DOVE VANNO I SOLDI DEI POVERI?

Ritorna il caso Emanuela Orlandi, cittadina del Vaticano, scomparsa nel 1983. Sembra, da un’indagine del giornalista Fittipaldi, che il Vaticano abbia voluto trasferire la Orlandi a Londra pagando per 14 anni, sino al 1997 dunque, rette, vitto e spese mediche. La nota spese ammonterebbe a 483 milioni di Lire del tempo.

Ancora spiccioli rispetto a ciò che accade oltre Atlantico dove il Senato americano, avallando la proposta di Trump per l’aumento delle spese militari impegnate all’estero, ha approvato un incremento di 700 miliardi di dollari.

Ancora nessuno si domanda a quale livello di intelligenza si pone quell’uomo sapiens sapiens che non pensa ad altro che a distruggere, demolire, seminare morte, miseria, fame, malattie e sofferenza?

Siamo nel Centenario della Grande Guerra. Non basta il riferimento agli sprechi perpetrati per mantenere in vita una macchina diabolica di morte e desolazione come quella che vissero i nostri Padri nel 1915-18? Vogliamo allora fare mente locale, al di là dei sacrifici di vite umane (9 milioni di vittime militari, 7 milioni di vittime civili fra tutte le Nazioni belligeranti), anche su quanto costò quella guerra in termini finanziari? Calcoli molto vicini al vero riportano le spese italiane per le Forze Armate: se prima della guerra ossia prima del 24 maggio 1915 si spendevano circa 600 milioni di Lire all’anno, durante tutto il corso della guerra, i 41 mesi di lotta, si spesero 1.600 milioni di Lire al mese.

L’Italia aveva contratto debiti enormi perché mancava essenzialmente di carbone, cereali e minerali ferrosi. Dovette restituire le somme prestate sino al 1988, soprattutto agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna.

La guerra ci era costata tra i 94 e i 96 miliardi di Lire del tempo, a cui se ne andavano ad aggiungere altri richiesti dalle ricostruzioni, dal pagamento delle pensioni di guerra, dai risarcimenti. La cifra più prossima al reale toccò i 157 miliardi di Lire che corrisponderebbero, ai giorni nostri, a oltre mille miliardi di Euro, come dire 25 miliardi di Euro al mese nei 41 mesi di guerra.

Il costo totale per le 28 Nazioni entrate in guerra corrispose a circa 650 miliardi di franchi-oro che, rapportati alla situazione economica dell’epoca, sarebbero l’equivalente, in modo approssimativo, al valore dello stipendio annuo di un operaio, moltiplicato per 500 miliardi di volte.

E la popolazione moriva di fame. Nelle regione nordorientali italiane la gente era colpita da fame, miseria, vessazioni, rapine, violenze, requisizioni. Pellagra, dissenteria sanguigna, febbre malarica, tubercolosi e nascite con malformazioni non risparmiavano vittime. Moltissimi, torturati dai morsi della fame e dalla sfinitezza si dovettero accontentare dei torsoli delle pannocchie di granoturco, dei baccelli di fagioli e fave, dei frutti dei faggi, persino delle canne del granoturco che dovevano macinare per mescolare a quegli 80 grammi di farina che individualmente venivano distribuiti ogni giorno. Al mercato i torsoli del granoturco costavano due Lire al chilo, l’equivalente della paga giornaliera di un operaio.

Questo, e altro che qui non aggiungo, il prodotto della guerra. E oggi, che intere famiglie ancora vivono nell’indigenza e muoiono di fame, si sprecano miliardi di dollari e di Euro per continuare a fare guerre, a distruggere, a uccidere, sulla faccia di un Pianeta che non ne può più e che già ha iniziato a scrollarsi dalle spalle un’orda di insetti malefici e irresponsabili.

Dato che si parla di stipendi e pensioni d’oro.

Riprendo un discorso già percorso, ma solo per tenermi aggiornato e per tentare di capirci qualcosa di più nel marasma di ciò che succede. Leggo sul notiziario telematico MILANO un articolo sull’argomento ristretto all’area lombarda. Pare che si stiano svolgendo indagini sulle dimensioni esorbitanti di certe retribuzioni concesse a manager pubblici, cosa che mi solleva un po’ dalla triste constatazione delle notevoli disparità e ingiustizie sociali esistenti. Ma vorrei fermarmi a soli due casi, visto che già ebbi modo di esprimermi in merito, e cioè: a nessuno meno di 1500, a nessuno più di 5.000 Euro al mese. Primo caso: Mauro Moretti, amministratore delegato delle FFSS: 850.000 Euro all’anno; secondo caso: Antonio Rognoni, direttore generale Infrastrutture Lombarde: 953.526 Euro annui. Costoro, come tutti quanti gli Italiani vorrebbero per sé, se percepissero per il proprio lavoro 5.000 Euro al mese, sia pure aumentato di un 10% per spese di viaggio per le necessità di spostamenti di lavoro, farebbero risparmiare più di 600 o 700 Euro mensili da devolvere alla busta paga di cento cittadini ridotti alla fame (quelli con 480 Euro al mese, più, forse, l’elemosina di 80 Euro che a loro non cambia la vita); di oltre 300 Euro mensili per duecento di quei poveracci e più di 200 per trecento cittadini indigenti. Questo, che costituisce soltanto una piccola parte del possibile, forse potrebbe cambiare loro la vita. E sarebbe un grande esempio di Umanità reale.

