Hitler era ossessionato dal cosiddetto “Piano Bianco” di invasione della Polonia e il patto di non aggressione con la Russia era a questo proposito una garanzia. Così cercò di affrettare il corso degli eventi chiedendo a Stalin di ricevere il ministro inglese degli Esteri entro la data del 23 agosto 1939. L’attacco alla Polonia era previsto per il 26 agosto e un ritardo causato dai Russi avrebbe compromesso i piani di Hitler. In effetti il 23 agosto giunse a Mosca il delegato von Ribbentrop con il quale si dava atto al patto tedesco-sovietico, valido per la durata di dieci anni e che, all’art. 1, declamava: “Le due parti contraenti si impegnano ad astenersi da ogni atto di violenza, da manovre aggressive e da ogni attacco reciproco”.
Bisogna dire che il ministro degli Esteri sovietico, Litvinov, già aveva proposto un’alleanza tra Francia, Gran Bretagna, Russia, Romania e Turchia con la chiara intenzione di bloccare Hitler nei sui propositi. L’intesa si era allargata il 6 aprile con un patto di mutua assistenza tra Polonia e Gran Bretagna e il 13 aprile con l’assicurazione di garanzia da parte di Francia e Inghilterra alla Grecia e alla Romaina. Il 16 aprile fu ancora Litvinov a proporre un patto di mutua assistenza tra Francia, Inghilterra e Russia. Ma Litvinov fu messo da parte e gli successe Molotov. Dall’altra parte stava un Hitler pericoloso che, ancora nel 1924, con la composizione del suo Mein Kampf (La mia lotta) sognava di sottomettere l’Europa intera sotto l’egida nazista, selezionare capillarmente la “razza ariana”, convogliare gli sforzi per mettere in campo una potenza economica e militare insuperabile. L’accordo di Monaco, nato il 30 settembre 1938 sotto gli auspici più entusiasmanti, trascorsi alcuni mesi aveva assistito alla fine della Cecoslovacchia, il trampolino di lancio di Hitler per invadere la Polonia nel più breve tempo possibile. Ma c’era un problema: anche la Russia aveva messo gli occhi sulla Polonia. Hitler non poteva attendere e lanciò l’attacco il 1° settembre 1939 alle ore 4,45.
La Germania, dunque, accende le polveri che fanno scoppiare la seconda Guerra mondiale, ammassando un milione e 200 mila soldati alla frontiera con la Polonia, compresi 5 divisioni corazzate al comando di von Brauchitsch e 2050 aerei del generale Göring. La Polonia ha ritardato la mobilitazione e, al momento, può disporre soltanto di 700 mila uomini. L’Inghilterra reagisce con un ultimatum presentato alla Germania, ma l’esercito tedesco non se ne dà per inteso e prosegue nella sua avanzata assai rapida inferendo un durissimo colpo all’aviazione polacca e alle 35 divisioni delle armate di terra. La tragedia si conclude il 9 settembre, ma ancora il giorno 17 i Russi, con il pretesto di proteggere gli Ucraini e i Russi-bianchi, si esibiscono in una serie di bombardamenti nella regione di Leopoli e nei tre giorni di intervento pagano il sacrificio con la morte di 737 combattenti. Hitler e Stalin addivengono a un nuovo patto segreto il 29 settembre, con il quale lo Stato lituano viene sottomesso all’influenza della Russia; per altro verso i distretti di Varsavia e di Lublino sono posti sotto l’influenza della Germania.
La liquidazione della Polonia, con la garanzia della protezione alle spalle, agevola l’interesse di conquista verso la Francia e l’Inghilterra. Stalin può starsene buono buono, dal momento che ha guadagnato importanti settori geografici a ovest ed è riuscito a risolvere la questione degli Stati Baltici. Germania e Russia attraversano pertanto un periodo, valido per tutto il 1940, di cooperazione sui piani economico, militare e politico. Hitler pure no ha modo di preoccuparsi, perché sa che non andrà incontro a un deleterio blocco economico. È la stessa Russia a impegnarsi nella fornitura di abbondanti materie prime alla Germania. Ma non tutto fila liscio: tre mesi di alleanza, poi i primi problemi che vanno a incrinare l’alleanza già dal mese di giugno 1940. Il 17 luglio 1940 Hitler dà corso ai preparativi per uno sbarco in Gran Bretagna, ammassando 9 divisioni tra il Passo di Calais e la penisola del Cotentin in Francia. Calais è sorvolata da una formazione di bombardieri e di caccia tedeschi. Le cose non si mettono tuttavia nel verso giusto per i Tedeschi i quali subiscono la perdita di numerosi aerei, tanto che lo sbarco subisce un rimando alla primavera del 1941. Stalin, per parte sia, stava sulle spine perché conosceva l’indole di Hitler il quale, una volta azzerata la potenza militare di Francia e Inghilterra, si sarebbe avventato sul territorio sovietico con minacce facilmente immaginabili. Hitler, d’altra parte, era convinto che avrebbe dovuto dapprima liquidare la Russia, per poter poi allungare le mani sull’Inghilterra, e questo sarebbe dovuto avvenire nella primavera del 1941. Hitler guardava con occhio voglioso anche alla Romania: là c’erano i pozzi di petrolio, la materia prima per fornire energia ai mezzi di guerra, e tutto ciò lo rendeva ancora più convinto della necessità di agire contro la Russia. Nell’imminenza del 14 agosto 1940, data in cui Hitler predisponeva la cessazione delle forniture di materie prime alla Russia per la successiva primavera, il 26 agosto furono dieci divisioni di fanteria e due divisioni corazzate tedesche a essere trasferite dal fronte occidentale a quello con la Polonia. Intanto Molotov insisteva in ambiente sovietico sulla necessità di una vigilanza estrema e del rinforzo di tutte le posizioni occupate.
