I “siluri umani”: la loro preparazione si attuava in una località segreta, nei pressi del porto militare di La Spezia. Si trattava di sommergibili che potevano arrivare al massimo a 30 metri di profondità, per non essere schiacciati dalla pressione dell’acqua. I sommozzatori dell’equipaggio dovevano navigare di notte, semi-immersi nell’acqua. Erano due sommergibili, il Gondar e lo Scirè a portare i siluri umani. Lo Scirè si diresse verso la Maddalena e il Gondar a Tobruk.Il Gondar venne avvistato da natanti britannici e attaccato con bombe di profondità contenenti 150 chilogrammi di tritolo.
La baia di Algeciras venne violata dai sommozzatori il 29 ottobre 1940 dallo Scirè che portava tre siluri umani con due uomini su ogni siluro. Qui ad Algeciras la nave-cisterna italiana Olterra costituì la base di appoggio e di lancio per gli incursori. Il 15 maggio 1941 salpava da La Spezia e raggiungeva lo Stretto di Gibilterra con il carico di siluri umani. Passò lo Stretto in immersione navigando quasi un intero giorno per superare il Capo Tarifa. Ma il 26 maggio 1941 uno dei tre siluri venne affondato, seguito dagli altri due.
Il tenente di vascello Visintini scelse come obiettivo una enorme petroliera, la Demby Dale di 16 mila tonnellate. Visintini e l’aiutante Magro applicarono alla chiglia della nave le cariche e tornarono alla base. Appena passate le otto del mattino la carica esplose facendo colare a picco la petroliera, la cisterna Fiona Shell e la motonave Durham per complessive 30 mila tonnellate di naviglio.
Alessandria d’Egitto costituiva un punto strategico centrale nella lotta sui mari, ma per far pervenire in Egitto il materiale bellico necessario gli Italiani erano privi di portaerei, scarseggiavano di forza aerea e dovevano fare i conti con Malta dove gli Inglesi già potevano usare il radar. Il 16 dicembre 1941 gli incrociatori italiani Da Barbiano e Da Giussano, mentre portavano rifornimenti di benzina in Libia, vennero fatti colare a picco, con il sacrificio delle vite di 900 uomini. Italiani e Tedeschi riuscirono ad affondare la Barham di 31 mila tonnellate, la Repulse, la Prince of Wales, la Valiant e la Queen Elizabeth di oltre 30 mila tonnellate. La nave da battaglia Nelson venne colpita da un aerosilurante italiano, immobilizzata per sei mesi.
Ad Alessandria erano ferme due navi da battaglia inglesi. Si pensa di portare loro l’attacco: sei uomini si sistemano a coppie sui “maiali” (così chiamati, erano armi segrete modeste, richiedevano una spesa modesta di qualche milione, una tonnellata di esplosivo, una quindicina di giorni di lavoro con pochi addetti) al comando del tenente di vascello Durand De La Penne; riescono a superare lo sbarramento esterno del porto: è uno sbarramento mobile per lasciare passare le navi amiche, ma ci passano pure i missili umani che hanno preso di mira la corazzata britannica Valiant con duemila uomini di equipaggio. Le cariche esplosive vengono piazzate e l’esplosione sulla Valiant si verifica poco prima dell’alba. Esplode anche la Queen Elizabeth, poi una grossa petroliera che affonda con una più piccola. De La Penne e l’aiutante Bianchi sono presi prigionieri. Il danno fu di 70 mila tonnellate di stazza. Le navi inglesi dovettero restare due anni fuori combattimento.
Un altro mezzo di distruzione era costituito da un uomo che su una barca carica di esplosivo si gettava contro le navi nemiche; erano i “barchini esplosivi”, motoscafi assai leggeri, lunghi 5 metri, spinti da due motori Alfa Romeo a una velocità che poteva arrivare a 50 km orari. Pilotati da un solo uomo, trasportavano 300 Kg di tritolo e scoppiavano tramite una spoletta a percussione. Avevano come base l’isola di Lero, nel Mar Egeo, mentre gli Inglesi avevano come base Suda, nell’isola di Creta.
