Saluzzo fra storia e mito: il terremoto del 1239

Era l’anno 1239: il 3 di giugno si verificò un’eclissi totale di sole che oscurò tutta una fascia di territorio comprendente la Francia meridionale, il nord d’Italia e la Toscana; fu vista fino a Costantinopoli. Rappresentò, fra l’altro, il motivo che, nel ricordo di chi ne fu spettatore, indusse il sommo Poeta Dante a comporre nella sua Vita Nuova la visione dell’eclissi che avrebbe annunciato la morte della sua amata, Beatrice.

Suggestivo è l’accostamento che Dante opera dell’eclissi a un concomitante terremoto, un motivo quasi ricorrente dopo che i Vangeli della Chiesa cattolica ci parlano del verificarsi di fenomeni simili nel momento della morte di Gesù in croce. 

Un altro documento, la “Cronica di Norimberga” di Hartmann Schedel, datato al 1493, riferisce della medesima eclisse solare del giugno 1239 e di un contemporaneo terremoto che avrebbe colpito l’area di Saluzzo, oggi provincia di Cuneo, e avrebbe causato 5 mila vittime sulla zona montana.

L’autore (Prof. Alberto Pimpinelli dell’Università Clermont 2 – Francia, & Rice University – USA, “E pareami vedere il sole oscurare”, in rivista ASTRONOMIA, Unione Astrofili Italiani, Rocca di Papa – Roma, n° 1 gennaio-febbraio 2016, pag. 37) dell’articolo da cui traggo queste notizie fa riferimento al “Supplementun Chronicarum” (Venezia 1483) di Giacomo Filippo Foresti detto Il Bergamasco “che trasforma in un terremoto presso Saluzzo ciò che verosimilmente fu il crollo del Monte Granier, che nel XIII secolo fece diverse migliaia di morti seppellendo due villaggi. Nelle cronache contemporanee la frana veniva datata dal 1228 al 1248, non è quindi sorprendente che lo Schedel lo associ all’eclisse del 1239.

Una prima discordanza si ritrova nel toponimo relativo a un monte nelle vicinanze di Saluzzo. Il toponimo Monte Granier non si rinviene sulla cartografia della zona del Monviso. Sono piuttosto presenti due elevazioni con denominazioni simili: il Monte Granero (m 3171, 6 km nordovest in linea d’aria dal Monviso, 4 km ovest da Crissolo) e il Monte Granè (3,5 km nordest dal Monviso, 2,5 km sudovest da Crissolo). La mia personale ipotesi propenderebbe per quest’ultima altura, più vicina ai centri abitati, dei quali tuttavia non si ha notizia nel rispetto di una frana di devastanti dimensioni come quella citata. Cinquemila vittime e due villaggi interamente sepolti sono molti per una zona montagnosa e impervia e pare improbabile che nel XIII secolo esistessero così numerosi insediamenti in quella parte delle Alpi Cozie. Restano pertanto molte perplessità, qualora l’area geografica ove si verificò il fenomeno devastante corrisponda al sito dell’attuale Monte Granè, sulla dislocazione di insediamenti umani di notevole densità e di cui pare non siano state tramandate notizie circostanziate nella storiografia locale.   Due potrebbero essere i casi simili. Il primo si rifà al Monte Granè (descritto da Michelangelo Bruno in “Alpi Sudoccidentali”, Edizioni Gribaudo, Savigliano – Cuneo 2006) alto 2314 metri, 2328 IGM, “marcatamente assonante con Grana – Spaccatura in roccia – localmente ricorda invece una piccola capanna di pietre a secco”.

Ancora Michelangelo Bruno (“In Cima. 90 normali nelle Cozie Meridionali”, Blu Edizioni, Peveragno – Cuneo 2002): “Granè è un toponimo – radice prelatina GRA – spaccatura nella roccia, che probabilmente si pone in relazione sia ai versanti settentrionali dirupati e incisi da profondi canali, sia alla rinomata Grotta di Rio Martino che fora la parte terminale del contrafforte”. Non parrebbe neppure troppo avventato, tuttavia, accostare termini quali “spaccatura nella roccia”, “versanti dirupati” e “profondi canali” espressi dai lavori di Michelangelo Bruno e il residuo geologico di una enorme frana che avrebbe scaraventato a valle l’intera parte sommitale del monte provocando i disastri di cui s’è detto.

Tornando alla terminologia, il Monte Granier citato nel “Supplementum Chronicarum” esiste davvero, ma piuttosto lontano, si parla di circa 150 km in linea d’aria, dal Saluzzese. Lo si individua fra l’Isère e la Savoia, in Francia. Tra il 24 e il 25 novembre 1248 (questa è la seconda discordanza, perché le cronache sopra riportate dicono dell’anno 1239, una differenza di nove anni) una massa di roccia calcarea concomitante a una parete di calcio carbonato scivolò a valle formando una enorme frana che distrusse numerosi villaggi e causò più di mille vittime, sebbene il numero sia ancora oggetto di discussione. L’evento provocò il formarsi di un’insellatura 700 metri a nord sul fronte della montagna. Una parete intera del Monte Granier nel massiccio della Chartreuse crollò precipitando a valle 500 milioni di metri cubi di fango e rocce. Fu un evento così roboante e grave da provocare un terremoto a Saluzzo a 150 chilometri di distanza? Oppure ci troviamo di fronte al verificarsi di una sovrapposizione di informazioni, con alcune corrispondenze e alcuni sfaldamenti?

Altra frana si verificò il 9 gennaio 2016 con 170.000 m3 di roccia precipitati a valle, poiché il Granier è una montagna calcarea, alta 1933 metri, con caratteristiche carsiche e contenente nel suo interno una rete di grotte e di gallerie scavate dall’acqua per una lunghezza stimata di 66 chilometri. Questo crollo è peraltro un avviso indirizzato alle ferrovie francesi che sotto quella montagna vorrebbero far passare la nuova linea ferroviaria Lione-Torino scavando la galleria della Chartreuse di 25 chilometri.

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