Il 27 settembre viene firmato a Berlino un patto di mutua assistenza tra Germania, Italia e Giappone. La Russia, già rassicurata con il patto di Mosca del 1939, inizia a sentirsi molto meno sicura. Molotov si interroga sul significato di quel patto tripartito e intanto avanza la richiesta del ritiro delle truppe tedesche dalla Finlandia. Non solo, ma teme che la garanzia offerta dalla Germania alla Romania sia contraria agli interessi politici della Russia e, per controparte, arroga alla Russia il diritto di garantire la Bulgaria. Sennonché si fa vivo Ribbentrop con la proposta, rivolta alla Russia, di entrare nel patto tripartito con la Germania, l’Italia e il Giappone. Anche Molotov ci pensa a un patto tripartito e mette mano a un progetto che preveda il ritiro delle forze tedesche dalla Finlandia, un patto di mutua assistenza tra Russia e Bulgaria e la rinuncia, richiesta al Giappone, di arrogare diritti sul petrolio e sul carbone della regione di Sakhalin. Ma Hitler non vede di buon occhio tutte queste idee e pensa piuttosto a neutralizzare decisamente la Russia; si mette quindi ad analizzare un piano d’attacco. Il piano, presentatogli il 5 dicembre 1940 dal capo di Stato Maggiore tedesco Halder e da von Brauchitsch con la denominazione di “Piano Barbarossa”, è previsto per la primavera del 1941. Hitler vi appone la propria firma di approvazione il 18 dicembre. Il piano prevede l’annientamento dell’esercito sovietico con una serie di mosse rapide ed efficaci, servendosi dell’urto di tre corpi d’Armata corazzati, formati da 930 carri armati cadauno, al comando dei generali von Bock e Guderian. Nella fase iniziale si pone l’obiettivo di creare una linea di fronte dal Volga ad Arcangelo ossia dal Mar Caspio a sud sino al Mar Bianco a nord, nell’intento di porre un impedimento invalicabile fra i Russi e i centri industriali del Basso Don, della regione di Mosca e le zone petrolifere del Caucaso. Il piano prevede ancora l’appoggio militare della Romania verso sud e della Finlandia a settentrione. Prendere possesso di queste zone era di importanza cruciale per la questione dei rifornimenti di combustibili, dato che il bacino del Donetz abbracciava il 60% di tutta l’industria sovietica. Ora Hitler pensa a un’invasione del territorio russo per il mese di maggio dei 1941. Nel consiglio di guerra tenuto a Berghof l’8 gennaio 1941 emerge la volontà di paralizzare la Gran Bretagna puntando su Londra nei mesi di luglio o agosto, ma anche, contemporaneamente, di porgere aiuto all’Italia impegnata nelle operazioni di Albania e della Tripolitania. Per quanto riguarda la Francia, meglio che se ne stia tranquilla, altrimenti verrà essa pure annientata. Infine verrà il turno della Russia.
Nel timore che si avveri un’offensiva inglese nella zona di Salonicco, Hitler fa schierare 680 mila uomini in Romania, ma il 27 marzo il governo di Belgrado, che sta dalla parte di Hitler, viene rovesciato da un colpo di stato. Hitler non esita e ingiunge a Göring di distruggere Belgrado, mentre Keitel e Jodl hanno l’ordine di preparare un’offensiva terrestre, dando il via alla guerra nei Balcani. Tra il 6 e l’8 aprile 1941 un possente bombardamento aereo rade al suolo Belgrado per tre quarti della sua estensione, causando la morte di 17 mila persone. L’avanzata prosegue e il 27 aprile le truppe corazzate tedesche sono in terra greca.
