Luglio nella Grande Guerra

In questa breve rassegna percorrerò soltanto in parte la serie di avvenimenti che interessarono, dal 1915 al 1918, il mese di luglio di ogni anno considerato. Per un auspicabile approfondimento degli argomenti si consiglia la lettura dei testi di cui alle immagini qui di seguito rappresentate.

1915.

In Carnia. Il 5 luglio giungeva comunicazione che nel corso della mattinata gli Austriaci avevano attaccato il fronte fra passo Avostanis e passo Promosio. Per precauzione e per mantenere il collegamento fra il battaglione Saluzzo e il Borgo San Dalmazzo il maggiore Piglione comandò alla 21a compagnia alpina di occupare il fronte Segnale quota 1579 sino alla confluenza del rio Malinfier con il rio di Lanza, e alla 80a di trasferirsi a casera Zermula per sorvegliare il fronte fra il rio di Lanza e la punta Cul di Creta. Alla 22a affidò la sorveglianza del fronte Pradulina – Cuel Mat.

Il giorno 6 luglio 1915 la situazione sul fronte presidiato dal battaglione Saluzzo era la seguente: la 21a aveva due plotoni sul costone di Cima Val di Puartis, fra la quota segnale 1579 e casera Ramaz alta, un plotone sulla destra dei due precedenti sino a casera Ramaz bassa, un plotone da casera Ramaz bassa al gorgione a est di Stua Ramaz; la 80a dislocava un plotone sulla destra del quarto plotone della 21a, uno sulla destra del primo fin sotto punta Cul di Creta e due pattuglie di perlustrazione; il resto della compagnia, con il comando, era di stanza presso casera Zermula.

Numerose intanto, come le citazioni precedenti stanno a dimostrare, le diserzioni dalle fila austriache. Nella notte di quel 6 luglio, infatti, si presentò alle trincee della 23a a Forca di Lanza un disertore austriaco del IV battaglione appartenente al 43° Fanteria. Altri due, uno di nazionalità rumena, l’altro di nazionalità ungherese, si presentavano alla 100a compagnia dichiarandosi provenire dal 43° Fanteria e annunciando, il secondo dei due, che il proprio reparto di appartenenza si trovava dislocato in regione Rattendorf. Successivamente, il 29 e il 31 luglio, altri due disertori, uno dei quali di nazionalità rumena e appartenente al 43° reggimento Fanteria, si presentavano, rispettivamente, alle guardie della 80a compagnia a casera Meledis bassa e alle guardie di Forca Lanza.

Il 24 luglio giungeva in zona Forca Pradulina (Sud della Creta di Salinchiet) il battaglione Val Tanaro del 1° Alpini con due compagnie e una sezione mitragliatrici, per passare alle dipendenze tattiche del Comando del battaglione Saluzzo. Il Comando del settore But Degano emanò ordine di svolgere, il 25 luglio, su tutto il fronte del settore un intenso fuoco di artiglieria. Qualora i risultati si fossero dimostrati efficaci le nostre truppe di prima linea avrebbero dovuto lanciare nuclei di arditi ben attrezzati con il compito di distruggere ricoveri, trincee, difese, interrompere strade e produrre i maggiori danni possibili al nemico. Il magg. Piglione diede ordine in merito alla formazione di quattro drappelli, sulle compagnie 21a, 22a, 23a e 80a, della forza massima di due squadre ciascuno, con la consegna di appostarsi di notte in un punto dal quale poter muovere agevolmente all’alba per danneggiare “trincee nemiche e relative difese accessorie, interrompere vie di accesso” e procurare il massimo di danni. Il primo drappello, estratto dalla 21a compagnia – questo il contenuto dell’ordine – sarebbe dovuto avanzare lungo la direttrice Segnale quota 1579 – Straniger. Il secondo, della 80a, per rio di Lanza – quota 1553 – Gross Kordin. Il terzo, della 23a, per passo Cason di Lanza e dosso a ovest di Monte Zotagkopf. Il quarto, 22a compagnia, per DimbacherTroghütte. Ciascun drappello sarebbe stato provvisto di materiali esplodenti per sconvolgere e interrompere reticolati, opere varie in terra e per colpire l’avversario da vicino.

L’artiglieria di Val Chiarsò aprì il fuoco, nella tarda mattinata del 25 luglio, con tiri d’efficacia che continuarono fin verso le 15, contro i trinceramenti di Klein Kordin (in zona Straniger) e Maldatschen.

