Una rassegna delle teorie interazioniste in campo pedagogico
(elaborazione di Mario Bruno, 1° Settembre 2001)
La discussione affina le capacità di ragionamento e di ricerca nei bambini come nessun’altra cosa potrebbe riuscire a fare.
Costringere lo studente a lavorare prevalentemente in modo privatistico è, di fatto, negargli l’esperienza vitale della cooperazione intellettuale, la possibilità di costruire a partire dalle idee degli altri, di apprezzare la novità legata alle interpretazioni altrui, di difendere le proprie idee quando sono sottoposte a critica, di godere della solidarietà altrui e di rendersi conto della propria integrità intellettuale nel momento in cui egli riesamina il proprio punto di vista alla luce di opinioni nuove.
Gli alunni hanno bisogno di incontrare opportunità per parlare ed essere ascoltati con rispetto. Essi devono provare a scambiarsi reciprocamente le idee, ad ascoltare le risposte, a superare la sensazione che fa ritenere assurdo o inadeguato ciò che vorrebbero dire, provandosi a verificarlo con il gruppo, in modo tale da imparare dalle stesse esperienze degli altri e da iniziare a provare un sentimento di eccitazione appena vanno prendendo forma le implicazioni del tema trattato. Chi impara ad ascoltare gli argomenti presentati da altre persone e a discernere i significati che si devono scoprire nel corso della conversazione ha maggiori probabilità anche di comprendere ciò che legge come qualcosa dotata di senso. Il ragionamento, di per sé, facilita infatti il processo di lettura nei ragazzi e la lettura deve essere vista come un mezzo per aiutare i ragazzi a pensare. La lettura e il ragionamento sono abilità che si possono insegnare e che si rafforzano reciprocamente.
Porre a confronto atteggiamenti e opinioni, scambiare con altri opinioni tendenziose dà, come risultato, una sorta di condivisione nel senso che ogni studente assume una posizione meno rigida rispetto a quella che aveva in precedenza.
È necessario incoraggiare gli studenti non solo ad amare e a rispettare le idee, non solo a volere che le proprie idee siano fondate e ragionevoli, ma anche a stabilire relazioni tra idee, a vedere la connessione che si crea fra di loro, come esse convergono e come offrono conferma al loro interno. L’insegnante deve rendersi conto se i suoi alunni riescono a vedere i nessi e deve aiutarli a mettere in relazione le loro idee con le cose che succedono nelle loro vite e nel mondo in cui vivono. L’insegnante, ponendo domande, sollecita gli alunni a vedere i nessi tra ciò che accadde in precedenza e ciò che ne va seguendo. Un modo efficace per provare la fondatezza delle proprie convinzioni è l’essere capace di avanzare ragioni o evidenze che le possano sostenere. Mettere a prova le proprie idee è sempre di grande aiuto per gli alunni.
La semplice domanda “Come lo sai?” può rivelarsi molto utile per ottenere dagli studenti un ampio ventaglio di spiegazioni. C’è ovviamente differenza tra chiedere agli alunni perché credono in ciò che credono (chiedere ragioni) e chiedere loro come sanno ciò che sanno. In quest’ultimo caso stiamo in realtà chiedendo loro che diano spiegazione del proprio processo di conoscenza e che dicano perché, quando sentono di essere sicuri di stare nel vero, si sentono in questo modo. Le domande devono essere poste all’occasione propizia, in particolare qualora si renda necessario dare chiarezza a un’opinione più o meno sorprendente nelle sue premesse e nel suo contenuto, tale da essere stata intesa in modi differenti da gruppi diversi di compagni di classe. Lo scopo delle domande non è quello di rendere la discussione più astratta, ma quello di renderla più comprensiva.
Una buona discussione ha carattere sommativo: ciascun contributo è, in effetti, una linea di forza o un vettore che converge con gli altri ed è armonizzato a essi. Ciò che è importante è che i contributi di ciascun membro della discussione si pongano in relazione fra di loro e si rafforzino gli uni con gli altri nella misura in cui ciascun membro impara a partire da ciò che gli altri hanno detto e nella misura in cui ciascun successivo contributo alla discussione rispecchia gli incrementi successivi di comprensione che il singolo membro ha fatto propri.