Nella notte del 26 marzo 1941 sei barchini esplosivi si avvicinarono a Suda, al comando del tenente di vascello Luigi Faggioni. Ciascun barchino portava 500 Kg di esplosivo. Si appostarono a circa 300 metri da alcune navi inglesi. Presero di mira un grosso incrociatore, lo York, una enorme petroliera e una nave da carico. Vennero affondati la petroliera norvegese Pericles, lo York e altre due navi per 40 mila tonnellate di naviglio, ma sei Italiani caddero in prigionia. Gli Italiani persero tre MAS, nove barchini esplosivi, due siluri comandati, con il bilancio di 15 morti e 18 prigionieri.
L’8 maggio 1943 tre siluri umani a Gibilterra colarono a picco tre mercantili per 20 mila tonnellate di stazza e, fra il 3 e il 4 agosto, altre 23 mila tonnellate. Una formazione di siluri umani e uomini rana il 4 dicembre 1942 attaccarono Algeri: in 16 furono fatti prigionieri, ma 30 mila tonnellate di navi furono affondate. Il tenente Ferraro riuscì ad affondare la motonave norvegese Fernplant e a danneggiare il piroscafo Kaituna; affondò navi nemiche per 24 mila tonnellate. In Italia si costruirono 16 sommergibili “tascabili” di 12 tonnellate con due siluri e un solo uomo a bordo, da usare nel Mar Nero contro la piazzaforte sovietica di Sebastopoli che fu fatta cadere.
Il 19 aprile 1944, dopo l’armistizio, il tenente di vascello Conte e il capo palombaro Marcolini su un siluro umano affondarono la portaerei Aquila nel porto di Genova. In conclusione furono mandate a picco 300 mila tonnellate di naviglio.
La Gran Bretagna, prima della guerra, aveva 80 incrociatori e 300 cacciatorpediniere. Nel 1941 i Britannici costruirono il primo sottomarino nano. L’anno successivo presero il via serrate ricerche ed esperimenti per la costruzione del nuovo ordigno e si progettò una tuta speciale per proteggere gli uomini dalle acque gelide della Norvegia. Per le cariche esplosive gli Inglesi applicavano congegni magnetici.
La corazzata Tirpitz da 43 mila tonnellate faceva parte dello schieramento nel fiordo di Trondhjem a minaccia degli schieramenti britannici e russi. La Tirpitz era protetta da sbarramenti inaccessibili. Si pensò allora di fare ricorso a un siluro umano. Il 26 ottobre 1942 dalle Isole Shetland partì un vaporetto comandato da Larsen con dieci uomini, norvegesi e inglesi. Incontrarono mille difficoltà e il progetto andò a monte. Ritentarono il 12 settembre 1943 per abbattere la Tirpitz, l’incrociatore pesante Scharnhorst di 31 mila tonnellate e la corazzata Luzow per un totale di 100 mila tonnellate. Si misero in moto sei sommergibili inglesi; su ogni sommergibile nano (lunghi meno di 15 metri e un diametro di 1,60) stavano tre uomini. Il mezzo era spinto da un motore elettrico.
Un’altra arma segreta era l’ASDIC, un dispositivo capace di rivelare la presenza di corpi subacquei mediante l’impiego di onde sonore. Per la Marina britannica fu un’arma efficacissima, soprattutto nella lotta contro i sommergibili tedeschi. Poi si affidò il successo alla “garitta stagna” attraverso la quale il sommozzatore poteva uscire per arrecare danni. Si trattava di due cariche da due tonnellate cadauna, fissate sui fianchi del mezzo da distruggere. Le cariche erano composte da “amatol” ossia tritolo con nitrato di ammonio.
Nella notte fra il 20 e il 21 settembre 1943 Cameron, membro dell’equipaggio dell’X-6, puntò verso la Tirpitz e riuscì a eludere le ultime recinzioni antisiluro procedendo sulla scia di una “vedetta” tedesca. Vennero lasciate cadere due cariche, dall’X-6 e dal X-7 al comando di Place, ai fianchi della Tirpitz. Erano le otto e dodici minuti allorché otto tonnellate di “amatol” esplosero sotto le 43 mila tonnellate della Tirpitz che rimase immobilizzata per quasi otto mesi, inclinata su una fiancata. Finì affondata da 40 quadrimotori inglesi con bombe da 6 tonnellate. Place fu fatto prigioniero.
