Alcuni cenni storici dei momenti cruciali
Nel primo anno di guerra alla 1a Armata era comandante il gen. Roberto Brusati che incorse in una sorte avversa nel corso della Spedizione punitiva, o battaglia degli Altipiani, sferrata contro l’Italia dal gen. austriaco Franz Conrad von Hötzendorf in direzione dell’Altopiano di Asiago, a inizio primavera 1916, 15 maggio. Per vicende legate alla responsabilità, alla determinatezza nelle decisioni e alla capacità di reazione, accadde che il gen. Brusati fosse stato sostituito dal gen. Guglielmo Pecori Giraldi già dal precedente 10 maggio.
La 2a Armata, composta di 8 corpi d’Armata con più di mezzo milione di uomini, si trovava sul fronte del Medio Isonzo a far data dal 18 agosto 1917, schierata dal Rombon (Slovenia) alla confluenza fra il Vipacco e la Vortojbica. Vi erano schierati 570 battaglioni di Fanteria contro i 383 austro-ungarici Componevano la 2a Armata 25 divisioni con 9 corpi d’Armata su un fronte di circa 50 chilometri.Era comandata dal gen. Luigi Capello coadiuvato dal capo di Stato Maggiore col. brigadiere Silvio Egidi. Capello fu bloccato da una patologia renale, propria pochi giorni prima dell’attacco austro-tedesco a Tolmino-Caporetto, e il 4 ottobre 1917 dovette lasciare il comando al gen. Luca Montuori. Quando rientrò al proprio posto, il 23 ottobre, vigilia di Caporetto, si rese conto che il suo collega Montuori aveva predisposto modifiche sostanziali che nel settore operativo avrebbero interessato i corpi d’Armata IV del gen. Cavaciocchi e XXVII del gen. Badoglio, cosa che si dimostrerà di una certa gravità nella direzione presa dagli avvenimenti dei giorni successivi. Obiettivi specifici della 2a Armata erano la conquista del Monte Santo, del San Gabriele, del San Daniele attorno a Gorizia e lo sfondamento delle linee di Plava in mano agli Austriaci. Fu il 20 agosto 1917 che la sua 8a divisione riuscì a occupare il Monte Santo. Poi le artiglierie dell’Armata si accanirono contro il Monte San Gabriele, dall’8 al 10 settembre 1917, tempestandolo con qualcosa come 45 mila tiri, addirittura divellendone la cima per la profondità di dieci metri, ma senza poter strappare la zona agli avversari.

Della 2a Armata faceva parte il IV corpo d’Armata per la zona compresa fra il Monte Rombon e Costa Raunza, al cui comando era il gen. Alberto Cavaciocchi con il capo di S.M. Giorgio Boccacci. Nella drammatica giornata di Caporetto il gen. Cavaciocchi aveva disposto una quarantina di battaglioni in posizione difensiva all’avanzata delle truppe austro-tedesche, ma difettava di rinforzi che sarebbero infine giunti con pesante ritardo. Questa era la situazione che si verificava appena tre giorni prima dell’attacco nemico, quando invece i nostri avversari si erano dati da fare per preparare un’offensiva in grande stile già dal 18 settembre ossia con più di un mese di anticipo. Troviamo il IV corpo d’Armata, nel terzo anno della Grande Guerra, su una estensione territoriale a partire dal Monte fino a Kambresco, circa nove chilometri a Sudovest di Tolmino. Fra le divisioni del IV corpo, alla 50a era stata affidata la zona di Plezzo, dal Rombon al Veliki vrh escluso, comandata dal gen. Giovanni Arrighi con capo di S.M. il magg. Mario Roatta. Ai suoi ordini erano i battaglioni del 2° reggimento Alpini e la brigata Friuli (reggimenti 87° e 88° Fanteria), con due compagnie mitragliatrici. Il IV corpo d’Armata comprendeva ancora le divisioni 43a del ten. gen. Angelo Farisoglio sul Monte Nero, la 46a del ten. gen. Giulio Amadei sul fronte Sleme-Mrzli-Isonzo e la 34° del gen. Luigi Basso sul settore compreso fra il Rombon e Dolje. Con le disposizioni tattiche predisposte, a mala penna si sarebbe potuto riuscire a formare una efficace barriera difensiva contro l’incalzare delle forze nemiche.