Sull’Isonzo. La seconda Battaglia dell’Isonzo (dal 18 luglio al 3 agosto 1915) vedeva la 5a Armata del generale Boroević accanirsi con particolare caparbietà per il possesso del Monte San Michele nei pressi di Gorizia, possesso che passò più volte di mano fra Italiani e Austriaci. Era iniziata con un possente bombardamento dell’artiglieria italiana che scagliò contro il Monte più di 2.500 granate.

Le Tofane. Le Tofane si ergono a nord del Passo Falzarego. Qui divamparono aspri confronti a fuoco che ebbero come scenario soprattutto la Tofana di Rozes, il Castelletto e Fontana Negra dove il 20 luglio 1915 cadde il generale Antonio Cantore, il padre degli Alpini, che avrebbe dato il nome al “Paradiso di Cantore”, la dimensione fideistica pronta ad accogliere lo spirito di tutti i figli delle Alpi “andati avanti”.

1916.

Siamo in zona Pasubio. Il Pasubio era stato occupato dalle nostre truppe a partire dal mese di maggio 1915 e da qui divenne teatro di aspre contese che costarono molto sangue. Il 2 luglio gli Austroungarici sferrarono attacchi poderosi. Si profilava il pericolo che le Porte del Pasubio, aperte sulla Val Canale, lasciassero libero il passaggio alla pianura vicentina. Per questo il massiccio del Pasubio rappresentava la chiave della difesa italiana sulla pianura veneta. Negli scontri del 2 luglio i reggimenti di Fanteria 85°, 86°, 218° e 219° sacrificarono oltre 650 soldati ed ebbero più di 1.700 feriti e 350 dispersi. Si racconta che il difensore per antonomasia del Pasubio il 2 luglio 1916 fu il tenente Salvatore Damaggio: aveva trovato una mitraglia semisommersa dal terriccio e priva di treppiede perché non estraibile dal terreno. Non fece altro che smontare l’arma e usare come supporto la spalla del proprio attendente che si prestò a fungere da treppiede. Riuscì cosi a sparare 22 mila colpi procedendo a quattro cambi della canna del fuoco. Si può dire che la sua azione coraggiosa ed eroica, con quella dei suoi aiutanti, fu meritevole della salvezza di una situazione fattasi ormai assai critica.

1918.

Il 5 luglio gli Austriaci provarono a sfondare con un violento contrattacco in risposta alla nostra avanzata, ma il fuoco e l’ardore dei nostri attaccanti ebbero ragione dell’iniziativa avversaria. I fatti d’arme si conclusero con la distruzione dei nuovi centri di resistenza austriaci e con un notevole ampliamento dell’occupazione portata sui territori a sudest di Chiesa Nuova tra le valli dei torrenti Cismon e Stizzon. In quel frangente catturammo 419 prigionieri, una batteria di sei obici da 105 e ancora un bel quantitativo di mitragliatrici.

Il 6 luglio la lotta imperversava furiosa sul basso Piave. Il giorno precedente i nostri Fanti demolirono la difesa opposta dagli avversari che si battevano ostinatamente per mantenere le posizioni occupate; guadagnarono ulteriore terreno e raggiunsero la riva destra del Piave all’altezza di Grisolera (oggi Eraclea), a sei chilometri dalla foce nell’Adriatico. Lo scontro armato decretò esito favorevole per i nostri i quali fecero altri 400 prigionieri, fra i quali sei ufficiali. In zona Grappa il giorno 6 gli Austriaci mossero vigorosamente all’attacco in direzione di Chiesa Nuova, poi a nordest del Grappa e sul Cornone (m 1048) presso il Sasso Rosso (m 1109). Tutti i tentativi vennero contenuti in seguito a vivaci episodi di lotta. Anzi, a nord del massiccio del Grappa i nostri guadagnarono terreno, penetrarono negli avamposti austriaci e riuscirono a trarre cinquantun avversari in prigionia, impossessandosi per giunta di due mitragliatrici e di un lanciafiamme.

Il 7 luglio le nostre truppe si spingevano ancora oltre, nella regione di Col Caprile, mentre i cieli erano solcati da una serie di aerei nostri e alleati, di dirigibili dell’Esercito e della Marina impegnati in attività intensa ed efficace. Si conseguì l’abbattimento di otto velivoli nemici.

Il giorno 8 luglio si accusavano tiri dell’artiglieria nemica in Val Lagarina e in Vallarsa. Sull’Altopiano di Asiago, a nord del Monte Val Bella, furono avvistati elementi esploranti nemici con i quali venne ingaggiata una vivace lotta che sanzionò la supremazia dei nostri militari.

