03 Gennaio 2014. Cominciamo bene, con la ridda di interessi dei politici per il “bene del Paese”. State a sentire. Renzi esordisce, ma preoccupato di come si riveste la Legge elettorale; non formula proposte, ma propone tre modelli ai colleghi in Parlamento: il primo, sulle orme della Legge elettorale spagnola; il secondo, che si appoggia alla Legge Mattarella rivisitata; il terzo, riferito al doppio turno di coalizione dei sindaci.
Siamo negli alti strati della bolla: per Renzi occorrono una Legge elettorale maggioritaria garante stabilità e alternanza, riforma del bicameralismo con la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie locali, semplificazione del quadro istituzionale. Renzi apre agli accordi con il M5s ma rifiuta la linea del referendum anti-Euro proposta da Grillo; il quale interviene: “Nessuno replichi all’intervento di Matteo Renzi” sulla Legge elettorale. Poi il M5s attacca Renzi per la sua proposta di discutere sulle riforme istituzionali. Quindi fa capolino Berlusconi che si dimostra favorevole alle proposte di Renzi e auspica il voto politico anticipato, nel momento stesso in cui si dà da fare per nominare 7 coordinatori regionali di FI, i quali hanno come primo compito la costituzione di un Comitato di presidenza regionale che accoglierà altri 3 membri, con la previsione di ulteriori incarichi. Sulla scia di tutte queste affermazioni si muove Alfano che si dichiara pronto a discutere con Renzi in merito alla riforma elettorale rilanciando, come modello, la legge per l’elezione dei sindaci. Molto seriamente si esprime il ministro per le Riforme, Quagliariello: “Le proposte di Renzi sulla legge elettorale? Sono come lo spot pubblicitario dell’acqua: liscia, gassata o…, concludendo comunque con l’affermazione che il modello “sindaco d’Italia” sia il migliore. Ma per il segretario della Lega, Salvini, Renzi è sempre meno convincente.
A lato di queste urgenti occupazioni insorgono M5s, Lega e FI, con Daniela Santochè in testa, annunciando l’impegno di contrastare e far cadere la presidenza di Napolitano.
9 Gennaio 2014. Cresce ancora il tasso di disoccupazione nel Paese, toccando a novembre il 12,7% in aumento di 0,2 punti rispetto a ottobre e di 1,4 punti nei dodici mesi. A novembre un decremento di 55 mila occupati; in un anno -448 mila. La disoccupazione giovanile tocca il 41,6% in aumento di 0,2 punti rispetto a ottobre (dato rivisto al rialzo al 41,4%) e di 4 punti da novembre. Si tratta del dato peggiore dal 1977. Tra novembre 2007 e novembre 2013 gli occupati sono diminuiti di 1,1 milione di unità mentre i disoccupati sono più che raddoppiati, ora sono 3.254.000 (+1,725 milioni). Nei sei anni, due senza lavoro su tre sono uomini, sette Italiani su dieci si sentono minacciati dal pericolo di perdere il lavoro. È la principale preoccupazione dei cittadini nel 2014. Lo rileva un’indagine Coldiretti-Ixe. La percentuale dei pessimisti per il futuro, convinti che la situazione peggiorerà, si attesta al 35%, mentre il 51% ritiene che non ci saranno cambiamenti. Solo il 14% vede possibile un miglioramento. Oltre la metà degli Italiani (53%) teme di non riuscire ad avere un reddito sufficiente per mantenere la propria famiglia. Il 45% riesce a pagare appena le spese senza concedersi lussi. Il 10% non ha reddito sufficiente per l’indispensabile.
Cala la Cig (Cassa integrazione guadagni), ma crescono le domande di disoccupazione e mobilità. Nei primi 11 mesi del 2013 sono state presentate 1.949.570 domande di disoccupazione con un aumento del 32,5% rispetto alla cifra di 1.471.681 del corrispondente periodo del 2012.