Il peggio per il IV corpo dovette mostrarsi il 22 ottobre 1917, nel momento in cui il reparto stava in attesa delle 17 batterie di medio calibro indispensabili per effettuare lo sbarramento all’invasione annunciata, ma di quelle 17 ne arrivarono in Conca di Plezzo soltanto tre, per di più senza munizioni al seguito e senza i necessari inneschi. Era ormai suonata l’ora e sorgeva il giorno fatidico del 24 ottobre e neppure si aveva modo di vedere avvicinarsi il promesso VII Gruppo Alpino della 1a Armata in rinforzo. Quando il 22 ottobre era giunto a Creda, presso il Comando del IV corpo, il gen. Capello aveva assicurato al gen. Cavaciocchi l’assegnazione, nel corso del giorno stesso, della brigata Potenza con i suoi tre reggimenti. Promise per il giorno seguente l’aggiunta della brigata Massa Carrara forte di due reggimenti che avrebbero presidiato in sicurezza il fronte dalla località di Stariski al Matajur. Parlò ancora di due Gruppi Alpini che si sarebbero portati alla Stretta di Saga e sullo Stol. Le batterie menzionate, del tipo “pesante-campale”, sarebbero state destinate a bloccare l’avanzata nemica sulla Stretta di Saga e sulle linee più arretrate. Non male, si sarebbe trattato di una possente disposizione di forze e il nemico non sarebbe passato, ma niente di tutto ciò pervenne in tempo al IV corpo d’Armata. In sostanza le batterie sarebbero bastate soltanto a fare bella figura e gli aiuti in uomini svanivano nei buoni propositi. Tant’è che le bocche da fuoco furono costrette a tornarsene indietro, per ordine ricevuto.

Il ritardo nel rifornimento di munizioni non fu soltanto prerogativa della Stretta di Saga. Identica situazione si verificò dal 24 al 28 ottobre sul tratto di ripiegamento in difesa da Sella Prevala al Canin dove le nostre truppe del Rombon si difesero fino all’ultima cartuccia e in Conca di Plezzo dove ordini perentori imposero a due batterie di cessare il fuoco di contrasto al bombardamento nemico per esigenze di economia essendo rimaste a corto di munizioni. Munizioni che scarseggiavano anche nella difesa del Monte Mrzli dove con fatica estrema e con notevole ritardo si riuscì a portare appena una cinquantina di proietti con i quali non si poteva certo fare miracoli.
Il ten. gen. Pietro Badoglio era al comando del XXVII corpo della 2a Armata che occupava il territorio da Dolje a Breg; capo di S.M. era il ten. col. Giulio Pellegrini. Il XXVII corpo si componeva della 19a divisione del magg. gen. Giovanni Villani, della 64a del magg. gen. Vittorio Fiorone, della 65 a del gen. Guido Coffaro, della 22a del magg. gen. Giambattista Chiossi. In riserva del corpo d’Armata era la brigata Puglie (71° e 72° regg. Fanteria) del col. brigadiere Tullio Papini.
Il VII corpo d’Armata era posizionato in seconda schiera dal Matajur al Globocak, comandato dal magg. gen. Luigi Bongiovanni: comprendeva le divisioni 3a del ten. gen. Ettore Negri di Lamporo, e 62a del magg. gen. Giuseppe Viora.
Da Tolmino al mare erano posizionate circa 20 divisioni e da Tolmino al Rombon atre 23. Alla mezzanotte tra il 23 e il 24 ottobre 1917, nell’imminenza dell’attacco austro-tedesco a Caporetto, la 2a Armata occupava il tratto tra il Rombon e l’Altopiano della Bainsizza. Quattro giorni prima il gen. Luigi Cadorna, capo di Stato Maggiore dell’Esercito, aveva raccomandato al gen. Capello di abbandonare risolutamente il progetto che avrebbe previsto una controffensiva della 2a Armata in grandi dimensioni. Nel contempo dava indicazioni per la realizzazione di efficaci contrattacchi contenuti nel criterio del raggio tattico d’azione; la linea da seguire sarebbe stata quella della difesa da un atteso attacco nemico, per la quale sarebbero dovuti essere largamente sufficienti i 338 battaglioni dell’organico con i 2.500 pezzi di artiglieria e le 1.134 bombarde. Fino a quel momento Cadorna non sembrava prevedere il verificarsi di un attacco austro-tedesco in forza e non aveva pertanto predisposto alcun piano capace di contenerlo. Per contro, il doversi disporre esclusivamente in difesa, per il gen. Capello era un’ipotesi da non prendersi assolutamente in considerazione: la sua idea fissa era quella di sferrare un potente e subitaneo contrattacco e già aveva istruito i comandanti della sua 2a Armata dichiarando che il punto di approdo dell’azione difensiva per l’Armata sarebbe stato senza indugio il superamento vittorioso del Vallone di Chiapovano verso l’interno dell’Impero austriaco.
