Siamo alle solite: il fanalino di coda sul treno “Europa”. In Italia il rischio povertà o esclusione sociale si è portato a livelli preoccupanti. L’Ufficio Studi Cgia comunica che tra il 2006 e il 2016 il numero delle persone a rischio è aumentato di quasi il 4%, raggiungendo il 30% della popolazione. Le persone in difficoltà e deprivazione sono passate da 15 a 18,1 milioni. La media europea è invece salita solo dell’1%, il 6,9% in meno rispetto a quanto avviene in Italia. Si rivelano in tutta la loro drammaticità i dati che riguardano il Sud: il 55,6% per la Sicilia, il 49,9% per la Campania, il 46,7% per la Calabria, a fronte del 23,1% dell’Europa. In Francia e in Germania il rischio povertà ha addirittura subito una diminuzione.
Questo succede in casa nostra, ma proviamoci a salire poco più in alto per avere una visione globale di quel che accade tutt’intorno a noi. È cronaca piuttosto attuale: partita dalle isole Fiji la grande “ola” del buio promossa dal WWF. Si spengono le luci alle 20,30 per lanciare un appello contro il surriscaldamento del Pianeta: un piccolo gesto simbolico per farci capire che dobbiamo agire subito.
Siamo fermi all’ennesima occasione per gettare luce su una delle più grandi contraddizioni in cui si arenano le belle intenzioni dell’Homo Sapiens Sapiens. Si vuole lanciare un appello. A chi? Un gesto simbolico. Finisce lì? Dobbiamo agire subito. Ma come no!
Più che un appello dovrebbe essere una presa di coscienza reale, un obbligo da far rispettare, ma chi decide e detiene il potere ha pure tutti gli interessi economici e politici perché il mondo vada avanti così com’è. Alludo alle realtà della grande industria e dei trasporti in primis. Un appello a sporcare meno aria, terra, acque? Vorrebbe dire fermare tutto o, per lo meno, introdurre forti e drastiche limitazioni ai consumi, quando invece la controtendenza, quella del “dobbiamo crescere”, impone su scala mondiale l’aumento dei consumi in veste di volano dell’economia. Ci sono troppi interessi supportati dalla circolazione di denaro che fanno la parte dell’elefante contro la formica del buon senso comune. Il mondo non si fermerà e tanto meno rallenterà, ne proverrebbero subbugli e sommosse in dimensioni crescenti per via della disoccupazione e della mancanza di beni essenziali. A meno che si decida tutti, e tutti insieme, con accordi più che onesti, a limitarci nelle pretese, nella ricerca di comodità senza fine, nella smania di avere subito ogni cosa desiderata. Tutti, ripeto, e con questo termine voglio dire che si dovrebbe iniziare, con soluzioni proporzionalmente pesanti, a partire da chi ha di più, da chi è nelle condizioni più fortunate per accedere ai beni e ai servizi, dunque la richiesta irrinunciabile di sacrifici più intensi a mano a mano che si salgono i gradini della scala del benessere sociale.
Di gesti simbolici, poi, veramente non sappiamo che farcene: muovono per un attimo a compassione, fanno tutt’al più riempire qualche pagina di giornali, ma poi lasciano il tempo che trovano. Quel che serve è una presa di posizione politica, deliberata da parte di tutte le potenze del Pianeta, volta con determinazione e ferma convinzione ad abbracciare scelte risolutive, quand’anche dolorose e scomode.
Ora si dice che, a fronte dei sintomi che da Madre Natura ci pervengono, dobbiamo agire subito. Ma che cosa ci vuole, che cosa ci voleva per capirlo? Quel “subito” è già in ritardo di almeno una settantina d’anni. Non potendosi tuttavia recuperare il tempo trascorso, abbiamo comunque il dovere sacrosanto di fare tutto ciò che rimane possibile. Non si lascia un ferito per strada, perché languisca e muoia; lo si soccorre al limite delle possibilità e oltre. E il ferito, nella fattispecie, è il nostro amato e bistrattato Pianeta.
Già, possiamo essere compatti nella convinzione di avere dei doveri indilazionabili verso la nostra Madre Terra, per noi e, soprattutto, per coloro che ci seguiranno. Eppure, dal sentore che emana l’umana natura, quella che si lascia abbindolare dalla voglia di avidità, di ricchezza, di potere, di supremazia, credete proprio che l’Umanità, in un eroico tentativo di uscire dal vortice di egoismo che la trattiene e che la sta divorando riuscirà ad affrancarsi dai vincoli infernali che la rendono schiava? Io non lo credo, non per pessimismo, ma per una sensazione che odora di marcescenza.
Siamo su questo splendido Pianeta, stretti e vessati dai suoi capricci climatici e tellurici, eppure non abbiamo ancora capito che quei “quattro giorni” di esistenza concessi alla nostra libertà di giudizio e di scelta sono una condizione preziosa e fugace per vivere esperienze costruttive, per iniziare a capire il significato di noi stessi e di ciò che ci sta intorno, per godere delle bellezze prodigate dalla Natura e dalla Vita stessa, pur nel fermento di una lotta continua ed esasperata contro i disagi, le malattie, le disgrazie naturali.