La formazione di una comunità di discussione in aula è qualcosa a cui non si può rinunciare se si vuole stimolare gli studenti a pensare e ad agire a un livello più alto di quanto accadrebbe se agissero da soli (George Herbert Mead, Lev S. Vygotskij). Si presume che i processi adottati all’interno di una comunità di discussione e di ricerca, una volta interiorizzati, si trasformino in abiti di capacità riflessiva per il singolo.
Per creare una comunità di ricerca sono necessarie almeno tre condizioni: 1) la disposizione all’uso della ragione; 2) il rispetto reciproco; 3) la negazione dell’addottrinamento. La formazione di comunità di studenti, nelle quali il candore e la fiducia si intrecciano liberamente con lo stupore, con la ricerca e il ragionamento, offre un supporto sociale indispensabile negli anni in cui i bambini stanno sciogliendo i legami che li tengono vincolati alle loro famiglie e stanno cercando di affermarsi come individui maturi e responsabili.

Una impostazione filosofica della realtà di insegnamento attribuisce grande importanza al dialogo ragionato, ma soltanto come un mezzo che consente agli studenti di pervenire a formarsi propri punti di vista e di raggiungere proprie conclusioni. Il rigore logico viene enfatizzato, ma soltanto come mezzo per rendere il pensiero più efficace, che è qualcosa di molto diverso dal far sì che le idee di tutti concordino con le idee di tutti gli altri. Imparare a pensare filosoficamente occupa una posizione privilegiata nel processo di discussione interpersonale e nella riflessione che segue a questa discussione. La discussione fa sì che gli studenti diventino coscienti del fatto che esistono altre personalità, altri interessi, valori, credenze e pregiudizi. Una delle più efficaci conseguenze della comunicazione in classe è l’aumento della sensibilità che è un prerequisito fondamentale per lo sviluppo sociale.
I temi trattati in classe si esprimono in tutta la loro utilità soltanto se il movimento della discussione si discosta dagli aspetti profondamente privati e personali e se va dirigendosi verso gli aspetti più inclusivi, comprensivi e costruttivi del problema. Una discussione filosofica è fertile se si muove da ciò che è a ciò che potrebbe essere o, nel caso specifico, a una comprensione più ampia.
Nel volgersi di una discussione filosofica è utile porre domande sulla coerenza (il ricorrere all’utilizzo di uno stesso termine in modo che esso abbia sempre lo stesso significato ogni volta che venga inserito nel medesimo contesto). Ciò che accade molto spesso è che una discrepanza fra alunni può essere originata dal fatto che essi stanno usando uno stesso termine, ma lo stanno definendo in modi molto diversi. È premura dell’insegnante, a questo punto, pilotare il raggiungimento di definizioni che gli alunni stanno utilizzando in modo implicito. Nella consuetudine della comunicazione succede che gli alunni esprimano le proprie opinioni o convinzioni senza scomodarsi tanto nel tentativo di avvalorarle. Dal momento che uno degli obiettivi della logica è quello di assicurare la competenza nel riconoscere un buon numero di equivoci, l’insegnante dovrebbe cercare di ottenere le ragioni che i ragazzi stanno elaborando per sostenere le loro opinioni o idee. Un po’ alla volta gli studenti faranno proprio questo esempio e si porranno a richiedere ragioni ai compagni di classe. Con il tempo, molti studenti interiorizzeranno l’abilità di esternare le proprie opinioni solo nel momento in cui queste potranno essere sorrette da ragioni.
Ricorrere a procedimenti obiettivi e condivisi, sfidare le inferenze mal fatte, considerare le conseguenze delle presupposizioni e delle ipotesi, tutte queste cose aiutano a porre le basi di una comunità di ricerca tanto fra ragazzi come fra adulti. Quando tutti questi procedimenti e altri simili vengono interiorizzati da ciascuno dei membri del gruppo, il risultato è la riflessione critica.
In un modello interattivo, fondato sulla reciprocità e sulla dialettica, dove si lavora di interpretazione e di comprensione, l’alunno è posto nelle condizioni migliori per rendere dinamiche le proprie teorie di conoscenza le quali, a loro volta, traggono i benefici più alti da un processo di elaborazione impiantato non tanto sulla trasmissione di contenuti e sulla imitazione, quanto piuttosto sul dialogo, sulla collaborazione, sulla negoziazione di significati. La scuola, vista in questa ottica come un luogo dove si pratica la reciprocità culturale, pone migliori opportunità per la creazione di una maggiore consapevolezza negli studenti verso il loro stesso agire e verso i motivi che ne stanno alla base.