Quei tristi giorni di fine gennaio

Stava esaurendosi il mese di gennaio 1943. File lunghissime di nostri Combattenti si snodavano sulla strada del ripiegamento dalla steppa russa, fra mille insidie e mille sofferenze.

Ancora uno scontro feroce con alcuni mezzi corazzati russi, ancora altre gravi perdite per gli Alpini. La notte del 25 erano a Malajewka; il 26 a Voronowka. In quest’ultimo centro, dopo essere stata bersagliata dai tiri degli aerei russi alzatisi in volo dal campo di Valujki, la colonna venne scissa in due gruppi dei quali, il giorno 27 gennaio, uno puntò su Roshdestweno, l’altro su Valujki, sette chilometri oltre. Gli uomini avanzavano con i piedi nella neve profonda, a quaranta gradi sotto zero, insidiati, dall’alto, dalle raffiche dell’aviazione russa. Roshdestweno era la destinazione del battaglione Saluzzo che, in posizione di avanguardia, sacrificò in quella località un gruppo di Alpini della 22a compagnia insorti con vigoria sovrumana, all’arma bianca, contro un reparto cosacco che, superiore in forze, li sterminò miseramente lasciando in condizioni disperate un esiguo numero di sopravvissuti. Valujki era stato l’oggetto di un terribile inganno dovuto a un ordine probabilmente camuffato con astuzia, che avrebbe fatto cadere inesorabilmente gli Alpini in una trappola dalle dimensioni devastanti. Pochi riuscirono a salvarsi da quell’infernale palude e a raggiungere dopo immani sforzi i reparti della Tridentina che si trovavano più avanti sulla via del ritorno.

Il generale Battisti (vedi foto qui a lato) fu circondato da truppe russe, ebbe il tempo di rivolgersi al capitano Fortunato Amico, che stava lì presso tenendo in mano due bombe a mano, sollecitandolo a sbarazzarsi in fretta e furia di quegli ordigni e, con altri tre ufficiali, venne preso prigioniero. I tre generali catturati a Valujki erano: Battisti della Cuneense, Ricagno della Julia e Pascolini della Vicenza. Il 28 gennaio 1943 furono trasferiti a Bobrow, seguirono varie peripezie e furono sottoposti a frequenti interrogatori in varie carceri (Butiskaja, Mosca, Lubjanka, Susdal, Vojkovo, Voronež, Kiew). Soltanto molto tempo dopo, il 15 maggio 1950, vennero consegnati all’Ambasciatore italiano a Vienna e il giorno seguente ottennero di raggiungere Tarvisio.

Il gen. Alberto Massa Gallucci riferisce dell’incontro con il gen. Battisti e gli altri prigionieri: “Un mattino fummo raggiunti da oltre duecento ufficiali tedeschi catturati sul fronte di Stalingrado. Con i tedeschi arrivarono alcuni nostri generali: Battisti della Cuneense, Ricagno della Julia, Pascolini della Vicenza”. A quell’epoca, il 21 aprile 1943 e nel tempo che seguì, il gen. Massa si trovava poco distante dal centro di Wladimiro, internato nel campo 160 che sorgeva nei pressi dell’abitato di Susdal. Più avanti, nella rievocazione dei momenti di prigionia, il gen. Massa narra di un altro incontro a distanza avvenuto con il gen. Battisti, questa volta all’inizio del 1949, trascorsi sei anni, nel carcere di Voronež: “Un mattino, dalla finestra della mia cella, vidi passeggiare nel cortile un uomo dal pizzetto bianco. Era il generale Battisti, comandante della divisione Cuneense. Non lo vedevo da sei anni. Con gli altri due generali, Ricagno e Pascolini, aveva avuto una vita dura anche lui, specialmente all’inizio. Appena catturati erano stati trasportati a Mosca e chiusi nelle celle della Lubianka per tre mesi. Non riuscii a parlargli direttamente, ma ebbi notizie per mezzo del tenente colonnello Russo, che lo aveva incontrato.” Nel suo libro (Massa Gallucci gen. Alberto, NO! Dodici anni prigioniero in Russia, Rizzoli, Milano 1958) il gen. Massa accenna anche ad alcuni internati cappellani militari, fra i quali don Turla, il cappellano del battaglione Saluzzo.

