17 Febbraio 2014. In sei anni sono scomparse in Italia 134 mila piccole imprese artigianali e commerciali, le due principali categorie di partite Iva. Lo comunica la Cgia di Mestre, che ha calcolato il saldo tra nuove aziende e cessazioni di attività. Tra i piccoli commercianti la mortalità sfiora le 64.000 unità e tra gli artigiani supera le 70.000. La Cgia imputa il fenomeno al costo dell’elettricità aumentata del 21,3% in sei anni e a quello del gasolio, aumentato del 23,3%. Stretta creditizia, tasse e burocrazia le altre cause individuate.
19 Febbraio 2014. Il premier incaricato Matteo Renzi inizia il ciclo di consultazioni politiche. E qui si dà inizio alla bagarre, velata o meno che sia. Correnti come Cd, Psi danno la propria fiducia. Giorgia Meloni (FI) passa all’opposizione. Il sì è pronunciato da Scelta Civica, contro l’opposizione pregiudiziale di Sel che sostiene di non aderire a un’opposizione “demagogica e faziosa”. Contro Sel si schiera Alfano che aborrisce un governo di centrosinistra e plaude a una auspicabile “rivoluzione liberale”. La Lega che non trova accordi che possano rendere condivisibili almeno alcuni punti del programma, Minoritari locali che offrono collaborazione a patto che sia garantito un rafforzamento delle autonomie, e il M5s ancora in attesa dell’incontro con il premier, ma già in forte posizione critica.
Tutto questo fermento delle prime ore del nuovo governo mi fanno un po’ pensare al gioco del “no, tu no!” ovvero: A propone un’idea; B, che è all’opposizione rispetto ad A, non ne fa neppure una sommaria valutazione, ma la rifiuta incondizionatamente, non perché sia criticabile nella sua validità, ma per il solo fatto che proviene da A. Se, poi, B riesce a scalzare A dopo aver imposto il proprio punto di vista, allora tutto ciò che proverrà da B, che sia di buona o di cattiva fattura, verrà respinto da A, non solo, ma anche da C o da D che ambiscono in segreto a prendere il posto di B. Se, poi, il gioco ha un seguito e uno sviluppo in cambiamento, la logica che ne sostiene le sorti non muta: vedremo allora in reciproca tenzone le svariate forze che, nella declamazione ambiziosa e pretenziosa di portare il Paese verso il benessere, in realtà non mirano più lontano di quella linea di confine che assicura al singolo o al gruppo ristretto di sostenitori il posto di manovra che di per sé garantirà un’esistenza di agio e di alto prestigio sociale.
Tutto questo si verifica nella bolla, e al Paese, laggiù, non rimane che affannarsi ad assistere a quei fatui tornei e a togliersi dalla pelle, con le proprie forze e risorse, i bubboni che lo affliggono. La stessa cosa accade per la Legge elettorale, di cui ho ampiamente fatto cenno: coniarla in un modo, con certi emendamenti assodati, favorisce A, ma dispiace a B, e forse a C o a D; allora, opposizione a oltranza! Se la si vuol coniare in altra forma, ecco che B e C vengono accontentati, ma non ancora D e altro, mentre all’opposizione si pone A. Così va avanti il meccanismo, in una sorta di tira e molla che non finisce mai. E, nell’ottica considerata, proprio non deve aver termine, perché allora lor signori dovrebbero veramente fermarsi e affrontare la fase successiva, quella che richiede sforzi e intelligenza impiegati per sanare i mali sociali e risolvere i problemi. Se, però, la tenzone del tira-molla non viene interrotta, ecco che la residenza nella Versailles politica non viene minacciata e la sopravvivenza nel privilegio è costantemente garantita.
Quelli laggiù? Mah, chi li conosce! Hanno fame? Be’, se non hanno più pane, mangino brioches! E basti loro di vivere del nobile spettacolo che offriamo nell’allietare le loro squallide giornate popolane. E, poi, a che vuoi che pensino, senti come se la godono nei loro miseri pantani e come cantano! La senti l’eco che giunge quassù?… “figli di nessuno che noi siam, fra le rocce noi viviam, ci disprezza ognuno, perché laceri noi siam; ma ci manca uno, che ci sappia comandar e dominar, figli di nessuno che noi siam, anche al digiuno, sappiam marciar!”.
