Bertrand Russel – L’analisi della Mente – Parte 1 di 2

Newton Compton Edizioni, Roma 2004, traduzione di Jean Sanders e Leonardo Breccia

Bertrand Russel nacque a Trellick (Galles) nel 1872. È considerato uno dei massimi filosofi del nostro tempo. Fu impegnato socialmente e politicamente ponendosi anche in aperto contrasto con gli esponenti più in auge nel mondo del politico. Ottenne il Premio Nobel 1950. Morì nel 1970.

Dall’Introduzione di Flavio Manieri

Nel Pensiero di Russel spicca il Realismo che porta a considerare il fenomeno mentale nel rapporto con la fisica generale. Esistono solo “fatti” fisici ravvisati nei comportamenti e in schemi di comportamenti. La sua analisi scientifica riguarda una fisica della mente, visto che la fisica è diretta funzione della psicologia.

La Psicoanalisi: Russel tende a capovolgere tutta l’impostazione psicoanalitica del problema psichico e a rifiutare l’intero mondo dell’interpretazione freudiana.

L’analisi della Mente

Russel porta l’analisi su ciò che veramente succede quando si crede in qualcosa o la si desidera. Vuole confutare la teoria secondo la quale l’essenza di tutto ciò che è mentale sia la “coscienza”.

Si è sempre fatta distinzione fra spirito e materia. Gli idealisti sostengono che la mente è la realtà, e la materia niente altro che un sogno cattivo. Per i materialisti la vera realtà è la materia, e la mente altro non è che una mera proprietà del protoplasma (la materia vivente attiva).

La sostanza di cui è composto il mondo della nostra esperienza non è né mente né materia, ma qualcosa di più primitivo delle due; la sostanza di cui sono composte mente e materia si trova in un certo senso fra le due, e ancora sopra tutte e due, come un antenato comune.

La coscienza, caratteristica della mente: noi crediamo di essere coscienti e che il mondo inanimato non lo sia. Ci sono differenti modi di essere coscienti: 1) il modo della percezione, quando andiamo oltre la sensazione per giungere alla “cosa” che la percezione rappresenta. Noi siamo coscienti di tutto ciò che percepiamo; 2) il modo della memoria: con il pensiero possiamo essere consci degli oggetti che non ci cadono sotto gli occhi; 3) il modo della credenza di fronte al vero e al falso: Questi tre modi, considerati elementi conoscitivi della mente, sono tutti diretti agli oggetti: noi siamo coscienti “di” qualcosa.

Il pensare è in se stesso un’occupazione piacevole; non c’è alcun nemico del pensare tanto mortale quanto la falsa semplicità.

Russel afferma di essere realista per quanto riguarda la sensazione, ma non per quanto riguarda la memoria o il pensiero. Per quanto concerne la sensazione, sia la mente sia la materia sono composte di una sostanza neutra che, in sé, non è né mentale né materiale: ciò che si ode o si vede appartiene alla psicologia e alla fisica a un tempo. Le immagini appartengono solo al mondo mentale, mentre i fatti che non facciano parte di alcuna “esperienza” appartengono solo al mondo fisico. I Behaviouristi sostengono che i discorsi continuamente uditi si possono spiegare senza supporre che la gente pensi. Dove uno volesse interessarsi ai “processi di pensiero”, si trova invece di fronte all’“abitudine del linguaggio”. È umiliante vedere quanto terribilmente adeguata si riveli questa ipotesi.

Le idee di Russel sotto certi aspetti si avvicinano al materialismo; sotto certi altri, all’idealismo… “spirito e materia non sono la vera sostanza della realtà ma solo opportuni aggregati differenti di una materia sottostante. La materia non è così materiale e la mente non è così mentale come generalmente si crede”.

“Il nostro mondo si deve costruire con quelle che i realisti americani chiamano entità “neutre”, le quali non hanno né la durezza e l’indistruttibilità della materia né il rapporto con gli oggetti che si suppone caratterizzi la mente”.

