Tedeschi e Italiani in Russia – Il secondo flagello planetario – Parte 3 di 6

Il contrattacco.

Nello stesso mese di dicembre 1941 i Russi riprendono l’offensiva. Volgono a loro favore una temperatura rigidissima, 30 gradi sotto zero, e il blocco su una linea di 300 chilometri circa imposto alle truppe tedesche che volevano impadronirsi di Mosca. Da parte tedesca è la volta del generale von Brauchitsch, al vertice di comando dell’Esercito di terra, che il 7 dicembre, logorato dalle vicissitudini di guerra, chiede a Hitler di poter lasciare il comando affidatogli. Non è il solo generale tedesco a sentirsi profondamente scoraggiato; anche von Keitel crede nella necessità di un ripiegamento. Intanto la controffensiva russa, partita il 6 dicembre, costringe la Wehrmacht a indietreggiare e Stalin punta a sventare il pericolo di attanagliamento incombente dalle località di Klin e di Tula. È il generale Leliucenko a gettarsi su Klin a nord, mentre le forze del generale Kusnetsov imperversano nel settore sud. Sono coadiuvati dai colleghi Sandapov, Rokossovski, Reviakin e Kuklin che sventano ogni possibilità di contrattacco tedesco. Arriva il 14 dicembre allorché la città di Klin cade in mano russa. L’11 dicembre, al centro, il generale Govorov entra in possesso delle regioni di Koliubakino e di Lokotnia. Mentre numerose unità corazzate tedesche sono annientate, anche i partigiani russi fanno la loro parte procurando vistose perdite agli schieramenti nemici. Il Generale Guderian sta meditando di far ripiegare la propria Armata corazzata, la 2a, sulla linea Zusa-Oka. Tra il 7 e l8 dicembre i Russi entrano in Mikhailov. Mentre i Russi collezionano continui successi fra il 10 e il 13 dicembre, nelle fila germaniche si verifica una sostituzione agli alti Comandi: il generale von Bock deve lasciare il posto al generale von Kluge, nel momento in cui la 2a Armata tedesca di Guderian è costretta a ripiegare dietro la Plava. Il 14 dicembre si incontrano a Roslavl i generali von Brauchitsch, von Kluge e Guderian il quale ultimo prospetta come unica soluzione da seguire il ripiegamento dell’Armata sulla predetta linea Zusa-Oka. A Guderian viene aumentata la responsabilità: oltre la 2a corazzata ottiene l’affidamento anche della 2a Armata; ora si trova a capo di due Armate che vengono schierate sulla linea Kursk-Orel-Plavsk-Aleskin. In quel frattempo Hitler chiama al telefono Guderian ripetendo l’ingiunzione di non retrocedere. È anche il tempo in cui, il 14 dicembre, i Russi si impossessano di Uzlovaia e di Iasnaia-Poliana. In questo tempo si può constatare il successo della controffensiva russa nei dintorni di Mosca. Nonostante Hitler abbia decretato di distruggerla, Leningrado resiste agli attacchi della Wehrmacht la quale si trova in grosse difficoltà nel tentativo di mantenersi sul Volkhov. I Tedeschi cercano di tagliare la strada ai convogli russi che trasportano rifornimenti attraverso il lago ghiacciato Ladoga, unico istmo di collegamento con la vasta Russia, ma la 54a Armata del generale Fediuninski ne sventa i tentativi di avanzata. Per il momento, pericolo scampato per Leningrado.

Il 16 dicembre 1941 le formazioni del generale Koniev prendono Kalinin, a nord di Klin, stabilendo una seria minaccia sul fianco sinistro della 11a Armata tedesca di von Manstein che dal 15 novembre pone un blocco a Sebastopoli, sul Mar Nero, che rimane comunque in mano ai Russi. La premura coglie lo Stato Maggiore tedesco, perché l’inverno è ormai alle porte, ma l’impraticabilità del terreno fa slittare l’attacco che era stato previsto per il 27 o 28 novembre. I Russi riforniscono Sebastopoli di viveri e di rinforzi, ma il 17 dicembre i Tedeschi attaccano con decisione in un’azione che però, dato il logoramento delle forze, va a loro tutto svantaggio. È questa un’iniezione di fiducia e di speranza per i Moscoviti che riprendono a tutto ritmo le attività interrotte. Per altro verso, Hitler non è per niente contento della piega che la situazione va assumendo: nulla da fare per Mosca, Leningrado e Sebastopoli ancora in piedi, e il generale Inverno che si prende beffa delle sue truppe, ma pensare a una ritirata, no, mai!Piuttosto, Hitler pensa a intensificare il rigore: il 7 dicembre emana un decreto, “Notte e Nebbia”, che ordina a tutti, senza esclusione, di accanirsi contro chi venga visto come un pericolo alla sicurezza. Sul piano internazionale, all’ombra degli accadimenti di Pearl-Harbour, dichiara guerra agli Stati Uniti.

