La guerra nel Deserto – Il secondo flagello planetario – Parte 5 di 6

Il 3 novembre 1942 Rommel emanò l’ordine di ritirata per la fanteria italiana del 21° Corpo, che dovette affrontare quello spostamento a piedi. Quindi inviò il luogotenente Berndt al Quartier generale di Hitler per esporre la situazione in atto. L’Afrika Korps lottava ancora con le ultime forze, schiacciata da 200 bombardieri britannici nella zona di Tell el-Aqqaqir quando, alle ore 13,30, pervenne a Rommel un messaggio personale di Hitler: “Resistere, non retrocedere di un metro. O la vittoria o la morte”. Rommel, allora, desistette dalla propria volontà di abbandonare il campo di lotta. Tre il 3 e il 4 novembre l’Afrika Korps e la 90a Leggera si disposero su un fronte a semicerchio. Il 20° Corpo italiano, con le divisioni Ariete, Littorio e Trieste o con quel che ne restava, si congiunse verso sud con la Trento, con la brigata Ramcke e con il 10° Corpo italiano. A notte fonda la 5a brigata indiana portò avanti un attacco a otto chilometri sud di Tell el-Aqqaqir creando una nuova breccia che consentì il passaggio di tre divisioni corazzate inglesi. I carri armati italiani, di piccola stazza, si trovarono a fronteggiare i possenti carri inglesi, ma gli equipaggi dimostrarono grande coraggio e volontà. La divisione Ariete subì le sorti di uno sfondamento e, sul finire del giorno, il 20° Corpo italiano era ridotto al lumicino. Per non perdere del tutto le formazioni in lotta, d’accordo con il colonnello Bayerlein che stava al comando dell’Afrika Korps, Rommel diede ordine di immediata ritirata. Il movimento aveva inizio dal 4 novembre 1942, nel corso del quale il 10° Corpo italiano e la brigata Ramcke furono costretti ad affrontare a piedi un lungo percorso per arrivare a Fuka. A metà della giornata si fecero ancora avanti i carri armati inglesi; dopo furiosi scontri Rommel diede nuovamente l’ordine di ripiegamento; non aveva che 35 carri. Doveva impedire agli Inglesi di raggiungere Marsa-Matruk per non perdere la propria fanteria. Il giorno 6 vi arrivarono la 15a Panzer e la 90a Leggera, mentre la 21a Panzer dovette arrestarsi nei pressi di Qasaba per aver esaurito il carburante. Un diluvio scatenatosi nella notte di sabato 7 novembre 1942 rese impraticabili le piste. Il bilancio definitivo fu pesante: dei 96 mila uomini della Panzer Armee Afrika 10 mila furono i morti in combattimento, 15 mila i feriti e 34 mila i prigionieri. Enormi i danni ai mezzi e all’artiglieria. Chi ne patì di più furono gli Italiani, per via della perdita della Tripolitania e per via del gran numero di prigionieri di fanteria, che erano italiani. Il Comando Supremo italiano non si fece scrupolo di lanciare accuse, sostenendo che Rommel aveva abbandonato gli Italiani per salvare i Tedeschi.

Il 14 aprile 1942 si tenne a Londra una riunione. Per gli Americani erano presenti il generale Marshall e il consigliere personale di Roosevelt, Harry Hopkins. Churchill cercò di dimostrare che l’Europa era degna del massimo dell’attenzione. Gli Americani dichiararono di essere intenzionati a rivolgere le proprie armi contro la Germania, ancor prima che contro il Giappone. Il 26 luglio Eisenhower fu nominato comandante in capo della spedizione in Africa. Aiutante di campo di Eisenhower era il generale Clark, capo di Stato Maggiore. Gli Americani intendevano sbarcare soltanto a Orano e a Casablanca, nel timore di perdere Gibilterra che costituiva una garanzia per non farsi prendere alle spalle. Gli Inglesi miravano a impossessarsi di Algeri. Il generale inglese Anderson era a capo della 1a Armata britannica. L’ammiraglio Cunningham era comandante in capo delle forze navali. All’aviazione stavano l’Air Marshall Welsh e il generale americano Doolittle. La data dello sbarco fu stabilita per l’8 novembre 1942, inizio dell’operazione “Torch”. Il piano di operazione prevedeva la partecipazione di tre grandi contingenti. Il primo era la “Western Task Force”, esclusivamente americana, diretta verso il Marocco, comandata dal generale Patton, capo della 5a Armata americana. Il secondo era la “Central Task Force”, ancora tutta americana, composta da 39 mila uomini al comando del generale Fredendall: doveva assicurarsi il controllo dell’Algeria per poi portarsi al fronte di combattimento. Il terzo contingente era l’“EasternTask Force”, di natura anglo-americana, agli ordini del generale Anderson comandante della 1a Armata inglese. Si componeva di 23 mila Inglesi e di 10 mila Americani. Due torpediniere inglesi sarebbero entrate nel porto di Algeri, altre due in quello di Orano e avrebbero rilasciato squadre anti-sabotaggio.