Il 30 ottobre 1917, sei giorni dopo lo sfondamento di Caporetto, le operazioni disposte per il ripiegamento delle nostre truppe avevano riservato il superamento dei ponti della Delizia, di Mandrisio e di Latisana sul Tagliamento alla 3a Armata.La 2aArmata avrebbe dovuto servirsi dei ponti di Bonzicco, di Pinzano, di Pontajba e di Cornino. Era stata un’attribuzione di itinerari fondamentalmente poco oculata, infatti ne derivò grande confusione di mezzi e persone, fra militari e civili, per il transito congestionato.

La 3a Armata, comandata da Emanuele Filiberto di Savoia, duca d’Aosta, si componeva di 5 corpi d’Armata e raggiungeva la quota di circa 400 mila uomini in armi. Emanuele Filiberto aveva sostituito, il 27 maggio 1915, il gen. Luigi Zuccari al comando dell’Armata.
All’inizio della guerra la 4a Armata era dislocata sul fronte cadorino, nel sottosettore esteso da Ansiei a Padola. Comprendeva le divisioni 10a del gen. Scrivante e la 2a del I corpo d’Armata (gen. Ragni) affiancato dal IX corpo d’Armata. Al comando della 4a Armata, in zona Tofane, stava il gen. Nava il quale si distinse per essere rimasto inattivo e neppure aver pensato a spingere le proprie truppe per occupare posizioni quasi prive di presidio all’inizio del conflitto, quindi facilmente prendibili in quanto di precario consolidamento da parte del nemico. Il gen. Nava avanzò la scusante della protratta assenza delle artiglierie d’assedio sulla linea della 4a Armata. Già il 25 settembre 1915 Cadorna pensò bene di esonerarlo dal comando dell’Armata e lo sostituì con il gen. Mario Nicolis di Robilant.
La 5a Armata fu costituita dal gen. Cadorna il 25 maggio 1916, in piena attuazione dell’invasione austriaca sull’Altipiano di Asiago. Al comando del gen. Pietro Frugoni, era forte di 180 mila uomini e aveva la consegna di contenere e di fermare la discesa delle forze austriache su Thiene e Schio e impedirne l’occupazione della pianura vicentina.
L’immane disastrosa scena di Caporetto si era aperta sotto la regia della 14a Armata austro-tedesca comandata dal gen. Otto von Below con capo di S.M. il gen. Conrad von Dellmensingen e composta da quattro Gruppi o corpi d’Armata: due tedeschi (gen. Berrer e Stein) e due austriaci (gen. Krauss e Scotti). Il reparto era forte di un migliaio di bocche da fuoco, ciascuna munita di un migliaio di colpi. Quando il 1° novembre del 1917, durante il ripiegamento dopo Caporetto venne fatto saltare il ponte di Pinzano per rallentare l’avanzata in pianura degli austro-tedeschi, si causò contemporaneamente un danno terribile alla brigata Bologna che si trovava ancora a sinistra del Tagliamento, lasciandola di fatto tagliata fuori dal resto del ripiegamento e in balia della conquista nemica: poco più del 10% furono i Combattenti che riuscirono a salvarsi. Di fronte all’eroica resistenza opposta dai Fanti della brigata Bologna, il comandante della 14a Armata austro-tedesca, gen. von Below, si sentì in dovere di rendere l’onore delle armi ai prigionieri italiani, cosa che ebbe realtà in località San Daniele del Friuli.
Il mattino del 21 ottobre 1917 il Gruppo Krauss del I corpo d’Armata austriaco dominava l’estesa zona protesa dalla Conca di Plezzo al Monte Nero schierando in linea le divisioni Edelweiss, la 22a Schützen e la 55a, coadiuvate da una divisione tedesca Cacciatori. Il gen. Alfred Krauss , a capo del I corpo d’Armata austriaco, era stato comandato di abbattere le linee italiane sulla dorsale di congiunzione tra il Rombon e il Monte Nero, che costituiva la spina dorsale del fronte isontino. Alla sua 55° Divisione era stato assegnato il compito di sfondare sul tratto compreso tra lo Joavorscek e il Monte Nero per puntare quindi su Caporetto. Ne era a capo il magg. gen. Felix, principe di Schwarzenberg. Il gen. von Below muoveva il Gruppo Krauss sul tratto compreso tra Saga in direzione di Resiutta lungo la Val Resia e verso Venzone più all’interno. Il compito del gen. Krauss era quello di impadronirsi della Conca di Plezzo fino al Monte Stol e liberare dalla nostra occupazione tutto il versante meridionale del Monte Rombon e del Monte Canin.
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