La Chiesa tradita: chi, come, dove, quando? (Parte II di 3)

(dalla lettura di Antonio Caponnetto, La Iglesia traicionada, Ed. Detente, Buenos Aires 2010)

Altri punti di vista: i miei, in particolare

All’interno del testo qui analizzato emerge con particolare impatto culturale quanto si dice attorno alla consapevolezza raggiunta dalla Chiesa cattolica nell’ammissione delle proprie colpe del passato e del presente. La citazione circostanziata è per un documento redatto da un gruppo di teologi, denominato Memoria e Riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato. Caponnetto si fa premura di mettere in risalto alcuni concetti che cadono a proposito. La Chiesa – dice – da sempre è stata capace di additare le infedeltà dei suoi figli. Essa è anche maestra quando chiede perdono al Signore. È importante rimarcare che “Memoria e Riconciliazione” è un documento della Commissione Teologica Internazionale, ma questo non significa che sia un documento della Santa Congregazione per la Dottrina della Fede e pertanto non si tratta di un testo della Santa Sede e molto meno del Papa. Lo stesso Card. Ratzinger spiegò che con tale testo la Chiesa non esprime la pretesa di erigersi a giudice del passato né di fare ammenda in tono pessimistico dei propri peccati. Il documento non è altro che il risultato a cui è giunto un gruppo di teologi.

Le immagini riportate sono tratte da Wikipedia

Quando si parla del passato della Chiesa si raccontano molte cose che, frequentemente, sono calunnie e miti. La verità storica rappresenta l’esigenza principale (il corsivo è mio). La Chiesa del presente non può costituirsi come tribunale chiamato a sentenziare sul passato. È irrinunciabile la dimostrazione che la Chiesa vive perché è la Chiesa dei santi. Non è possibile chiudere gli occhi di fronte a tutto il bene che la Chiesa ha operato in questi ultimi dieci secoli devastati dalla crudeltà degli ateismi (Card, Joseph Ratzinger, 7 marzo 2000).

Fin qui Antonio Caponnetto, ma ora mi voglio permettere alcune mie personali considerazioni su quanto è apparso nelle righe precedenti.

La prima immagine che si forma nella mia mente, dopo attenta lettura di Iglesia traicionada e successiva riflessione, è che l’autore impugni a spada tratta, senza tanti ripensamenti, la difesa a oltranza della Chiesa cattolica appellandosi alla di lei santità e al suo essere sorretta dalla benevolenza divina. La Chiesa, come istituto religioso di origine mistica, è infallibile perché sorretta dalla Verità. Se il male c’è, esso è da attribuirsi a circoscritte personalità devianti che al suo interno lavorano contro. Fin qui tutto comprensibile, sennonché pare che il discorso voglia volgere come se si cercasse di parlare di un organismo sano sulle cui membra appaiono isolati fenomeni suppurativi dovuti ad agenti patogeni. Caponnetto va a identificare i mali della Chiesa attuale addirittura nei gradi più alti della sua missione pastorale, tanto da indurlo a parlare di una Chiesa tradita. Assoluzione con formula piena, dunque, ma anche spaccatura concettuale fra ciò che si ritiene santo perché derivato dalla volontà di Dio e tramandato dalla parola di Gesù Cristo, e ciò che nella realtà accade all’interno della Chiesa, a opera dei suoi ministri. Oggi siamo pervenuti a una fase di autoriflessione profonda e nondimeno coraggiosa, che vede la Chiesa cattolica riflettere sulle proprie mancanze e sui propri errori perpetrati nel corso della Storia umana. È un bel passo avanti, vorrei dire, verso il dovere di creare consapevolezza e di guardare in volto la realtà dei fatti.

Quel binomio enunciato con le parole Memoria-Riconciliazione mi ha subito incuriosito, per via di una certa dissonanza di valore semantico fra i due termini, che ne incrina dapprincipio la possibilità di coesistere. La Memoria, se disvelata senza ulteriori maschere e contraffazioni, ci pone di fronte a uno scenario storico a tratti orrendo, a muovere da certe vicende narrate nel Vecchio Testamento, dal quale non è più possibile escludere le atrocità commesse, le ingiustizie, i soprusi, le vessazioni, gli inganni per trarre in tranello i più umili, le alleanze, le connivenze, le intese collusive fra potenti sulla scena della caccia al potere, le devianze, le trasgressioni multiformi nei confronti degli stessi Comandamenti, le stragi operate o demandate ad altre braccia di carnefici nella soppressione cruenta di uno stuolo immenso di innocenti: tutto questo nel nome santo di Dio (per sviluppare rivelazioni di questo tipo vedasi il mio lavoro Regno Celeste, Impero terreno, IBN Editore, Roma). Ricordare fa bene alla coscienza, ma poi, riconciliarsi, con chi? Con Dio? Con la falange di poveri disgraziati arsi vivi e ammazzati come belve feroci nella conquista di spazi nuovi dove poter portare il messaggio evangelico? Mi soffermo alquanto di fronte a tali e tante contraddizioni portatrici di dense nebbie sul terreno della comprensione. Allora decido di approfondire la mia conoscenza su ciò che è riportato nel documento citato. Ne do attenta lettura e procedo a esprimere una sorta di analisi in forma strettamente personale.

Intanto prendo le mosse da una perentoria affermazione di Caponnetto, che è il centro di tutta la sua arringa difensiva: la Chiesa tradita. Assumiamo il peso reale di tale enunciato, ma tradita da chi? L’atto del tradimento, si sa, può essere compiuto soltanto da chi agisce nelle maglie di un sistema e che, a un certo punto della propria esperienza, decide di abbandonare, per un insieme di ragioni, fino anche a combatterlo con la chiara intenzione di destrutturarlo. Il nemico interno, dunque, come già aveva accennato di paventare Papa Benedetto XVI nel 2010. E questo additare il male che porta devastazione nelle membra della Chiesa cattolica lascia molto perplessi, se non addirittura sconcertati ed esposti a una ridda di dubbi.

È ora di entrare nel merito del documento citato: Memoria e Riconciliazione. Si tratta in pratica di uno studio elaborato dalla Commissione Teologica Internazionale sul tema concernente la Chiesa e le colpe del passato, con la presidenza del Card. J. Ratzinger, nell’approssimazione del Giubileo dell’anno 2000. Ne facevano parte sette componenti dell’alto Clero, impegnati nella sede romana attorno agli ultimi due anni del millennio. Fra i criteri fondamentali che preparavano l’avvento dell’Anno Santo “2000” si caricò di grandissima importanza il concetto di purificazione della memoria. Il punto di arrivo dei tentativi di riconciliazione sarebbe stato quello di liberare la coscienza personale e collettiva da tutte le forme di risentimento o di violenza possibili. Questo processo richiede tuttavia una “rinnovata valutazione storica e teologica” di ciò che avvenne nel passato, tale da poter guidare al riconoscimento delle colpe nell’anelito alla riconciliazione. La Chiesa, come annuncia Giovanni Paolo II, deve inginocchiarsi al cospetto di Dio e implorare il perdono per i peccati commessi dai propri figli. Un atteggiamento, questo, che tuttavia non deve giungere al punto di sembrare un atto di ammissione di colpa simile a un cedimento di fronte alle accuse pervenute. Il testo del documento non ha lo scopo di esaminare casi storici particolari, ma bensì quello di fare chiarezza sui presupposti che stanno alla base di un veritiero pentimento circa le colpe commesse nel passato. Colpe che la Chiesa assume su di sé allo scopo, come già accennato, di “purificare la memoria e vivere il rinnovamento del cuore e della vita secondo la volontà del Signore”. Ancora, lo spirito che informa il lavoro dei teologi si esprime nella direzione di “aiutare tutti ad avanzare in un cammino di verità, di dialogo fraterno e di riconciliazione” senza scordare, nell’insieme delle riflessioni sull’argomento in esame, i numerosi episodi di persecuzione che colpirono a loro volta i cristiani nel volgere della Storia.

Il documento rimarca il fatto che in nessuno dei giubilei succedutisi in precedenza si è pensato di prostrarsi in atteggiamento pentito nell’annoverare le colpe che macchiarono la storia evolutiva della Chiesa e neppure si è sentita la necessità di implorare da Dio il perdono per quei comportamenti devianti. Capitava quasi mai che gli uomini di Chiesa riconoscessero il male e gli abusi operati. Fanno eccezione alcuni esempi, come quello del Papa Adriano VI che nel 1522 riconobbe “gli abomini, gli abusi e le prevaricazioni della corte romana”, o quello di Paolo VI che implorava il perdono da Dio per “il peccato della divisione tra i cristiani”. In seno al Concilio Vaticano II fu sanzionata la decisione di chiedere perdono a Dio e ai fratelli separati nella più affermativa condanna delle persecuzioni e delle manifestazioni di antisemitismo delle quali la Chiesa cattolica si è resa colpevole nei secoli. Su questo punto è tuttavia da precisare che il Concilio operò una netta distinzione tra la fedeltà assoluta della Chiesa da una parte e, dall’altra, le debolezze dei suoi membri. Una cosa, dunque, è la Chiesa “Sposa di Cristo, senza macchia né ruga, santa e immacolata”, altra sono i singoli che cedono al peccato senza che con ciò ne siano sminuite l’autorità e la santità della Chiesa. Tutta l’assemblea ecclesiale, pertanto e in conclusione, nella propria santità è sospinta dal bisogno di purificazione, “si applica alla penitenza e al suo rinnovamento”. Questa fu la direzione di pensiero che indusse Paolo VI, nel corso dell’Anno Santo 1975, a rivolgere la richiesta di rinnovamento e di riconciliazione a tutti i fedeli della Chiesa di Cristo. Giovanni Paolo II, in più, si fece premura di allargare la cerchia di persone alle quali chiedere il perdono, includendovi i fatti di sopruso e di violenza perpetrati a offesa degli Indios americani e degli Africani deportati in condizioni di palese schiavitù, ma anche il ricorso a “metodi di violenza e di intolleranza” ai quali si faceva appello nel percorso di evangelizzazione.