Tiri di artiglieria e attività delle nostre pattuglie proseguirono per l’intera giornata del 9 luglio su tutta la fronte. Al Cornone Sud del Sasso Rosso prese a muovere un nuovo attacco austriaco, prontamente respinto dalla reazione a fuoco dei nostri. Dalle fila della brigata Livorno uscivano spesso drappelli di arditi e pattuglie per risolvere situazioni critiche con coraggiosi colpi di mano. Alcuni di questi, consumati da militari del 33° reggimento, raggiunsero lo scopo di conquistare la quota 800 che sarà ripresa dagli Austriaci nei giorni 14 e 15 luglio in seguito alla loro disfatta disastrosa alle Rocce Anzini.

Il 19 luglio l’Altopiano di Asiago era ancora martellato da tiri di artiglieria che si intensificarono nella regione ovest del Grappa. A sud dello Stelvio, a quota 2931, il presidio di un nostro posto avanzato subì un attacco che venne tuttavia vanificato dalla prontezza dei nostri nel rispondere al fuoco. Nella Valle del Brenta nostri reparti si spostarono per realizzare rettifiche territoriali e, in quella, si parò loro dinanzi l’occasione per catturare ventiquattro prigionieri.

La notte sul 23 luglio si erano alzati in volo aerei nemici che avevano iniziato a bombardare le nostre retrovie. Scattò immediatamente la reazione dei nostri avieri che si gettarono all’inseguimento e ottennero di abbattere due velivoli austriaci nel cielo di Treviso.

I duelli di artiglieria si fecero più vivi, il 23 luglio, nella zona del Tonale, in Vallarsa e sul margine orientale dell’Altopiano di Asiago. Le nostre batterie gettavano fuoco sulle posizioni avversarie in Val di Genova, poco distante dall’Adamello, provocando una serie di incendi. Ancora nostri aviatori andavano a colpire e disperdere truppe e carreggi in movimento nella Valle di Trafoi (oggi Parco dello Stelvio), sul pianoro di Foza, lungo la Val Frenzela e in Val Brenta. I nostri s’imbatterono in pattuglie nemiche mettendole in fuga, dopo breve scambio di colpi, in Valle dei Concei, nella regione di Mori sull’Adige, a sud di Rovereto e presso il M. Asolone. Squadriglie con nostri avieri bombardarono gli impianti ferroviari di Mattarello utilizzati dagli Austriaci, sette chilometri a sud di Trento, ingenerando seri danni.

Il 26 luglio la brigata Padova si trovava in linea con il fronte prolungato dal Col del Rosso al Col d’Echele. Nella notte su quel 26 luglio la nostra fronte montana si trovò al centro di una serie di tentativi di attacco mossi da più punti. In Vallarsa si abbatté un violento fuoco di preparazione al quale seguì l’avanzata di pattuglie d’assalto austriache. La pressione iniziale fu tale che riuscirono a penetrare in una nostra trincea sul M. Corno, ma per poco tempo perché le pattuglie ne furono repentinamente ricacciate. Si impegnarono in tal senso anche alcuni nuclei britannici che fecero barriera ai reparti nemici in avvicinamento e li costrinsero alfine a ripiegare sull’Asolone. Gli assalitori si erano scontrati con un poderoso fuoco di sbarramento e, contrattaccati ai fianchi, dovettero abbandonare l’impresa lasciando nondimeno alcuni prigionieri nelle nostre mani. Allo Stelvio si verificò un altro di questi scontri: il reparto avversario godeva di una netta superiorità numerica, ma nonostante ciò venne affrontato con grande coraggio e messo in fuga.

La giornata del 29 luglio faceva registrare sensibili scambi di colpi fra opposte artiglierie in Valtellina, nella Valle del Brenta e lungo il Piave a monte di San Donà. Nella parte orientale del M. Grappa alcune nostre pattuglie si stavano muovendo in ricognizione e, imbattutesi in nuclei avversari, dopo breve lotta ne ebbero il sopravvento e fecero alcuni prigionieri. Nel cielo si accendevano i duelli aerei: due velivoli nemici venivano abbattuti e un terzo, colpito dal tiro delle artiglierie, precipitò in fiamme.

In Francia (da Emilio Faldella, la Grande Guerra. Da Caporetto al Piave. 1917-1918, Nordpress Edizioni, Chiari BS 2005). Il 15 Luglio 1918 i Tedeschi avevano sferrato un poderoso attacco tra Reims e la Marna. Fecero numerosi prigionieri e avanzarono in direzione di Epernay. Da menzionare con onore il nostro II corpo d’Armata, comandato dal generale Alberico Albricci, che nel corso della resistenza sulla montagna di Reims perse oltre 9.300 uomini su un totale di 24 mila e, con la propria azione, rese possibile la riconquista della zona fra Reims e Soissons da parte della controffensiva francese.

Immagine di Copertina tratta da Turismo FVG.

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