La seconda Armata: Sguardi fugaci sulle Armate della Grande Guerra

Sul fronte Medio Isonzo, nell’agosto del 1917, la 2a Armata presidiava il tratto che dal Monte Rombon si prolungava fino alla confluenza del Vipacco con la Vertojbica. La comandava il ten.generale Luigi Capello, coadiuvato dal col.brigadiere Silvio Egidi allo Stato Maggiore.

Il IV corpo d’Armata copriva il settore dal Rombon a Costa Raunza, sotto il comando del ten.gen. Alberto Cavaciocchi. Capo dello Stato Maggiore era il col. Giorgio Boccacci. In zona di Plezzo, dal Rombon al Veliki vrh escluso, era schierata la 50a divisione agli ordini del magg.gen. Giovanni Arrighi affiancato dal capo di Stato Maggiore Mario Roatta. La 50a divisione comprendeva i battaglioni alpini Borgo San Dalmazzo e Dronero. Oltre alla 50a divisione, altre tre erano annoverate nel IV corpo d’Armata: la 43a del ten.gen. Angelo Farisoglio, la 46a al comando del ten.gen. Giulio Amadei, la 34a capeggiata dal magg.gen. Luigi Basso. Il settore di competenza si estendeva dal Rombon a Dolje. Veniva inoltre compresa la brigata Friuli con i reggimenti Fanteria 87° e 88° e con due compagnie mitragliatrici.

Il VII corpo d’Armata si schierava in second’ordine dal Matajur al Gbobočak. Ne era a capo il magg.gen. Luigi Bongiovanni. Ne facevano parte la divisione 3a del ten.gen. Ettore Negri di Lamporo e la 62a capeggiata dal magg.gen. Giuseppe Viora.

Il XXVII corpo d’Armata, agli ordini del gen. Pietro Badoglio, deteneva la responsabilità relativa al tratto che da Dolje raggiungeva la località di Breg. Il capo di Stato Maggiore era il ten.col. Giulio Pellegrini. Era composta dalle divisioni 19a del magg.gen. Giovanni Villani, dalla 22a al comando del magg.gen. Gianbattista Chiossi, dalla 64a al comando del magg.gen. Vittorio Fiorone e dalla 65a con a capo il magg.gen. Guido Caffaro. Il corpo d’Armata disponeva in riserva della brigata Puglie comandata dal col.brigadiere Tullio Papini e composta dai reggimenti Fanteria 71° e 72°.

Sull’Isonzo gli schieramenti italiani facevano affidamento su 570 battaglioni di Fanteria (circa mezzo milione di uomini) fronteggiati da 383 battaglioni avversari. La 2a Armata poteva disporre di 25 divisioni (circa 370.000 uomini) su 9 corpi d’Armata ossia 25 divisioni, 61 brigate e 350 battaglioni, per il presidio di un fronte della lunghezza di 50 chilometri all’incirca. La maggior parte delle forze della 2a Armata andavano a costituire una sottile sequenza di trinceramenti che percorreva la linea montana a partire dal Rombon per proseguire in direzione del Monte Nero, oltre la dorsale del Mrzli, e spingersi verso il Monte Santo e il San Gabriele al di là della Bainsizza. La dislocazione delle forze non era tuttavia delle migliori, in quanto la maggior parte dei battaglioni di Fanteria sostava in prima linea, ma si trovava priva di un saldo sistema difensivo in profondità. Da immaginarsi pertanto una possibile catastrofe qualora la debole consistenza delle difese italiane avesse ceduto a un attacco improvviso da parte delle armate austriache.

Il generale Capello, ai vertici della 2a Armata, verso il 20 ottobre 1917 aveva ricevuto precisi ordini dal capo dello Stato Maggiore Esercito, generale Luigi Cadorna: avrebbe innanzitutto dovuto togliersi dalla testa l’ambizioso progetto di avanzata offensiva in grande stile dell’intera Armata, per dedicarsi piuttosto ad allestire una forte difesa sorretta dal tentare continui contrattacchi che avrebbero dovuto avere carattere esclusivamente locale. Le possibilità di successo non sarebbero mancate, garantite da ben 338 battaglioni. Ma Capello coltivava l’intenzione di scatenare una potente controffensiva. La 2a Armata, infatti, si era posta come obiettivo primario la conquista dei tre Monti attorno a Gorizia: il Monte Santo, il San Gabriele e il San Daniele nella previsione di uno sfondamento da sferrare sulle linee avversarie di Plava.

Il Monte Santo, preso con atti di puro valore dall’8a divisione della 2a Armata dopo due giorni di lotta spietata, verrà ricordato per un episodio coraggioso e singolare: sulla cima si portò un complesso bandistico che, diretto dal maestro Arturo Toscanini, interpretò con vigore l’esecuzione di alcuni brani patriottici. Era il 26 agosto 1917. Sorte assai diversa toccò invece al San Gabriele, preso di mira dall’artiglieria della 2a Armata che, nel giro di tre giorni massacranti, ne distrusse la sommità divellendone la conformazione orografica per una profondità di dieci metri, senza tuttavia che si fossero raggiunti esiti favorevoli per le nostre truppe.

In seguito alla nefasta disavventura della caduta del fronte da Tolmino a Caporetto il 24 ottobre 1917, la 2a Armata si trovò in una situazione di netto svantaggio allorché, sei giorni dopo la disfatta, si trattava di trovare una via di fuga per completare con le migliori garanzie di successo la vera e propria valanga dei ripiegamenti.

Successe infatti che alla 3a Armata del Duca d’Aosta fossero stati assegnati i passaggi più sicuri per l’attraversamento del Tagliamento, cioè i ponti della Delizia, di Mandrisio e di Latisana. Per l’evacuazione delle truppe della 2a Armata erano rimasti passaggi dislocati e raggiungibili con non pochi disagi, su un percorso irto di difficoltà. Si trattava dei ponti di Bonzico, di Pinzano, di Pontajba e di Cornino. Da tale incongruenza previsionale derivarono la confusione e il caos che vennero a ingenerarsi sulle strade di affluenza.

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