Intorno al 1600 i gesuiti possedevano, insieme ai domenicani, circa un terzo delle terre produttive nelle colonie spagnole e portoghesi delle Americhe. Nelle Americhe colonizzate da spagnoli e portoghesi, dove gli edifici ecclesiastici, alcuni dei quali erano autentiche fortezze, regolarmente superavano per dimensioni e magnificenza le opere più imponenti dell’architettura civile, la Chiesa cattolica si insediò in maniera solenne e fastosa acquisendo immense proprietà. Monasteri e conventi fornivano l’istruzione primaria ai bambini. Dalla fine del Cinquecento i gesuiti aprirono una rete di scuole secondarie: città opulente ospitavano conventi alla moda e lungo le frontiere imperiali missionari paternalistici dirigevano il lavoro e le preghiere degli accoliti amerindi, mentre nel cuore dell’impero i convertiti nativi professavano un cattolicesimo fatto di devozione superstiziosa e di paganesimo appena velato, oppure strane combinazioni di usanze cristiane e indigene.
I gesuiti furono espulsi dai principali regni europei e dalle loro colonie.

Fu il Portogallo ad aprire la via alla soppressione. Il marchese di Pombal, capo del governo, fautore dell’assolutismo monarchico, entrò in aperto conflitto con i gesuiti per la vicenda delle reducciones brasiliane. Il marchese inviò a papa Benedetto XIV una relazione in cui accusava i gesuiti di avidità di denaro e sete di potere e li denunciava di essere al centro di scandalose operazioni commerciali, il che costrinse il pontefice a inviare in Portogallo il cardinale Saldanha a compiere un’inchiesta; i gesuiti furono anche accusati di essere coinvolti nel fallito attentato del 1758 a Giuseppe I (Giuseppe I di Portogallo fu sovrano illuminista, cacciò i Gesuiti dal Paese, ridusse l’influenza della Chiesa e della nobiltà, modernizzò l’economia e l’educazione, facendo del Portogallo un Paese moderno.). Agli inizi del 1759 il re ordinò di confiscare tutte le proprietà dell’ordine e pochi mesi dopo ne decretò l’espulsione.
I problemi per la Compagnia in Francia cominciarono con la condanna per bancarotta fraudolenta del gesuita Antoine La Vallette decretata dal Parlamento di Parigi, in cui era ben radicato il movimento antigesuitico. Il 6 agosto 1761 il Parlamento ordinò di bruciare pubblicamente le opere di ventitré gesuiti (tra i quali Roberto Bellarmino) in quanto lesive della morale cristiana, e ai gesuiti di chiudere i loro collegi.
Dalla Spagna i gesuiti furono cacciati da Carlo III (re di Spagna 1759-1788). Il re emise il decreto di espulsione il 27 febbraio 1767. Gli altri Stati borbonici imitarono presto l’esempio spagnolo: Ferdinando IV espulse i gesuiti da Napoli e Sicilia nel novembre 1767 e il duca di Parma Ferdinando cacciò i religiosi dai suoi stati nel febbraio 1768.
Sotto la pressione dei sovrani borbonici il 21 luglio 1773 papa Clemente XIV soppresse la Compagnia, che all’epoca contava circa 23.000 membri in 42 province.

