L’uomo, animale antisociale

Non solo, ma anche autodistruttivo, in contrapposizione a quella Volontà che il filosofo Arthur Schopenhauer pose nella luce di Volontà di vivere. C’è, in tutte le espressioni del nostro mondo, uno sforzo continuo, prodotto a tutti i livelli e in tutte le forme dell’esistenza, verso la finalità di prolungare la vita il più possibile, senza che ne sia esclusa l’illusione allucinatoria di raggiungere l’immortalità.

Viviamo su un Corpo celeste di indescrivibile bellezza e di inspiegabile crudeltà, quasi una creatura manichea dai connotati indecifrabili. Un pianeta affascinante, dai tratti accoglienti e inospitali ugualmente presenti, amico e traditore a un tempo, foriero di promesse e ingannatore sulla strada di quello che crediamo essere il progresso del nostro apparire. 

Noi siamo, esistiamo perché qui siamo nati, siamo coscienti di esistere in quanto rappresentiamo l’unica e forse privilegiata, o dannata, creatura alla quale siano state donate la capacità di pensiero e una forma sublime di consapevolezza. 

Esistiamo, ma non ne comprendiamo il perché. Siamo venuti al mondo e qui ci troviamo a compiere un percorso di breve durata del quale ci sfuggono i significati reconditi. Ora siamo, ora precipitiamo nel nulla. E nulla qui produciamo per dare un senso a ciò che discende dal nostro comportamento, tanto meno al nostro esserci. Siamo, andiamo oltre, lasciamo qualche traccia oppure lo squallore di una vita vuota e non ci curiamo minimamente del perché di tutto ciò. Valga l’esempio dell’ostilità che, mascherata nell’incanto delle bellezze naturali, ci è di minaccia costante. 

Noi, così piccoli e impotenti, presuntuosi allorquando la nostra mente ci concede una scintilla di scoperta nei misteri scientifici che avvolgono ogni cosa sia stata posta alla portata della nostra conoscenza, noi crediamo in qualcosa che possa lontanamente assomigliare all’onnipotenza. 

Intanto forze nascoste e terribili vanno tramando ai danni delle nostre sicurezze: potrebbero in un attimo repentino farsi beffe di noi e ridurci al non essere mai stati, cancellando d’un soffio ogni orma impressa dalla nostra presunzione, dalla nostra ottusità, dalla nostra demenza, dalla nostra tensione delirante. 

Guardiamoci attorno, non là dove gli inganni della bella vita riempiono di chimere fallaci gli occhi e la voluttà, ma dove la sofferenza prende il sopravvento e con impietosa falce miete vittime senza esclusione di colpi. L’accenno è per i terremoti, le alluvioni, i tornado, le eruzioni vulcaniche, la siccità persistente, le malattie, la penuria di cibo e di acqua. Ed è quel che accade sulla superficie del Pianeta, ma non basta.

La nostra dimora cosmica ci minaccia anche dalle profondità, da quando è stata scoperta una anomalia del Sud Atlantico, così viene chiamata, che si accompagna a uno spostamento del campo magnetico e a una sua frammentazione sino anche al ribaltamento e all’inversione degli attuali poli magnetici. È una scoperta degli ultimi tempi, una rilevazione che ha portato alla luce un processo anomalo che si va presentando, non nuovo nella storia del Pianeta, da meno di due secoli in qua. Che cosa mai accadrà? Possiamo immaginare quali risvolti potrebbe avere sulla vita dell’umanità il proliferare di un fenomeno del genere?

Così dal profondo, senza che si vada trascurando l’insieme delle minacce che ci sovrasta dall’alto: frequenti passaggi ravvicinati di meteoriti e bolidi con dimensioni di varia rilevanza offensiva, ma anche fasci di raggi gamma provenienti dallo spazio infinito e terribilmente letali, potrebbero dare luogo, da un momento all’altro, a impatti di tale potenza e gravità da spegnere ogni anelito di vita sulla Terra. Qualcosa di questo genere già si avverò nei millenni precedenti alla nostra comparsa e non è da escludere che la scena abbia a ripetersi sorprendendoci nella nostra ipnotica incapacità di spingere lo sguardo un palmo al di là del nostro naso. L’uomo, con i raffinati e complessi livelli di intelligenza a cui è pervenuto, con meritato orgoglio, usa per lo più la propria competenza discriminativa all’interno di una sfera ermetica; non osa, non vuole, teme di spingersi oltre perché sa che si scontrerebbe con una realtà dai lineamenti terrificanti. 