Sul piano politico si vede incrinarsi il patto del 1939, dopo che la Germania ha occupato la Polonia, la Romania, l’Ungheria, la Bulgaria, la Jugoslavia e la Grecia, mentre Stalin si dà da fare per firmare un patto di amicizia con Belgrado. Apparentemente la collaborazione non viene meno da parte dei Russi, visto che continuano a fornire alla Germania una grande quantità di cereali, minerali e materie prime.
Arriva infine una data storica, quella fra il 21 e il 22 giugno 1941 allorquando Hitler scatena tutta la furia nazista per invadere la Russia puntando a nord su Leningrado, al centro in direzione di Mosca e al sud per impadronirsi dell’Ucraina grande produttrice di frumento, del bacino industriale del Don e degli impianti petroliferi del Caucaso. Stalin al momento sembra stare a guardare poiché informa la popolazione dello scatenarsi di una guerra totale soltanto il 3 di luglio. Ancora il 22 giugno il Governo sovietico dichiara di conservare i principi di amicizia e di collaborazione con la Germania e, quando le bocche da fuoco tedesche iniziano a tuonare nella notte tra il 21 e il 22 giugno, la reazione russa appare lenta e tardiva.
La notizia della guerra russo-germanica mette il mondo in subbuglio. È Winston Churchill a lanciare un accorato appello alla popolazione inglese, nel momento in cui Franklin Delano Roosevelt offre a Stalin un immenso aiuto tramite le risorse industriali e alimentari che in USA lavorano a pieno ritmo. Il panico pende possesso della capitale russa dove regna una certa disorganizzazione e i viveri incominciano a scarseggiare, nonostante Mosca sia difesa in profondità da strutture imponenti e da una ben sistemata artiglieria contraerea. All’epoca il potere supremo in Russia era gestito da quattro plenipotenziari: Vjacheslav Michajlovich Skrjabin, sprannominato Molotov, il generale Kliment Voroscilov, il generale Kulik, inviato speciale presso gli Stati Maggiori, e Chapochnikov ossia colui che rappresenta la forza vitale primitiva del sentimento nazionale russo.
Sul piano militare si constata che l’Armata Rossa può disporre di 12 milioni di uomini, sostenuti anche dagli aiuti americani, mentre la vastità territoriale della Russia varrà a riservare ritirate più devastanti al vincitore che non al vinto. A conti fatti, però, tre gruppi di Armate tedesche , con a capo il generale von Brauchitsch, iniziano la penetrazione in terra sovietica: sono il Gruppo di Armate Nord, al comando del generale von Leeb, dirette su Leningrado, il Gruppo Armate del Centro che, sotto la guida del generale von Bock, devono raggiungere Mosca, e il Gruppo di Armate Sud che, sotto l’egida del generale von Rundstedt, sono chiamate a invadere l’Ucraina, a mettere piede nel bacino industriale del Donetz e a prendere possesso degli impianti petroliferi del Caucaso.
Il 22 giugno 1941 alle ore 4,45 i primi carri armati tedeschi, quelli di Guderian, passano il Bug (fiume che attraversa l’Ucraina, la Bielorussia e la Polonia) guadandone le acque. A nord i carri armati del generale Hoth possono usufruire dei ponti sul Niemen e il 27 giugno le due formazioni corazzate possono congiungersi oltre la località di Minsk. Cadono in mano dei Tedeschi quasi 329 mila prigionieri, 3.332 carri e 3.102 cannoni. La caduta di Minsk disorienta a tal punto il generale russo Pavlov da portarlo al suicidio. Sarà sostituito dal generale Timoscenko, agli ordini del capo di Stato Maggiore, Andrei Zukov. Il generale Guderian, per parte sua, coltiva una profonda ambizione, quella di entrare per primo in Mosca conquistata. Ancora sulla scena la coppia Guderian-Hoth che il 18 luglio riuniscono per la seconda volta i loro gruppi corazzati oltre Smolensk dopo essersene impadroniti. Il bottino è importante: 310 mila prigionieri, 3 mila carri e più di 3 mila cannoni. Il generale Timoscenko reagisce con un fulmineo contrattacco causando notevoli perdite fra i reparti tedeschi. Guderian può avanzare verso Mosca, mentre la Wehrmacht resta sulla difensiva. Il 4 agosto Hitler raggiunge von Bock e vuole ascoltare le relazioni dei tre generali, von Bock, Hoth e Guderian. Raccoglie le opinioni di Hoth che consiglia di iniziare l’attacco a Mosca il 20 agosto, quando per Guderian andrebbe scelta la data del 15. Guderian vede svanire il proprio sogno allorché Hitler, il 21 agosto, stabilisce due obiettivi