Il 17 dicembre 1941 Hitler assume egli stesso il Comando del fronte est. Il generale Halder continua a essere capo di Stato Maggiore generale. Il 20 dicembre, giorno in cui von Brauchitsch lascia in definitiva il Quartier Generale, Guderian si reca presso Hitler per descrivere il vero volto della situazione al fronte, così grave per la 2a Armata e per la 2a Corazzata da consigliare il repentino ripiegamento sulla linea Zusa-Oka. I combattenti sono vestiti ancora con abbigliamento leggero e scarseggiano di calzature, di effetti personali o ne sono persino privi. La dotazione di veicoli è insufficiente e il servizio rifornimenti lascia molto a desiderare. Come prevedibile, Hitler non ne vuole sapere in assoluto e ordina di restare a tutti i costi sul posto. Di fronte ai ripetuti No, Guderian torna deluso a Orel. La differenza sostanziale fra lui e Hitler è che quest’ultimo ha a cuore soltanto il proprio piano di vittoria, mentre per Guderian sono molto più importanti i problemi che assillano i propri uomini. Sul fronte, intanto, le cose vanno di male in peggio per i Tedeschi: tra il 24 e il 25 dicembre sono costretti a lasciare Tsern ai Russi. Hitler non dubita di dover rimuovere Guderian dal suo posto di comando, ciò che accade il 27 dicembre, allorché la 2a Armata corazzata è affidata al comando del generale Rudolf Schmidt. Ovviamente, secondo il suo stile, Hitler addossa la colpa degli insuccessi ai generali Geyer, Foerster e Hoeppner che vengono esautorati in assenza di qualsiasi valido motivo, mentre si avverano trasferimenti e cessazioni di servizio a vari livelli. Con questo suo fare Hitler si mette contro una serie di alti comandanti, come Beck, Goerdeler, Popitz, von Hassel che costituiscono un primo fronte di avversione alle decisioni e ai comportamenti del dittatore.

Sui campi di battaglia non sono da sottovalutare i volontari stranieri i quali sono spesso umiliati dai modi cinici usati nei loro confronti dai soldati tedeschi e dalle prestazioni meno desiderabili loro affidate. I più numerosi fra questi partigiani sono Italiani, attivi nel settore del Dnieper e del Donez. Il 20 dicembre il dott. Goebbels richiama la popolazione sul dovere di consegnare vestiario invernale ai soldati al fronte. Hitler, per parte sua, si preoccupa delle fortificazioni e ordina alla Luftwaffe di organizzare il sistema dei rifornimenti, tenendo conto che un corpo d’Armata (attorno agli 80 mila uomini) esige rifornimenti vari per 200 tonnellate ogni giorno. Lo scopo è quello di resistere fino alla primavera del 1942, quando si scatenerà il contrattacco. Attorno a Tula, sud di Mosca, i Russi assottigliano le formazioni del generale Guderian e avanzano al nord, impadronendosi di Volokolamsk. Nel settore centrale, dal 19 al 31 dicembre, i Russi liberano numerose città e fanno bottino di gran copia di materiale bellico e di armamenti. Anche in Crimea i fatti non si svolgono a favore dei Tedeschi; il 26 dicembre, infatti, i russi entrano nella penisola di Kerch, la parte orientale della Crimea, che separa il Mar Nero dal Mar d’Azov. Tre giorni dopo sono a Feodosia, e la penisola viene evacuata dai Tedeschi. Al centro, mentre il freddo si inasprisce, le forze russe mettono in campo i nuovi mostri corazzati, ultrapotenti: il T-34 e il T-70; quest’ultimo, dotato di una bocca da fuoco di 45 mm, di una corazza dello spessore da 45 a 60 mm e di un’autonomia di 300 chilometri, scorre su cingoli di larghezza superiore ai 60 centimetri. I Russi, inoltre, possono fare sicuro affidamento sulle nuove armi, le Katiusce, che sparano in simultanea da 24 a 36 ordigni esplosivi dal peso di 15 chilogrammi cadauno.