Roosevelt si oppose alla partecipazione di de Gaulle perché l’America riconosceva come governo legittimo della Francia esclusivamente quello di Vichy. Il 28 ottobre la completa operazione “Torch” era in mano alle forze navali. Le navi provenienti dall’Inghilterra avevano costeggiato il lato nord dell’Irlanda, quindi avevano puntato verso Gibilterra, mentre gli Americani si diressero verso sud-est; 640 navi attraversarono lo stretto di Gibilterra senza problemi, ma Hitler immaginava che gli Alleati muovessero verso Dakar, per cui non credette di dover assumere decisioni di occupazione.

Era l’alba del 6 novembre 1942 allorché furono viste centinaia di navi fra cui 4 corazzate e 6 portaerei. Roma e Berlino si allertarono immediatamente. I natanti tedeschi avrebbero potuto contrastare l’avanzata della flotta nemica, ma scarseggiavano di combustibile, lasciando pertanto agli Alleati il dominio in mare e in cielo, per il vantaggio alle navi alleate di effettuare uno sbarco sicuro sulle coste del Mediterraneo. L’8 novembre giunsero gli Americani e il generale Giraud occupò Algeri. Due torpediniere inglesi dell’Eastern Task Force, nel tentativo di guadagnare il porto di Algeri, furono bersagliate dai Francesi: La Malcolm fu colpita e costretta a ripiegare, mentre la Broke venne affondata. Ad Orano furono due torpediniere francesi a tentare una sortita, ma, intercettare e colpite dalla flotta inglese, furono mandate a fondo. Lo sbarco alleato rappresentava un punto di lancio per la successiva avanzata verso la Tunisia e per assestare un colpo mortale a Rommel.

La battaglia dell’8 novembre 1942 ebbe inizio alle otto del mattino, punto focale il porto di Casablanca. Qui la squadra americana prevalse sulla 2a squadra leggera e sui sommergibili francesi. Il Massachusetts si avvaleva di nove cannoni da 406 armati con proietti da 1250 chili che riuscirono a demolire la Jean-Bart, nave di linea francese. Anche l’aviazione francese subì gravi smacchi. Al termine del 10 novembre la battaglia cessò nel Marocco e nell’Oranese, lasciando duemila morti da parte francese e da parte alleata.

Il 23 novembre veniva firmato l’accordo secondo il quale l’Africa Orientale Francese si affiancava agli Alleati nella lotta contro la Germania. L’ammiraglio Darlan coltivava la preoccupazione per la flotta ancorata nel porto di Tolone. In sua assenza, fu il generale Pétain ad assumere il comando in capo delle Forze armate del territorio metropolitano e a proporre di inviare la flotta in Africa. Nel timore che la flotta francese venisse catturata dai Tedeschi, Darlan si ripromise di far salpare la flotta con la clausola che, se non si fosse giunti a un accordo pacifico, la flotta si sarebbe dovuta autoaffondare. I Tedeschi occupanti in Francia non attesero oltre e fecero il loro ingresso nella zona libera di Tolone; il 27 novembre interruppero la rete telefonica e si diedero subito da fare. Alle 5,25 l’ammiraglio Laborde emanò l’ordine definitivo di autoaffondamento. Darlan perse tutta la sua flotta, 61 navi per complessive 225 mila tonnellate: era la fine per il governo di Vichy. Il 24 dicembre 1942 Darlan morì assassinato. 