Russel modifica parzialmente la definizione di inconscio freudiano. Per lui un desiderio inconscio non è altro che una legge causale del nostro comportamento; “non è qualcosa che esiste realmente, ma solo una tendenza a un certo comportamento; ha esattamente lo stesso status che ha una forza nella dinamica. Il desiderio inconscio non è affatto misterioso; esso è la naturale forma primitiva del desiderio”. La rivoluzione freudiana non sarebbe la ragione consueta dell’incoscienza dei nostri desideri, ma “tutti i nostri desideri sono inizialmente inconsci e diventano noti solo quando li osserviamo in azione” (all’opposto di Freud per il quale i desideri consci diventano inconsci per opera della rimozione).

Russel cita John B. Watson che afferma: “Noi crediamo che un gruppo di abitudini possa ‘avere la meglio’ su un altro gruppo di abitudini ossia gli istinti. In questo caso il nostro consueto sistema di abitudini – quelle che esprimono il nostro ‘vero Io’ – inibisce o estingue (rende inattive o parzialmente inattive) quelle abitudini e quelle tendenze istintive appartenenti in gran parte al passato”.

Russel fa menzione della “atmosfera di mistero” nei “fenomeni portati alla luce dagli psicoanalisti. Il mistero è incantevole, ma non è scientifico, dal momento che dipende dall’ignoranza. È dunque naturale supporre che, qualunque possa essere la corretta definizione di “coscienza”, la “coscienza” non è l’essenza della vita o della mente”.

Istinto e abitudine. “dal protozoo all’uomo non c’è in alcun punto dell’evoluzione una grande differenza sia nella struttura sia nel comportamento. Da questo fatto è logico inferire che non esiste neppure una grande differenza mentale… l’ipotesi della continuità nello sviluppo mentale è chiaramente preferibile. L’ipotesi della continuità mentale attraverso tutta l’evoluzione organica può usarsi in due modi diversi. Da un lato si può sostenere che abbiamo più conoscenza della nostra mente che di quella degli animali e che dovremo usare quella conoscenza per inferire l’esistenza di qualcosa di simile ai nostri processi mentali anche negli animali e persino nelle piante. D’altro canto si può sostenere che gli animali e le piante rappresentino fenomeni più semplici e più facili da analizzare di quelli della mente umana. Queste due considerazioni conducono a due effetti pratici: 1°) elevare l’intelligenza animale a ciò che crediamo di sapere sulla nostra intelligenza; 2°) tentare un abbassamento della nostra intelligenza a qualcosa di non tanto remoto da ciò che possiamo osservare negli animali”.

Per Russel è attraverso il comportamento per prove ed errori ossia attraverso la selezione efficace di alternative fra le quali è prescelta la più adatta allo scopo, che sia uno scopo vitale, che noi impariamo a parlare, a scrivere, a far di conto o a governare un impero. I bambini sarebbero spinti a imitare gli adulti: dall’insieme di istinto, imitazione e apprendimento si arriverebbe all’automatizzazione. Nella vita dell’uomo l’istinto non è meno importante che in quella degli animali.

“L’apprendimento è possibile solo quando l’istinto fornisce la forza motoria… i bambini imparando a parlare emettono ogni genere di suoni, finché un giorno giunge per caso il suono giusto… l’originaria emissione di suoni casuali, senza i quali non si imparerebbe mai a parlare, è istintiva.