Dal 5 gennaio 1942 Il centro di Staraia-Russa è occupato dalla 16a Armata tedesca di von Busch, insidiata da 16 divisioni di Fanteria e da 9 brigate di Cacciatori agli ordini di Kurochkin. Il 1° febbraio del 1942 il termometro fa segnare una temperatura di 42 gradi sotto lo zero. Il 25 febbraio si scatena l’assalto delle forze russe. Dal 15 gennaio sino al 9 aprile si susseguono attacchi e contrattacchi da entrambe le parti, forieri di numerose perdite, ma poco risolutivi.

L’operazione Blu.

Hitler preme, per ovvi motivi, per la conquista del Caucaso. Le enormi distanze e le intemperie incessanti rendono problematici i rifornimenti. Con la presa di Stalingrado, pensa Hitler, si diventa padroni del petrolio dei giacimenti di Grosnyi, Maikop, Baku. Per questo vuole impadronirsi del Caucaso e del Volga in un sol boccone. Scatena dunque l’Operazione Blu che consiste di due settori d’azione: quello affidato al gruppo di Armate Sud, agli ordini di von Bock, che deve sgombrare dai Russi la penisola di Kerch e i presidi russi di Lozovaia e di Izium; quello composto dal gruppo di Armate A, sotto il comando di von List, che deve raggiungere il Caucaso e conquistare Maikop, e il gruppo di Armate B che dovrà conquistare Voronej e portarsi ad attaccare Stalingrado. Le truppe tedesche si fanno forza di due milioni di uomini, di 3.000 carri armati, di cannoni motorizzati e di automezzi corazzati. La Luftwaffe può disporre dei nuovi caccia Focke-Wulf 198 e dei Messerschmidt 109F, nonché dei nuovi bombardieri Dornier 217. Il tutto per riversarsi sul Volga e sul Caucaso.

L’operazione “Trappen Jagd”.

