In questa breve rassegna percorrerò soltanto in parte la serie di avvenimenti che interessarono, dal 1915 al 1918, il mese di agosto di ogni anno considerato. Per un auspicabile approfondimento degli argomenti si consiglia la lettura dei testi di cui alle immagini qui di seguito rappresentate.
1915.
Sul fronte carnico. Il Comando del 2° Alpini, con a capo il colonnello Matteo Quaglia, partiva alle ore 21 del 15 agosto 1914 da Cuneo e raggiungeva Tolmezzo due giorni appresso alle ore 11. Qui fissava la propria sede che avrà a durare sino al 12 maggio, giorno in cui il Comando del 2° Alpini si trasferì a Paluzza, centro della Valle del But eletto a residenza del Comando sino al 29 maggio. Al colonnello Quaglia dovevano seguire, al Comando del 2° Alpini, il magg. Vittorio Da Vico dal 20 luglio 1915, il tenente col. Umberto Savorani dal 2 agosto 1915, ancora il neo promosso tenente col. Da Vico dal 19 gennaio 1916 e il col. Savorani dal 7 febbraio 1916. – Il 1° agosto 1915 il 2° Alpini contava una forza di 55 ufficiali, 2.637 Alpini e 477 quadrupedi. (da: AUSSME – Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, 2° reggimento Alpini – Diario Storico Militare, Roma).
Il 5 agosto il maggiore Piglione faceva schierare la 22a compagnia del battaglione Saluzzo (2° Alpini) sul fronte di Cuel Mat a quota 1631, dotandola di una mitragliatrice Gastun. Intanto si facevano sentire le bocche da fuoco della nostra sezione da 149 che, dalle postazioni di Tamai, sparavano sui ricoveri di Waidegger Höhe (m 1.962, circa 2 km a nord di Cima Val di Puartis, in linea d’aria), e quelle della sezione di Varleit che puntavano contro l’artiglieria avversaria di quota 1427. Il frastuono dei pezzi accompagnava le incessanti azioni di pattugliamento volute per riconoscere il terreno e la disposizione delle formazioni nemiche. Fu il sottotenente Besozzi a dirigere una pattuglia della 23a compagnia sul crinale di confine dal quale poté rilevare, in seguito a scambi di fucilate, lavori effettuati dagli Austriaci alla testata del rio Cordin. Lo seguiva, il 9 agosto, la pattuglia in ricognizione del sottotenente Pessano, rientrata sulle proprie posizioni di Monte Pizzul alle quattro del mattino seguente non senza aver tentato una sortita coraggiosa: raggiunta la quota 1907 nei pressi di Cason di Lanza, aveva spinto in avanscoperta tre Alpini che, raggiunto un piccolo appostamento austriaco, vi avevano lanciato alcune bombe a mano. Il frastuono aveva innescato la reazione austriaca con l’accensione di razzi luminosi per rischiarare la zona; la pattuglia del sottotenente Pessano, visto anche l’approssimarsi dell’alba, aveva deciso di rientrare per il costone est del Pizzul. Una pattuglia della 100a compagnia del battaglione Saluzzo, con 14 Alpini comandati dal sottotenente Ghidella, partiva alle 21 del 10 agosto e si spingeva a nord ovest di Maldatschen portandosi a poca distanza dalle trincee austriache tracciate su tre linee a quota 1650. Gli Alpini della pattuglia lanciavano alcune bombe a mano nella trincea inferiore che al momento era sorvegliata da una sola vedetta. Il baccano suscitato faceva accorrere di gran fretta un manipolo di Austriaci che, appostatisi nella trincea superiore, si diedero a sparare colpi di fucile con tutta la foga possibile. Non c’era altro da fare che ritrarsi per evitare di farsi facile bersaglio a quella improvvisa tempesta e così, verso le ore dodici, la pattuglia poté rientrare sulle proprie posizioni senza aver subito perdite.