L’uomo lotta con caparbietà e ostinazione crescenti nel cercare di affermare se stesso, non tanto per il bene dell’umanità in quanto tale, ma fa tutto questo quasi soltanto per la propria intima ed esclusiva gratificazione. È vero, nella storia della civilizzazione ha costruito sistemi e canoni di tutto rispetto per garantire il maggiore indice di felicità a ciascun singolo in un contesto di socialità costituita; ovvero il suo interesse ha avuto come oggetto l’intero contesto sociale. È così diventato l’homo politicus, sempre in lotta per il prevalere di un’idea, di una direzione di pensiero, di un programma da proporre alla condivisione delle masse. 

Tutte le politiche del mondo si danno affannosamente da fare per accaparrarsi il favore dei votanti, se siamo in regime democratico, e per assurgere al potere. Potere che, in fondo e nella realtà più nuda, equivale a benessere, privilegi, sicurezza economica, prestigio sociale, garanzia di agiatezza e di intoccabilità, ma non per tutti indistintamente. Politici, dunque, socialmente impegnati per antonomasia, profumatamente remunerati per il loro impegno sociale.

Però, a pensarci bene, se all’intera congerie di politicanti carrieristi si riducessero i privilegi, tutti, al semplice stipendio pari a quello di un docente di Scuola secondaria, chi potrebbe mai convincermi a sostenere che quei politicanti continuerebbero nella loro elevata missione sociale per il bene della popolazione? Perché questo, e solo questo, dovrebbe essere il motivo propulsivo dell’operato dei politici. Più probabile sarebbe assistere a un fuggi fuggi generale verso occupazioni garanti di maggiore reddito. I pochi che aspirassero a lavorare in politica a queste nuove condizioni sarebbero, lo credo con forti probabilità di non essere smentito, coloro che veramente affronterebbero i problemi persistenti fra le maglie del tessuto sociale e mai risolti. 

Si uscirebbe, finalmente, da quel vergognoso vezzo del giocare a disprezzare l’avversario, invalso nel gergo politico di casa nostra, vedi le espressioni verbali “se ne vada”, “mandiamolo a casa”, “un’accozzaglia di incapaci”, modi di dire che, se veramente attecchissero e fossero tradotti in realtà storica, lascerebbero spazio ai loro autori con un ribaltamento della situazione e nulla di sostanzialmente cambiato. 

La politica mondiale, che cosa fa per salvaguardare il diritto alla vita? Siamo circondati da guerre, nel mondo divampano conflitti armati e azioni di terrorismo da ogni parte, non ne sono esenti neppure i piccoli centri residenziali memori di trascorsi anni pacifici e fruttuosi. La politica mondiale non aiuta alcuno, anzi si mette contro tutti, mostrando i muscoli con la messa in atto di test nucleari, piazzando basi logistiche, incrociatori armati, sistemi antimissili per avversare, dalla parte contrapposta, equivalenti più o meno larvate minacce alla stabilità degli equilibri, come si dice, e alla pace mondiale. I provvedimenti presi per munire sempre più le difese da pericoli esterni puntati sulla singola sovranità nazionale, accampati da alcune Potenze, non sortiscono altro effetto che quello di incrementare la corsa agli armamenti e la produzione di ordigni con crescente potenzialità devastante. In termini clinici atteggiamenti di tal fatta potrebbero trovare spiegazione in quella che si definisce sindrome paranoica con risvolti marcati di maniacalità. 

Ma no, sarebbe troppo lampante, non è, o non è solo, paranoia. A parer mio due sono le componenti che conducono a creare i presupposti per la distruzione del proprio simile, dell’anelito alla socialità, alla pace, infine all’annientamento dell’umanità senza possibilità di ritorno. 