Il 3 di maggio 1942 al Quartier Generale di Hitler viene confermata l’operazione Trappen Jagd (caccia con la trappola) da iniziarsi il giorno 8. L’11a Armata di von Manstein, appoggiata dalle divisioni rumene, riceve l’ordine di muovere all’attacco della penisola di Kerch dove ci sono le truppe del generale Petrov a sbarrare la direzione per il Caucaso ossia i 200 mila soldati della 44a e della 51a Armata. Von Manstein scopre che sul suo fianco sinistro Petrov ha alleggerito la difesa per dare rinforzo al nord, pertanto decide di puntare con forza nella zona fra il Mar Nero e Koi-Assan. Al centro, in zona Kiet, Tedeschi e Rumeni si impegnano in un attacco di diversione. Il 9 maggio è la 22a divisione corazzata a creare un varco fra le posizioni russe per puntare a nord. La brigata motorizzata del colonnello Groddek il 10 maggio punta verso est conquistando tutta la serie di villaggi che conducono a Kerch. Il giorno successivo la fanteria tedesca e la 22a divisione corazzata accerchiano, nella zona di Kiet, la 51a Armata sovietica. Il 16 maggio è la volta della 170a divisione e del 213° reggimento di Fanteria a prendere possesso della città di Kerch. Larga parte nell’azione aggressiva è gestita dall’aviazione tedesca, dove si distingue per bravura il barone rosso ossia von Richthofen. Il 18 maggio, con il termine dell’offensiva, l’11a Armata celebra il proprio trionfo con un bottino di guerra invidiabile. Il generale Timoscenko, dall’altra parte della scena, muove ad assediare la città di Kharkov: è la mossa tentata per ritardare l’Operazione Blu di Hitler. Per questo Timoscenko si avvale di ben tre Armate con almeno 1235 carri armati. Mette inoltre in moto l’ultimo tipo di carro armato uscito dalle industrie sovietiche: è il K.V. da 44 tonnellate, armato con un cannone da 76,2 mm e da due mitragliatrici. A nord di Kharkov sono piazzate 6 brigate corazzate russe, seguite da 3 divisioni di Cavalleria e da 16 di Fanteria. Nel settore meridionale sono pronte 13 brigate corazzate, 11 divisioni di Fanteria e 6 di Cavalleria a fronte di Poltava e di Dniepropetrovsk. Dall’alto troneggiano i motori degli Yak e dei Mig. In campo si trova il generale Koniev, al comando delle truppe del settore meridionale, ad appena 35 chilometri da Kharkov. Sorti avverse toccano alle truppe contendenti: da una parte è il generale Paulus a fermare, il 17 maggio, i Russi, mentre i cannoni tedeschi da 88 mm hanno ragione di molti mezzi corazzati sovietici; dall’altra è il generale Koniev a collezionare successi. I carri armati russi Stalinorgel e K.V. hanno dimostrato la loro superiorità sui Mark III tedeschi. Prende quindi l’iniziativa von Block contro le postazioni russe di Izium e di Lozovaia. Fra i 17 e il 18 maggio von Kleist, con la 1a Armata corazzata, riesce a sfondare. Il 18 maggio è la volta di von Richthofen, di Pflugbeil e di Loehr a bombardare ripetutamente Lozovaia, Izium e Baravenkova. Il 52° e il 44° corpo d’Armata portano pesanti distruzioni, tanto da spingere il commissario politico del fronte sudovest, Nikita Kruscev, a inoltrare una richiesta di ripiegamento, immediatamente rifiutata da Stalin in persona. Intanto la città di Balakleia cade sotto l’irruzione dei Panzer di von Paulus. Il 28 maggio è il giorno che sancisce il fallimento delle forze russe. Cozzando contro la resistenza tedesca, i Russi si trovano nell’impossibilità di ripiegare in direzione di Izium e della valle dell’Oskol. Anche le unità russe in zona Voltsciansk vengono spazzate via dalle formazioni di Paulus e di von Kleist.

La missione di Molotov

Nel periodo dal 9 al 12 agosto 1941 si stavano elaborando, fra gli Stati coinvolti nel conflitto, gli otto punti della “Carta Atlantica” comprendente una serie di principi democratici da considerare punti fermi alla base delle relazioni internazionali.

All’epoca due personaggi di spicco fanno la loro apparizione sulla scena diplomatica. Sono Harry Hopkins, consigliere speciale del presidente americano Roosevelt, e Molotov (Vjacheslav Mikailovich Skriabin), ministro degli Affari Esteri dell’Unione Sovietica in guerra. A loro si aggiunge il ministro degli Affari Esteri inglese, Anthony Eden che, nel dicembre 1941 a Mosca, aveva recepito le esigenze avanzate dai Russi affinché fossero riconosciuti i loro diritti sugli Stati Baltici e la rettifica della frontiera con la Finlandia; criteri, questi, che andavano storti alla valutazione del Governo di Washington, in quanto contrari allo spirito della Carta Atlantica.

Il 21 maggio 1942 si organizza un incontro tra Molotov e Churchill. Molotov, oltre agli Stati Baltici e a parte della Finlandia, accampa diritti sull’occupazione della parte orientale della Polonia. Il giorno seguente Molotov porta il discorso sulle azioni di guerra, insistendo per l’apertura di un nuovo fronte in Occidente, in modo da alleggerire il fronte russo dalla pressione tedesca.

Churchill a Mosca.