La soppressione dei gesuiti (vedi a lato: la soppressione della Compagnia di Gesù in una incisione satirica del 1773) a Roma fu eseguita il 16 agosto successivo. Lungo tutto il secolo seguente i gesuiti furono a più riprese espulsi da numerosi stati: prima dalla Russia, poi dalla Spagna e dal regno di Napoli, quindi dalla Francia e dal Portogallo; l’ordine fu espulso dalla Svizzera nel 1847; in Germania i gesuiti furono espulsi a causa del Kulturkampf e solo nel 1917 fu abrogata la legge che proibiva la presenza della Compagnia nel paese. (Fu denominata Kulturkampf la “lotta per la civiltà” condotta dal 1871 al 1878 da Bismarck contro la Chiesa di Roma e il partito cattolico tedesco. Dopo il Concilio Vaticano I (1869-1870), avendo i “vecchi cattolici” tedeschi respinto il dogma dell’infallibilità pontificia, non mancò di appoggiarli nel loro contrasto con la Santa Sede).
Dopo la spartizione della Polonia (1772), i territori orientali del paese (la cosiddetta Russia Bianca) erano passati sotto il dominio della Russia di Caterina II (detta “la Grande”, 1729-1796): i gesuiti contavano in quelle terre 18 case, di cui tre collegi e 201 religiosi.
La zarina rifiutò la soppressione. I gesuiti della Russia Bianca ebbero il compito storico di assicurare la continuità dell’ordine quale era prima del 1773 con quello restaurato nel 1814.
Anche Federico II, per motivi legati all’educazione, non volle consentire subito la soppressione delle case gesuite nei territori cattolici del regno di Prussia (Slesia e parte della Polonia). La soppressione, invece, ebbe luogo a Breslavia (Polonia) il 5 febbraio 1776.
Subito dopo la soppressione furono effettuati numerosi tentativi di ripristinare l’ordine: la carmelitana Teresa di Sant’Agostino, figlia di Luigi XV, cercò di ottenere dal papa l’autorizzazione per gli ex gesuiti a organizzarsi in fraternità di preti secolari, ma Clemente XIV non accolse favorevolmente il progetto.
Qualche anno dopo, altri cercarono, con successo, di ricostruire la forma di vita e il modo di operare della Compagnia dando inizio a nuove congregazioni: nel 1791 Pierre-Joseph Picot de Clorivière, già membro della Compagnia, fondò l’istituto dei sacerdoti del Cuore di Gesù, approvato da papa Pio VI; François-Léonor de Tournély e Charles de Broglie, nel 1794, fondarono (Belgio) i padri del Sacro Cuore.
Nel 1797, con l’autorizzazione del cardinale Giulio Maria della Somaglia, Niccolò Paccanari istituì a Roma la Società della Fede di Gesù, le cui regole ricalcavano le costituzioni dei gesuiti: Pio VI approvò temporaneamente la congregazione e nel 1799 vi unì i padri del Sacro Cuore. Dopo aver conosciuto una notevole diffusione, i padri della Fede entrarono in un periodo di crisi dopo l’arresto di Paccanari da parte del Santo Uffizio. Guardando al passato troviamo un Niccolò Paccanari dapprima soldato, poi eremita. Fondò la Compagnia dei Padri della Fede di Gesù destinata a riunire i membri della disciolta Compagnia di Gesù (1797). I contrasti interni e le incapacità amministrative del Paccanari, che fu condannato e imprigionato per mano del Santo Uffizio negli anni 1808 e 1809, segnarono il declino della congregazione i cui membri si ricongiunsero ai gesuiti dopo la ricostituzione dell’ordine (1814).

Nel 1793 la Santa Sede approvò segretamente i gesuiti della Russia Bianca e il 17 marzo 1801, con papa Pio VII (1800-1823), il riconoscimento divenne pubblico; nel 1803 fu approvata l’attività dei gesuiti in Inghilterra e il 30 luglio 1804 papa Pio VII ristabilì la Compagnia a Napoli. Il 30 luglio 1814 Pio VII ripristinò la Compagnia di Gesù in tutto il mondo.
L’azione dell’olandese Joannes Philippe Roothaan, preposito generale dal 1829 al 1853, fu di notevole importanza per la ricostruzione dell’ordine. Si ripresero le vecchie attività, con una speciale attenzione verso le missioni e l’educazione della gioventù.