Penso si possa dire la stessa cosa per tutte le abitudini che acquisiamo. L’istinto fornisce gli impulsi ai movimenti sperimentali necessari per i processi di apprendimento. L’essenza dell’istinto sta nel fatto che esso fornisce un meccanismo per agire senza prescienza, così come un neonato non può essere consapevole della necessità di nutrirsi per sopravvivere. Mi prefiguro il seguente schema ordinale:

istinto (forza motoria) – movimento (lallazione, emissione di suoni casuali) – scopo ambito (aspettative e intenzioni di 1° grado, per ottenere) – Prove/errori (esperienza) – rinforzo esterno (bravo, bravo!) – scopo raggiunto – rinforzo intrinseco (soddisfazione del desiderio) – selezione di alternative (aspettative di 2° grado: comunicare) – sfrondamento – scelta del percorso efficace (intenzioni di 2° grado) – automatizzazione, imitazione – adattamento – sopravvivenza.

Intelligenza significa pilotare le modificazioni dell’istinto vitale (il quale può essere bizzarro, approssimativo e ingannabile).

Desiderio e sentimento. Contrariamente agli psicoanalisti, Russel sostiene che “occorra ottenere una definizione di ciò che costituisce il desiderio, mostrandolo come legge causale delle nostre azioni, e non come qualcosa di effettivamente esistente nella nostra mente.

“… secoli di vanità umana hanno costruito un mito così grande della nostra saggezza e della nostra virtù… nell’analisi della mente molte cose si scoprono facilmente dallo studio degli animali che non dall’osservazione degli esseri umani… il desiderio deve poter essere in grado di mostrarsi nelle azioni… Sembrerebbe, quindi, che le azioni soltanto debbano essere la verifica dei desideri degli animali… la stessa spiegazione è valida per i desideri degli esseri umani”.

“Il segno caratteristico dal quale riconosciamo una serie di azioni che stanno a indicare” un desiderio, un bisogno, es. la fame, “non è lo stato mentale dell’animale, che non possiamo osservare, ma qualcosa del suo comportamento fisico… non qualche ingrediente probabilmente mitico e certo scarsamente conoscibile della sua mente”.

Russel attribuisce desideri agli animali. Porta l’esempio della sequenza comportamentale degli uccelli, dal corteggiamento all’allevamento dei pulcini: “È assolutamente impossibile supporre che questa serie di azioni, che costituisce un ciclo di comportamenti, sia ispirata da qualche previsione del fine… L’uccello fa ciò che fa, a ogni stadio, perché avverte l’impulso a una particolare azione, e non perché percepisca che tutto il ciclo delle azioni contribuirà alla conservazione della specie (dunque non pensa, ma agisce come se avesse presente il fine del proprio comportamento; allora c’è qualcun altro che pensa per lui)”. Allo stesso modo, per l’animale affamato, “l’atto di cercare il cibo non è una prova sufficiente per concludere che l’animale ha nella ‘mente’ il pensiero del cibo” (ma qui c’è qualcosa dentro il suo organismo che fa sentire lo stimolo della fame e le precedenti risposte a questo stimolo hanno modellato il comportamento in modo tale che al senso della fame debba seguire la ricerca di cibo). Per contro, in noi esseri umani “ciò che mette in moto un ciclo di comportamenti è una sensazione del genere che chiamiamo spiacevole… è la sensazione di disagio a restare il motore primo” (in modo non dissimile da quanto avviene negli animali). Russel è convinto che “le sensazioni (comprese le immagini) forniscono tutta la ‘sostanza’ della mente”. Russel considera gli eventi mentali come “proprietà di quelle esperienze che si potrebbero rispettivamente chiamare spiacevoli e piacevoli… Il disagio è una proprietà di una sensazione o altro evento mentale “che stimola movimenti volontari o riflessi tendenti a produrre qualche mutamento… che comporta la cessazione dell’evento… il piacere è una proprietà di una sensazione o altro evento mentale che non stimola alcun movimento “riflesso volontario o, se lo fa, stimola solo quelli tendenti a prolungare l’evento in questione”.

“Secondo la forma, la credenza desiderata è detta vanità, ottimismo o religione. Coloro che hanno sufficiente potere generalmente imprigionano o mettono a morte chiunque tenti di scuotere la fede che hanno nella propria superiorità o in quella dell’universo”.

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