La terza guerra mondiale i nostri figli non la studieranno più a scuola. Non ci saranno più scuole. Non ci saranno più guerre. Non ci saranno più i nostri figli. Ma, che cosa sta succedendo?
Il 23 agosto 2013 Ban Ki-Moon, segretario generale dell’Onu, lancia l’allarme: impiego di gas sarin in Siria, crimine contro l’umanità. Si parla di un presunto attacco chimico nei sobborghi di Damasco, con 1.300 morti, sferrato dal regime di Bashar al-Assad. I bambini rifugiati, fuggiti dalla Siria, hanno superato il numero di un milione. Di essi ben 740.000 sono inferiori agli undici anni di età. Oltre due milioni di bambini e minori sono sfollati all’interno del Paese. Si ritiene che almeno 7.000 persone abbiano perso la vita.
The Wall Street Journal comunica che gli Stati Uniti d’America hanno iniziato a definire le loro opzioni militari per un possibile attacco in Siria.
Il 24 agosto alla Casa Bianca si tiene un vertice tra il presidente Obama e i consiglieri anziani della sicurezza nazionale per decidere un’eventuale azione militare contro il governo siriano accusato di aver usato armi chimiche sui civili. Il gen. Martin Dempsey, capo degli Stati maggiori delle Forze armate americane, sta analizzando le opzioni militari per l’attacco.
A causa della situazione in Siria la presenza nel Mediterraneo della Marina militare americana sarà rafforzata con la nave da guerra Uss Mahan.

L’aviazione di Tel Aviv intanto bombarda un obiettivo libanese in risposta al lancio di razzi che dal Libano hanno puntato su Israele.
Spostiamoci in Libia dove l’esercito è impegnato contro gruppi armati. Il 25 agosto l’esercito libico si prepara per porre fine ai violenti scontri che da due giorni contrappongono due gruppi armati a ovest della capitale. I combattimenti con armi pesanti e leggere hanno visto fronteggiarsi uomini della città di Zawia e della tribù Wershbana.
Nello stesso giorno in Colombia vengono uccisi tredici soldati colombiani in un attacco delle forze Farc alla frontiera con il Venezuela.
In Libano si celebra una giornata di lutto nazionale in seguito al duplice attentato di venerdì 23 agosto a Tripoli, costato 47 morti e oltre 400 feriti. Una delle due autobombe detonate conteneva un quintale di tritolo: si valuta sia l’attentato più grave da quando ebbe termine la guerra civile nel 1990.
Il 26 agosto l’Iraq annovera 48 morti nelle ultime ventiquattr’ore per attentati e attacchi sferrati in tutto il Paese. A Baquba si registra il bilancio più pesante.
In Congo, a Goma, est del Paese, si denuncia la morte di 82 persone in combattimenti ingaggiati tra ribelli e militari affiancati dai Caschi blu.
Per la crisi siriana la Gran Bretagna sarebbe pronta a unire le forze con gli Stati Uniti in vista di un eventuale attacco missilistico in Siria.
Non esente dai massacri la lontana Cina: si verificano scontri nella provincia di Xinjiang dove almeno quindici persone identificate come “terroristi uighuri” sono state uccise dalle forze di polizia.
In Egitto recrudescenza di scontri fra le opposte fazioni di Morsi e Mubarak.
Il 27 agosto si viene a sapere che il presidente Obama sta valutando per decidere un attacco militare alla Siria “di portata e di durata limitata”, risolvibile in due giorni, con l’uso di missili lanciati dal mare contro gli obiettivi chimici non legati ad arsenali chimici.
Il 28 agosto, mentre negli Stati Uniti si sta progettando un raid siriano della durata di tre giorni a partire da giovedì 29 agosto, l’Unicef stima che sino al termine dell’anno saranno necessari, per i bambini sfollati, 470,6 milioni di dollari per garantire la fattibilità di interventi umanitari. A tutt’oggi dichiara di averne ricevuti 254, corrispondenti al 54% del fabbisogno.