Forse siamo arrivati a questo punto di degrado planetario perché abbiamo ereditato, di generazione in generazione, la stupida presunzione di un orgoglio sfrenato, della conquista di una potenza che non ci appartiene, di onnipotenza e di eterna volizione. Non abbiamo ancora compreso che questa illusoria Valle dell’Eden quanto effettiva Valle di Lacrime non è altro che un campo di prova sui percorsi aspri del quale siamo chiamati a generare e affinare la nostra personale consapevolezza che, in prima analisi, è quella del domandarsi senza soluzione di continuità il “perché io, ora e qui?”.
C’è tanta sofferenza in questo tormentato mondo, ma ci sono date pure le possibilità di farvi fronte con serenità, sapienza e buona volontà. Oggi ci sentiamo turbati, preoccupati per il surriscaldamento del Pianeta: siamo stati noi a volerlo. Pensiamo, fra l’altro, ai conflitti armati scoppiati nel corso del “secolo breve”: le spropositate masse di gas tossici, di polveri inquinanti, di radiazioni devastanti, gli eccidi di intere popolazioni, le immani risorse naturali, alimentari e finanziarie sottratte ai più deboli e bruciate con il solo scopo di distruggere, uccidere e portare desolazione.
Con tutto questo abbiamo contribuito a snaturare la nostra bella dimora astrale, siamo stati complici nell’esecuzione di un piano diabolico contrario alla vita e alla felicità. Che cosa aspettiamo? Ci resterà ancora tempo sufficiente a disposizione?
Uomo di niente.
Questa, poi! Sarà perché negli USA si avvicinavano le elezioni e diventava necessario far colpo sugli elettori? Fatto sta che l’allora presidente Trump rivelò al giornalista Bob Woodward di avere a disposizione un’arma senza precedenti, un’arma incredibile: “Ho costruito un’arma nucleare che non abbiamo mai avuto in questo Paese, una cosa che non avete mai visto e di cui non avete mai sentito parlare. Abbiamo qualcosa di cui Putin e Xi non hanno mai sentito parlare prima. Nessuno. Quello che abbiamo è incredibile”.
Non sono trascorsi molti decenni da quando un altrettanto fanatico e fuor di senno declamava di avere in preparazione un’arma segreta che avrebbe annientato l’Inghilterra e molte altre Nazioni nemiche. Non si capisce bene se queste persone stiano farneticando e fino a quale punto di consapevolezza sciorinino parole a raffica senza valutarne il peso nella loro ricaduta sull’uditorio.
Credo piuttosto che quel Demiurgo che ci ha voluto installare su questo meraviglioso Pianeta abbia programmato le cose in modo tale che, alla nascita di ciascun individuo, venisse a cadere sulla cervice del malcapitato una goccia di illusione. Su una faccia di quella goccia starebbe scritto “delirio di onnipotenza” e sull’altra “eternità”. Cosicché l’umana creatura cresce e non si rende conto che impara, da come viene spiegato e dispiegato alla sua naturale disposizione ad apprendere, che il mondo è soltanto un territorio da conquistare, e l’uomo una creatura che si erge su tutti, per diventare a sua volta Dio. Così sta scritto nella testolina di molte persone, e queste si beano di sentimenti illusori, falsi, fugaci e traditori. Vivono sulla faccia di questo nostro granellino invisibile nell’Universo nella convinzione che non moriranno mai, invasi dalla manìa di onnipotenza. Credono di essere Dio, su tutti e sopra tutti, vogliono essere Dio, a esclusione di tutti.
Il peggio non sta ancora qui. Sta nel fatto che costoro non vengono isolati, richiamati, redenti mediante processi rieducativi drastici e duraturi. No, per una certa fascia di persone vanno bene così, perché con la loro pazzia quei farneticanti fanno il gioco dei più scaltri i quali approfittano dell’insania dei loro eletti leader cosiddetti umani che sanno vociferare forte e ne rincorrono le fantasticherie ora bizzarre ora apertamente delittuose, facendone corollario alla propria sete di potere e di carriera.
Potere: un termine che fa sorridere di per sé. Dove e come sono finiti i fuochi fatui di chi credeva di avere il mondo in mano? Ma se anche uno di noi giungesse a diventare padrone del mondo, come lo si potrebbe definire? Mondo? Quale mondo? Il pianeta Terra, ovviamente, non oltre, almeno per il momento. Ma poi pensiamo a quello che succede soltanto non molto lontano da noi, appena sulla superficie della stella che ci dà la vita: di continuo, si può dire, si verificano sulla fotosfera della nostra Nana Bianca fenomeni chiamati “eruzioni solari” che sparano in alto enormi fiotti di fuoco per un’energia pari a quella di decine di milioni di bombe atomiche, tanto per dare una vaga idea di quel che potrebbe accadere alla nostra piccola dimora astrale se venisse inghiottita da uno di quei fiotti: Puf! E nulla, neppure una nuvoletta di vapore. Non è possibile? Ma sì, questo un giorno avverrà, non c’è ragione che tenga.
E, allora, povero uomo, presuntuoso e stupido, vorace e meschino, arrogante e fatto di nulla, che cosa vuoi ancora? Forse annientare tutto per alleviare la fatica al Demiurgo che già ci sta pensando?