10 Novembre 2013. Palcoscenico politico in Italia. Siamo in tema di Congresso del Partito Socialista Europeo. Il segretario del Pd, Epifani, sostiene doversi organizzare le sedute a Roma, e qui si innesca e da qui parte una nuova polemica: Fioroni e gli ex popolari annunciano battaglia e ammoniscono che lo scioglimento della Margherita è annullato perché la non adesione al Pse era clausola risolutiva. Ribatte Pittella, vicepresidente del Parlamento Ue e candidato alla segreteria: Fioroni è un provocatore, il Pd entri in Pse. Prodi comunica che non voterà nelle primarie del Pd. Epifani sostiene che è giusto lo stop del tesseramento del partito dopo le segnalazioni di alcune irregolarità. Cùperlo: non vogliamo Pd più piccolo. – Renzi: tocca a noi cambiare il Paese. – Nella legge di Stabilità 2014 un record di emendamenti: 3.093.
Viene d’obbligo una prima riflessione. Questo è il modo di fare politica, come un agitarsi per questioni astratte, diafane, fragili ed effimere, dibattute dentro una bolla di sapone, inerenti esclusivamente alle posizioni ideologiche di questo o di quello, posizioni malsicure che vengono difese sotto la falsa apparenza dell’interesse del Paese, ma che non escono dalla bolla, servono solo a far intendere, a chi crede di saper intendere, che la classe politica sta facendo un gran lavoro, ma nella realtà si agita soltanto per salvaguardare le proprie posizioni acquisite e l’insieme dei privilegi che a quelle fanno seguito. I grossi problemi, la vera minaccia al di là della bolla di sapone, sono lasciati a se stessi. E intanto dal 2008 quattrocentomila autonomi hanno chiuso e il 37% dei giovani italiani è costretto ai chiedere aiuto ai genitori per arrivare alla fine del mese.
18 Novembre 2013. Mentre sul terreno reale i problemi si inaspriscono e si moltiplicano, i politici italiani si scontrano con il motto “vincere” abusato da ogni parte. Il Pdl si divide fra il nuovo Centro destra di Alfano e i moderati di Berlusconi. Il Pd si divide sul caso Cancellieri che è invitata a dimettersi dopo le telefonate ai Ligresti, mentre si discute sulla possibilità di una mozione di sfiducia del Pdl nei suoi confronti. Intanto nel Pd scoppia la guerra di cifre sulle percentuali di voti ai candidati alla segreteria del partito, con valutazioni contrastanti tra Renzi, Cuperlo e altri. Schifani, senatore del Centro-destra, si preoccupa di recuperare i 6 milioni di voti persi dal Pdl nelle ultime elezioni. Tutto ciò mi induce a riflettere: la prima preoccupazione dei politici, sembra di capire, è soltanto quella di sopravvivere sulla poltrona conquistata e di consolidare il potere acquisito.
Nei discorsi dei politici si sentono ripetutamente usare espressioni del tipo “la nostra linea di condotta politica ci porterà alla vittoria, vinceremo, tizio-caio-sempronio li dobbiamo mandare a casa”, espressioni che rievocano le non troppo remote invettive farneticanti di un sistema dittatoriale che portò l’Italia allo sfacelo. Mi domando: i politici non sono coloro che hanno accettato un incarico per far funzionare bene il sistema di vita del Paese? E, allora, che bisogno hanno di ricorrere a termini come “vittoria, vinceremo”? Non siamo in campo per una partita fra squadre rivali, siamo per occuparci di ciò che non va e per trovare i modi adeguati a porvi rimedio in modo da rendere più vivibile l’esistenza di ognuno. Declamando “vinceremo” non si fa altro che puntare all’occupazione di un posto di potere dal quale poter godere di lauti benefici e agevolazioni, guardare dunque dall’alto in basso, mai “al basso”, perché lo sforzo politico finisce lì e, con lo sforzo politico, ogni volontà di interessarsi delle sorti del Paese.
Do un’occhiata intorno: mi trovo di fronte agli esponenti delle forze politiche più in vista al momento, Pd e FI, che “lavorano” per sciogliere i “nodi” dell’Italicum, il progetto di riforma elettorale basato sull’intesa tra Renzi e Berlusconi. Ecco, allora, uno dei più forti centri d’interesse, il premio di maggioranza, sempre quello, per l’accesso al quale viene stabilita una soglia al 37-38%. Segue, subito dopo, la proposta di reintrodurre la norma Salva Lega. Nessuna modifica, di contro, alla soglia del 5% per i piccoli partiti, che si vorrebbe mettere alla porta.
A me sembra che si stia parlando di un unico partito o, meglio, di una preponderante corrente politica che, date le premesse, si muove in senso involutivo, simile a una spirale che si richiude in se stessa: la chiamerei PDA, partito delle alleanze, che sotto sotto vorrebbe anche dire “poco da aspettarsi”.
29 Novembre 2013. – 800 mila anziani a rischio di assistenza. Per pagare la badante il 75% riduce qualità e quantità dei cibi e il 45% chiede aiuto ai figli. E spesso questo non è sufficiente: nel corso dell’ultimo anno il 55% degli over 75 ha dovuto ridimensionare l’aiuto dell’assistente familiare, il 25% vi ha rinunciato. Una famiglia su tre ha perciò tagliato definitivamente la badante e così 800 mila anziani non autosufficienti sono a rischio di assistenza. Lo indica un’indagine della Società italiana di gerontologia e geriatria nel congresso nazionale annuale in corso a Torino. – E intanto nella “bolla” politica di che cosa si discute? Della nuova maggioranza in Parlamento dopo la decadenza di Berlusconi, della discontinuità politica, di FI che chiede l’apertura di una crisi di governo, delle valutazioni di Alfano sulla permanenza del governo e sulla possibilità che il sindaco di Firenze, Renzi, lo faccia cadere, della legge, delle invettive di Berlusconi contro la Magistratura, del cambiamento della legge elettorale, delle possibili alleanze, del probabile voto in primavera, della nuova opposizione del M5S e nuova FI, delle primarie del Pd.
Ed ecco pronta una seconda serie di riflessioni. Quelle sopra riportare sarebbero le preoccupazioni e le occupazioni della classe politica italiana, Con evidenza sempre più netta appare quella separazione di cui vado parlando, fra il mondo dei “mortali” con tutti i problemi irrisolti e aggiuntivi che ne rendono difficile l’esistenza e l’élite dei politici che quel mondo trascende e di cui non vuole ascoltare le voci di disagio e di sofferenza. Una vera e propria casta dove la vanità e l’astrazione dalla realtà del popolo che in basso stenta a vivere e langue non superano i confini consolidati che garantiscono a poche persone posizioni di privilegio e retribuzioni da favola, in netto contrasto con la maggioranza di coloro che devono fare i conti, quotidianamente, con le acrobazie per la pura sopravvivenza. Una realtà nella quale chi riesce a porre piede apprende subito ad agire per interessi circoscritti e personali, distribuendo in basso illusioni e parvenze ipocrite di agire per il bene sociale. Sì, ipocrite, perché se coloro dirigessero il proprio operato in piena onestà e per il bene del Paese, anziché affondare mani e piedi negli stagni delle false diatribe e delle farse organizzate si dessero veramente da fare per risolvere i problemi della gente, allora tante miserie potrebbero essere sanate.
La gente, laggiù negli antri della sofferenza e dell’impotenza, è ora che prenda consapevolezza di questo stato di cose, è ora che comprenda la necessità inderogabile di avere alla guida del Paese persone oneste, pulite, volenterose, lo sguardo puntato lontano, al presente, al futuro, a tutto campo senza esclusioni né privilegi di sorta. Onestà e trasparenza di princìpi ispiratori, volontà indirizzata al bene comune e distacco da interessi personalistici. È ora che richieda a gran voce, la gente che si dibatte nelle difficoltà, l’avvento della giustizia e del rispetto per le esigenze di ognuno, di ogni famiglia, e una vita dignitosa. Basta, dunque, con le diatribe farsesche, basta con gli scandali vergognosi delle rapine più o meno occulte, basta con il mantenere nei lussi sedicenti politici super gratificati e incapaci di andare oltre i limiti di quella casta privata. Abbiamo bisogno di politici che si portino, fisicamente e culturalmente, nel vortice dei problemi di ordine sociale, che sappiano quindi prendere posto attorno a un tavolo e discutano sino ad addivenire a una conclusione condivisa, convincente, concreta, seguita dai fatti, nella saggezza e nell’onestà di impiegare il denaro pubblico per la soluzione dei problemi, denaro che deve essere utilizzato in termini di assoluta trasparenza, contro ogni velleità criminale colta a farne condizione di sottrazione per uso illecito.
Ma non basta, voglio parlare di politici, quelli che realmente ci servono, ampiamente disinteressati sul piano dei vantaggi personali, politici che sappiano accontentarsi dell’onesto, avulsi dalla compulsione ad accumulare, ad arricchire, ad acquisire potere. Pensino un po’, costoro, all’era cosmica che andiamo percorrendo. Guardiamoci attorno e rendiamoci conto che abbiamo tutto contro di noi: le malattie, le guerre, lo sfruttamento, l’infanzia “rubata”, gli sconvolgimenti naturali, i pericoli da impatto su scala planetaria, i veleni che dilagano su tutta la superficie del Pianeta e la stessa precarietà dell’esistenza nostra individuale e della stessa razza umana. Viviamo in un mondo bello e incantevole per natura, ma ostile e gravido di minacce. Forse potrebbe essere il momento vero di guardarci tutti in faccia, tutti, dico quegli oltre sette miliardi di persone che calpestiamo il suolo della nostra dimora terrestre e di chiederci dove vogliamo arrivare, che cosa vogliamo ottenere, quale parte crediamo di avere nel destino che ci attende e che non conosciamo, quale sia mai il senso del nostro trovarci ora e qui, con la nostra capacità di pensare, di creare consapevolezza.
29 gennaio 2014. Ma che vado dicendo? Qui si lavora giorno e notte per l’esame degli emendamenti sulla legge elettorale, che sono ben 250. A un angolo del tavolo vedo alzarsi Alfano, leader del Ncd, che declama: “Non c’è sistema democratico migliore del ricorso alle preferenze”. Sulla soglia di sbarramento afferma che non sussistono problemi, a patto che i voti dei partiti che non la raggiungono non vadano ai partiti più forti: “Sarebbe un risultato iperbolico, paradossale e incostituzionale perché un partito con il 21% dei consensi potrebbe ottenere il 55% dei seggi in Parlamento.
Intanto, sui campi di lotta per la vita, i mezzi mass-mediali non fanno che diffondere notizie su notizie attorno all’argomento “legge elettorale”, come se il popolo, che ha ben altri interessi da salvaguardare e ben altre piaghe da sanare, dovesse restare galvanizzato da quel grande problema che assorbe l’intera dotazione di intelligenze e competenze dei nostri politici.
7 Febbraio 2014. In forte crescita l’ormai abusato termine linguistico “vincere”. Dice Renzi: “Vorrei dire a chi coi sondaggi spiega che con l’Italicum vincerebbe le elezioni Berlusconi, che le elezioni si vincono o si perdono se si hanno i voti, non se si cambia sistema elettorale”. Intanto insorge Grasso, presidente del Senato, affermando che, in seguito ai trascorsi tentativi di compravendita di senatori, perpetrato da Berlusconi per far cadere il Governo Prodi, il Senato, sentendosi parte offesa, si costituisce parte civile nel processo a Berlusconi. Naturalmente reagisce Brunetta, capogruppo FI alla Camera, bocciando il comportamento del presidente Grasso. In tutto questo c’è un aspetto che fa riflettere, ed è la coazione a ripetere quel “vinceremo”. La faccenda della compravendita di senatori è una dimostrazione schiacciante della tipologia di obiettivi a cui muove la politica. Mi ripeterò io stesso, ma è d’uopo tornare sull’argomento perché l’esigenza di chiarezza si fa sempre più impellente. Allora si rende necessaria una breve analisi dei fatti.
Il dritto della medaglia: un vero uomo politico è colui che si lancia con tutte le energie per creare il bene della comunità e garantirne la continuità nel tempo. Si dedica a questo compito per puro spirito di giustizia, di equità, di servizio agli altri, mosso in queste sue spinte da una profonda fede negli ideali e nei valori che stanno alla base della dignità della persona umana. Fa tutto questo senza mire di guadagno, senza pensare a tornaconti personali, con spirito assoluto di collaborazione, grato per essere compensato con una retribuzione decente ma non eccessiva, come dire uno stipendio che non superi più di tre volte quello di un comune operaio. Un politico, dunque, che sappia confrontarsi, con calma, con rispetto, competenza e saggezza, con i punti di vista provenienti da altre direzioni politiche, che sia naturalmente incline a proporre e analizzare idee nuove e innovative in un clima di comprensione, di coerenza ai principi che ispirano la sua condotta, di serena fiducia reciproca fondata sul rispetto delle regole e sulla capacità di considerare il pensiero di chi, come lui, esprime in modo civile il contenuto delle proprie valutazioni. Ebbene, a un siffatto uomo politico non passerà mai per la mente che tutto ciò che fa lo fa per vincere una partita, per arrivare a occupare un posto di prestigio. Da vincere, nel contesto in cui mi sono addentrato, proprio nulla c’è. Si deve piuttosto arrivare a conclusioni concrete che portino alla soluzione dei problemi economici e sociali del Paese. È piuttosto una battaglia, non fra contendenti per un premio ambito messo in palio, ma di intelligenze attivate per l’ottenimento di migliorie o miglioramenti nella collettività, contro la disgregazione sociale, contro la corruzione, contro la malavita dilagante, contro la violenza, contro l’ingiustizia e le disuguaglianze. In questo caso, soltanto, avrebbe diritto di cittadinanza la parola “vincere”.
Vincere, dunque, i mali che corrodono il tessuto sociale, vincere le difficoltà che si frappongono alla affermazione della dignità personale in ogni aspetto della vita associata, vincere gli ostacoli che abbattono e annientano il diritto a vivere un’esistenza degna dell’umana natura.
Tornando all’esempio portato poco sopra sulla posizione del presidente del Parlamento italiano nei confronti di chi manipola gli equilibri interni tentando e realizzando ignobile commercio di compravendita che abbia per oggetto personalità dotate di pubblica responsabilità, sto pensando al movente di questo intrigo: la compravendita, nei termini che sto trattando, è sicuramente un comportamento illecito e condannabile. Ma, allora, perché un uomo impegnato nell’attività politica ricorrerebbe a un atto illecito di tale portata? Per creare il bene del Paese e il benessere dei cittadini? Ma, per favore, non diciamolo neppure per scherzo: la cosa è talmente stridente che si commenta da sé. Un uomo non ricorre a tentativi illeciti per procurare il bene di altri. Se lo fa, lo fa perché ha di mira qualcosa di importante e di incommensurabilmente grande per se stesso e per consolidare la propria posizione all’interno del dibattito politico, in modo tale da garantire a sé e al proprio gruppo di sostenitori uno spazio vitale sul quale poter agire con sicurezza e continuità nello sforzo di tutelate i propri interessi. Questa è la prova che l’uso e l’abuso dei termini “vincere-vinceremo” pone la maggior parte degli uomini politici sul piano di una lotta di casta per “arrivare”, una lotta del tutto avulsa da quanto la gente comune vorrebbe poter sperare da parte di coloro che hanno avuto i voti di preferenza.
2 Giugno 2015. Festa della Repubblica. Si legge il resoconto delle elezioni regionali: l’affluenza alle urne crolla di oltre il 10% con circa uno su due cittadini aventi diritto che ha votato. Il Capo di Stato, Mattarella, ha sottolineato che le liti esasperate creano sfiducia e allontanano i cittadini dalla partecipazione e così la democrazia si impoverisce.
Il Presidente e molti altri sanno, hanno compreso da tempo ormai, che le cosiddette liti non sono altro che una scenografia farsesca per la scalata al potere, per il conseguimento del prestigio e dei privilegi all’individuo, non già un proporsi per generare benessere sociale.
Io mi prefiguro un rimedio. Parto dalla considerazione che le vistose agevolazioni e gli alti trattamenti economici riservati ai politici sono come la goccia di miele per le mosche e, dunque, costituiscono l’unico elemento per cui i politici si danno da fare per mettersi in lizza. Allora, la mia proposta: stabiliamo uno stipendio mensile che non arrivi a superare, come soglia massima, i 3.000 Euro netti in busta paga mensile e riconosciamo pure il diritto ai rimborsi per servizio, senza superare la soglia di 1.000 Euro mensili, sempre per spese documentate e approvate da una commissione di controllo adeguatamente preposta. Vediamo allora quanti si metteranno ancora a litigare per “vincere” e raggiungere i “posti di comando”. Che ne potrà derivare? Semplice: chi si candiderà lo farà per pura passione politica, per lavorare con lo scopo di aprire le vie che portano al bene comune.
Conclusione provvisoria: che cosa possiamo aspettarci da coloro che abbiamo mandato ai vertici delle decisioni? In chi potremo ancora riporre la nostra fiducia?
Immagine di copertina tratta da Agenda Digitale.