22 Febbraio 2014. Sabato. Ha inizio il Governo Renzi. Il segretario del Pd ha sciolto le riserve per formare il nuovo esecutivo. Oggi alle 11,30 i ministri indicati giureranno al Quirinale. Ma già Cuperlo insorge denunciando un’anomalia nella compresenza di premier e segretario Pd nella persona di Renzi. Avverte poi che la maggioranza Pd sta “consegnando il Paese a Berlusconi”. Vendola, per parte sua, commenta “…tanto rumore per nulla: la montagna ha partorito il topolino”. Poi aggiunge: “C’è un tratto legato alla natura compromissoria sul deficit clamoroso di proposta politica” e “brilla l’assenza a Sud”. Di seguito Berlusconi: “Dopo Monti, Letta e Renzi si può dire che la sinistra si è data ai giochi di palazzo”.
23 Febbraio 2014. In cinque anni di crisi in Italia è andato perso quasi un milione di posti di lavoro. Dal 2008 al 2013 nel nostro Paese gli occupati sono scesi da 25,2 milioni a 24,3 milioni con un calo di 961 mila unità (-3,8%).
24 Febbraio 2014. Il Governo Renzi è appena nato ed è subito guerra. Il campo di battaglia è l’ipotizzato prelievo sui Bot. A detta di Delrio “Se una signora anziana ha messo da parte 100 mila Euro di Bot, non credo che se le togli 25 o 30 Euro ne avrà problemi di salute. Vediamo”.
Siamo alle solite: prelevare dalle tasche di un’anziana signora che con fatica ha creduto di mettere al sicuro il proprio capitale accumulato granellino dopo granellino, quando non si accenna neppure alla possibilità di ingenti prelievi dai portafogli di quei molti che vengono retribuiti a peso d’oro. Naturalmente l’occasione è buona per scatenare una prima bagarre. Insorgono infatti FI per voce del vicecapogruppo vicario Bernini: “Se il buongiorno si vede dal mattino, si è fatta già notte sul governo Renzi” e Lega Nord per voce del segretario Salvini: “… tassare i Bot. A me pare un’idea folle, demenziale, suicida”. Contro la proposta lanciata da Delrio si scaglia pure il leader della Cgil, Camusso. Servono stabilità e riforme, dice il presidente della Bce, Draghi.
Eppure mi vien da pensare: il Governo Letta, durato appena pochi mesi, per che cosa era stato composto? Non era per le riforme e la stabilità? No, non andava bene. A chi non andava bene? Ci voleva un altro esecutivo. Formato da gente più competente, che garantisse di saper fare… miracoli? Speriamo, ma, intanto, sentiamo dire che il neonato Governo Renzi si propone di camminare dritto fino al 2018, e sono quattro anni, mica poco. Anche questo, vedremo.
25 Febbraio 2014. Immagino come dovrebbe funzionare una saggia compagine di Governo. Una compagine che, comunque sia, si è formata grazie al concorso delle forze politiche attive sulla scena nazionale, che, pertanto, si è data un programma preciso con obiettivi altrettanto chiari da raggiungere. Ma, secondo l’uso invalso, possiamo dire che da sempre, nel nostro Paese, appena un Governo prende possesso dei poteri attribuitigli, ecco muoversi contro di lui le forze avverse, la minoranza, le quali spingono con i mezzi più efficaci per farlo cadere. Che un governo, appena nato, sia da subito destinato a morire nel più breve tempo possibile per via di correnti avverse che lo osteggiano mi sembra cosa in vero poco probabile e men che meno auspicabile. Io non sono per Letta o contro Letta, non sono per Renzi o contro Renzi, mi limito a osservare gli eventi con occhio critico e a esprimere il mio pensiero. Il governo Letta è stato abbattuto dopo pochi mesi di vita. Credo che, a fronte della complessità dei problemi che un esecutivo si ponga con la doverosa volontà di affrontarli e di trovarvi soluzione, pochi mesi di lavoro non siano sufficienti a portare a buon fine un programma di attività a lungo termine, come può essere quello che si prospetta a una formazione di governo. In più, se durante quei pochi mesi le energie e le risorse mentali devono essere sciupate per far fronte agli attacchi mossi dall’opposizione, allora non vedo dove esso possa andare a parare con la fiducia e la speranza di onorare i propri propositi. Credo, invece, che l’opposizione debba, senta l’obbligo senz’altro di sostenere l’iter politico che, dal momento in cui il governo in carica ha ottenuto il mandato, dovrà necessariamente puntare allo scopo precipuo della realizzazione del bene comune a tutti i livelli della vita sociale. Intendo prevedere che, dal punto in cui il nuovo esecutivo si appresta a lavorare, lo spazio d’intorno non sia infestato da remore, diatribe, critiche fine a se stesse, tentativi di destabilizzazione. Tutti, invece, opposizioni comprese, dovrebbero porsi come finalità d’urgenza la subitanea partecipazione a un costruttivo scambio e confronto di idee nella ricerca di soluzioni adeguate