Dal Vecchio Testamento, Genesi: I, 24-27, 31.

Sesto giorno. “Disse ancora Dio: «Produca la terra animali viventi secondo le loro specie, animali domestici, e rettili e bisce selvatiche della terra, secondo la loro specie, e gli animali domestici, e tutti i rettili della terra, secondo la loro specie». E Dio vide che ciò era buono. Poi Dio disse: «facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza, perché domini i pesci del mare, i volatili del cielo, le bestie, e tutta la terra, e tutti i rettili che strisciano sopra la terra». Dio creò l’uomo a sua immagine, lo creò a immagine di Dio, lo creò maschio e femmina… E Dio vide tutte le cose che aveva fatte; ed esse erano molto buone. Così della sera e della mattina si compì il sesto giorno”.

I versi 26 e 27 citati, cosa interessante a osservarsi, costituiscono una versione approvata dagli gnostici (papiri di Nag Hammadi).

Bello, no? Molto bucolico, romanzesco alquanto, pittorico anzichenò, tutto così lieto, e pacifico, e rilassante, in un’atmosfera di sogno. Sennonché, forse, quel Dio aveva dimenticato di aggiungere i colori, e fu proprio sul volto della sua creatura umana che i colori apparvero, in perfetta esclusiva, a dimostrare il divario abissale che la collocava in una posizione di privilegio, o di bieca distanza in molti casi, dai restanti animali che andavano via via popolando il pianeta. Colori che si proponevano dal rosa al vermiglio, all’azzurro, al grigio, sino alle tinte opprimenti consone al livore più sordo.

Fu così che l’uomo si vestì di un carattere versatile, nel cui intimo apparvero i sentimenti più contrastanti. Non passò molto tempo che Dio si avvide della sua creatura più perfetta fatta preda del dubbio, del turbinio di pensieri, della volontà di salire più in alto, poi della sete di potere, poi della corruzione, poi della malizia studiata, poi dell’odio, poi del rancore, poi della sopraffazione, poi della violenza deliberata, poi della vendicatività, della brutalità, del disonore, della frode, dello sfruttamento, della falsità, dell’inganno, e per ora fermiamoci qui.

Allora Dio deve aver pensato: “Qualcosa non ha funzionato, la mia formula generativa ha fallito in qualche parte, non ho più di fronte a me una creatura buona”. E qualcuno fra quegli uomini, più illuminato degli altri, sarà pervenuto a una conclusione logica: “Quel che vale quaggiù è il possesso del potere, della grandezza” e da quel momento comprese che quel Dio rivestito di onnipotenza non poteva più servire alle sue ambizioni, allora adottò un Dio diverso: il dio “denaro”.

Tutte queste considerazioni portano di per sé a pensare che l’opera di Dio nel creare l’uomo così gravido di imperfezioni non sia poi stata tanto infallibile come dai più si va congetturando. È quanto può trovare riscontro nei versi sprizzanti saggezza che qualcuno, in un particolare stato di grazia, scrisse: “La scienza è figlia dell’uomo ed evolve, asintoticamente proiettata verso una verità costantemente rimessa in discussione. Ci piace essere, probabilmente per una malformazione genetica, tra i matti, incapaci di approfittare della comodità della rivelazione che rende superfluo, e meramente descrittivo, il lavoro di ricerca … Qualsiasi fede strangola il dubbio, alza roghi e fa salire sui pulpiti parolai distratti, che danno l’impressione di aver ingoiato il cervello. A noi risulta che il buon Dio ha messo altrettanta cura nell’avviare la storia delle formichine di quanta ne abbia spesa per avviare la storia dell’uomo. Anzi, da alcuni grossolani indizi, sembra che abbia trattato meglio le formichine”.

Bene, ho iniziato con una trasvolata sui testi canonici del Credo biblico per dedicarmi subito dopo a qualche facezia, ma mi pare elettrizzante porre ora piedi e mente in un’altra dimensione letteraria, quella dei cosiddetti Vangeli apocrifi.

