L’inquinamento ha una storia: questo è l’epilogo (3 di 6 puntate)

Torno un momento al 29 novembre scorso, con i lavori della Conferenza UNU sul clima, detta Cop21, messa in moto il giorno successivo nell’area di Bourget, con i capi di Stato e di Governo di 147 Paesi. Vi partecipano 40.000 delegati di 195 Paesi di tutto il mondo per dodici giorni di lavoro, fino all’11 dicembre, con oggetto il clima e le prese di posizione contro il terrore.

La Cop21 è la 21a Conferenza delle parti e deve decidere come ridurre e, se possibile, come fermare l’aumento della temperatura globale sul Pianeta. Se non si interviene subito, il rischio di lasciare un pianeta devastato alle prossime generazioni è forte: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari, periodi di siccità, piogge sporadiche ma di eccezionale portata, possibili conflitti e migrazioni dovuti a carestia.

La concentrazione di gas serra nell’atmosfera – riferisce l’Onu – è pervenuta a un livello record. Rimane poco tempo per intervenire e mantenere il riscaldamento a due gradi centigradi

Secondo l’Ipcc l’aumento dei gas serra dovuto a combustione di materiali fossili e la deforestazione sono le principali cause del riscaldamento a muovere dalla metà del 20° secolo sino a noi. Le emissioni mondiali di gas serra dovranno essere ridotte del 40-70% fra il 2010 e il 2050. Se gli USA, per esempio, non osservassero gli impegni e procedessero con le politiche attuali, l’aumento della temperatura rispetto al livello preindustriale toccherebbe i 3,6 gradi.

I precedenti summit si sono chiusi con impegni, ma nulla di vincolante. A Parigi si ripartirà quindi dal nulla di fatto di quanto previsto a Copenaghen.

Quali, allora, i precedenti summit?

Il Protocollo di Kyoto 1997; Conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro, Johannesburg nel settembre 2002; Kyoto alla fine del 2007; Bali, la tredicesima nel dicembre 2007; la Conferenza di Durban, ottobre 2011, con impegni presi dal 2009 al 2013; Copenaghen, dicembre 2009 con 192 Paesi partecipanti; Kyoto 2, giugno 2010; Bonn, preparatoria alle successive sedute in Cina e in Messico; Città del Messico 2010; successive Conferenze indette per settembre 2010 a New York e a Ginevra, per il 4-9 ottobre a Tianjin in Cina e, per concludere, a Cancun nel Messico in novembre-dicembre.

Non le ho elencate tutte, sono talmente numerose che molte mi sfuggono. Ogni Conferenza assiste a un piangersi reciproco sulle spalle del vicino e a uno strappare promesse fallaci, nulla di più.

Era appena iniziato il 2013 che in Cina scoppiava l’allarme inquinamento, a un livello tale di gravità da fermare le città. Si trovavano tutti in stato di allerta, con la nebbia che nascondeva diverse città del paese portando l’inquinamento a una soglia massima per via del diffondersi delle polveri sottili, le così dette Pm 25. Secondo l’agenzia Nuova Cina a Pechino l’indice delle polveri era salito fino a 456 microgrammi per metro cubo e alcune centraline avevano registrato valori fino a 900 microgrammi, quando la norma ne prevedeva non più di cinquanta. Sopra i 300 microgrammi per metro cubo sarebbe scattato l’allarme salute. Le autorità cinesi non trovarono soluzione migliore che quella di invitare la popolazione a ridurre al minimo le attività all’aperto.

Ed è quel che si verifica quasi tre anni dopo quando, a novembre 2015, le autorità cinesi, di fronte al grave inquinamento nella capitale, raccomandano a tutti di tapparsi ben bene in casa. Abbiamo visto cambiamenti negli sforzi per raggiungere gli obiettivi posti per il 2015? Sì, molti, ma in peggio.

Che cosa lasceremo ai posteri? Un deserto oppure rimetteremo il meccanismo a nuovo? Ma come? Il sistema di vita sulla nostra Terra è come una lunga e complessa catena. Se un tempo, molto tempo fa, a questa catena dalle caratteristiche più semplici e controllabili era possibile sostituire un anello avariato, ora si tratta di serie vistosissime di anelli, di grovigli di anelli, di intrecci che non si prestano più a essere smontati. Bisognerebbe cambiare tutta la catena, da cima a fondo. Ma, al punto di complessità al quale siamo pervenuti, ciò non è più possibile ossia indietro non si torna. Non per opera e volontà dell’uomo, almeno, perché qualcosa del genere si avvererà come lo scoppio di un bubbone e sarà la stessa Natura a dettare il corso degli eventi. Guardo negli occhi un bambino: vedo la luce della fiducia, vedo il colore della felicità, percepisco il profumo della speranza, la leggerezza dell’innocenza. Fra quarant’anni non sarò io a vedere che ne sarà stato. Posso trovare il coraggio di fargli i miei auguri?

Risanamento dell’atmosfera: abbi fede!

