Howard Gardner
APRIRE LE MENTI
La creatività e i dilemmi dell’educazione
Milano, Feltrinelli, 1991 (orig.: New York, 1989)
1 – Due “specie di carriere: il Progetto Zero e il A Hospital
Si supponga ad esempio che un bambino esibisca una conoscenza “sensomotoria” del mondo, basata sulla coordinazione di informazioni provenienti da organi di senso e da esecuzione di movimenti corporei, ma senza alcun tipo di rappresentazione separata “mentale” o “simbolica” di tale conoscenza. (124) Secondo la versione piagetiana standard questa forma di conoscenza si manifesta in riferimento a tutte le dimensioni: spazio, tempo, causalità, numero, ecc. Allo stesso modo, se si manda avanti di qualche anno l’orologio dello sviluppo, il bambino, ora a metà dell’infanzia, manifesta una comprensione “concreta” di tutti gli elementi – siano essi spaziali, temporali, sociali o morali. Un filo unico collega assieme tutte le facoltà umane e non c’è posto nell’impostazione piagetiana per la dispersione di capacità, con alcune allo stadio sensomotorio, altre a quello pre-operazionale o a quello concreto-operazionale. [vedi anche la “ridescrizione rappresentazionale” di Annette Karmiloff-Smith, 1992]
Nonostante l’eleganza dell’impostazione di Piaget, i dati che andavamo ammassando mostravano in modo sempre più chiaro che era sbagliata. Non solo gli stadi evolutivi erano più elusivi di quanto egli avesse suggerito, ma … era chiaro che un bambino può trovarsi a un certo stadio in un settore (per esempio la comprensione del mondo fisico) e ad un altro stadio disparato in un altro settore (come la cognizione sociale e morale). …
Un bambino può essere molto bravo nella musica, nel disegno o nel raccontare storie e questa inclinazione non avrà alcun potere di predizione sulle sue abilità in qualsiasi altra sfera estetica (o non estetica). …
Il quadro che emergeva nei due nostri laboratori era quello di un insieme di abilità umane molto più variegato, in cui il livello di esecuzione in una sfera raramente era in grado di predire la competenza di una persona in un’altra sfera.
Riserve analoghe venivano sollevate anche rispetto a una seconda posizione dominante in psicologia: la credenza che il concetto di intelligenza fosse usabile in quanto tale e la parallela convinzione che l’intelligenza fosse riducibile essenzialmente a un singolo “fattore generale”, adeguatamente determinabile per mezzo dei test standard sul quoziente di intelligenza (QI) preparati dagli psicometristi. Per quanto diverse fra loro, sia le posizioni piagetiane sia quelle “psicometriche” puntavano tutte le loro carte sull’unità essenziale dell’intelletto. (125) (Ciò è meno sorprendente se si pensa che Piaget si era formato nel laboratorio parigino di Alfred Binet, il fondatore dei test di intelligenza) – Così gli stessi tipi di scoperte che mettevano in questione le convinzioni di Piaget sugli stadi di sviluppo e sugli “insiemi strutturati” della conoscenza gettavano dubbi anche su una visione unitaria dell’intelletto. Forse non esiste una singola facoltà chiamata intelligenza; forse i test del quoziente intellettivo non sono così validi quanto si crede; forse, infine (e più radicalmente), si può dire che lo stesso concetto di intelligenza (al singolare o al plurale) non sia così chiaro.
Alcuni ricercatori, anche se non la maggioranza, hanno per molto tempo sostenuto che l’intelligenza è composta da diversi fattori o “facoltà”. Questo punto di vista risultava molto più compatibile con i risultati che emergevano dalle nostre ricerche negli asili e nel laboratorio di neuropsicologia. …
E così stava emergendo un nuovo look delle teorie cognitive: la convinzione che esiste una pluralità di facoltà o di “tipi di mente” … (126)
Noi siamo partiti dalla premessa che le arti sono fondamentalmente un’attività cognitiva. … ciò che è centrale nelle arti è che rappresentano certi modi di conoscere. (128)
Ciò che caratterizza e distingue l’arte da altri processi cognitivi è l’uso di certi tipi di simboli, e sistemi di simboli, in certi tipi di modi. Così, mentre molte istituzioni umane fanno buon uso del linguaggio, le arti lo sfruttano in maniere specifiche – per esprimere significati figurati, per intessere storie elaborate, per trasmettere sottili stati d’animo e sentimenti, per ricreare potenti esperienze, per richiamare l’attenzione sui suoni stessi del linguaggio. Allo stesso modo, il simbolismo grafico non è monopolio delle arti: si pensi alle carte tipografiche, mappe o diagrammi o, prima di tutto, al linguaggio scritto. …
Come risultato delle nostre indagini al Progetto Zero abbiamo identificato quattro forme d’uso di simboli che hanno un valore particolarmente diagnostico o sono “sintomatiche” della simbolizzazione artistica: la trasmissione di stati d’animo (espressione), l’attenzione ai piccoli dettagli o alla struttura di un oggetto (stile); la disposizione di elementi tenendo conto dei loro effetti l’uno sull’altro e su un lavoro nel suo insieme (composizione); la comunicazione di significati multipli (ambiguità o livelli di significato). (129) …