Il Vangelo gnostico di Giuda (estrapolazione dal Codex Tchacos, così nel tomo scritto a cura di R. Kasser, M. Meyer e G. Wurst – National Geographic Society, Washington 2006, traduzione di Enrico Lavagno), per esempio, riporta una confidenza personale di Gesù a Giuda, con l’annuncio di un “regno grande e senza fine”, quello appartenente agli esseri veramente divini che si librano al di sopra del mondo materiale e di tutta una congerie di divinità inferiori, arconti e demiurghi: da questi ultimi è stata voluta, in realtà, la creazione della stirpe umana e del mondo in cui essa è stata destinata ad albergare.

Fermiamoci un attimo a scoprire il profilo di questi numi inferiori. Sono entità, si afferma nel Vangelo di Giuda, che apparvero molto tempo dopo rispetto agli esseri divini superiori. Chi erano tali numi inferiori? Iniziamo da El (così veniva nominato Dio nell’Antico Testamento) e proseguiamo con il suo aiutante, a nome Nebro, chiamato anche Yaldabaoth, il dio lordo di sangue, il “ribelle”; infine con Saklas, detto anche “lo stolto”. Si dice, continua la trattazione del Vangelo di Giuda, che proprio a Saklas va aggiudicata la creazione dell’uomo “a sua immagine”. Sicché la divinità che presiede all’esistenza del nostro mondo e alla nostra umana natura, nell’ottica degli gnostici e del Vangelo di Giuda, sarebbe riconducibile al Dio dell’Antico Testamento, quel nume antropomorfizzato, creato, ribaltata la configurazione storica, a immagine e somiglianza dell’uomo, una sorta di ribelle sanguinario e, per giunta, un perfetto idiota.

Niente paura, non saremo per sempre in cattive mani. Per ora, sì, basta guardarci attorno e prendere atto di quanto di nefasto accade quotidianamente in questo nostro povero mondo. Ma la speranza ci conforta con l’assicurarci che gli umani, alcuni almeno, serbano in se stessi una natura divina: saranno quelli che sopravvivranno a ogni evento futuro, destinati al regno divino che si erge con maestà infinita sopra quei demiurghi creatori del mondo materiale, totalmente insensati e assetati di sangue. In quel regno sublime sarà finalmente rivelata la sapienza segreta.

Ecco allora che ci troviamo di fronte a una drammatica dicotomia: noi, in perenne lotta fra il bene e il male, in balìa di una congerie super-potente dagli istinti malvagi, e alcuni fra noi, fortunati detentori di una scintilla divina, con lo sguardo e con tutte le forze protesi verso una realtà esistente e incoglibile, luogo di perfezione e verità, dove regna in eterno lo Spirito Assoluto, trascendente e completamente distaccato dal nostro mondo perennemente immerso nel dolore e nella sofferenza.

Il Vangelo di Giuda, su una questione come questa, pone non poche difficoltà a chi si sforza di capirci qualcosa nella logica rigida e consequenziale alla quale siamo avvezzi: da una parte un Dio trascendente, ineffabile, irraggiungibile, fonte di ogni bene, sede dell’infinita verità e sapienza; dall’altra una schiera abietta di arconti malvagi e ribelli, creatori degli universi esperibili, in netta contraddizione con la Verità eterna. Se vogliamo dare credito, almeno in parte, al Vangelo di Giuda, allora dobbiamo convincerci che viviamo su un pianeta, sì, pieno di sventure, ma non per opera dello Spirito Assoluto al quale dovremmo o vorremmo anelare. Un Dio così inappuntabile e sede di ogni perfezione non avrebbe mai avuto possibilità di sbagliare nel volere una realtà malefica. Egli, addirittura, è estraneo al nostro mondo, ai nostri mondi i quali non sarebbero altro che il prodotto di una tragica caduta epocale nella genesi di tutto ciò che è. E, dunque, se verso Lui dobbiamo muovere, è di necessità contro gli arconti nostri dominatori che dobbiamo ergerci rifiutando tutto ciò che non è spirituale e pertanto ogni cosa caduca e illusoria di questa vita terrena.