Ma anche gli Austriaci, per parte loro, non scherzavano in fatto di intrusioni. Nella notte del 16 agosto una pattuglia austriaca si fece viva per intralciare i lavori che la 21a compagnia stava portando avanti nel costruire un trinceramento alla confluenza del rio di Lanza con il rio Malinfier, ma veniva seccamente ricacciata dal fuoco vigoroso dei nostri fucilieri. La notte successiva un’altra pattuglia austriaca riuscì a portarsi tanto in avanti da avvicinarsi a un reticolato teso sugli avamposti della 21a alla confluenza del rio Malinfier con il rio di Lanza. Arrivò al punto di tagliare qualche spezzone di filo spinato, ma fu respinta con forza dai nostri Alpini. Un Alpino della medesima compagnia, rispondente al nome di Ernesto Sacco, che si trovava al posto di combattimento, veniva ferito alla coscia sinistra, nel pomeriggio del 18 agosto, da un proiettile sparato sul fronte Segnale.
Pervenne al battaglione un ordine del Comando di settore che imponeva alla 80a del battaglione Saluzzo di lasciare Costa di Crignis, località ove la compagnia era appostata alle falde del versante meridionale del Monte Zermula, per ridiscendere a Paularo e di là trasferirsi a Tolmezzo dove sarebbe dovuta restare a disposizione del Comando Zona Carnia. All’imbrunire di quello stesso giorno – era il 19 agosto – l’artiglieria austriaca dirigeva una pesante serie di tiri sulle posizioni del fronte Segnale quota 1579, tenuto dalla 21a compagnia. Doveva avere inizio, da quel momento, un periodo di appena tre settimane ma foriero di gravosi lutti per la 21a, a iniziare dal suo comandante. Si scatenava un duello furibondo di bocche da fuoco, perché anche i nostri pezzi di Tamai spargevano morte sulle trincee austriache, tanto che agli Alpini in turno di guardia a Forca di Lanza capitò di udire un inconsueto clamore sollevarsi da quelle trincee, simile a urla e lamenti strazianti di feriti.
Nella notte del 26 agosto, alla confluenza ancora del rio di Lanza con il rio Malinfier, reparti della 21a fecero fuoco a volontà su alcune pattuglie austriache già avvicinatesi in prossimità dei reticolati e le respinsero risolutamente.
(da Mario Bruno, Il Battaglione Saluzzo, 2013)
Sull’Altipiano di Asiago. Di buon mattino i nostri aerei si alzarono in formazione d’attacco coadiuvati dagli alleati, percorsero i cieli di guerra per tutta la giornata del 15 agosto 1918 e bersagliarono obiettivi militari nelle retrovie nemiche. La stessa cosa compivano i dirigibili nelle ore notturne. Colpiti, in volo, precipitavano schiantandosi al suolo un aereo e un pallone frenato avversari. Nel corso di successivi confronti aerei furono abbattuti quattro velivoli e un pallone frenato austriaci.
Il 17 agosto le artiglierie di entrambi i fronti si facevano udire nel fronteggiarsi, con particolare intensità sull’Altopiano di Asiago, nella zona nordovest del Grappa e sul medio Piave. Ancora fecero parlare di sé gli Alpini in alta Valle Zebrù dove una nostra pattuglia sferrò un poderoso attacco a un posto avanzato nemico a 2444 metri di quota costringendone l’intero presidio alla fuga. Nelle notti sul 16 e sul 17 una formazione di dirigibili dell’Esercito e della Marina colpì obiettivi militari nemici nelle retrovie, arrecandovi danni e serio scompiglio. In cielo i nostri aerei abbattevano due velivoli avversari. Nella giornata del 18 una squadriglia di nostri bombardieri sconvolse, con lo sganciamento di due tonnellate di bombe, i campi di aviazione allestiti dagli Austriaci a Livenza.
All’alba del 19 agosto gli Austriaci scatenarono un violento fuoco d’artiglieria e di bombarde. In seguito lanciarono numerose formazioni di fanteria che si mossero da ovest e da nord all’attacco delle nostre posizioni sul Cornone e sulle pendici del Sasso Rosso in Val Meledrio, a sud della Val di Sole. La lotta che si sviluppò ebbe momenti drammatici, essendo i contendenti venuti a uno scontro corpo a corpo che consentì ai nostri di bloccare gli avversari. Fortunatamente i nostri difensori erano appoggiati da rinforzi prontamente accorsi a dare manforte. Poterono così avere la meglio sugli aggressori e respingerli, infliggendo loro nondimeno gravi perdite e catturando un buon numero di prigionieri.