Non posso fare a meno di pensarci. Già, dovevamo muoverci almeno cinquant’anni fa, ma anche prima. Ora è tardi, molto, troppo tardi!
Ecco la situazione: “Leonardo”, il telegiornale delle scienze e della tecnologia, martedì 27 maggio 2014, ore 14,50. Mai tanta anidride carbonica nell’aria che respiriamo. Le temutissime 400 parti per milione sono state raggiunte e superate (401 ppm). Ce ne informa l’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Il fenomeno si estende a tutto l’emisfero settentrionale del Pianeta. Colpa dell’uso dei carburanti fossili e delle attività umane. Il gas serra liberato nel decennio fra il 2002 e il 2012 risulta essere responsabile dell’85% del riscaldamento globale del Pianeta. Nel periodo dal 1990 al 2013 il potere devastante dei gas serra, anziché essere contenuto e ridotto come dai vari Protocolli formulati sul problema, è aumentato del 34%, da quanto informa l’Istituto Oceanografico Atmosferico degli U.S.A., la concentrazione di CO2 nell’atmosfera terrestre è cresciuta di 2 parti per milione annualmente nel giro degli ultimi dieci anni, quando invece, ai tempi dell’era preindustriale, raggiungeva la soglia tollerabile di 278 ppm. Fra il 2015 e il 2016 il livello soglia, perdurando il ritmo attuale dei consumi, sarà superato. Emerge la drastica necessità di adottare misure immediate, anche a fronte della constatazione che l’anidride carbonica non si dissolve come la nuvola di passaggio, ma detiene il triste vizio di permanere nell’atmosfera per centinaia di anni. Coraggio, gente, tratteniamo il respiro…

Questo è quanto annotavo poco tempo fa, corrente l’attuale anno 2017. Sì, ci dicono di riporre fiducia negli sforzi che i manipolatori della tecnologia stanno prodigando per rendere l’aria più respirabile ossia per diminuire le polveri sottili e quant’altre componenti tossiche delle quali l’atmosfera è impregnata.

Sennonché le ultime notizie che pervengono alle nostre orecchie non recano certo conforto né ci rassicurano sulle migliorie che attendiamo.

È il giorno di Ognissanti 2017 allorquando, il mattino di buon’ora, leggo su Televideo: “Le concentrazioni di ossido di carbonio nell’atmosfera, responsabili dei cambiamenti climatici, hanno raggiunto un nuovo record nel 2016”. È l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (Wmo) a mettere in guardia contro “un innalzamento pericoloso delle temperature”. Il livello di CO2 nell’aria, la cui soglia di sicurezza si attesta a quota 350 ppm (parti per milione), è passato dai 400 ppm del 2015 ai 403,3 ppm del 2016. Siamo di fronte a livelli mai registrati, si pensa, da 800 mila anni a questa parte.

Andiamo bene! Le previsioni di superamento del livello soglia, di cui dicevo poco sopra, si sono puntualmente avverate. Non voglio immaginare dove andremo a finire. Certo, in un calderone dal quale nessuno uscirà più.

Saremo inevitabilmente chiamati a dare corso a una riforma su scala mondiale in omaggio a due parametri comportamentali di fondamentale necessità e di difficilissima attuazione: l’equa distribuzione delle ricchezze e delle opportunità di crescita da una parte e, dall’altra, un obbligato rallentamento nel ritmo di vita, della produzione, degli spostamenti. Dovremo, tutti, accontentarci di meno, di molto meno, a iniziare da chi ha di più ed è stato abituato a trascorrere un’esistenza da nababbo. Quindi l’ostracismo agli sprechi, ai lussi, agli scarti. Ma questo – si alzerebbe subito qualcuno a obiettare – vuol dire rinunciare a crescere economicamente. Se ben guardiamo al significato delle parole dovremo convenire sull’asserzione che crescere significa anche sfruttare in misura maggiore un ambiente che già è al collasso, significa accelerare quel processo di degrado che sta portando l’intero sistema allo sfacelo. Ma, subito, un grave ostacolo da superare: chi, per primo, rinuncerebbe a vivere con gli agi che abbiamo acquisito? È la razionalità umana che dovrebbe avere il sopravvento, la capacità dunque di vedere in faccia, tutti insieme, il problema, di analizzarne le facili conseguenze, di pervenire a una condivisione di idee e di proposte. Ma questo non credo si possa mai avverare.

L’uomo nasce, da sempre, con quel germe malvagio nel profondo dell’anima, costantemente proteso a ingannare il suo ospite suggerendogli e invogliandolo a voler diventare il più forte, il più meritevole, l’eletto fra tutti. E così le figlie di quel germe, la prepotenza, la violenza, la superbia, l’egoismo, la sopraffazione, saranno pronte ad alimentare l’illusione di essere immortali, di dover conquistare il mondo, di prevalere nell’accesso al benessere, nell’indifferenza più assoluta per le sofferenze e i bisogni altrui. Falliranno, gli uomini, e questo sembra fuor di dubbio. Ci penserà allora Madre Natura dando la stura a un deleterio processo involutivo che alla fine ingoierà fino all’ultimo essere vivente, per continuare a scorrere i propri giorni nel più assoluto silenzio. Un buco nero sulla condizione umana, triste prospettiva: dovrà accadere?

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