Era il tempo in cui andavo pensando: Obama è sul punto di architettare una nuova guerra nel Medio Oriente. Quanto gli costerà? Voglio dire, in morti innanzitutto, ma poi anche in risorse finanziarie. Ricordate la guerra in Iraq? Nove anni di conflitto che, dal 2003, hanno seminato morte almeno fra 165.000 iracheni. Più di centomila sarebbero state le vittime civili. I costi? Sappiamo che il Pentagono aveva stanziato quasi 770 miliardi (miliardi, non milioni!) di dollari a decorrere dal 2003 per il conflitto in Iraq. Non solo, ma la guerra lasciò strascichi pesanti: si dovette provvedere a coprire i costi medici e a pagare le pensioni ai veterani con previsione sino al 2055, ciò che richiederebbe un ulteriore esborso di 300-400 miliardi e più di dollari. Che cosa sono dunque i 216 milioni di dollari che mancano per gli aiuti ai bambini sfollati dalla Siria? Che cosa suggerirebbero la logica, l’onestà, il senso di umanità e di grave responsabilità a un uomo come Obama? Il denaro non manca, a quanto è dato vedere. Allora? Aiutiamo i bambini anziché distruggere a destra e a manca, evitiamo altre migliaia di morti tra soldati e civili, usiamo tutto quel denaro risparmiato per risollevare le sorti del mondo. Non saranno certo le armi a fare tutto questo.
Le armi! In un mio libercolo (La voce del Vuoto, L’Autore Libri, Firenze 1996) questa nostra dimora sospesa nel vuoto, così piccola e insignificante, l’ho voluta chiamare “Pianeta Guerra” anziché Pianeta Terra. Già, per le guerre non ci sono state mai soste, mai! Ma torniamo sui nostri passi.
29 Agosto 2013: forse una notizia meno assillante, slitta la data per l’attacco degli Usa e della GB contro la Siria, ma, per puntuale controparte, l’Afghanistan annovera un attacco, uno fra i moltissimi, questa volta alla base polacca ISAF. Nella località di Ghazni si registrano quindici morti, fra i quali sette kamikaze.
A Bagdad, Iraq, una raffica di attentati è causa di morte per 59 persone.
L’Egitto assiste ancora a scontri, al Cairo, tra i sostenitori del deposto presidente Morsi e la polizia.
La guida suprema iraniana Ali Khamenei ha usato le parole “un disastro per la regione” a proposito di un eventuale intervento da parte delle forze occidentali in Siria. Il Medio Oriente “è una polveriera e il futuro non può essere previsto”, ha aggiunto.
30 Agosto 2013. La Russia ha reso noto che provvederà a rafforzare la propria squadriglia navale nel Mediterraneo inviando una nave antisommergibile e un incrociatore lanciamissili.
1° Settembre 2013. Mentre in Nigeria si sviluppa una serie di attacchi da parte degli integralisti Boko Haram, con l’uccisione di 38 persone, in Siria l’intera forza navale dispiegata dagli Stati Uniti in previsione di una possibile azione militare contro il regime siriano continua e continuerà a incrociare nel Mediterraneo Orientale.
2 Settembre. La portaerei nucleare Uss Nimitz e altre navi Usa si stanno muovendo per dirigersi alla volta del Mar Rosso, pronte nell’attesa di un ordine d’attacco alla Siria. Non molto discosta, verso Est nell’Oceano Indiano, gli Usa hanno disposto un’altra portaerei, la Uss Harry Truman.
4 Settembre. La notizia è di una strage perpetrata nella città di Bagdad. Almeno 42 persone hanno perso la vita in una catena di attentati. A quanto riferiscono le autorità locali otto autobomba sono saltate in aria in quartieri a maggioranza sciita della capitale irachena. Fonti di informazione nel settore sanitario denunciano anche la presenza di una novantina di feriti. Appena una settimana addietro un’analoga ondata di attacchi aveva sterminato una settantina di persone nella regione di Bagdad.
5 Settembre 2013. In qualche modo anche l’Italia si sta muovendo. Il Cacciatorpediniere Andrea Doria è da poche ore salpato dal porto di Taranto e si dirige al largo delle coste libanesi con la missione di tutelare le truppe italiane di stanza in Libano nell’ambito della forza Unifil, nella previsione del deflagrare di un conflitto in terra di Siria. Una seconda nave italiana, la fregata Maestrale, è in fase di preparazione e muoverà anch’essa nelle prossime ore. Pare si stia completando un complesso mosaico che via via si ammanta di tinte oscure e qua e là inizia a sprizzare fuoco e sangue con la promessa di un dilagare irrefrenabile e devastante su ogni angolo del Pianeta.