Tutta la fronte, il 19 agosto, rimbombava dei duelli di artiglieria ed era percorsa da reparti armati in esplorazione. Ci furono nostre pattuglie che diedero buon filo da torcere all’avversario molestando seriamente le sue linee avanzate in Valtellina e sulla sinistra del Piave all’altezza di Nervesa. I nostri soldati diedero addosso a tutta una serie di nuclei avversari, mettendoli in fuga, nelle Giudicarie, in Val d’Astico e a nord del Col del Rosso. Altre formazioni nemiche, avvistate in mosse di spostamento nelle retrovie dell’Altopiano di Asiago, vennero battute dai tiri precisi dei nostri militari. E ancora una reviviscenza in zona Grave di Papadopoli dove la perdita di quell’isolotto proprio non lasciava dormire sonni tranquilli ai nostri avversari. Anche questa volta, però, nulla da fare, perché il fuoco delle nostre armi valse a sventare ogni tentativo di rivalsa.
(da Mario Bruno, La Grande Guerra. Dai Balcani a Vittorio Veneto, IBN Editore, Roma 2014)
1916.
La sesta Battaglia dell’Isonzo (dal 6 al 16 agosto 1916) fece registrare un seguito di fallimenti perpetrati dal generale austriaco Conrad von Hötzendorf, nella sfortunata Strafexpedition iniziata il 15 maggio. L’evento esordì con un bombardamento italiano poderoso diretto principalmente contro i nove battaglioni sotto gli ordini di Zeidler, disposti sulla linea Sabotino-Oslavia-Podgora. Lo stesso 6-7 agosto fu preso il Sabotino con gran parte del Podgora. Il San Michele cadde finalmente in mano agli Italiani dopo aver inghiottito 112 mila vittime fra i nostri Combattenti. Anche Gorizia diventò italiana.
La battaglia del Sabotino ebbe inizio il 6 agosto 1916. La vetta fu conquistata dai “Lupi di Toscana”. Il giorno seguente si scatenò il contrattacco delle forze austroungariche, infranto contro la reazione delle nostre truppe, tanto che il generale Boroevic fu costretto a ordinare il ripiegamento della 58a divisione, dopo la perdita di 12 mila uomini sui 18 mila effettivi. Nello stesso giorno cadeva la piazzaforte del San Michele. Dal 9 agosto anche Gorizia era italiana. Nella seconda metà del mese, il 17, gli Alpini si impossessarono del Monte Cauriol che dominava l’intera Val di Fiemme. Negli scontri armati il battaglione Feltre aveva perso 11 ufficiali, di cui uno morto, e 199 combattenti, di cui 26 caduti in combattimento.
Guerra in Macedonia: La 35a divisione rinforzata al comando del generale Carlo Petitti di Roreto si mosse l’8 agosto del 1916 con tre piroscafi: il Gallia, il Duca di Genova, il Regina Elena. Occorsero 31 viaggi per trasportare tutto il contingente da Taranto a Salonicco. Si parlò di 44.000 effettivi, ma potevano essere anche di più, l’equivalente, cioè, di un corpo d’armata. La 35a divisione si componeva delle brigate Cagliari, Ivrea, Sicilia, del 2° reggimento Artiglieria da montagna, del 1° squadrone di Cavalleria Lucca e di una serie di reparti mitraglieri e mortaisti.
(da Mario Bruno, La Grande Guerra. Accadde 100 anni fa, IBN Editore, Roma 2019)
1917.
Guerra in Macedonia. La vita di trincea non conosceva soste: in seguito al colpo di mano eseguito dalla brigata Ivrea il mattino del 31 agosto, a Quota 1050, i reparti dislocati a nordovest di Paralovo e quelli a sud di Vranovci si tenevano nei propri accampamenti pronti a muovere al primo cenno. Cento uomini e un ufficiale delle compagnie 10a e 11a alle venti si trasferirono presso la 35a sezione di Sanità in qualità di ausiliari per l’eventuale sgombero feriti.