10 Gennaio 2014. La riforma della Legge elettorale sarà alla Camera dal 27 gennaio. Sembra che non ci sia altro nella rosa degli interessi che tengono occupata l’attività politica. Ciò che i mass-media propinano agli ascoltatori dei comunicati radio e TV non si discosta di molto da questo argomento che pare debba ormai galvanizzare l’attenzione e gli entusiasmi del pubblico. Dico entusiasmi a ragione veduta perché, al di là della valanga di problemi di cui si è fatto un elenco abbastanza esauriente nelle pagine precedenti, la classe politica continua palesemente a disinteressarsene oppure a prendere atto di alcuni di tali problemi, ma senza che ne segua un’azione di vero carattere risolutivo. Facciamo solo un esempio: è di questi tempi una discussione sulle pensioni d’oro, a riguardo delle quali c’è stato chi ha detto pubblicamente: “Se costoro percepiscono cifre così alte, da fare impressione e da suscitare quasi incredulità per via della soglia cui arrivano, allora ciò significa per logica deduzione che costoro abbiano versato, nel corso della propria attività lavorativa, quote così alte da consentire livelli di retribuzioni pensionistiche talmente enormi. Allora andiamo a controllare quali sono stati i versamenti effettuati e appuriamo se esiste corrispondenza e proporzione fra quelli e le cedole pensionistiche”.
Manco a sospettarlo, dal popolo della bolla si sono scagliati tutti, con incredibile veemenza, contro simile proposta. Un fatto, questo, che si richiama ai truffatori pubblici, quelli che hanno messo le mani sul denaro conferito dal popolo italiano e hanno rubato facendone uso a fini personali. Quasi ogni giorno si sente dire di questi disonesti, veri traditori del popolo. Mi chiedo: sono gente che, più occupano posti privilegiati nel mondo della politica, più godono di taciti indulti; hanno frodato, hanno rubato, e non un giorno di galera; godono di un’impunità così sfacciatamente adoprata che trovano persino il coraggio, la faccia tosta, l’infingardaggine di continuare a far la voce grossa all’interno dei dibattiti politici. E, poi, se non vanno in galera, se non sono colpiti da giuste e sacrosante ammende, per lo meno hanno restituito alle casse dello Stato quanto hanno sottratto con la mala fede e con la frode? Di questo non si ha traccia di conferma. O che siamo arrivati al punto che si può barare al gioco nella misura che si vuole e, per poterlo fare, basta occupare una carica politica o un posto di partito di grido? Siamo ben messi, allora. Condanniamo il poveraccio che ha rubato quattro soldi di generi alimentari perché in cronica crisi di fame, e diamo la più alta responsabilità di decisionalità politica a persone che molto son capaci di promettere, l’occhio già posato sul mucchio da spartire e da razziare?
Bene, fatta questa breve digressione che, a ben vedere, altro non è che l’ennesima ripetizione di un motivo ricorrente, ripetizione obbligata perché nulla si fa per togliere il marcio e per risanare quella parte del tessuto sociale che sopravvive nutrendosi di corruzione e di inganno, torniamo a quel che si diceva del confronto politico così come viene largamente inteso nel nostro Bel Paese. La Legge elettorale, dicevo, il centro d’interesse esclusivo quasi, in auge sicuramente, di cui si parla con insistenza alla gente. E allora ecco sollevarsi voci discordanti che vanno per o vanno contro certe soluzioni, come, ad esempio, il premio di maggioranza. Ecco il ricrearsi di opposte fazioni che, lassù nella bolla, propugnano modelli elettorali opposti, ai quali hanno affibbiato nomi così seriosi e pittoreschi, del tipo mattarellum, porcellum, tanto originali da rivestirsi di ingiuria per quello che dovrebbe considerarsi l’italo impegno. Un po’ come all’epoca del ciclismo classico “Coppi e Bartali” o del calcio dei tempi d’oro “Toro e Juve”. Ora, i semidei lassù si baloccano con il binomio altalenante “porcellum-mattarellum” e, informandone le rubriche divulgate dai mezzi di informazione, pretendono, forse convinti di riuscirci, di trascinare le folle in una corrente di tipo parasportivo che di sportivo proprio nulla possiede, ma molto di drammatico. Un gioco, un trastullo, un perditempo ingannevole e fuorviante mille miglia lontano dal buon senso comune, ormai saldamente attecchito, promettente un vuoto abissale di significati, ricamato di trascuratezza e inettitudine a trecentosessanta gradi. E poi lo sconcerto non può fare a meno di riandare a quegli imbroglioni di cui si sente, a cadenza quasi quotidiana, essere incorsi in reato contro la società, quelli cioè che, pur occupando posti di responsabilità, già di per sé altamente remunerati, compiono illeciti per arricchire le proprie tasche e, con tutto ciò, non solo restano impuniti. Passata la tempesta, passati sotto silenzio da parte della giustizia, non solo godono di un’immunità assurda senza restrizioni ma, come pare di poter capire, fruiscono persino della licenza a frodare, requisito che fanno fruttare con spregiudicatezza e tracotanza.