ai problemi del momento. Tutti, dico, devono sentire il dovere di abbandonare l’idea di aver perso una corsa e di essere, ora, parte in causa, in prima persona, di un progetto in evoluzione. In altre parole, tutti devono vedersi impegnati nel favorire il corso delle riforme garanti di miglioramento, impegnando volontà, e intelligenza in quella direzione. Si deve dare un certo limite di tempo perché i lavori giungano a effetto. Ripeto, è improbabile illudersi che dopo sei mesi si pensi di rivoltare la situazione. In quel caso sarebbe da decretare un fallimento precoce dell’esecutivo su tutti i fronti. È più plausibile immaginare che possano rivelarsi disfunzionalità per certi settori, eventualità che richiederebbero pertanto azioni mirate di risanamento senza che ne sia intaccata l’intera struttura in atto.
Ma non succede così, sarebbe troppo onorevole per tutti se lo fosse perché darebbe conferma di una raggiunta maturità politica scevra da interessi puramente di casta o personali. Il fatto che da subito si muovano le acque nell’intento, piuttosto manifesto, di affondare il neonato governo sta a significare che il movente non è la proposta di un progetto migliore, ma la nuda brama di occupare un posto ambìto che si è perso nella corsa e che, una volta conquistato, può garantire alla persona “vincente” un mare di privilegi e di immunità. Ad avvalorare l’ipotesi testé formulata sono le notizie del momento. Il Governo ha appena ottenuto la fiducia della Camera che già si trova a dover superare una serie di insidiosi ostacoli. Incominciamo da Berlusconi il quale, alleato di partenza con Renzi sulle linee programmatiche di un già trascurato Italicum, interviene bocciando il discorso programmatico prestato da Renzi al Senato, dichiarandolo “un no assoluto” sui contenuti. Grippo, poi, parte sul piede della completa sfiducia e della non credibilità, in questo appoggiato da Vendola del Sel, il quale vede nel discorso di Renzi solo propaganda. Un no alla fiducia proviene anche da FI con qualche spiraglio, tuttavia, verso una possibile parziale condivisione. Anche la Lega si schiera sul no alla fiducia. E all’interno stesso del Pd si agitano flutti turbolenti: il leader di una delle minoranze del Pd, Civati, afferma: “La mia è una sfiducia di fatto”, commentando il governo diretto da Renzi con l’attribuzione di “errore clamoroso”.
Durerà, dunque, la nuova compagine sino al 2018, per un bell’arco di quattro anni, come ripromesso dai suoi paladini? E, cosa di gran lunga più importante, con tutte le spallate che lo urtano di qua e di là, riuscirà a onorare tutte le promesse scritte sulla carta? Credo, ancora, che una sana politica negli interessi del Paese non possa prescindere dall’affidarsi alla sequenza dei “4 co” ossia: collaborazione, confronto, contestazione, condivisione.
Innanzitutto la collaborazione perché il lavoro richiede di muovere verso un approdo del tutto obiettivo. Se prevalgono meri interessi di parte è chiaro che la collaborazione non vi sarà, ma soltanto contrasto (ossia un “co” negativo) e questo porterà comunque a sostenere una tesi propria che, quale che sia la tesi della parte avversa, a questa si contrapporrà incondizionatamente, con la sola ambizione di prevalere. Collaborazione, per antitesi, significa volontà di unire gli sforzi perché, remando sulla stessa barca, si raggiunga il porto nelle condizioni migliori di navigazione. Ci potrà essere un confronto, anzi è bene che ci sia perché da un confronto di idee, fondato sul rispetto e sull’ascolto dell’opinione altrui, nascano sempre idee nuove e innovative. La discussione che ne segue, condotta con criteri di intelligenza e obiettività, facilmente indirizzerà verso una condivisione. La differenza di atteggiamento, infatti, sta in questo: chi si cura del proprio personale interesse rema sempre contro e la barca non farà altro che girare su se stessa perdendo continuamente il senso dell’orizzonte; se, invece, l’obiettivo da conseguire è d’interesse comune, poniamo l’occupazione lavorativa, la scuola, la sanità, la sicurezza, l’equità sociale, allora diventa impensabile immaginare qualcuno che affermi “no, a me queste cose non interessano, si parli d’altro”. Il bene comune è un concetto sovraordinato, trascendente qualsiasi orientamento dovuto a punti di vista contrastanti, irrinunciabile, incontrovertibile, innegabile. E questa differenza fa sì che il prolungarsi delle diatribe accese a ritmo quasi quotidiano nel nostro Paese sulla scena politica parli in termini chiarissimi della assenza di un interesse socialmente rilevante e della prevalenza di spinte personalistiche a realizzare quanto più aggrada a questo o a quel personaggio influente.