Le immagini riportate sono tratte da Wikipedia

Ancora una volta, è da ribadire, il documento punta l’indice contro la volontà dei singoli nel momento di attribuire le colpe enumerate, visto il criterio di personalizzazione del peccato; ossia la colpa va attribuita sempre a singoli individui, in numero ridotto persino, ancorché nei casi in cui si potrebbe ravvisare la fattispecie di “peccato sociale” in materia di giustizia, di libertà e di pace. Assoluzione con formula piena dunque, in ogni caso, per l’istituzione “Chiesa cattolica”. Anzi, di più: lo stesso riconoscimento delle azioni perverse attribuibili ai figli della Chiesa viene vestito di nuova opportunità, considerato cioè come un punto a favore del rinnovamento e della riconciliazione nel contesto di vita attuale. Dunque ancora netta distinzione fra Chiesa Madre, santa e infallibile per grazia divina e la congerie dei suoi figli peccatori. Quali e quante possano essere pertanto enumerate le accuse rivolte ai singoli, le stesse non arriveranno mai a spogliare la Chiesa cattolica della santità acquisita. Se quelle che sono state indicate come colpe sociali “sono sempre il frutto, l’accumulazione e la concentrazione di peccati personali”, allora si può dire che questo sia un bel modo, rapido persino dalle premesse alle conclusioni, di restringere la responsabilità dei misfatti a una minoranza di rappresentanti, cosa che consente di salvare comunque e sempre il buon nome dell’Istituto nella sua integrità. Senza contare che, su un altro fronte, sarebbe la stessa Chiesa a doversi difendere dagli addebiti di oscurantismo e di intolleranza mossi nei suoi riguardi, attivandosi peraltro in vigorosi tentativi volti a “modificare immagini di sé false e inaccettabili”.

Se la Chiesa avverte impellente il bisogno di purificazione della memoria, questo non significa che ne venga meno la sua potestà di “proclamare la verità rivelata”. Le autorità ecclesiastiche si ergono addirittura a fornire una spiegazione agli atti di violenza leggibili fra le pagine del Vecchio Testamento allorché tali atti, vedi per tutti l’esempio della strage genocida degli Amaleciti, andrebbero considerati come atti fedeli di ottemperanza alle “direttive divine”, cosa che potrebbe persino “escludere ogni possibile richiesta del perdono da farsi”. Così pure nel caso del ripudio delle mogli prese da popoli stranieri, allorché i Giudei non facevano altro che dimostrare fedeltà e ossequio a una Legge divina che ne consentiva l’attuazione.

È arduo e fonte di disagio mentale ammettere la convivenza di significati così antitetici. A causa della presenza del peccato, prosegue il documento, “c’è bisogno di un continuo rinnovamento e di una costante conversione nel popolo di Dio” e, secondo questa visione, la Chiesa si realizza continuamente “nella comunione fraterna, nella umanità orante, nella partecipazione solidale alla Croce, nella testimonianza comune”. Belle parole, non c’è che dire, un ornamento invidiabile capace persino, per chi vi è propenso, a passare oltre le immense aberrazioni storiche come se, valicate le sponde di un torrente impetuoso, si lasciassero alle spalle, portate via dal ribollire della corrente, le esperienze svilenti insieme al loro ricordo. Si parla con enfasi di peccati nella Chiesa, come di errori facilmente emendabili attraverso un sincero atto di contrizione, ma non si dice con altrettanta chiarezza degli orrori e dei delitti commessi contro l’umanità, non escluso il concorso più o meno in prima persona a veri e propri genocidi. La macchia lasciata da colpe di questo peso non può essere cancellata, sono fatti imperdonabili e la loro memoria rimorde le coscienze senza soluzione di continuità. Diverse, tuttavia, sono da considerarsi le colpe per disobbedienze e ottemperanze non onorate da una parte e, dall’altra, violenze usate su persone. Queste ultime, portate a termine niente meno che nel nome di Dio, si configurano come una vera bestemmia, un atto sacrilego.

A ogni piè sospinto i redattori del documento non si lasciano sfuggire l’occasione di levare scudi corporativi e scagliare dardi infuocati nella speranza di preservare il volto della Chiesa da detrazioni e da svalutazioni. La Chiesa, allora, diventa Madre dei dolori, vuoi a motivo delle persecuzioni mossele dall’esterno, vuoi “per i tradimenti, i fallimenti, i ritardi e le contaminazioni dei suoi figli”. Si riconosce pur tuttavia peccatrice, non perché caduta nella colpa, ma per il fatto che “assume con solidarietà materna il peso delle colpe dei suoi figli” e, per questo, “avverte il dovere di rammaricarsi profondamente per le debolezze di tanti suoi figli”. È da dirsi, su questo punto del documento, che tra quei figli figurano anche sommi pontefici, così detti infallibili; forse che Dio li aveva traditi e abbandonati, negando loro la tanto vantata infallibilità?

È doveroso, prosegue il documento, che la Chiesa faccia “ammenda, invocando con forza il perdono di Cristo”. E qui mi domando: Ma come si può!? E Cristo, in tutti quei brutti affari, era rimasto lì, solo ad assistere ai delitti perpetrati?

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