Bella panoramica di manicheismo davvero! Ma neppure tanto manichea, dacché quel Dio perfettissimo a cui ho accennato non si pone – ragiono sempre nell’ottica adottata dagli gnostici – in aperto contrasto con la realtà dei numi inferiori e neppure ingaggia lotte cruente nei loro confronti: semplicemente non entra in questione; Lui è altra cosa, inconoscibile, inimmaginabile. Tollera, potrei azzardare, l’essersi verificata quella devianza che ha portato a noi ben sapendo che, trascorsa un’opportuna esperienza nei millenni di storia planetaria, tutti i soggetti del male si saranno ravveduti e potranno così ricongiungersi con la fonte della Sapienza.

Ora scendo dagli empirei e mi atteggio con rinnovata concretezza a guardarmi intorno, i piedi ben piantati per terra, senza tuttavia estraniarmi più di tanto dalle considerazioni teologiche e teofisiche fin qui percorse. Dopo tutto, appartengo anch’io a questo pianeta, così incantevole e così minaccioso, una dimora che veramente può da un momento all’altro sfoderare armi letali, dalle viscere della terra e dal fondo degli oceani con conseguenze catastrofiche per l’intera vita organica sul pianeta, sottoposto, per buona misura, a minacce cosmiche annunciate sovente da terribili presagi. È il bel trattamento che quella divinità malvagia, sanguinaria e stolta, nella sua corsa folle alla distruzione sta riservandoci per un futuro assai probabilmente non molto lontano. Chissà, forse che l’esperienza del nostro piccolo corpo celeste con tutta la progenie dei suoi abitanti sta percorrendo la fase conclusiva del proprio ruolo cosmico?

Non è solo una congettura, non una fantasia strampalata, non un tentativo insano di seminare panico. Ci sono le avvisaglie, e sono moniti di chiaro tono scientifico, serio quanto mai. Mi riferisco a uno studio riportato dal Daily Mail, secondo cui fra il 2020 e il 2030 avverrà quel fenomeno conosciuto come il “Minimo di Maunder” o piccola era glaciale. L’attività solare calerà nel 2030, tanto da provocare una forte diminuzione delle temperature (notizia proveniente dalle diffusioni max-mediali del 12 luglio 2015). Secondo la prof. Valentina Zharkova, che ha presentato lo studio al National Astronomy Meeting a Llandudno, l’attività solare nel 2030 scenderà del 60%. Un rapporto di causa-effetto fra la minore attività delle macchie solari e inverni freddi è ancora in discussione, ma si suppone che durante il Minimo di Maunder il Sole andrà espandendosi con un contemporaneo rallentamento del suo moto di rotazione. Con quali conseguenze a medio-breve termine per la continuità della vita sulla Terra? Sopravverranno cambiamenti di qualche genere e dimensione? Ci adatteremo? Saranno eventi che convinceranno a unire le nostre forze, le nostre capacità di reazione, a mettere a disposizione dell’umanità le risorse disponibili oppure ne verremo travolti come da uno tsunami e, al grido di “si salvi chi può!”, saremo tragicamente coinvolti in discordie e sopraffazioni dell’ultimo respiro?

Continueremo pertanto a chiudere gli occhi – comportamento che abbiamo appreso con tanta disinvoltura – e ad andare avanti facendo finta di nulla? Compiremo ancora grandi passi con le armi, con le contese senza fine, con le stragi umanitarie, con l’uso imperativo della stoltezza assurto a guida delle nostre azioni e delle nostre valutazioni?

Eccomi ora a spostare un ulteriore mio tentativo di analisi in direzione di un altro punto di vista, che mi accompagna dai primordi a un contesto essenzialmente terreno:

La visione di Costantino: era il 28 ottobre.