La prima è relativa alla natura intima dell’essere umano, quella, più o meno cosciente o inconscia, che si accompagna al convincimento di essere nato per dominare, per sempre, ossia pura maniacalità. La si riscontra nei nazionalismi esasperati, nelle guerre di invasione, nei tentativi di sopraffazione e di soppressione etnica, nello sfruttamento dell’uomo sull’uomo per godere in assoluto dei beni offerti dal contesto ambientale. Si materializza nel sentimento di invidia per chi è più fortunato di noi, nella insopportazione dei requisiti altrui, nell’intolleranza dimostrata verso chi alimenta direzioni di pensiero diverse o divergenti. Sono dinamiche deleterie che hanno inizio già nel piccolo, pensiamo agli screzi che si creano fra vicini di casa, talvolta accesi da un nonnulla e talaltra dotati di tale virulenza da portare persino ad atti aggressivi e gravemente lesivi. 

Anche qui, l’Io, l’Io prepotente ed escludente, quella istanza egoistica che fa considerare l’altro nella veste di oggetto desiderabile fin tanto che ci serve per l’appagamento dei nostri desideri, poi diventato scomodo, ingombrante e fastidioso quando non ci serve più e, al pari di una lattina di birra dopo che l’abbiamo svuotata, da gettare nei rifiuti. E non c’è obiezione che tenga, lo dobbiamo accettare, siamo fatti così, siamo nati con scolpito sulla pelle del nostro DNA, tutti indistintamente, il carattere di un germe corrosivo che vorrebbe porre ciascuno di noi al di sopra di tutti e di ogni cosa. Peraltro, è un dato di fatto, non tutte le persone crescono lasciandosi dominare dalla volontà perversa di quel germe; ci sono al mondo tanti individui che hanno votato la propria vita al bene del prossimo, e per fortuna esistono anch’essi, altrimenti ci sarebbe veramente da disperare. Ma rappresentano purtroppo la minoranza sulla totalità. E, poi, quanto fanno di bene non è per questo mondo ma, secondo le parole di Cristo, per il regno sempiterno dei Cieli. Quaggiù la logica imperante è un’altra: di sempiterno proprio nulla è dato vedere, forse soltanto un ciclo interminabile di trasformazioni senza senso palese. Porto l’esempio di una struttura architettonica che abbia richiesto anni o decenni per essere eretta all’ammirazione delle genti; con poche granate di artiglieria può essere rasa al suolo in una manciata di minuti. Come dire che il male finisce sempre per prevalere sul bene e per lasciare terra bruciata al proprio passaggio. Non è una bella prospettiva in effetti, ma l’evidenza insegna. 

E ora la seconda componente accennata: la cupidigia. 

Se prima ho accennato all’Io che vuole prevalere sui propri consimili, ora vorrei parlare di un’entità nella sua presunzione di divenire “padrona del mondo”. E qui siamo a livello di Potenze in situazioni di conflitto. Si diceva, accampare un diritto, rivendicare un compito, una missione, quella di portare la democrazia nel mondo, e la pace. Ma poi gli avvenimenti storici ci avvertono che la democrazia è stata un mezzo mascherato per introdurre i propri tentacoli in terreni di tutto il mondo, ricchi di materiale energetico: gas, petrolio; e che la promessa di pace non è stata altro che un pretesto per incrementare la produzione e la vendita di armi. La strategia è molto semplice: schierarsi dalla parte di una Nazione che possiede forti riserve finanziarie, ma che nutre anche rivalità di qualche tipo con una Nazione vicina, farle luccicare dinanzi agli occhi la possibilità di acquistare armi che le assicurerebbero una superiorità assoluta sul piano del deterrente logistico e incrementare a dismisura, di conseguenza, la propria ricchezza interna. Visto che conflitti se ne trovano sempre a profusione, è necessario semplicemente fare nulla per sedarli e lasciare che il bisogno di armarsi di più a livello precauzionale e per esigenze di superiorità tecnologica, sia dall’una sia dall’altra parte, si autoalimenti, senza dunque la benché minima compromissione nelle dispute oltre frontiera. 

Accaparrarsi le fonti energetiche, dunque, e dare il massimo impulso alla propria espansione economica, quand’anche al prestigio acquisito dalla presenza costante negli affari internazionali: è una dinamica che, una volta avviata, non conosce ritorno. Ed è qui, su questo terreno, che il suaccennato senso egoistico assume le sembianze di un più appariscente egotismo esplodente nella assolutizzazione del diritto a esistere e della stessa visione dell’esistenza, nella luce di verità indiscussa e incontrovertibile per sé, a esclusione dei diritti parimenti legittimi di altri.

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