Un individuo può entrare nelle arti in maniera appropriata quando è alfabetizzato ai simboli: quando sa “leggere” simboli artistici in termini di composizione, stile, espressione e significati multipli; e quando sa “scrivere” simboli in modo tale da metterne in evidenza le loro sfaccettature compositive, stilistiche, espressive e i loro livelli multipli di significato. Nel corso dello sviluppo artistico, se tutto va bene, il bambino acquisisce la capacità di “leggere” (percepire) e di “scrivere” (produrre) simboli artistici con vari mezzi espressivi. Nell’educazione artistica dei giovani la comunità – attraverso genitori, insegnanti, mentori, mezzi di comunicazione di massa e altre istituzioni – deve fare in modo che i giovani diventino il più possibile competenti, e perfino innovatori, nell’alfabetizzazione simbolica …
In molti sensi, il bambino piccolo è ben equipaggiato dall’appartenenza alla sua specie per fare ingresso nel processo artistico. Le sue capacità sensoriali sono estremamente acute durante la prima infanzia, permettendogli di tracciare raffinate distinzioni di linee, colori, forme, toni e timbri. …
Fra i due e i sette anni i bambini in tutto il mondo imparano a trattare simboli con scioltezza. (130) …
In effetti, i bambini già negli anni dell’asilo acquisiscono più di una semplice iniziale competenza estetica. Dal nostro punto di vista debbono essere considerati a pieno titolo partecipanti al processo estetico. A meno che non siano stati sviati da un ambiente punitivo, iperdirettivo o eccessivamente impoverito, i bambini di quell’età sono inclini a creare metafore e usare altre forme di linguaggio figurato; a comporre dipinti e disegni gustosi e pieni d’immaginazione; a inventare le proprie canzoni e danze che spesso hanno un fascino speciale per i membri della loro comunità. …
Se, come pensiamo noi, quello che precede i sette anni è un periodo d’oro in cui la bambina dovrebbe essere arricchita e incoraggiata, ma fondamentalmente lasciata libera di creare ciò che vuole, allora gli anni della scuola segnano l’ingresso in un momento educativo diverso. All’età di circa otto anni, secondo nostre vaste ricerche, i bambini hanno sviluppato dei bisogni molto diversi: vogliono sapere le regole del comportamento in ogni campo, dai giochi alla politica all’uso del linguaggio. (131) Essi sono favorevoli a tali regole e rifiutano esperimenti o deviazioni. Vogliono comporre canzoni che siano armoniche, poesie che facciano rima (e dal suono e tema piacevoli), storie che siano ben strutturate e plausibili.
Proprio perché sono desiderosi di acquisire delle abilità, i bambini di tale età sono disposti a sottoporsi a continui esercizi. Ripetono la stessa attività giorno dopo giorno, sperando di migliorare la propria resa e di acquistare esperienza. Dopo la fase di benigna negligenza della prima infanzia, in questa fase diviene educativamente appropriato sovrintendere alla formazione delle abilità: come disegnare usando la prospettiva, produrre versi strettamente metrici, possedere le regole dell’armonia o suonare bene uno strumento musicale. Ma, dal nostro punto di vista, bisogna ricordare agli studenti che in arte c’è raramente un solo modo giusto di fare le cose; e che ogni scelta ha virtualmente i suoi vantaggi e svantaggi. Allo stesso tempo è desiderabile coinvolgere gli studenti in progetti artistici completi, come una serie di disegni, un film o un dramma creato in classe, in modo che non perdano di vista gli ampi obiettivi verso cui un giorno potranno venire orientate le loro emergenti abilità. …
Nella nostra analisi, la costruzione di tali abilità dovrebbe seguire un periodo di molti anni durante i quali l’apprendimento si è svolto principalmente secondo l’estro del bambino stesso. Inoltre, il processo dovrebbe essere costantemente arricchito da esempi di modi alternativi di svolgere un certo compito …
All’arrivo dell’adolescenza lo sviluppo artistico cambia nuovamente strada, almeno nella nostra cultura. … Gli adolescenti vogliono che l’arte sia espressione della loro personalità: che ciò che vedono e producono parli ai loro bisogni e li comunichi a degli “altri” importanti. Gli adolescenti sono anche più sensibili dei loro compagni più giovani a lavori artistici prodotti da altre persone in altre epoche e per altri scopi. (132)
È importante che, a questa età, gli studenti abbiano acquisito una ragionevole padronanza di una o più forme artistiche. … In questa fase, la sfida che l’educazione artistica deve affrontare è di permettere al giovane di mantenere e migliorare le abilità accumulate durante la prima parte dell’infanzia, riuscendo anche ad aiutare lo studente a piegarle ai propri fini, esprimendo le tematiche che riflettono la sua personalità e che gli permettono di comunicare sia con gli altri che con se stesso. Allo stesso tempo, è questo il momento giusto per integrare fra loro abilità emergenti quali il produrre, discriminare e riflettere sull’arte, onde impedire che si frammentino o non si sviluppino affatto. (133) …
2 – Una svolta internazionale e interdisciplinare