Giunse l’ultimo giorno di agosto. Un nostro distaccamento si preparò per effettuare un colpo di mano a Quota 1050.
(da Mario Bruno, La Grande Guerra. Dai Balcani a Vittorio Veneto, IBN Editore, Roma 2014)
1918.
Agosto 1918 sull’Altipiano di Asiago. In Val di Ledro (nordovest del Lago di Garda), mentre svolgeva le consuete attività esplorative, un nostro nucleo si scontrò con un pattuglione avversario. Ne nacque una vivace zuffa che terminò con la fuga degli Austriaci e con la cattura, da parte dei nostri, di alcuni prigionieri. Sul M. Corno e sul Cornone divampavano le esplosioni prodotte dai tiri intensi dell’artiglieria nemica che stava preparando un successivo violento attacco alle nostre linee. I nostri non si lasciarono sorprendere; coadiuvati dall’azione dell’artiglieria si lanciarono al contrattacco in uno scontro che fu invero assai sanguinoso.
Spostandoci più a oriente, oltre l’Altopiano di Asiago, assistiamo a un ardito colpo di mano compiuto dai nostri combattenti sull’Asolone, che portò all’irruzione di sorpresa in un posto avversario e alla cattura di due ufficiali, due graduati e dodici uomini di truppa. In combattimenti aerei venivano abbattuti tre velivoli nemici.
Il cupo brontolìo delle opposte artiglierie si estendeva il 2 di agosto su tutta la fronte. Nella conca di Alano, contrapposta a Valdobbiadene, poco a ovest della grande ansa del Piave, alcune nostre pattuglie sferrarono attacchi contro le piccole guardie avversarie provocando perdite, catturando prigionieri e mettendo in fuga i superstiti. In cielo cadevano a precipizio, colpiti dai nostri avieri, un pallone frenato e sei velivoli nemici.
Nella giornata del 3 agosto non si registrarono grandi eventi nell’attività combattiva. Le artiglierie nostre e alleate concentrarono i tiri sulle retrovie avversarie appostate sull’Altopiano di Asiago, mentre proseguivano le azioni di molestia condotte da nostre pattuglie su tutta la linea del fronte.
Il 5 agosto, sul dosso alto a sud di Nago (oriente di Riva del Garda, immissione del Sarca) si verificarono scontri fra nuclei armati; due ufficiali e alcuni soldati austriaci vennero catturati. L’avversario operava ulteriori tentativi di attacco alle nostre posizioni sul M. Corno, in Vallarsa e in Val Riofreddo, sventati dal fuoco di risposta delle nostre armi. Qualche prigioniero restò in mani nostre. Anche il Cornone fu investito da un attacco sferrato da grossi nuclei nemici, tentativo di lì a poco sanguinosamente respinto. Nella zona del basso Piave prese corso un duello assai pesante fra bombardieri austriaci e nostre artiglierie, prolungatosi per la giornata del 6 agosto, esteso con particolare intensità all’Altopiano di Asiago e ai dintorni del Grappa. I tiri delle nostre batterie colpirono efficacemente, in quel frangente, centri vitali nemici e mandarono a fuoco un deposito di munizioni sul basso Piave. Alcuni reparti esploratori nostri e britannici insidiavano le linee nemiche sull’Altopiano di Asiago, mentre altre nostre pattuglie si impossessavano di abbondante materiale bellico abbandonato dagli avversari sugli isolotti del Piave. Le condizioni atmosferiche si presentavano favorevoli alle incursioni aeree di apparecchi nostri e alleati e di dirigibili. Furono abbattuti in giornata sei velivoli avversari e un pallone frenato.
Nella notte sul 7 agosto subimmo una tempesta di tiri di preparazione, per fortuna di breve durata, alla quale seguì l’avanzata delle fanterie avversarie con l’intenzione di raggiungere le posizioni da noi occupate sul Cornone. Si misero in azione le nostre artiglierie e si mosse al contrattacco la nostra fanteria con una determinazione tale da sventare ogni conato nemico di sfondamento.