Il generale Giraud fu nominato comandante in capo, civile e militare. Eisenhower, Clark e i loro generali inglesi e francesi si preparavano per la campagna di Tunisia con lo scopo di sconfiggere Rommel. Il 10 novembre 1942 Italia e Germania chiesero alla Francia di dare certezza per lo sbarco di Tedeschi e Italiani a Tunisi e a Biserta per fare ostacolo all’avanzate americana in Nord Africa. Ma l’ammiraglio Derrien, comandante della marina a Biserta, e il generale Barré, comandante delle forze di terra, si dichiararono ostili alle Forze dell’Asse. Tuttavia le cose cambiarono allorché l’ammiraglio Estéva ricevette da Vichy l’ordine di non contrariare l’arrivo delle truppe tedesche e italiane, mantenendosi nella neutralità. 

L’8 novembre ad Algeri era stato firmato il cessate il fuoco, ma la 36a brigata inglese il giorno 11 occupò Bougie. Dopo il 15 penetrarono in Tunisia le prime truppe della 78a divisione britannica di Fanteria e il 17 si scontrarono con forze tedesche. Sopraggiunsero pure gli Americani paracadutisti e il 17 furono raggiunte Kasserine e Gafsa. L’operazione condotta in Tunisia doveva servire a impedire a Hitler di spostare grandi formazioni di uomini e materiale sul fronte russo.

I Tedeschi, dopo aver inviato a Derrien un ultimatum, invasero la sua fotta composta da alcune navi leggere e da 9 sottomarini, mentre gli Italiani occupavano i fortini alla base. Per i Tedeschi il primo obiettivo era raggiungere la Tunisia. Al comando del XC Corpo d’Armata fu nominato il generale Nehring. I Francesi non si opposero all’atterraggio sull’aeroporto di El-Auina, l’11 novembre, da parte di una quarantina di Junker 52 tedeschi. Di seguito i tedeschi e gli Italiani occuparono il porto di Biserta. La zona assegnata agli Italiani per la difesa si trovava a sud, da Susse a Gabes. Quest’ultima non doveva cadere perché Rommel avesse libera la strada per la ritirata. I Tedeschi si impadronirono di alcuni punti chiave e gli Italiani occuparono Susse, Sbeitla, Kairuan, Sfax con la divisione Superga. Il 23 novembre i Francesi, con una rapida reazione, ripresero Sbeitla e il colle del Faid di particolare rilievo per il transito.

Eisenhower stava organizzando la cacciata degli Italo-Tedeschi da Biserta e da Tunisi. Decise di attaccare dapprima Tunisi, il 25 novembre, sino a raggiungere Mateur e Djedeida. Si scontrò però con la decisa reazione di Nehring che disponeva dei carri armati Tigre armati con un cannone da 88, precisi e di lunga gittata. Lo scontro diede ragione ai Tedeschi. Ma Nehring non poteva disporre che di forze ormai ridotte: circa 15 mila uomini, dei quali 6 mila Tedeschi. Hitler diede origine alla 5a Armata corazzata nominandone comandante, il 9 dicembre, il generale von Arnim, promettendogli rinforzi e rifornimenti adeguati. Von Arnim diede vita a un piano grandioso che nelle intenzioni avrebbe portato le truppe germaniche fino a Orano.

Di quei tempi Rommel si trovava nei pressi della Tunisia e Montgomery, per parte sua, viveva un atteggiamento prudente. I Tedeschi avrebbero dovuto raggiungere il colle di Halfaya. Ci sarebbero riusciti se avessero potuto disporre di carburante sufficiente, di alcune batterie da 88, di qualcosa come un centinaio di carri Mark IV e di truppe fresche, ma il Comando Supremo italiano e tedesco (O.K.W.) erano sordi alle richieste. Il 9 settembre, tuttavia, i Tedeschi avevano superato la gola di Halfaya e si apprestavano a preparare una linea molto vicina alla prima, la linea Sollum-Halfaya. Rommel doveva fare un grande sforzo: per difendere il fronte di Sollum poteva contare su 2000 soldati italiani e 2000 tedeschi, con 15 cannoni anticarro e 40 pezzi da campagna. Aveva poi una riserva di 3000 Tedeschi e 500 Italiani, con 21 carri e 69 cannoni. Quando si trovò a far fronte all’8a Armata inglese, il 9 novembre, disponeva di 7.500 uomini con 24 carri armati e 124 bocche da fuoco. Il suo schieramento era preso nella tenaglia degli Alleati, mancavano i rifornimenti e fra i soldati si verificava una vera e propria strage.

