Personaggi illustri a Bagnolo Piemonte – Parte 2 di 3

Risiedo a Barge, quindi mi ritengo Bargese a tutti gli effetti. Tuttavia la maggior parte della mia vita l’ho trascorsa altrove, nel Comune di Bagnolo Piemonte, dove trapiantai parte delle mie radici. Sono infatti nativo di Cuneo, la città dove vissi per 30 anni: qui a Barge ci sono da 17 anni, ma a Bagnolo Piemonte risiedetti per complessivi 36 anni, come insegnante elementare nelle Scuole del Comune. Per questo sento ora il bisogno di volgere a Bagnolo Piemonte un tributo di deferenza, di amicizia e di simpatia accingendomi a parlare di alcuni personaggi di spicco che in Bagnolo lasciarono tracce bellissime della loro vivacità culturale, sportiva e di spettacolo.

Sono sette personaggi, di cui due donne alle quali ho riservato le ultime righe per concludere in bellezza questa presentazione.

È DI BAGNOLO PIEMONTE IL CULTORE DELLA MUSICA E DELLE PASSIONI GEORGICHE

A chi si fosse trovato a passare per via delle Cave, appena lasciato il complesso abitato di Bagnolo Piemonte, sulla rotabile che conduce al Villar e al Montoso, sarebbe potuto succedere talvolta di attardarsi, richiamato dalle note squillanti di una tromba che, a cielo aperto, diffondeva note vibranti sull’aria di “Piemontesina” e intonava con ieratica compostezza un riflesso “Silenzio fuori ordinanza”.

Era Emilio Genovesio, conosciuto fra i bagnolesi come “Jeto” (pron. Jetu). Il suo amore per la musica, coltivato fin dall’età giovanile e disciplinato da un biennio di studi presso il Conservatorio, incontrò occasioni opportune per concretizzarsi in un programma di iniziative che ebbero indubbia risonanza sul piano della crescita sociale nella comunità bagnolese. La Banda Musicale, di cui Emilio Genovesio si fece interprete organizzatore, data le sue origini all’ormai lontano 1945. In quel periodo, caratterizzato dall’epilogo di rivolgimenti storici a tutti ben noti, la Banda Musicale già sfilava, per le vie di Bagnolo Piemonte e dei vicini capoluoghi comunali, in una ricca serie di manifestazioni, in particolare per la commemorazione di eventi legati alla Resistenza partigiana.

Un rapido balzo in avanti nel tempo portò Emilio Genovesio, nel 1984, a optare per la costituzione di un nuovo Complesso Bandistico in Bibiana (TO) e, successivamente, in Cavour (TO). Ma “Jeto” non era solo l’uomo della genuina, competente espressione musicale a Bagnolo Piemonte. Egli dimostrò parallelamente uno spirito progressista in argomento di agricoltura locale. Il suo interesse per la vita e per il lavoro dei campi lo indusse a maturare cognizioni e convinzioni, in grazia anche di ripetute visite personalmente effettuate alle colture sorte in Trentino-Alto Adige, efficacemente utilizzate in concrete proposte di innovazioni produttive e associative. Da questo fermento di idee e di propositi prese corpo la necessità di garantire assistenza tecnica senza soluzione di continuità ai Comuni con vocazione frutticola. Fu per l’appunto a seguito degli accordi stipulati nel corso di un’assemblea tenuta a Barge nel 1950 e presieduta dal Prof. Carlone (direttore dell’Ufficio Agrario di Torino) con il concorso del Perito Agrario Moschetti e del Dottore in Agraria Bollati, che ebbe vita il Consorzio Frutticoltura Piemonte Ovest (CIFOP) con la partecipazione del Comuni di Bagnolo Piemonte, Barge e Cavour.

Vediamo ancora attivo, nel 1956, “Jeto” con la fondazione della Cooperativa Ortofrutticola di Bagnolo (COB) della quale il nostro cultore della melodia, epigono ammirato di Febo (come Apollo, dio della musica, splendente, luminoso, puro) e di Hathor (dea della musica, della danza, della gioia, dell’amore, della bellezza), si prese cura per un periodo di tredici anni durante i quali ben 127 giovani ebbero modo di apprendere l’arte della potatura e della conduzione moderna e razionale dei frutteti.

Fu ancora nel corso degli anni ’60 che “Jeto” prese la determinazione di coinvolgere un centinaio di piccole aziende agricole stimolandone le potenzialità associative verso l’obiettivo di realizzare un lago artificiale (il lago di Rossano), con funzioni irrigue, nei pressi di Bagnolo Piemonte e di edificare, su un piano collaborativo, la struttura che in seguito doveva dar luogo alla nascita della Stalla Sociale in località Rossano di Bagnolo-Villar.

Infine pervenne a Emilio Genovesio il meritato riconoscimento di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitogli con onorificenza del Presidente della Repubblica Italiana in data 27 dicembre 1988 e confermato con comunicazione Camera dei Deputati.

Per il pubblico riconoscimento a Jeto di Bagnolo Piemonte in merito al cavalierato conferitogli dal Presidente della Repubblica fu organizzata una festa a Cavour il 17 giugno successivo, per iniziativa del direttivo della Banda musicale cavourese che Jeto dirigeva e con il patrocinio della Pro-loco.

Emilio Genovesio si dichiarò a ragione molto soddisfatto del riguardo usato, in tale ricorrenza, alla sua intensa attività creativa e propositiva nel campo della musica, dell’agricoltura, della cooperazione: “È un segno tangibile – disse – che qualcuno si ricorda, nel mezzo del dilagante mare della dimenticanza che tutto appiattisce, nella corsa frenetica che oggi si consuma verso il progresso e il protagonismo a ogni costo, di chi con umiltà ha voluto spendere tempo ed energie per dare impulso alla produttività e alla cultura partendo, per così dire, da zero. È una cosa molto bella, toccante, un’occasione indimenticabile per incontrare ancora una volta i vecchi cari amici”.

Il programma del 17 giugno prevedeva un esordio con “musica in piazza”, a Cavour, con concerti organizzati da vari complessi bandistici. Nelle ore serali, la proposta di un interessantissimo saggio musicale di ragazzi dagli 8 ai 15 anni che fecero vibrare i loro strumenti musicali, accompagnati da simpatiche orchestrine.

SONO TUTTE IN PEZZO UNICO LE CREAZIONI DI “ALBANO”, SCULTORE DI BAGNOLO PIEMONTE

In un angolo appartato fra il verde e la quiete di un greppo alle falde dei primi rilievi collinari di Bagnolo Piemonte viveva Albano Nardi, noto più semplicemente come “Albano”, profonda figura di artista in materia di creazioni scultoree.

La stradina, stretta e tortuosa, che conduce alla sua abitazione, termina presso una residenza assai modesta ma dignitosa, la “stamberga” come usa definirla Albano, con un piccolo cortile sul davanti e pochi essenziali arredi. L’impressione che subito si riceve è quella di una dimensione esistenziale beata e felice, un’impressione che presto sfuma nella constatazione di una più realistica solitudine appesantita da un diffuso stato di isolamento e quasi di disagio sociale. A maggior ragione quando, parlando con l’artista, ti rendi piano piano conto che hai di fronte a te una personalità semplice e ricca, umile e sublime allo stesso tempo.

Albano, esprimendosi con timbro caldo, sicuro, accompagnato da quella fierezza e da quella trasparenza di intenti che costituiscono ampiamente l’identità ontologica della “gente” veneta, ama molto ricordare i tempi lontani quando, in quella terra vicentina che gli diede i natali ottant’anni addietro, dopo un periodo di apprendistato in laboratorio, consumato a San Giorgio delle Pertiche (Padova) nella età della sua adolescenza, intraprendeva lunghi spostamenti a cavalcioni della mitica bicicletta “tre fucili” per restaurare piloni, chiese, santuari e curare lavori fini di doratura. Albano, fra l’altro, conosciuto per essere amante e cultore di talento della musica e del canto, conserva più che mai vivo un amore tutto particolare per la montagna nelle sue rimembranze di alpinista e di sciatore sulle vette del Tirolo.

Il contributo che Albano ha dato al patrimonio artistico della nostra Regione è ragguardevole: il genio dello scalpello ha operato per lo splendore di numerosi monumenti torinesi, uno fra tutti il Palazzo Reale che annovera la sua presenza in un ciclo di interventi. Dappertutto Albano ebbe modo di esibire la propria maestria e il proprio estro creativo per restauri, sculture e particolari di mobilio.

Una breve sosta fra alcuni degli innumerevoli lavori usciti dalle sue mani, tutti in legno e in pezzo unico, ci lascia ammirati e assorti: ora possiamo vedere un bellissimo busto di alpino, ora un altro busto in ontano di un “signore americano”, poi una deliziosa antilope in mogano, una statuetta di un “Canta Pierrot” densa di sentimento, un cavaliere che procede a dorso di mulo e svariati pannelli con rilievi originalissimi.

Di tutta attrazione è un levriero ricavato in soluzione unica da una pietra bianca che Albano ebbe occasione di rinvenire sui Colli Euganei. Ma quando giungi a posare gli occhi su una “Santa Cecilia”, estratta da un ceppo di acero, nell’atto di suonare un organino, non li rimuoveresti più: non sai spiegartelo, ma incontri una sensazione inusitata nel seguire l’intreccio plastico dei movimenti emanati dai tratti felicemente composti, dalle curve aggraziate e morbide, dalla posatura delicata e silente di quel piccolo piede sul libro inerte, dallo sguardo pensoso, sommesso, sfuggente e arcano che si perde in un fantastico motivo  musicale.

Albano, nella sua situazione attuale, verosimilmente ignorato nei suoi valori personali etici ed estetici, non dispone nemmeno di un laboratorio, ma, quando qualche giovane si rivolge a lui per un consiglio, è capace di improvvisare, raffazzonando con dissimulato ingegno quattro poveri oggetti, una creazione straordinaria. E con i suoi sedici lustri di vita creativa è ancora in grado, sulla vena del suo entusiasmo e della sua dinamicità, di dare un corpo alla fervida immaginazione che serba nel silenzio degli strati più intimi del proprio essere, realtà di spessore formativo, questa, troppo preziosa perché il nostro stesso contesto sociale ne ignori la potenziale portata educativa sul piano delle promozioni culturali.

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