Il 12 agosto 1942 Churchill fa il proprio ingresso al Cremlino, con Harriman e l’ambasciatore inglese Clark Kerr. Di fronte a loro, Stalin, Molotov e Voroscilov. Nel riprendere la richiesta formulata da Molotov, Churchill rende noto che i Governi inglese e americano non pensano di essere in grado, al momento, di sviluppare un’operazione offensiva sulle coste francesi del Canale della Manica entro il mese di settembre. Sarebbe una partita impari, quando gli Alleati potrebbero disporre di 6 divisioni contro le 25 tedesche. Per l’anno in corso, dice Churchill, non se ne parla, ma nel 1943 si potrà fare affidamento su 27 divisioni americane e su altre 21 britanniche, per la metà corazzate. Di fronte alla palese delusione di Stalin, Churchill mette sul tavolo un’idea nuova, quella del cosiddetto progetto “Torch” che prevede di attaccare l’alleato diretto della Germania ossia l’Italia, nell’Africa Settentrionale e di qui, nel 1943, allungare il passo sino alla Sicilia. Il progetto segue una logica precisa: prendere Rommel alle spalle, dare alla Spagna un avvertimento intimidatorio, incoraggiare i Francesi a resistere e minacciare in modo diretto l’Italia che rappresenta il punto debole dell’Asse Roma-Berlino. Ma nella seduta del 13 agosto Stalin torna con decisione sulla necessità inderogabile della creazione di un secondo fronte nella guerra europea. Il 16 agosto si aprono due conferenze, fra capi militari: da una parte Voroscilov, generale e presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo, accompagnato dal capo di Stato Maggiore generale Sciaposcnikov; dall’altra Churchill con Brooke, Wavell e Tedder. Churchill è sempre preoccupato per i pozzi petroliferi di Baku, per il Caucaso e per il Mar Caspio, ma Stalin lo assicura che i Tedeschi non vi arriveranno. A qualsiasi costo è di necessità la tenuta del Caucaso. I Russi fanno palese l’insicurezza nel transito di convogli attraverso l’Artico, per mancanza di protezione aerea, e il 5 ottobre 1942 Stalin telegrafa a Churchill chiedendo la fornitura di aerei tipo Spitfire e Air cobra.

Volgendo lo sguardo a Stalingrado è notevole la capacità di resistenza dimostrata dalla città. Con l’approssimarsi dell’inverno, oltre il Volga e gli Urali le industrie belliche sfornano a ritmo intenso nuovi carri armati.

L’11 marzo 1941 era nata negli Stati Uniti la legge “Affitti e prestiti”, prorogata l’11 maggio 1943. Era un provvedimento legale per fornire a Mosca carri armati, per dotare la Palestina di semi di granoturco, per portare materiale insetticida in Arabia Saudita, per la lotta contro le infestazioni di cavallette. Con questa legge si avvantaggia l’Unione Sovietica che riceve aerei, carri armati, armamenti vari, trattori, mezzi di trasporto, apparecchiature radar, radio, telefoni, locomotive, vagoni, motosiluranti, sottomarini, dragamine, proiettili, esplosivi, metalli, prodotti chimici e vario altro materiale da guerra.

Dalla parte avversa l’ammiraglio tedesco Doenitz, verso la fine del 1941, comandava un complesso di 250 sommergibili. Erano gli U-Boote che mandarono a picco una quantità enorme di mercantili degli Alleati: 568 da gennaio a luglio del 1943.

Numerose le perdite subite dal generale Timoscenko nella battaglia per Kharkov, con il solo vantaggio di ritardare l’Operazione Blu che mirava a raggiungere il Volga a Stalingrado e a prendere possesso dei giacimenti petroliferi del Caucaso. Una dimostrazione proviene dalla 6a Armata di von Paulus che avanza vittorioso su Izium e Voltsciansk. All’interno di Sebastopoli tutta la popolazione si presenta in armi per la difesa, affiancata dai 150 mila soldati di Petrov. Intanto von Manstein, con la sua 11a Armata, cinge la città con un possente piazzamento di artiglieria pesante, ad appoggiare la quale circolano 300 aerei di nuovissima generazione. Il 20 maggio è la data dell’attacco a Sebastopoli, sfociato nell’assalto generale del 7 giugno. Il 1° luglio si scatenano i bombardamenti: sono 50.000 tonnellate di proietti da cannone e 24.000 tonnellate di bombe aeree. Il 4 luglio i Tedeschi possono affermare di essere padroni dell’intera Crimea. Nel tempo medesimo il Gruppo di Armate comandato da von Bock avanza rapidamente verso il Don. Il 13 luglio von Bock viene sostituito con il generale von Weichs, per presunti contrasti di opinione con Hitler.

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