Più ricchi, più poveri – Parte 1 di 5

La presente rassegna vuole sondare una realtà che coinvolge l’Umanità intera e alle conseguenze imprevedibili della quale nessuno potrà sottrarsi, per una giustizia universale e per la salvaguardia della dignità dell’uomo.

Ai bambini, a quelli che stanno nascendo in questo momento, a quelli che nasceranno.

Philip Alston, relatore speciale dell’Onu sul tema dell’estrema povertà nel mondo, ha lanciato l’ennesimo allarme della Storia umana allertando che il Pianeta rischia un “apartheid climatico” colpendo una fascia ristretta di ricchi detentori dei mezzi per salvarsi dalla fame, “mentre il resto del mondo è lasciato a soffrire”. Alston ha presentato un rapporto al Consiglio dei diritti umani dell’Onu, citato su Bbc e su Guardian, criticando le misure adottate dagli organismi delle Nazioni Unite, che non esita a valutare “palesemente inadeguate” per salvare la Terra dal “disastro imminente”. Il cambiamento climatico potrebbe ridurre oltre 120 milioni di persone in povertà entro il 2030.

Nel 2018, per il sesto anno consecutivo, si è assistito a un aumento del numero di persone in fuga da guerre, violenze e persecuzioni. Il Global Trends annuale dell’Unhcr, Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, annuncia che sono 70,8 milioni le persone in fuga nella ricerca di salvezza per la sopravvivenza. L’esodo rappresenta ormai quasi il doppio rispetto ai 43,3 milioni del 2009. Ma è una cifra ancora sottostimata in quanto tiene conto solo parzialmente del Venezuela dove si sta verificando uno degli esodi forzati più vasti della Storia recente con 3,4 milioni in fuga nel 2018.

In Uganda sono stati registrati 2.800 bambini rifugiati con età non superiore ai 5 anni, soli o separati dalle famiglie. Nel rimarcare la tendenza all’aumento costante delle persone in fuga da conflitti e persecuzioni, l’Unhcr invita a “esprime solidarietà ancora maggiore nei confronti delle persone innocenti costrette ogni giorno ad abbandonare le proprie case”.

Qui da noi, in Italia soltanto, le cose non sembrano godere di una proiezione ottimistica. Come osserva l’Unicef, esiste un’allarmante disparità del livello dei servizi fra regioni ricche e regioni povere. Abbiamo 10 milioni di minori in Italia e di questi ben un milione e 200 mila vivono in povertà assoluta, mentre il 25,7% dei giovani fra i 18 e i 24 anni non studiano, non lavorano e non sono inseriti in programmi di formazione.

Guardiamo al futuro: c’è da tremare! Ma non si può fare proprio nulla? Il problema planetario riguarda ormai tutti indistintamente e si riconduce a una dinamica dai contorni riconoscibili; due i fattori primari: i cambiamenti climatici e le guerre. Il precipitato di questi due aspetti della realtà attuale è un coacervo di povertà, di sommovimenti demografici disperati, di ingiustizie. La maggior parte della popolazione mondiale occupa il triangolo ai cui vertici stanno queste tre espressioni di sofferenza. Si possono ancora sanare queste piaghe, ma occorre risalire alle origini dei fattori scatenanti. Le guerre possono essere debellate se si unisce la volontà di tutti i popoli: basta con il traffico d’armi, basta con il soffiare sul fuoco dei conflitti ideologici, basta con le manie di potere, di supremazia, di sfruttamento.

Tutto una grande utopia, ma se l’Uomo volesse potrebbe trasformarla veramente in realtà, basterebbe uno sguardo in avanti, con gli occhi ben spalancati. Sui cambiamenti climatici siamo molto in ritardo per affrontarne le conseguenze e pensare ai rimedi. A meno che tutto il mondo opti per una rivoluzione storico-planetaria capace di cambiare radicalmente, subito, la sfrenata corsa al benessere. Sarà necessario; in caso contrario la rivoluzione emergerà ugualmente, ma per opera di Madre Natura che si farà beffe di tutti noi. 

l’Unhcr invita a “esprime solidarietà ancora maggiore”, sì, ma a chi si rivolge? Ai sordi, agli indifferenti, agli assenti? Quando il mondo gira su meccanismi completante opposti e lo farà sempre di più? E le Nazioni Unite, che ci stanno a fare? Se si limitano ad adottare misure “palesemente inadeguate” per salvare la Terra dal “disastro imminente”, allora in che cosa dovremo sperare?