Il tragico è che si sente parlare, a dritta e a manca, di equità, di giustizia, di diritti fondamentali. Sennonché il giorno 10 gennaio del nuovo anno 2014 s’ode una voce levarsi dall’eterno calderone delle finte diatribe: è quella di una donna, Giorgia Meloni, parlamentare della corrente politica “Fratelli d’Italia”. Una voce che va a toccare certi gangli nervosi assai dolenti, quelli della disparità abissale di trattamento economico. Si tratta della constatazione di una fascia di persone che, in Italia, gode delle cosiddette pensioni d’oro costituite da retribuzioni che possono raggiungere i 90.000 Euro/mese. Quando appresi questa notizia credetti di aver udito male: saranno novantamila annui, pensai, sono già indice di un trattamento speciale, 7.500 Euro al mese mi sembrano già molti, e chi non vorrebbe averli!? No, sono proprio 90.000/mese, cosa incredibile! Io che sono un povero Cristo mi sto chiedendo: ma che cosa se ne faranno di tutti quei soldi? Un bel problema il solo farne uso. E l’Inps che può fare i salti mortali per pareggiare il bilancio interno nell’incombenza di pagare a più di 9 milioni di persone una pensione di 495 Euro! A parte il fatto che per guadagnarsi il diritto a farsi corrispondere una pensione da 90.000 Euro mensili i titolari dovrebbero aver versato nella fase attiva di lavoro cifre straordinarie sul fondo pensioni, cifre che, almeno al momento, non è dato conoscere, a parte tutto ciò, dicevo, vogliamo o no una buona volta dare peso a quei concetti di eguaglianza, equità, diritto così da sempre pomposamente declamati? La linea della Meloni porta una proposta: diminuire l’importo pensionistico citato di 90.000 Euro e tutta la gamma che ne discende, sino a una soglia di 5.000. Giorni fa avevo pubblicato su Facebook una mia nota che, guarda caso, per certi versi anticipava la proposta della Meloni; affermavo, sostanzialmente, che nessuno, ripeto nessuno, dovrebbe percepire uno stipendio superiore a 5.000 Euro mensili netti e tutti, ma davvero tutti, dovrebbero poter disporre di un’entrata mensile netta non inferiore a 1.500 Euro. Questo per un senso di giustizia sociale e per la dignità della persona umana.
Tornando di getto alla questione “pensioni d’oro” e prendendo a prestito il rapido computo che ne fa la Meloni, certo è che una ipotetica riduzione di una pensione da 90.000 a 5.000 Euro farebbe risparmiare 85.000 Euro che potrebbero andare a rinforzare l’importo percepito da cento pensionati minimi i quali si vedrebbero come d’incanto una pensione di 1.345 Euro mensili, una somma, come vado sostenendo, per non morire di fame, ma sufficiente a tirare avanti. La distribuzione del sopravanzo, vorrei aggiungere, dovrebbe essere assegnata in proporzione della gravità del tenore di vita in cui vertono i singoli titolari di pensioni minime e adeguatamente rivalutata nei casi in cui i pensionati siano costretti a pagare l’affitto per la casa oppure godano di un immobile in proprietà.
14 Gennaio 2014. Il percorso che la politica si ripromette di realizzare, a muovere dalle discussioni e dai tentativi di alleanza, attraverso le modalità più adeguate ad acquisire consensi, approda finalmente alle nomine degli eletti e all’insediamento dei medesimi ai posti di comando. Finisce qui, nel punto, proprio dove dovrebbe iniziare il vero itinerario da abbracciare per fare ciò che il termine “politica” comporta. Se per politica vogliamo intendere, come d’uso comune, l’arte e la scienza del governare e del dirigere la vita pubblica, se in essa vogliamo vedere l’insieme dei provvedimenti governativi con i quali si intende raggiungere determinati fini, ecco allora che non si può fare a meno di individuare la tipologia di detti fini, ovvero la ricerca, con l’impiego degli strumenti più idonei, del bene comune. E, qui giunti, ci rendiamo conto che il lavoro da fare copre un’estensione immensa, che le richieste di interventi d’urgenza per consentire vivibilità e livelli di esistenza accettabili sono, ora, ai tempi nostri, pressoché infinite.
A ben vedere da quel che si rimesta nella sfera politica attuale, come vado ripetendo, è dato constatare quanto gli sforzi della politica non si spingano oltre la prima fase, quella del raggiungimento della posizione di potere. Anzi, senza neppure durare gran fatica ci accorgiamo che le lotte ingaggiate in tale fase precoce della vita politica vengono prolungate e rinnovate senza una conclusione che qualcosa abbia di condivisibile per procedere verso il “fare”. Sono, sembrano, lotte senza fine, azioni e reazioni verbali, proposte e controproposte che a nulla di concreto approdano, che si pongono esclusivamente e pretenziosamente come centro privilegiato d’interesse per il popolo spettatore il quale, dopo aver assistito all’ultima sceneggiata e all’ultima farsa, arriva sì e no, a meno che proprio non sia caduto in induzione ipnotica, a chiedersi: “Ma poi, questi qui, che cosa fanno di costruttivo per la Nazione?”.