Termino, la rassegna rischia di prolungarsi all’infinito, ma penso ancora: Non è che in Iraq le forze occupanti dovevano portare la democrazia, la giustizia sociale, la pace? Avevano cercato le armi di distruzione di massa, quello era il movente, ma le armi di distruzione di massa non le trovarono, proprio non c’erano. E, oggi, che ne è, che ne sarà dell’Iraq liberato dalla barbarie di Saddam? Stiamo uccidendo tutto: l’aria, il suolo, le acque, le foreste, le specie animali, stiamo autodistruggendoci. Tutto ciò che proviene dalle guerre non farà altro che ridurre i tempi di un’agonia planetaria ormai pervenuta alle fasi terminali? Mai più le armi chimiche, si è detto. MAI PIÙ LE ARMI, di qualsivoglia genere, vorrei gridare, ma la voce mia e di tanti altri si perde e si spegne nel frastuono di un’umanità al limite della paranoia, lanciata in una corsa sfrenata che più non ha obiettivi.
Natale 2014 e bambini in guerra

Natale 2014 si stava avvicinando. È il quattordicesimo Natale da quando ha fatto capolino il nuovo millennio. Al telefono e per le strade della città migliaia e migliaia di auguri si incrociano, si contraccambiano in occasione delle feste di fine anno e del cambio di guardia tra il 2014 e il 2015.
Sono anche cent’anni, quando arriverà primavera, che il nostro Paese entrò in guerra contro gli Imperi centrali. Nel mio ambiente, che è ambiente di Alpini, si stanno organizzando manifestazioni, momenti di commemorazione, visite a Mausolei, Templi Ossari, Monumenti al Valor Militare e quant’altro. Torniamo dunque a parlare di guerra, sebbene in chiave di rimembranza storica, dunque con il pensiero spoglio di quelle spinte aggressive e rivendicative che un secolo addietro spinsero intere popolazioni l’una contro l’altra in un duello mortale, terrificante, dagli esiti catastrofici enumerabili nei milioni di vittime, uomini in armi e popolazioni inermi, e che orfanizzarono l’umanità delle migliori e più promettenti risorse.
Oggi, guardandoci attorno e prestando ascolto alle notizie che ci vengono dal mondo, dobbiamo tristemente constatare che i conflitti deturpanti non si sono esauriti sul nostro pianeta; semplicemente mutano dislocazione, come un incendio le cui fiamme assassine un vento balzano porti con sé facendole divampare ora in un sito, ora in altro della nostra dimora terrestre. Da quanto è dato vedere vien da pensare che le guerre, sul Pianeta Terra, non finiranno mai, quasi non bastassero le minacce che all’umanità intera provengono, a tempi alterni, da malattie, miseria, ignoranza, ingiustizia, violenza, sfruttamento, delinquenza generalizzata, ma anche da agenti naturali come quelli che si affacciano sempre più frequenti all’orizzonte della sopravvivenza: tempeste, uragani, tsunami, terremoti, desertificazione, eruzioni vulcaniche, inquinamento su larga scala, non ultimi i proiettili cosmici che con tanta leggerezza e spregiudicatezza ci sfiorano nella loro corsa fra gli spazi interplanetari.
Un pensiero, fra i tanti che le guerre e la congerie di calamità gravante sulle nostre teste e sul nostro futuro riescono a partorire, va a posarsi sull’immenso stuolo di ragazzi e bambini vittime attive e passive dei conflitti armati. Un pensiero che fa inorridire, quasi sull’onda dell’incredibile, del mostruoso per la profonda infelicità a cui si accompagna.
Mancano quindici giorni a Natale, e le ultime informazioni dei media parlano di un anno devastante, quello che sta per concludersi, all’indirizzo dei bambini di tutto il mondo. Devastante per via dei conflitti in continuo incremento che non risparmiano neppure i più piccoli e innocenti fra le società umane. Si calcola, oggi, che almeno 15 milioni di minori siano coinvolti in guerre tuttora deflagranti, soprattutto nel Centro Africa, in Iraq, nel Sud Sudan, in Palestina, in Siria, in Ucraina. Sono all’incirca 230 milioni i bambini che crescono in zone di guerra, come rivela una stima operata dall’Unicef il cui direttore, Anthony Lake, mette in luce gli aspetti più drammatici della situazione in atto: “Molti sono stati uccisi mentre erano a scuola, durante il sonno o sono rimasti orfani, sono stati rapiti, torturati, reclutati come soldati o venduti come schiavi”. E quanti di questi bambini vengono drogati, seviziati, addestrati a uccidere; quanti, ancora, vengono distrutti nella loro più intima essenza umana perché scaraventati fra le mani lorde dei mercanti di sesso o sgozzati come vitelli per strappare loro gli organi vitali da vendere sul mercato più turpe che la mente diabolica dell’uomo possa aver creato!
Quali auguri, allora, per le prossime feste? A brillare sui rami dell’albero di Natale e nel cielo non vedo più luci, stelle o comete. Vedo lacrime, un mare di lacrime che implora pietà.
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