Credo sia giunto il momento di preoccuparci seriamente della nostra precaria felicità che per molti di noi, in un modo o nell’altro, pone fallaci premesse volte ad accumulare e a sentirsi economicamente sicuri. Ma… la terra sotto i nostri piedi?

Affamati di sprechi

Comunicato stampa di domenica 4 maggio 2014: Un patrimonio di 75 miliardi di Euro controllato dai dieci uomini più ricchi d’Italia, corrispondente a quello di 500.000 famiglie di operai messe insieme. Questa l’analisi del Censis sulle disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza. Ne risulta che è quasi duplicato il divario salariale tra operaio da una parte e dirigente dall’altra. I rischi maggiori si evidenziano al Sud Italia, e sono quelli di finire in povertà e di indebitarsi in modo cronico. Per altro verso la Coldiretti comunica quanto emerge dai dati Istat sul 2013: dall’inizio della crisi, nel 2008, sono diminuiti del 16% gli acquisti di vestiti e scarpe, del 12% quelli di mobili ed elettrodomestici e gli interventi di manutenzione. Netta anche la riduzione dei consumi alimentari, pari all’8%. Lo scorso anno il consumo di vivande è diminuito del 3,1%: il 20% per il pesce, il 9% per la pasta, l’8% per il latte, il 2% per la carne. Qui si parla di medie e ciò significa – quando si dice: se tu prendi due e io prendo otto, entrambi abbiamo preso una media di cinque – che il sacrificio è via via più grande più ci caliamo nei ceti meno abbienti. Viceversa c’è chi si permette il lusso e di campare scialacquando.
Sono notizie che si diffondono con un’indifferenza che fa spavento, come se si trattasse di constatazioni fredde e di nessun rilievo sociale. Ma, attenzione, la fame è brutta e l’ingiustizia che ne è la cagione ancora di più. Non mancherà molto che qualcuno verrà a chiederci ragione di tali abnormi differenze, e qualcuno potrà diventare un esercito di affamati ed esasperati. Intanto ormai non più a centinaia, ma a migliaia premono i disperati alle nostre coste, in cerca di qualcosa che consenta loro di non morire di fame. Continueremo a fare constatazioni e fredde statistiche? Non possiamo prevedere minimamente ciò che potrebbe accadere un domani molto prossimo, pensando ai nostri figli?

Vado ora parlando di una trasmissione andata in onda su RAI Storia la vigilia di Natale 2015, diretta da Maite Carpio e condotta da Pristram Stuart, esperto in materia di sprechi alimentari.

Intervengo con poche mie riflessioni perché il problema della fame nel mondo, della sofferenza, dell’ignoranza, delle disuguaglianze, delle ingiustizie che gravano sulla maggior parte dell’Umanità mi spinge prepotentemente a guardare in quell’abisso di povertà che fa vergogna al mondo intero. Tanto più che è Natale e la gente più fortunata si appresta a divorare ogni sorta di leccornie e a ripetere il rito famelico per il cenone di Capodanno, senza perderne l’abitudine per il resto dell’anno che verrà.

Pristram Stuart è il principale promotore del “Freeganismo” in Europa e ne testimonia i valori alimentandosi da anni con il cibo ancora commestibile scartato dai supermercati e che sarebbe altrimenti destinato a finire nelle immondizie.

I consumatori occidentali – esordisce Pristram – acquistano ai supermercati e ai negozi di alimentari un 25% in più del cibo che riescono a mangiare, ma le famiglie sottovalutano di trenta volte il volume a cui arrivano i loro sprechi.