26 Febbraio 2014. Più della metà dei trentenni italiani vive con la paghetta dei genitori, dei nonni o di altri parenti. È quanto emerge dall’analisi di Coldiretti/Ixe su “Crisi: i giovani italiani e il lavoro nel 2014”. Il soccorso di genitori e parenti sale al 79% se si considerano gli under 34. Dall’analisi risulta che un giovane su tre, pur di lavorare, è disposto ad accettare un orario più pesante con lo stesso stipendio, o un salario inferiore ai 500 Euro con lo stesso orario.
1° Marzo 2014. Il problema disoccupazione non tralascia di fare le proprie vittime. Si giunge, in certi casi, a livelli di esasperazione, come quello accaduto a La Spezia dove un uomo di 49 anni, disoccupato da un anno, si dà la morte alla presenza dei suoi due figli minori, con tre coltellate al petto. Intanto i mass-media segnalano un nuovo record nel tasso disoccupazione che, a gennaio 2014, in Italia, ha toccato la soglia del 12,9% con un aumento dello 0,2% su base mensile e dell’1,1% su base annua. Sono i dati provvisori elaborati dall’Istat a rivelarlo. Si tratta del livello più alto dall’inizio delle serie mensili (gennaio 2004) e di quelle trimestrali (1977). Nel 2013 gli occupati sono scesi di 478.000 unità (-21% sul 2012) e il tasso medio di disoccupazione è giunto al 12,2% mentre nel 2012 era al 10,7%. Nella fascia di età 15-24 anni il tasso, a gennaio, risulta pari al 42,4%. Anche in questo caso si tratta del tasso più alto sia per le serie mensili sia per quelle trimestrali. I giovani in cerca di lavoro risultano 690.000. Nella media del 2013 i disoccupati in Italia raggiungono quota 3,1 milioni, in crescita del 13,4% rispetto all’anno precedente. Il massimo anche per gli scoraggiati: le persone che hanno rinunciato a cercare lavoro sono quasi 1,8 milioni, il dato peggiore dal 2004, anno d’inizio delle serie storiche.
Il presidente del Consiglio, Renzi, annuncia che la proposta a favore del lavoro giovanile sarà pronta entro 15 giorni.
3 Marzo 2014. Donne vittime del lavoro. In Italia ogni anno 250.000 lavoratrici sono vittime di infortuni o malattie professionali: 2.000 diventano disabili. L’indagine proviene da “Tesori da scoprire: le condizioni della donna infortunata nella società”. Lo studio è dell’Anmil, Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi sul lavoro.
6 Marzo 2014. Arriviamo così ad avvertire che l’Italia sta affogando nella palude dei propri mali. È notizia di oggi quella che dipinge il nostro Paese gravato da squilibri macro-economici pervenuti a dimensioni eccessive. Questa la terminologia scelte dalla Commissione Europea in un rapporto pubblicato dall’Esecutivo Ue, che alza il livello di allerta sull’Italia da Paese con semplici squilibri macroeconomici a Paese con squilibri eccessivi. L’Italia, si dice, ha fatto progressi, ma l’aggiustamento per il 2014 appare insufficiente: è il debito quello che deve essere ridotto. Le inefficienze della Pubblica Amministrazione, della giustizia, la corruzione e l’evasione fiscale sono i fattori che concorrono prioritariamente a ridurne il peso sull’economia globale.
Immagine di Copertina: Monumento “Ai Caduti sul lavoro” di Gianluigi Bennati, 1984 Legnano.