Su Biserta il 6 novembre si era abbattuto un vero diluvio, per cui gli Inglesi ripresero la loro marcia il 7 e il giorno seguente conquistarono Marsa-Matruk. La divisione neozelandese superò Sidi Barrani e nella notte fra il 10 e l’11 attaccò il passo di Halfaya costringendo il battaglione italiano posto in difesa a capitolare. I Neozelandesi si spinsero a occupare Bardia, Sollum, Capuzzo, mentre la 1a divisione proseguì nell’inseguimento e la 7a realizzava una manovra di accerchiamento tra Habata e Sidi-Omar. Queste due divisioni corazzate il 12 raggiunsero Gambut ed El-Adem e il giorno seguente Tobruk. Contemporaneamente le avanguardie italo-tedesche raggiungevano Marsa-el-Brega: la Cirenaica era di nuovo persa. I sabotatori tedeschi avevano fatto saltare i ponti e i passaggi obbligati, sabotarono un’enorme quantità di munizioni e spostarono nelle retrovie il grosso del materiale. Rommel era dell’idea di far ripiegare le proprie forze su Cirene da dove sarebbero state trasportate in Italia, Ma i Comandi Supremi tedesco e italiano ordinarono un ripiegamento su Bengasi in vista di un nuovo contrattacco. In quanto ai rifornimenti, Rommel aveva richiesto a Kesselring, sostenitore della difesa a oltranza, 250 tonnellate al giorno, ma non ne arrivarono mai più di 60. Da parte di Montgomery non c’era ragione di affrettarsi, dando così a Rommel l’occasione di farne profitto, ma le cose per Rommel non andavano nel senso desiderato: gli ultimi Tedeschi in fuga si erano mossi verso El-Agheila nei cui pressi il 25 novembre arrivarono le prime pattuglie inglesi, appena dopo che Rommel aveva perso la Cirenaica. Montgomery si prefisse lo scopo di prendere d’assalto e al più presto El-Agheila e nel fissò la data al 15 dicembre. Per la difesa Rommel non aveva ormai che pochi uomini validi e gli Italiani, con le loro 22 autoblinde e i 42 carri armati, non erano nella condizione migliore per sostenere un combattimento. Hitler, come al solito, continuava a dare ordini di tenere la nuova posizione di Mersa-Brega a ogni costo, ma Rommel propose una ritirata graduale, senza colpo ferire, sulla posizione di Gabes. Da parte italiana il Duce stabilì che la decisione di ricorrere alla ritirata fosse demandata esclusivamente al generale Bastico. A fronte di maggiori ostacoli, come quello della 164a divisione di Fanteria priva di tende onde ripararsi dalla pioggia incessante o quello della brigata Ramcke rimasta senza viveri per cinque giorni, Rommel e Bastico decisero di far partire la Fanteria non motorizzata alla volta di Buerat, cosa che ebbe a verificarsi nella notte del 6. Fu, questa, la manovra che convinse Montgomery ad anticipare l’attacco. Il giorno 11 a sera iniziò l’artiglieria dell’8a Armata inglese, seguita dall’attacco della 51a divisione di Fanteria lungo la via Balbia, mentre più a sud erano i Neozelandesi a vedersela con i Tedeschi. Verso sera del giorno 12 Rommel ordinò la ritirata su Mugtaa. Sulla linea di Mersa-Brega il 15 restavano solo la 90a Leggera e l’Ariete che il giorno successivo affrontarono 80 carri pesanti Sherman della 7a divisione corazzata inglese. Presso la località di Merduma si presentavano le insidie della colonna d’assalto neozelandese. Le forze tedesche ripiegarono allora su Nofilia: prive di benzina, con le spalle rivolte al mare, erano in procinto di essere accerchiate. Il 17 dicembre Rommel riuscì a sfuggire alla tenaglia e a riorganizzarsi sulla posizione di Buerat.

Immagine di copertina tratta da Naval History and Heritage Command.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: