Battaglione Saluzzo in guerra

Natale 1920

In Italia era giunto il tempo in cui si stava preparando un triste evento che pareva essere il prodromo di una lotta fratricida quale, sotto altre spoglie, sarebbe dovuta divampare un quinto di secolo più tardi. Era il 30 novembre del 1920 allorquando due compagnie del battaglione Morbegno pervennero, contrariamente alle aspettative, alla città di Fiume. Gli Alpini sarebbero dovuti tornare al di qua della linea di blocco sennonché, animati dalle parole di Gabriele D’Annunzio, decisero in buona parte di rimanere. D’Annunzio insistette perché fosse occupato l’isolotto Scoglio di San Marco, cosa che si avverò a opera del battaglione Morbegno. La tensione che derivava da tali prese di posizione indusse il Governo a risolvere la questione di Fiume al più presto possibile, alla bisogna anche con l’impiego della forza. Ne fu incaricata la 45a divisione che già bloccava Fiume, comandata dal gen. Carlo Ferrario, alla quale si unì un altro gruppo di Alpini, agli ordini del col. Pietro Gerbino Promis, formato dai battaglioni Dronero, Saluzzo e Fenestrelle ricostituiti in seguito al rimpatrio dall’Albania. La vigilia di Natale del 1920 iniziarono i primi scontri che, sospesi il giorno di Natale per volontà del generale Caviglia, ripresero il giorno 26 non senza danni per i nostri militari fra i quali furono tuttavia annoverati una serie di feriti anche gravi.

20 Dicembre 1940

Si stava per concludere l’anno 1940 che il Saluzzo, con i battaglioni Borgo San Dalmazzo e Dronero del 2° reggimento Alpini, era partito da Foggia per Tirana e da lì a Fieri, tra l’imperversare di furiose tempeste che impedirono di trasportare anche i muli, i carri e gli automezzi. Mentre gli Alpini cercavano di organizzarsi alla meglio, in attesa che arrivassero, seppure in ritardo, le salmerie, cattiva sorte volle che il piroscafo sul quale esse erano trasportate fosse colpito da siluri con la morte dei primi Alpini in quella triste campagna, le novanta vittime della Cuneense. Con tutto ciò al 2° Alpini era stato affidato l’oneroso compito di ricacciare indietro dalla Valle Shushica i Greci e la cosa non si mostrava così facile per gli Alpini del Saluzzo e del Dronero che, privi di muli, avevano dovuto sostituire i pazienti quadrupedi caricandosi sulla schiena, ancora una volta, il necessario per i combattimenti, sino al villaggio di Brataj che raggiunsero pochi giorni prima del Natale 1940 in seguito a una marcia in condizioni pessime, sotto una pioggia battente e con i piedi affogati nel fango. Le salmerie al completo, infatti, e i mezzi di trasporto, anziché seguire gli Alpini erano rimasti a Cuneo; inviati in zona operativa, vi giunsero con un mese di ritardo e in numero ridotto a motivo dell’affondamento del piroscafo Firenze, ormai in vista di Valona.

(Dal lavoro di Mario Bruno, Il Battaglione Saluzzo)

Il Saluzzo, in quelle condizioni, riuscì tuttavia ad attestarsi sulla sinistra orografica – per chi guarda con le spalle a Monte – della Valle Shushica, sostenendo durissimi scontri con le truppe elleniche di molto superiori in numero. A motivo del ripiegamento della divisione speciale del corpo d’armata speciale comandato dal gen. Giovanni Messe, avvenuto nel novembre 1940, era affiorata la minaccia che le truppe avversarie avrebbero puntato verso Valona avanzando lungo la Val Shushica. Era pertanto di estrema urgenza sbarrare loro il passo in direzione di Valona.

Erano giunti, i battaglioni Saluzzo e Dronero, al villaggio di Brataj tra il 20 e il 21 dicembre 1940, con gli uomini stracarichi di munizioni, viveri e armi trovandosi ancora privi di salmerie. Nei due giorni successivi il battaglione Saluzzo si trovava schierato sotto l’imperversare di un violento fortunale, sulla destra orografica della Valle, in direzione nord rispetto al villaggio di Bolena.

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