Nel XIX secolo la Compagnia assunse un ruolo preminente di difesa della Santa Sede contro le tendenze laicizzanti e liberali delle nazioni europee e delle ideologie “moderniste” e favorirono notevolmente il processo di centralizzazione delle strutture ecclesiastiche culminato con il concilio Vaticano I (1869-1870) e la proclamazione del dogma dell’infallibilità papale.
I gesuiti dovettero affrontare polemiche particolarmente vive in Italia, dove i rapporti tra Chiesa e Stato erano complicati dalla questione romana e la Compagnia era accusata di essere uno dei principali ostacoli alla realizzazione dell’unità.
Particolarmente significativo fu il generalato di Pedro Arrupe (1965-1983), che resse l’ordine negli anni che seguirono la celebrazione del Concilio Vaticano II (1962-1965): fu avviato un processo di rinnovamento di metodi e di dottrine nell’ambito educativo e missionario.
La spiritualità della Compagnia si fonda sugli Esercizi spirituali ignaziani. Gli elementi fondamentali degli Esercizi sono la contemplazione della vita di Gesù, lo sforzo ad assomigliare sempre più a Gesù nella vocazione personale al servizio della Chiesa. Secondo gli Esercizi l’imitazione di Gesù implica l’assoluta povertà (solo i collegi erano autorizzati ad avere rendite fisse), l’abbandono alla volontà di Dio, manifestato nell’assoluta obbedienza ai superiori, l’umiltà, la mortificazione dell’egoismo e dell’orgoglio, la sopportazione paziente di umiliazioni e offese, della croce e delle persecuzioni.

Fu il gesuita Claude de la Colombière (1641-1682, proclamato Santo nel 1992) a diffondere la pratica dei primi nove venerdì del mese. In stretta connessione alla devozione al Sacro Cuore, a opera del gesuita François-Xavier Gautrelet, nel 1844 nacque in Francia l’Apostolato della preghiera, i cui aderenti si impegnarono a offrire giornalmente preghiere e azioni al Sacro Cuore in spirito di riparazione dei peccati dell’umanità. Il gesuita Henri Ramière fondò il periodico Messaggero del Sacro Cuore, che nel 1912 veniva pubblicato in ventisei lingue diverse.
Il campione originale dell’architettura gesuitica fu la chiesa del Gesù, costruita a Roma tra il 1568 e il 1575, sotto la direzione dell’architetto Jacopo Barozzi da Vignola. La riesumazione della croce latina a scapito dello schema classico, improntata da una mastodontica navata centrale, completata da cappelle laterali inserite al posto delle navate minori, e soverchiata da una grande cupola, consentiva soprattutto di sentire l’oratore, scopo fondamentale della missione gesuitica.
Le tristi note.
I Gesuiti americani del Maryland hanno pubblicato un elenco di circa duecento nomi di preti accusati di abusivismo sessuale ai danni di minorenni, dagli anni ’50 in qua. Uno di loro, padre Neil Mclaughlin, pare abbia molestato bambini nell’arco di trent’anni, tra gli anni ’50 e gli ’80. Le accuse mossegli provengono da Stati come la Pennsylvania, il Maryland, il Massachusetts, New York e Georgia.
Negli ultimi anni si assiste a un notevole e costante ridimensionamento dell’ordine. Al 1º gennaio 2015 l’ordine contava 16.740 membri, con quasi 12.000 sacerdoti.
L’espiazione dei gesuiti di Usa e Canada:
Un mea culpa da 100 milioni di dollari: 100 milioni di dollari di risarcimento ai discendenti dei loro schiavi. A tanto ammonta la cifra che i gesuiti d’America e Canada intendono versare in un fondo dedicato a risarcire i discendenti di uomini e donne posseduti come schiavi circa due secoli fa: per meglio promuovere, spiegano, “la riconciliazione razziale nel paese”.
Nel 1789 la nascita della Georgetown University, prima università gesuitica della nazione, fu finanziata col ricavato delle piantagioni possedute dall’ordine nel Maryland, dove venivano impiegati schiavi donati dai parrocchiani più ricchi. Nel 1838, poi, l’ateneo fu salvato dai debiti sfruttando il ricavato della vendita di 272 persone, cedute alle temibili piantagioni in Louisiana.
Sul fondo, i gesuiti hanno già versato 15 milioni di dollari. Metà del budget annuale sarà destinato a organizzazioni impegnate in progetti di riconciliazione razziale. Un quarto sosterrà con borse di studio l’istruzione di quei discendenti. Una parte più piccola servirà per anziani o infermi.
Immagine di Copertina tratta da Jesuits.