Un Cimitero della divisione Cuneense ad Annowka, Russia, dicembre 1942. Visibile la tomba dell’Alpino Luigi Brangero del battaglione Borgo San Dalmazzo

Ulteriore sforzo per sfondare l’accerchiamento fu prodigato dal magg. Carlo Boniperti al comando del batt. Saluzzo, ma senza esito, anzi con forti perdite tra gli Alpini del battaglione. Il cappellano del battaglione, don Guido Maurilio Turla, racconta essersi avvicinato, in quel momento, un carro armato russo gremito, all’esterno, di armati. A quella vista il magg. Boniperti intimava ai suoi Alpini di gettarsi ventre a terra e di fare fuoco su quei militari che, colpiti dai tiri precisi, a uno a uno caddero nella neve. La reazione rabbiosa del semovente si riversò tosto sui nostri operando un’ulteriore strage. Ma, come testimoniò don Turla, si alzarono da terra due Alpini, erano toscani, della 21a compagnia del Saluzzo, si spinsero animosamente fin sulla torretta del carro e riuscirono a gettarvi dentro alcune bombe a mano immobilizzando all’istante il mezzo corazzato. Non si sono mai sapute le generalità di quei due ardimentosi, veri eroi i cui nomi continuano purtroppo a restare nell’ignoto.

 Non erano insolite le sortite arditissime di contingenti del battaglione Saluzzo, come parimenti coraggiosa fu quella del tenente Piero Menada: seguito da altri due ufficiali, da un gruppo di Alpini della 21a compagnia del battaglione Saluzzo e da altri combattenti che vi si erano riuniti, Menada si gettò allo sbaraglio nel tentativo disperato di creare un varco d’uscita da quella trappola di morte, tentativo purtroppo vanificato dalla preponderanza delle forze avversarie e conclusosi con la cattura di tutti quei valorosi.

Al nuovo giorno che si accendeva all’orizzonte, il 28 gennaio 1943, si presentava con stoica mestizia una divisione Cuneense dissanguata, ridotta allo stremo, dopo dodici giorni e undici notti di ripiegamento, superato un percorso di 200 chilometri, per qualcosa come 182 ore di marcia alla media di undici ore al giorno, ridotta al 20% della forza di fanteria e al 50% dell’artiglieria. Valujki si era dimostrata la morsa letale che nessuno avrebbe osato immaginare. L’intero corpo d’armata alpino, stando ai dati rilevati dall’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, perse 41.010 uomini tra caduti e dispersi, dei quali 1.290 erano ufficiali.

Erano partiti speranzosi e vocianti su 200 convogli. Tornarono avviliti, distrutti nel fisico e nel morale, con appena 17 treni.

La Cuneense rientrava con la desolante cifra di 1.607 uomini sui circa 16.000 che erano partiti. Il 2° reggimento Alpini raggiungeva la triste soglia di 208 di cui 3 ufficiali, 10 sottufficiali e 195 fra graduati e Alpini. Altri dati informativi si ricavano da una pagina web che tratta “4divisione alpina Cuneense – Campagna di Russia – Ripiegamento dal Don – Gli ultimi giorni della Cuneense: 17-28 gennaio 1943”: erano trascorsi dieci giorni di ripiegamento, costati 200 chilometri di marcia in condizioni impossibili e la dolorosissima perdita di 13.990 Alpini – di cui 390 ufficiali – sul contingente iniziale di 20.460.

(Estratto da Bruno Mario, Il Battaglione Saluzzo, Barge 2013)

Immagine di copertina tratta da Turismo FVG.

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