Una quantità tra il 20% e il 40% della frutta e della verdura coltivata viene scartata per ragioni cosmetiche prima ancora di arrivare ai cestelli dei supermercati. Come dire che abbiamo imparato a mangiare con gli occhi, se il prodotto non è più che bello all’apparenza non lo acquistiamo.

In base alle attuali norme europee, per esempio, le carote con meno di un centimetro di diametro non possono essere vendute e le mele il cui peso non arriva a 70 grammi non raggiungono i punti di vendita, sicché gli scarti che vengono destinati al cassonetto dei rifiuti sono di una mole ingente. Dal 2006 un regolamento dell’Unione Europea vieta di nutrire i suini con alimenti liquidi a base di rifiuti alimentari e resti di cucina trattati.

I cereali, per parte loro, potrebbero essere fonte primaria di apporto proteico in sostituzione della carne. Eppure utilizziamo circa dieci chilogrammi di cereali per produrre un solo chilogrammo di carne bovina e cinque chilogrammi per uno di carne suina.

Si calcola che nel 2050 a popolare il nostro Pianeta saranno nove miliardi di persone, un problema serio per trovare il modo di sfamarle tutte. Ma, sostiene Pristram Stuart, produciamo già oggi, che non siamo ancora a quota 9 miliardi, cibo a sufficienza per nutrire pari quantità di persone, eppure abbiamo scisso la nostra storia sociale planetaria in due realtà contrapposte: il mondo dell’opulenza e il mondo dell’indigenza. Gli Stati Uniti d’America stanno producendo il doppio degli alimenti che occorrerebbero per il nutrimento dell’intera loro popolazione. Il cibo che si spreca in America (ristoranti, supermercati, cucine aziendali, cucina domestica) sarebbe sufficiente per nutrire un miliardo di persone che soffrono la fame ossia a debellare come d’incanto il problema della malnutrizione su tutto il Pianeta. E il 33% del cibo sprecato sulle mense di noi occidentali sarebbe di per sé sufficiente a coprire l’intero fabbisogno alimentare di tre miliardi di persone.

La malnutrizione nel mondo potrebbe essere sanata con solo un quarto del cibo che si spreca nel mondo occidentale.

Sulla scia di queste stridenti contraddizioni Pristram contesta decisamente la volontà di aumentare la produzione di cibo del 50% o 70% come suggerirebbero le stime delle analisi nutrizionali: non ce n’è bisogno. Il malessere sta nel buttare gli avanzi ancora utilizzabili anche se non belli a vedersi: “Si tratta – prosegue l’esperto – di uno spreco che si traduce in uno dei più irrazionali, immorali e stupidi comportamenti adottati dall’essere umano.

Persino dell’acqua si fa un consumo irrazionale: l’acqua utilizzata per coltivare la parte di cibo che buttiamo nei rifiuti potrebbe soddisfare il bisogno domestico di nove miliardi di persone.

Il nostro mondo conta, purtroppo, la triste cifra di 800 milioni di persone che soffrono la fame. Secondo i dati elaborati dalla Fao nei Paesi in via di sviluppo quasi cinque milioni di bambini inferiori ai cinque anni di età muoiono ogni anno per cause legate alla malnutrizione. Quando si pensi che 250 Kcal extra al giorno basterebbero a prevenire la così detta “profondità della fame”.

 “Abbiamo il potere e la responsabilità – conclude Pristram Stuart – di fare qualcosa”, ma noi ancora non abbiamo perso il vezzo di supernutrirci, di nutrirci male, di scartare ciò che non ci pare più che allettante alla vista, di contemplare gente obesa e a rischi di salute.

Fare qualcosa: che cosa? chi? con quali mezzi, garanzie d’azione e gradi di libertà? Tutti, ma veramente tutti dovremmo fare qualcosa, altrimenti i soliti poveri quattro gatti che se ne occupano non andranno oltre il risultato dell’ennesima infima goccia caduta e persa nell’oceano della povertà.

Immagine di Copertina tratta da University of Colorado Environmental Center,

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