Passa un po’ di tempo ed eccoci all’inizio di ottobre del 2021. Precisamente il giorno 4 appare sui mezzi di informazione una notizia che pare voglia smuovere qualcosa nel marasma delle ingiustizie sociali. Si parla di “Tesori offshore per potenti e vip”. Il termine straniero del titolo già di per sé narra di una realtà lontana dalla esperienza dell’uomo comune, che tende a sfuggire dalla sua capacità di valutare il reale. Dalle notizie riportate si legge: “Dodici milioni di documenti riservati smascherano le offshore di politici, stelle dello sport e spettacolo, generali, big degli affari, banchieri e vip. Dal re di Giordania al ministro olandese ai dittatori africani, da Julio Iglesias a Claudia Schiffer”. Sono affermazioni che provengono da un’inchiesta a livello mondiale che raccoglie circa dodici milioni di nuovi file dei Pandora Papers, condotta dal Consorzio dei giornalisti investigatori Icij citati dall’Espresso che fa parte delle 150 testate internazionali che hanno lavorato all’indagine.

So di ripetere un luogo comune, un’enormità, un’utopia, ma continuo a crederci: Il denaro c’è  e c’è anche chi se ne appropria lasciando che molti altri soccombano per la fame, per la miseria, per le malattie. Visto che le varie organizzazioni mondiali altro non fanno che assistere a simili sperequazioni senza prendere una determinazione risolutiva, allora perché non istituire una “Società della giustizia mondiale” che costringa in qualche modo i grossi “Paperoni” a investire il soprappiù delle loro ricchezze nel creare lavoro, istruzione, sanità e giustizia là dove queste cose sono carenti o mancano del tutto? Ci sarebbe lavoro anziché emigrazione, e gente a centinaia di milioni che si sia finalmente appropriata della propria dignità di persona. E, poi, perché non retribuire quei grandi magnati con uno stipendio pari a quello di un professore di Scuola Secondaria? La società ne gioverebbe in salute e in ringiovanimento e la felicità tornerebbe a far sorridere una parte predominante della popolazione mondiale. Inoltre, niente più fabbriche di armi e commercio di droga, ma scuole, ospedali, laboratori scientifici di ricerca, incremento dell’istruzione e della cultura a livello planetario.

Impossibile? No, forse un giorno ci arriveremo, ne sono certo, perché sarà la volta di un cambiamento necessario, ma nello stesso tempo urgente.

ERA L’ORA!

(14-12-2013) Finalmente sono stati aboliti i finanziamenti pubblici ai partiti. M’inchino riverente a fronte di tale decisione. Ma subito si sente dire che l’iter arriverà a piena attuazione nel giro di tre anni. In tre anni tante cose possono accadere, può sopraggiungere un’altra coalizione di governo la quale decide di ripristinare il precedente status quo. Il provvedimento di ieri, tuttavia, per sé solo non basta. Ora è necessario e urgente costringere chi ha frodato a restituire il mal tolto sino all’ultimo centesimo, compresi gli interessi e un’ammenda proporzionata alla gravità dell’atto consumato. La persona che ha approfittato del denaro versato da chi lavora, suda e fa sacrifici deve perdere il diritto di decisionalità sulla gestione della cosa pubblica, avendone smarrita la dignità. Inoltre, stipendi e pensioni non superiori a Euro 5.000 mensili netti in busta paga e non inferiori a Euro 1.500 PER TUTTI. Con 1.500 Euro al mese si campa senza morire di fame e con 5.000 Euro si vive da nababbi, se non ci credete fatevelo spiegare da coloro che sbarcano il lunario con la decima parte di tanto. Per i responsabili della cosa pubblica, poi, si dovrebbe provvedere al rimborso straordinario delle spese per lo svolgimento della funzione: spese motivate, rendicontate e documentate al vaglio di una commissione mista. Ancora: prelievi fiscali con aliquote maggiorate proporzionali ai beni posseduti e al tenore di vita usualmente tenuto. Infine, un lavoro per tutti: chi può lavorare e non lo fa perché non vuole, fuori dai patrii confini; a chi non lavora perché non può a causa di gravi motivi che ne sovrastano la possibilità e la volontà, ogni cura necessaria a garantire salute e assistenza a seconda dei casi specifici. Per ognuno la salvaguardia della sicurezza, per un’esistenza serena e lungimirante: un no perentorio e reciso alla violenza, di ogni genere; la violenza, in tutti i casi, si combatte con l’educazione a grande raggio e, nelle evenienze estreme, con la forza e la determinazione. Voglio dire ai politici: Se riuscirete a fare tanto vi accorgerete ben presto che riacquisterete quella stima che assai lontana è fuggita dal vostro nome, godrete di un mare di voti di gratitudine; non solo, ma forse sarete persino amati e onorati dal volgo. Quel volgo che vuole gente onesta, completamente disinteressata; quel volgo che, al momento di accordare la propria fiducia, si aspetta che gli eletti non si scordino del proprio mandato; quel volgo che si augura e pretende di vedere una classe dirigente lavorare con umiltà, con dedizione, paga di constatare la crescita ineluttabile del benessere in tutti i soggetti e l’emersione dalla miseria per i più deboli ed emarginati. Utopia? Quando Cristo insegnò: “Amatevi gli uni gli altri” probabilmente avrà pensato che ben poche oasi dell’umano genere avrebbero dato seguito alle sue parole. Io non intendo sostituirmi a Lui, sia ben vero, ma, visto che l’amore non ha trionfato e non trionfa universalmente, almeno sforziamoci di ottemperare a un comandamento morale meno trascendentale: “Rispetto per se stessi e per gli altri, ovunque e sempre!”