Il mattino del 7 agosto il cielo andava aprendosi sui campi di battaglia, inondato dal solito rombo delle artiglierie che, da un fronte e dall’altro, non avevano dato tregua neppure durante le ore notturne. Le nostre batterie continuarono in giornata a fare fuoco: colpirono centri di attività nemici e colonne di autocarri in movimento lungo la Val Lagarina, in Vallarsa e nella conca di Asiago; riuscirono inoltre a raggiungere con i loro tiri micidiali colonne e carreggi in movimento nelle retrovie dell’Altopiano di Asiago. Fra la Val d’Astico e il Brenta per tutto l’Altopiano di Asiago le nostre pattuglie diedero vita ad azioni di molestia contro le linee avanzate avversarie coronando di successo i ripetuti tentativi, causando perdite al nemico e catturando alcuni prigionieri. In cielo venivano abbattuti sei aerei austriaci.
Il nostro saliente del Col del Rosso, sull’Altopiano di Asiago, aveva subìto, già nel primo mattino dell’8 agosto, per due volte consecutive l’assalto sferrato da reparti avversari, dei quali tuttavia riuscì ad avere ragione dopo aver sviluppato un invalicabile fuoco di sbarramento. Le nostre artiglierie dirigevano concentramenti ben aggiustati su vari tratti della fronte, accompagnati da ardite azioni delle nostre pattuglie che arrivarono a infliggere sensibili perdite agli avversari. In cielo continuavano le imprese attuate dai dirigibili dell’Esercito e della Marina, con bombardamenti sugli impianti militari edificati dagli Austriaci a Pola, nella pianura veneta e nei dintorni di Trento. Nei combattimenti d’aria venivano abbattuti due aerei avversari.
il 16 agosto 1918 l’antiaerea austriaca riusciva ad abbattere un aereo “Caproni”. Il 21 le difese imperiali sventarono un attacco di aerei italiani a un pallone frenato, mentre il 24 del mese in un duello aereo velivoli austriaci abbatterono un pallone frenato italiano. Tra il 29 e il 31 agosto reiterati attacchi aerei alleati prendevano di mira altri palloni frenati, ma il velivolo attaccante fu infine abbattuto.
Il 17 agosto le artiglierie di entrambi i fronti si facevano udire nel fronteggiarsi, con particolare intensità sull’Altopiano di Asiago, nella zona nordovest del Grappa e sul medio Piave. Ancora fecero parlare di sé gli Alpini in alta Valle Zebrù dove una nostra pattuglia sferrò un poderoso attacco a un posto avanzato nemico a 2444 metri di quota costringendone l’intero presidio alla fuga. Nelle notti sul 16 e sul 17 una formazione di dirigibili dell’Esercito e della Marina colpì obiettivi militari nemici nelle retrovie, arrecandovi danni e serio scompiglio. In cielo i nostri aerei abbattevano due velivoli avversari.
Nella giornata del 18 una squadriglia italiana di bombardieri sconvolse, con lo sganciamento di due tonnellate di bombe, i campi di aviazione allestiti dagli Austriaci a Livenza.
All’alba del 19 agosto gli Austriaci scatenarono un violento fuoco d’artiglieria e di bombarde. In seguito lanciarono numerose formazioni di fanteria che si mossero da ovest e da nord all’attacco delle posizioni da noi tenute sul Cornone e sulle pendici del Sasso Rosso in Val Meledrio, a sud della Val di Sole.
(da Mario Bruno, La Grande Guerra. Dai Balcani a Vittorio Veneto, IBN Editore, Roma 2014)
L’Undicesima Battaglia (dal 17 agosto al 12 settembre 1917) condusse alla conquista dell’Altopiano della Bainsizza per merito dell’avvedutezza tattica dimostrata dal Generale Caviglia. Fu per l’Esercito italiano un grande successo, quand’anche non si fosse riusciti a penetrare definitivamente oltre la linea austriaca. Pur tuttavia i risultati conseguiti erano tali da poter fare ben sperare. Le attese, già abbastanza promettenti, furono però tradite da una serie di errori strategici che avrebbero portato a ben più gravi conseguenze. Per intanto le riserve di proietti d’artiglieria si erano sensibilmente assottigliate negli scontri avvenuti sino alla Bainsizza.