Costantino, nel mezzo delle proprie occupazioni di imperatore romano, ebbe anche a che fare con il concetto di “esistenza di Dio”. Bisogna risalire al secolo quarto. A quel tempo aveva preso vigore una disputa accorata sulla figura inconoscibile di Dio. I Valentiniani erano dell’idea che Dio si trovasse immensamente al di sopra della capacità umana di comprenderlo. Analoga concezione si ritrova nel Libro Segreto di Giovanni, allorquando Dio decise di mandare ad Adamo “un’aiutante”, equiparata alla luminosa epinoia. Personalmente penso che l’autore del Libro Segreto sapesse dell’esistenza di alcuni cristiani che, come Ireneo, criticavano la nozione di un “Dio che sta al di sopra di Dio” e miravano a imporre a tutti di venerare soltanto il Creatore. Ireneo (da Wikipedia: Ireneo di Lione, 130-200 circa, fu autore del saggio Contro le eresie il cui titolo originale greco era più esplicitamente Smascheramento e confutazione della falsa gnosi, l’opera dedicata al rifiuto delle correnti gnostiche, che nel secondo secolo e fino agli inizi del terzo costituirono il maggior tema di scontro nella teologia cristiana. Il rifiuto della gnosi avviene in Ireneo anzitutto per mezzo del richiamo alla tradizione degli apostoli, garantita dalla successione dei vescovi a capo delle Chiese) si scagliò contro la tesi che supponeva esistesse, sopra Dio, un altro Padre. Fu la rivoluzione di Costantino a dargli ragione, in seguito alla presunta visione della Croce di luce nei cieli, del 28 ottobre 312.

Apriamo una parentesi, necessaria per chiarire l’etimologia. I modi che la coscienza mette in atto per condurre alla rivelazione derivano dal verbo greco noein che significa “percepire, pensare, essere consapevoli”. Questi modi si concretizzano nella pronoia o attesa cosciente o anticipazione consapevole, nell’ennoia o autoriflessione e nella prognosis ossia pre-conoscenza o intuizione. Ma a condurre alla vera visione interiore è soprattutto la luminosa epinoia il cui significato è affine al concetto romantico di “immaginazione”.

L’epinoia che Adamo ricevette, nella forma di coscienza immaginativa o creativa, proviene dalla sua interiorità e si chiama “Vita” (vuoi anche “Eva”): essa “coadiuva” all’intera creazione, operando insieme a lui, restituendolo alla pienezza dell’essere, fornendogli gli insegnamenti sulla discendenza della sua specie e mostrandogli la via per l’ascesa, la via dalla quale è disceso. Eva simboleggia dunque il dono della comprensione spirituale.

Parlando di libri scoperti a Nag Hammadi soffermiamoci un istante su quello che ebbe come titolo L’Origine del Mondo; vi si afferma che, quando si accorsero della propria nudità, il primo uomo e la prima donna capirono di essere privi della comprensione spirituale (gnosi). Ma ecco apparire, sfolgorante di luce, la radiosa epinoia che ne risvegliò la coscienza. La nascita di Eva, così interpretata, ci comunica che nella nostra mente e nei nostri cuori esiste una capacità latente che, se risvegliata, ci connette con il divino.

Quando Adamo ed Eva, spinti dal desiderio di conoscere la Sorgente divina che tutto sovrasta, disobbedirono, il demiurgo capì che essi avevano dato ascolto alla voce interiore, la luminosa epinoia.

Per saperne di più si consiglia la lettura dei libri di cui cover riportata ai margini.

2 pensieri riguardo “Dal Vecchio Testamento, Genesi: I, 24-27, 31.

  1. “il primo uomo e la prima donna capirono di essere privi della comprensione spirituale (gnosi).” È effettivamente così, ingannati dal serpente portatore della voce che confonde, la voce di Satana, colsero il frutto pretendendo di divenire come Dio, loro che erano creato ad immagine e somiglianza, non lo sapevano di esserlo già.
    Un paio di mie note personali:
    Il demiurgo o gli arconti possono essere associati a delle entità che creano disturbo per provare gli umani, ma non credo di debba paragonarli a delle figure creatrici, attribuito in possesso del solo Creatore (colui che crea non può e vuole condividere la creazione con altri, è come dire che per girare un film ci siano più registi,b vi sarebbe conflitto).
    La creazione a cui si riferisce all’inizio non è detto mondo terreno come noi conosciamo, ma dell’Eden, terrà a cui torneremo se Dio vorrà, in quanto l’uomo non è ancora creato ma lo sono gli animali, questo deve fare spendere ad almeno due differenti dimensioni creative.

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