irrinunciabili e prioritari: la conquista del bacino del Donetz, della Crimea, della zona petrolifera del Caucaso a sud e, a nord, la conquista di Leningrado. Mosca passa in sottordine, ma Guderian non demorde e si fa avanti presso Hitler, coadiuvato dai suoi consiglieri Keitel, Jodl, Schmundt, esponendo tutta una serie di vantaggi strategici e psicologici che deriverebbero dalla sottomissione di Mosca capitale. Nulla da fare con Hitler che, a sua volta, pone sul tavolo una serie differente di vantaggi attribuibili alle sue prospettive di attacco. Sempre il 22 giugno sono 750 carri armati di von Kleist che dalla località di Lvov puntano verso sudest e conquistano Jitomir in Ucraina, portandosi ad appena 150 chilometri da Kiev, la capitale dell’Ucraina. Prosegue quindi sino ad accerchiare le Armate russe 6a e 12a di Budiennij nella sacca della città di Uman’ ma incontra una tenace resistenza che perdura fino al 12 agosto. Lo scontro si risolve in un massacro per i Russi. Sconfitto duramente a Uman’, Budiennij si appresta a munire la città di Kiev di una cerchia difensiva possente, ma a nulla valgono questi provvedimenti contro l’avanzata congiunta delle truppe corazzate di Guderian, di von Kleist, di von Weichs, di von Reichenau e contro i bombardamenti delle formazioni aeree di Loehr e di Kesselring. Il 19 settembre i Tedeschi prendono possesso di Kiev. La massacrante battaglia termina il 26 settembre con la cattura di 665 mila prigionieri russi.
Alla fine di settembre 1941 i Paesi baltici sono sotto la completa occupazione dei Tedeschi che si trovano a 250 chilometri da Mosca. L’Armata Rossa, dopo la perdita di due milioni e mezzo di soldati caduti in prigionia e di una enorme quantità di mezzi da guerra, dà inizio a un sistema esteso di evacuazione e ricorre alla tattica della terra bruciata, e questo comportamento mette Hitler in seria difficoltà perché si dà inizio a una guerra all’ultimo sangue su un territorio che diventa ostile di giorno in giorno, anche e soprattutto per la recrudescenza delle condizioni meteorologiche e per gli aiuti che la Russia sta ricevendo dagli Stati Uniti d’America. C’è inoltre da considerare che i successi di Rommel in Africa non corrispondono a quelli attesi e che l’Inghilterra sta diventando sempre più pericolosa, dopo che ha iniziato a prendere le misure per l’entrata attiva nel conflitto. Non da sottovalutare l’azione dei partigiani russi e dei movimenti di resistenza che vanno pullulando. Hitler incomincia a percepire il peso della solitudine avendo poco da sperare dai sui alleati italiani e giapponesi. Infine lo scuote il timore che anche gli USA entrino in guerra a fianco degli Alleati. Nel frattempo i Russi non stanno a indugiare, ma si danno da fare per trasferire gli impianti industriali a est di Mosca. La stessa Armata Rssa si rinnova, con l’assegnazione ai posti di comando di generali giovani: Zukov, Koniev, Rokossovsky, Malinovsky, e Nicola Voronov, l’asso dell’artiglieria sovietica. La strategia russa di combattimento si basa di gran lunga sull’impiego massiccio dell’artiglieria e sull’attività dei partigiani armati a ridosso delle retrovie de Tedeschi, con azioni di guerriglia.
Il 22 luglio 1941 Himmler viene investito del compito di amministrare politicamente la Russia. Questo significa una corsa a sterminare la popolazione russa con le due armi micidiali del terrore e della fame. Non per nulla sono numerosissimi, si parla più di 20 milioni, i civili che seguono l’Armata Rossa nella speranza di trovare salvezza. La Wehrmacht, al suo passaggio, fa strage di abitazioni e di persone cadute in sospetto.
A questo punto si può affermare che il Reich nazista ha messo le mani su quasi tutta l’Europa. Intoccate restano ancora la Svizzera, la Svezia, la Spagna e il Portogallo, mentre nell’orbita germanica sono cadute la Finlandia, la Romania, l’Ungheria, la Slovacchia e la Croazia. In quanto alla Polonia, il governo, con il suo capo Sikorski, risiede in Gran Bretagna, a Londra. Sikorski inizia una serie di negoziati con Mosca, che il 30 luglio 1941 confluiranno nell’accordo polacco-sovietico, con la clausola di aiuto e assistenza reciproci e della formazione di un’armata polacca in terra di Russia. L’accordo viene firmato il 14 agosto. È del 5 luglio l’accordo di cooperazione militare stabilito fra l’Inghilterra e la Russia.