Poche parole per offrire un contributo di affetto e di riconoscenza a tutte le donne nel giorno della loro Festa, 8 Marzo, ma soprattutto a quelle che più profonda lasciarono l’impronta del loro passaggio nelle traversie sofferte nel corso della Prima Guerra Mondiale di cui commemoriamo il Centenario.
Dobbiamo renderci conto del grave peso che cadde sulle loro spalle al deflagrare del conflitto, per via dell’accresciuto peso di lavoro e di responsabilità, dei soprusi subiti, della fame, delle sevizie e dei lutti sofferti.

Dal 1922 in Italia si celebra annualmente la Giornata Internazionale della Donna.
Al divampare della Grande Guerra un esercito di donne fu reclutato per coprire i posti di lavoro lasciati dagli uomini inviati al Fronte.
Le donne occuparono posti di responsabilità e di prestigio, emancipandosi da quello stato di sottomissione che per secoli le aveva tenute in balia della volontà e della decisionalità maschili.
Durante la guerra aumentò il numero delle donne che frequentavano gli istituti scolastici superiori; nell’anno accademico 1917-1918 furono 23.000 maschi e circa 2.000 femmine i frequentatori delle 17 università governative e delle 4 università libere. Nel 1917 si laurearono 108 dottoresse in lettere, 4 in scienze economiche e commerciali, 81 in matematica, 7 in farmacia, 6 in medicina, una in ingegneria e una in agraria.
Terminato il primo Conflitto mondiale, l’esigenza di trovare un lavoro per i reduci spinse talvolta al licenziamento rapido e completo delle donne dalle occupazioni che avevano ricoperto.
Il diritto di voto, alla vigilia della Grande Guerra, fu riconosciuto da 12 Stati della Confederazione Americana; poco dopo, anche dalla Danimarca, dai Paesi Bassi, dall’Islanda e dall’URSS. In Gran Bretagna il 28 marzo 1917 venne varato il progetto di legge che concedeva il voto alle donne che avessero compiuto trent’anni.
Nel periodo tra la prima e la seconda Guerra Mondiale quasi tutti i Paesi europei e quelli del Continente americano riconobbero alla donna il diritto di elettorato attivo. Per l’Italia si dovette attendere il 1945. Prima ancora fu una Legge speciale del 1919 ad abrogare molte norme che sancivano l’incapacità delle donne a testimoniare, a vendere e a donare beni immobili e a compiere atti di rilevante importanza senza il ricorso all’autorizzazione del marito. Con il codice civile del 1942 le donne si trovavano tuttavia ancora in una posizione di subordinazione rispetto al marito. Soltanto a partire dal 1960 possono accedere a tutte le cariche pubbliche.
Trovandoci ora nel Centenario del Grande Conflitto ricorderò, per tutte, tre donne di mirabile statura storica e patriottica chiamate a ricoprire un ruolo di protagoniste e di sacrificio nel novero degli eroismi della Grande Guerra.

Maria Bergamas, umile figlia del popolo, aveva perso in guerra il figlio Antonio (Toti), classe 1891. Al termine della Grande Guerra fu chiamata a scegliere, fra le undici bare contenenti i resti di soldati senza nome, posate nella Basilica di Aquileia, quella che sarebbe stata la Sepoltura del Milite Ignoto presso l’Altare della Patria a Roma.
Margherita Kruger Parodi di Roma, insigne Crocerossina, rappresenta il sacrificio di centinaia di Infermiere della Croce Rossa che prestarono servizio nell’assistenza e nella cura dei soldati feriti e morenti. Lasciò la vita a soli 24 anni di età. La sua Salma fu tumulata nel Sacrario di Redipuglia, al centro del primo gradone.
Maria Plozner Mentil apparteneva alla schiera delle oltre mille Portatrici Carniche attive sul fronte orientale per rifornire del necessario i combattenti in guerra. Aveva appena 32 anni, con quattro figli in casa e il marito al fronte sul Carso, quando fu colpita a morte mentre con altre Portatrici trasportava rifornimenti agli Alpini in linea. Era il 15 febbraio 1916 e la Maria cadde alla roccia del Malpasso presso Casera Malpasso (m 1619, sopra Timau).

Ora le sue Spoglie risposano nel Tempio Ossario di Timau, unico tumulo femminile fra i 1764 annoverati dal Tempio, dei quali 73 sono austriaci. Maria Plozner Mentil ha dato il nome alla Caserma di Paluzza, oggi demolita, parzialmente sede del Gruppo Alpini Pal Piccolo di Paluzza, unica caserma in Italia intitolata a una donna.
Alla memoria di Maria Plozner Mentil fu conferita, il 29 aprile 1997, la Medaglia d’Oro al Valor Militare e tutte le Portatrici Carniche meritarono l’Onorificenza di “Cavaliere di Vittorio Veneto”.
Chi ci pensa all’angelo della casa?
Dicono che le donne così definite casalinghe non lavorano, soltanto perché ciò che fanno lo fanno senza uscire da casa. Ma finalmente qualcuno è andato a vedere quale peso e quali inconvenienti possano gravare sulle donne casalinghe.
Ogni anno, soltanto in Italia, si contano 3 milioni di incidenti domestici, più di 8 mila al giorno e di questi sono 600 mila quelli che riguardano donne. È stato registrato che il 63% degli infortuni si verifica durante le faccende di cucina. In particolare le casalinghe sono colpite da fratture, per il 36%, e da ustioni per il 18,5%. È quanto si rileva da uno studio, “Faccende pericolose”, elaborato da Anmil su dati Istat, Inail, Istituto Superiore di Sanità. L’esercito delle casalinghe in Italia ammonta a 7 milioni e 300 mila occupate e per esse la frequenza di incidenti in cui possono incorrere è superiore a quella che interessa le lavoratrici dipendenti. “È il mestiere più difficile del mondo. E non retribuito” – questa la valutazione di Anmil – “Se le donne dovessero battere cassa per tutti i lavori che svolgono all’interno delle mura domestiche dovrebbero percepire uno stipendio doppio rispetto alla media dei lavoratori italiani”.
Nel pennello di Sören Kierkegaard
(Aut-Aut – Enter-Eller 1843, A. Mondadori 1956)

Mi piace qui riportare, per la ricchezza e il tratto delicato e delle attribuzioni dedicate alla Donna, alcuni pensieri di Kierkegaard: “È incredibile quale virtuosismo innato possieda una donna, essa spiega nel modo più interessante e più bello il problema che ha costato il senno a molti filosofi: il tempo… lo spiega senza parole, a ogni ora del giorno… La donna ha soprattutto un altro talento innato, una dote originaria: un assoluto virtuosismo per dar senso al finito. La donna capisce il finito, lo comprende fin nelle radici: per questo essa è adorabile, e tale, a guardar bene, è ogni donna; per questo è graziosa, per questo è felice, per questo è in armonia con l’esistenza. La donna spiega le cose finite, l’uomo va a caccia di quelle infinite. La donna partorisce con dolore, ma l’uomo concepisce le idee con dolore; la donna non conosce il terrore del dubbio o le pene della disperazione. Essa è la vita più profonda dell’uomo, una vita che deve essere nascosta e segreta, come è sempre la vita delle radici”.
Immagine di copertina tratta da Mominitaly.