I mini-sommergibili inglesi attaccarono poi il bacino galleggiante di Bergen in Norvegia. L’11 aprile 1944 il mini X-24, a rimorchio del sommergibile Sceptre, stava per penetrare nel fiordo di Bergen, avvicinandosi al grosso bacino galleggiante; lasciò cadere due cariche esplosive che mandarono a picco un mercantile da 7.500 tonnellate. L’attacco a Bergen fu ripetuto. Il tenente di vascello Shean, comandante dell’X-24, lasciò cadere due cariche ai lati del bacino che saltò in aria insieme a una nave tedesca. Fu un grave danno per i Tedeschi, privati così di un sistema adibito alle riparazioni dei natanti, soprattutto per gli U-Boote che avevano il compito di danneggiare le rotte di convogli per l’Unione Sovietica.
A causa dei siluri-umani italiani gli Inglesi persero circa 80 mila tonnellate di navi da guerra e oltre 200 mila tonnellate di mercantili. Decisero pertanto di adottare il sistema dei siluri-umani. Il 3 gennaio 1943 il Thunderbolt e il Troper si trovavano poco lungi da Palermo, dotati di cinque siluri. Il tenente di vascello Greenland e il capo Ferrier giunsero in vista dell’incrociatore Ulpio Traiano di 3.500 tonnellate. Riuscirono a fissare due potenti cariche allo scafo italiano e altre cariche a tre corvette e a un mercantile. Alle prime ore dell’alba l’incrociatore fu spaccato in due da una tremenda esplosione. Venne gravemente danneggiata la nave da trasporto Viminale da 8.500 tonnellate, poi autoaffondata. Le corvette e il mercantile vennero salvati.
Il 17 luglio 1943 era avvenuto lo sbarco alleato in Sicilia. La flotta italiana, sconfitta, si mosse da Taranto e da Napoli per raggiungere Malta, sede della resa. Erano 6 corazzate, 8 incrociatori, 31 cacciatorpediniere, 40 sommergibili, naviglio mercantile e unità minori per un totale di 170 mila tonnellate. Nel porto di La Spezia, presidiato dai Tedeschi, sostavano gli incrociatori pesanti Bolzano e Gorizia, contrari alla resa. Nel mese di giugno 1944 alcuni siluri umani inglesi applicarono quattro cariche esplosive al Bolzano provocandone l’affondamento di prua.
Il 6 luglio 1944 i Tedeschi mossero un attacco alla flotta inglese e alleata presso Villers-sur-Mer affondando numerose navi britanniche. Fu il marinaio scelto Gerhold a dirigere un siluro umano e ad affondare l’incrociatore leggero Dragon. Fra il 2 e il 3 agosto i Tedeschi riattaccarono Le Havre con i piccoli natanti, siluri-umani e barchini esplosivi e affondarono i cacciatorpediniere Iris e Quorn, il dragamine Gairsay, danneggiando l’incrociatore Durban. Ma l’attacco costò caro ai Tedeschi, la perdita di 40 barchini esplosivi e 24 siluri-umani. Ci riprovarono nella notte fra il 9 e il 10 agosto con 10 barchini esplosivi, tutti annientati. Nel complesso, sulle coste della Normandia i Tedeschi persero 200 siluri-umani e circa un centinaio di barchini esplosivi.
Il primo mini-sommergibile tedesco, chiamato Biber, stazzava 6 tonnellate, lungo 9 metri e largo uno. Era fatto per immergersi fino a 25 metri. Il 29 agosto furono 18 mini-sommergibili tedeschi ad attaccare in Normandia, ma riuscirono solo ad affondare due navi da trasporto. Dal dicembre 1944 all’aprile 1945 avevano inflitto agli Alleati perdite per 100 mila tonnellate di navi da trasporto. Furono impiegati altri piccoli sommergibili, come il Molche, il Seehunde e il Delfino.
Immagine di Copertina tratta da Ocean4Future.