Bene, detto questo, vediamo che cosa succede oggi di innovativo nell’eterna prima fase della politica italiana. I responsabili del progresso che ci dovrebbe riguardare fanno cerchio, ancora, attorno alla questione “porcellum” e affini. È la Corte Costituzionale che, per quanto concerne l’argomento, in vista di una possibile bocciatura del porcellum, valuta il meccanismo delle liste bloccate alla stregua di un elemento che priverebbe “l’elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti, scelta che è totalmente rimessa ai partiti”. Si tratterebbe, in quest’ottica, di una disposizione valsa a violare “la libertà di voto”, nel senso che i cittadini si troverebbero “a votare un elenco spesso assai lungo di candidati, che difficilmente conosce” e, in tale modo, ne verrebbe alterato “il rapporto tra elettori ed eletti”.
Dice ancora, la Consulta, che il ricorso al premio vale a creare “una distorsione fra voti e attribuzione dei seggi compromettendo il principio di uguaglianza del voto”. Niente premio di maggioranza quindi, ma affermazione per il meccanismo proporzionale e, di conseguenza, niente porcellum.
Manco a sospettarlo, le reazioni si sollevano numerose e rumorose. Renzi esordisce: “Parlare di rimpasto è roba di Prima Repubblica. Io non ho chiesto il rimpasto. Ma se il premier ritiene di fare modifiche, siamo a disposizione”. Ora i politici, a detta del presidente Letta, dovranno darsi da fare per il superamento del bicameralismo perfetto, per la riforma elettorale e della burocrazia. L’apertura del premier al rimpasto, inoltre, solleva problemi gravosi di gestione all’interno del Governo, dove mutano gli equilibri e una serie di ministri si trovano coinvolti in accuse di inadempienza; posizioni, queste, che potrebbero minacciare la stabilità del Governo stesso.
Per il momento tutto si ferma alle parole, alle intese programmatiche che nulla sono se non avranno un seguito sul terreno della fattibilità. Intese nella rosa delle quali trovano posto la crisi economica e sociale, il superamento del bicameralismo, la nuova legge elettorale. Il rimpasto, così come è impostato, comporta l’insorgere di critiche all’indirizzo di alcuni ministri. Con tutto ciò la battaglia ideologica continua, quando ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che si tratta in tutto e per tutto di una battaglia per la poltrona. Porcellum o Mattarellum che la si voglia intendere, in fin dei conti tutta la gran sceneggiata si risolve in uno sterile concorso di energie e di intelligenze per la conquista dei posti più remunerativi nel tessuto sociale, nient’altro che un nuovo “Poltronellum”. E, poi, nulla. Perché, ditemi voi, se io entro nella disputa per il fatto di credere in alcuni valori o princìpi fondamentali e non seguo alla lettera i dettami della corrente in cui mi trovo a lottare, avendo scoperto che il mio personale pensiero e i miei criteri di valutazione dei fatti si trovano in contrasto, anche soltanto parziale, con ciò che chi sta sopra di me per potere politico mi impone di pensare, di dire, di fare al di fuori di ogni sana convinzione personale; qualora, poi, mi scosti leggermente dalla linea adottata dal partito a cui appartengo, perché così penso sia bene per l’interesse genuino e vero dei cittadini, ditemi voi, allora, quante possibilità mi resterebbero per sviluppare la mia carriera politica, per arrivare, anch’io, alla conquista di una posizione ambita. Sei un ingranaggio, sei diventato un piccolo elemento di un meccanismo al moto del quale non puoi sfuggire. Fai come ti dicono, oppure ti butteranno fuori e vani saranno i tuoi successivi tentativi, se vorrai avventurarti in essi, di far valere ciò che risiede nelle tue proposte, nei tuoi punti di vista. Per certi versi siamo al livello del cadornismo della prima Guerra Mondiale allorché persino i generaloni che non avessero obbedito ciecamente agli ordini del comandante supremo, potevano essere “silurati” e sollevati dagli incarichi, con le immancabili eccezioni s’ha da aggiungere.
Immagine di Copertina tratta da Ieri Oggi Domani.