tonnellate di proietti ogni giorno. Per contrastarne gli effetti disastrosi gli Alleati avevano perso all’incirca 450 aerei e 2.900 aviatori, benché la R.A.F., bombardando a tappeto, aveva pressoché dimezzato la produzione dei micidiali ordigni, da 60 mila a 32 mila.
Più avanti si idearono i razzi A-4 alimentati da propellente liquido, del peso di 13 tonnellate. Il 22 novembre 1942 Hitler aveva firmato un decreto per la produzione in serie della A-4. Ne furono prodotte 12 mila, per un costo di 20 mila marchi cadauno. Venivano costruiti nello stabilimento di Peenemünde sul Mar Baltico, una zona sgombra e quasi isolata a circa 100 km da Stettino, con la spesa affrontata dai Tedeschi di 300 milioni di marchi. Il lavoro era stato iniziato fin dal 1932. Nel 1941-42 il bilancio di Peenemünde si aggirava sui 504 milioni di Reichsmark.
Verso la fine di agosto 1944 gli Alleati erano ancora poco informati su Peenemünde dove si stava costruendo il più potente cannone del mondo, il Cannone di Mimoyecques, progettato nel 1943 e approvato da Hitler nell’agosto 1943. L’arma aveva richiesto l’opera di 5 mila operai e specialisti e di mille serventi ai 25 pezzi previsti nel progetto, inoltre centinaia di ufficiali e tecnici specializzati. Il cannone aveva una canna lunga 120 metri e poteva sparare dalla costa francese fino a Londra, alla distanza di 157 chilometri. Era armato con proietti della lunghezza di tre metri e del peso di 150 kg per un calibro di 10 centimetri.
Fu un prigioniero tedesco a rivelare notizie attinenti nell’autunno del 1944, parlando dello stabilimento sotterraneo, della fabbrica e del montaggio delle bombe volanti, di una fabbrica di combustibile dell’A-4 dislocata a Breslau, la “Linke-Hofmann”. Nell’aprile 1945 gli Alleati scoprirono, in una foresta nei pressi di Amburgo, duemila bombe volanti metà delle quali avevano nella parte anteriore piccoli abitacoli destinati a un pilota: erano aero-bombe kamikaze. Persino le donne erano state addestrate a questo tipo di missione; una di esse, Hanna Reitsch fu una collaudatrice di aerei.
Allorché gli Alleati stavano dirigendosi verso Berlino, da Peenemündesi verificò un fuggi fuggi generale di 450 scienziati fra i quali anche von Braun, che si consegnarono agli Americani. Kammler, generale delle SS, ordinò che Peenemünde venisse minata e distrutta. Su Mimoyecques, dopo che gli Inglesi ne acquisirono informazione, furono sganciate 7469 tonnellate di esplosivo nel mese di novembre 1943. Distrutto infine quel cannone che avrebbe potuto spedire su Londra, ogni quindici minuti un proietto di 150 chilogrammi.
Immagine di Copertina tratta da GiappoM.