Perché calpestiamo sempre i più deboli?

Ad Atene ha avuto luogo una Conferenza dal titolo “Quando ogni momento conta” con lo scopo di elaborare azioni e strategie di grande impatto sociale per affrontare e risolvere i problemi della scomparsa e della tratta di minori in Europa. Nel 2013 ai 29 Centri europei di “Missing Children”, la rete di associazioni non governative che si occupano di bimbi scomparsi e sfruttati sessualmente, sono pervenute 630.724 segnalazioni di scomparsa di minori in Europa. Il Italia, dal gennaio 2010 a oggi, i casi di bambini scomparsi, fuggiti da casa o da un istituto o rapiti, trattati da Telefono Azzurro sono stati 648. Solo nel 2013 sono stati denunciati 172 casi. È bene ricordare i numeri utili per richiesta di aiuto in merito al deplorevole fenomeno: 116000 – 19696 – 114.

Oggi, 3 giugno 2014, sappiamo che in tutto il mondo sono oltre 21 milioni le persone sfruttate, vittime di schiavitù e tratta. Dal lavoro forzato derivano 150 miliardi di dollari in profitti illeciti, 99 dallo sfruttamento sessuale e 51 da settori come il manufatturiero, il lavoro domestico, agricolo e altro. La notizia viene dal Rapporto “Profitti e povertà: l’economia del lavoro forzato” dell’ILO (Organizzazione internazionale del lavoro): “Se vogliamo portare un cambiamento reale alla vita di questi 21 milioni di uomini, donne e bambini, dobbiamo agire concretamente e rapidamente… lavorare con i governi per rafforzare le legislazioni, le politiche e la loro applicazione, ma anche e soprattutto con i datori di lavoro e con i sindacati”. Molto bello, vorrei osservare, ma altrettanto utopico. Tempo addietro mi trovai a collaborare con una Associazione che operava in Africa per rendere vivibile l’esistenza della gente del luogo. In quel contesto avanzai un’idea: è molto il bene che si fa per chi vive nell’estremo bisogno, ma è quasi nulla in confronto a ciò che potrebbero fare coloro che, in quei Paesi, detengono le leve del potere. È da loro che bisogna iniziare, convincendoli a mutare sistematicamente sistema nell’uso delle risorse interne. I miei interlocutori dimostrarono arrendevolezza a fronte del mio punto di vista: secondo loro sarebbe stato inutile puntare sui politici e regnanti, perché ogni Paese ha diritto all’autodeterminazione, per cui nessuno ci darebbe ascolto: forse è già tanto che tollerano la nostra presenza e le nostre iniziative qua e là sui loro territori. Così quattro famiglie ricche sfondate continuano in eterno a scialacquare il novanta per cento delle enormi ricchezze del sottosuolo, lasciando il dieci per cento a tutto il resto della popolazione. Se non si interviene su tale tipo di sperequazione, nulla si potrà cambiare e i provvedimenti tampone dei benpensanti come noi finiranno soltanto per tappare buchi che prima o poi si riapriranno, e in forma assai più vistosa. 

Già, l’ingiustizia, lo sfruttamento dei più deboli. È di oggi quell’altra notizia propagata da “Oxfam”: Su 842 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame il sessanta per cento sono donne; le donne producono tra il sessanta e l’ottanta per cento del cibo, ma a loro ritorna solo il dieci per cento dei guadagni e l’uno per cento della terra. “Se dessimo alle donne le stesse possibilità di accesso alle risorse, alla pari degli uomini, potremmo salvare dalla fame 150 milioni di persone”.

Immagine di copertina tratta da ICIJ.

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