Il 25 agosto 1918 le artiglierie alzavano il tono presso Cima Cadi, poco a nord di Edolo, sul Bosso Alto e sul Montello. Una formazione di aerei nemici sorvolò la città di Padova e la colpì con bombardamenti. Per fortuna nessuna vittima fra i civili ed esclusivamente lievi danni agli edifici.
Per tutta la giornata del 26 agosto vediamo pattuglie in piena attività di ricognizione in più parti dei territori occupati. Inglesi e Francesi si spinsero sull’Altopiano di Asiago compiendo incursioni nelle trincee nemiche e facendo un bel numero di prigionieri, intanto che nostre pattuglie avanzavano all’interno degli schieramenti avversari e realizzavano bottini di guerra con prigionieri, armi e materiali catturati nella zona del Monte Grappa e sull’isolotto del Piave. A settentrione del Monte Tomba, all’altezza di Valdobbiadene ma sulla sponda destra del Piave, si verificò uno scontro fra gruppi armati, conclusosi con il ripiegamento degli avversari.
Giunse il 27 agosto 1918 e il battaglione Saluzzo ricevette il cambio sulle proprie posizioni dal battaglione Monte Pasubio. Il trasferimento era per Cepina, poi, per la fine di agosto, a Grosio e al Mortirolo dove, sino ai primi giorni di settembre, gli Alpini attraversarono un periodo dedicato alla riorganizzazione dei quadri, alla cura della pulizia, alle istruzioni e alle esercitazioni. Ancora trasferimenti negli ultimi giorni di settembre, prima a Pontagna a circa due chilometri da Ponte di Legno in Val Camonica, poi a Lago Negro nei pressi del passo Gavia.
Colpi di molestia, il 30 agosto, erano diretti su alcuni tratti del settore montano e lungo il corso del Piave. Pattuglie d’assalto nemiche si misero in mostra con tentativi di irruzione e colpi di mano nell’alta Valle dello Zebrù, altrove sulla destra dell’Adige e, più a lato, in Vallarsa, al Col del Rosso e in zona Grappa. Furono da subito costrette a un confronto ravvicinato con i difensori dei nostri posti avanzati. Arrestate e volte in fuga, lasciarono numerose vittime sul campo. I nostri si spinsero all’inseguimento e riuscirono a catturare alcuni prigionieri. Nella parte meridionale di Asiago, intanto, un reparto britannico s’incuneava nelle linee avversarie arrecando notevoli perdite, portando distruzione e prelevando un buon numero di prigionieri. Partivano rombando dalle piste d’aviazione i nostri aerei: affiancati da altri alleati, si dirigevano in Conca di Vezzena, a nord della Val d’Astico, bombardando copiosamente le postazioni avversarie sull’Altopiano di Lavarone e mitragliando a bassa quota colonne di autocarri. Nel corso di arditi combattimenti dell’aria venivano abbattuti due aerei nemici.
Nella mattinata del 31 agosto squadriglie nostre e alleate, mantenendo il volo a quota bassissima, bersagliarono con efficace precisione una serie di impianti ferroviari in mano agli Austriaci e poco più tardi colpirono le prime linee e le retrovie avversarie.
Sul Monte Maio, a nordest del Pasubio, era insediata una posizione nemica. Una formazione di nostre pattuglie d’assalto, muovendosi l’ultimo giorno di agosto dalla conca di Pòsina, non molto distante dal luogo prescelto, si portò nei pressi e con ardimento vi irruppe penetrandovi in profondità e ingenerando pesanti perdite a danno del gruppo di armati che la presidiava.
(da Mario Bruno, La Grande Guerra. Accadde 100 anni fa, IBN Editore, Roma 2019)
Immagine di Copertina tratta da Turismo FVG.