In realtà la nozione di un’intelligenza presume un’inclinazione biologica … a trattare certi tipi di contenuti, come il linguaggio, l’informazione spaziale o “gli altri”. I fini particolari verso i quali dispiegare un’intelligenza sono invece una decisione completamente individuale o culturale. Così l’intelligenza linguistica può essere usata per scrivere poesia o per parlare con un vicino e l’intelligenza spaziale può essere usata da artisti, scultori, geometri, marinai o chirurghi. Perfino l’intelligenza musicale può essere usata per fini non estetici, proprio come l’intelligenza matematica può essere attivata in maniera estetica. …
La teoria delle intelligenze multiple ha chiare implicazioni sul tema della creatività. Proprio come esistono molte forme di intelligenza umana, ciascuna focalizzata su di un’area di contenuti, così vi sono anche molte varietà di creatività, ciascuna confinata entro un particolare dominio. Così come non ha senso dire che una persona “è intelligente” in generale, non ha ugualmente senso affermare che è “creativa” in generale. Le persone sono creative o non creative in un campo specifico, proprio come possono essere intelligenti o non intelligenti in quel campo. (142) …
A mio modo di vedere, un’intelligenza comporta la capacità di risolvere problemi o di progettare dei prodotti che hanno valore in una o più situazioni culturali. Di conseguenza, è creativa una persona che in un certo campo è in grado di risolvere regolarmente problemi e progettare dei prodotti che sono inizialmente considerati nuovi o inusuali, ma alla fine vengono accettati in uno o più ambiti culturali. (143) …
Le persone creative mostrano un certo modo di pensare e di comportarsi che dovrebbe condurre verso una produzione abbastanza regolare di idee e di prodotti. …
Il mio approccio allo sviluppo della creatività si basa su due componenti:
- Da un lato, credo fermamente che le radici della creatività siano individuabili nei primi prodotti simbolici dei bambini. Gli scarabocchi e le forme prodotte dai piccoli disegnatori, il linguaggio figurato e le storie raccontate da piccoli oratori, i brani musicali e le danze di giovani cantanti e ballerini contengono aspetti importanti della creatività adulta umana nelle arti … Parte integrante della mia credenza nell’importanza e ricchezza immaginativa delle attività della prima infanzia è la convinzione che la creatività degli adulti si nutre di questi sforzi iniziali. Se le canzoni, storie e disegni liberamente prodotti dal bambino piccolo andranno perduti … durante gli anni della media infanzia in cui “tutto verrà preso alla lettera”, essi tuttavia rimangono come una specie di capitale cognitivo-emotivo, un fondo di investimento sul quale il maturo creatore potrà contare più avanti.
- Ma, se il bambino piccolo fa mostra di una componente della creatività, gliene manca pur sempre una seconda, ugualmente essenziale, che può essere sviluppata solo come risultato di vari anni di attento tirocinio durante i quali il bambino acquisisce le abilità di base e il repertorio del campo in cui alla fine potrà lavorare come creatore adulto. Secondo l’analisi che ho svolto intorno al 1980, è a metà dell’infanzia – il periodo che ho denominato di “costruzione delle abilità” – che i bambini acquisiscono, giustamente, le competenze necessarie.
È nell’adolescenza, e dopo, che i due canali, o componenti, della creatività dovrebbero confluire. (145) …
Oltre all’individuo (con la sua intelligenza) che lavora su problemi o dà forma a prodotti, è necessario tener conto almeno di due altri fattori: la natura del particolare campo di conoscenza in cui i membri di una società possono scegliere di lavorare; e l’operare del particolare contesto sociale circostante, con il cui aiuto l’individuo sviluppa abilità ed esprime giudizi sul merito di lavori o prodotti realizzati. …
Ha molto senso localizzare la creatività nella congiunzione fra una mente individuale che ha talento, dei progetti in seno a un dato dominio intellettuale o artistico e i giudizi dati da un insieme di individui competenti. (146) …
Ho sostenuto che gli individui creativi sono caratterizzati da “asincronia fruttuosa”: una disgiunzione o tensione che si manifesta a un certo livello (per esempio, due intelligenze che si scontrano) o fra diversi livelli (per esempio, un’intelligenza o personalità che si trova in disarmonia con il modo abituale di affrontare un certo tipo di problemi). (147) …
I miei colleghi e io discutevamo sul fatto che non c’è una cosa chiamata intelligenza che può essere misurata all’inizio della vita e che si può sviluppare allo stesso modo in culture diverse; esistono invece varie formae mentis; nessuna delle quali può essere compresa senza fare riferimento alla cultura che la sostiene o contrasta. Ci sembrava molto importante la scoperta che nelle prime fasi della vita il sistema nervoso umano è estremamente flessibile o “plastico” e che quello che sarebbe sembrato impossibile in un dato contesto culturale poteva essere invece realizzato quando si cambiavano radicalmente le premesse e l’ambiente circostanti. (148) …
Immagine di copertina tratta da PitturiAmo.