
Tempo addietro decisi di esprimere la mia preoccupazione per come la gioventù dei giorni nostri, per una gran parte, stia o no prendendo a cuore la propria vita e il proprio futuro. Esordivo allora, era l’agosto 2021, con una serie di constatazioni raccapriccianti: “La capacità di modulare i comportamenti di fronte al benessere e al senso di conquistata libertà. L’incombere di un vuoto pauroso nel mondo dei sentimenti e una paura inspiegabile di qualcosa indefinita che sarebbe potuta accadere. Con certi comportamenti troppo compiacenti veniva snaturata quella figura autorevole di genitore nella sua funzione di ancoraggio e di guida per i figli. Alcuni credettero cosa buona e risolutiva dare mano al denaro. Se il denaro, a un certo punto, non bastava non c’era che da avanzare altre pretese e le richieste dei figli venivano puntualmente soddisfatte. Giovani alla deriva: una situazione disperata. Figli indifesi e male attrezzati, costretti a sentirsi senza guida, palesemente abbandonati, lasciati andare alla deriva nel marasma delle onnipresenti pressioni sociali: Il “dio denaro” e i doveri soverchiati dai diritti. Non c’è amore nel mondo sul quale camminano i nostri figli”.

Ma non sono tutti così e non sempre né dappertutto le cose vanno a questo modo. In quegli articoli tristi e malauguranti, che pubblicai circa sei mesi or sono sulla mia pagina Web, mi lasciavo trasportare dalla stessa tensione che induce i canali di informazione di massa a rimarcare, con una modulazione un po’ diversa, in modo quasi ossessivo gli avvenimenti negativi affioranti nel volgersi della vita civile quotidiana, trascurando gli aspetti belli e costruttivi che invece le fanno onore. È l’avverarsi del detto ampiamente conosciuto del “fa più rumore un albero abbattuto che un’intera foresta che cresce”.
A spingermi a mutare atteggiamento in questo senso è stato, fra l’altro, l’aver seguito un programma televisivo negli ultimi giorni dell’anno appena trascorso.

Ebbi la fortuna di assistere, sul canale RAI5 della TV, al Concerto di Natale trasmesso dall’Auditorium “Parco della Musica” in Roma. A esibirsi sul palco musicale era il complesso sinfonico “Juniorchestra” formato essenzialmente da giovani e adolescenti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Come direttori presero posto Antonio Pappano e Simone Genuini. L’orchestra interpretò musiche di bellezza memorabile: le Danze Polovesiane dall’opera “Il Principe Igor” di Aleksandr Borodin, la Suite di danze sz77 di Béla Bartók, e “West side story”, selezione per orchestra, di Leonardo Bernstein, con chiusura di cornice nella splendida esecuzione del Bolero di Maurice Ravel.
Era uno spettacolo di sottile attrazione vedere queste ragazze e questi ragazzi, persino alcuni dalle fattezze del viso ancora fanciullesche, intenti nel far vibrare di note i propri strumenti, seri nell’espressione, compiti e concentrati al massimo, precisi negli accordi e nella sincronia delle parti, con quelle dita che si muovevano agili e veloci sui tasti dei fiati, sulle corde dell’arpa e così via. Con quanta passione quei giovani si dedicavano nel creare l’atmosfera musicale, così il loro entusiasmo non poteva fare a meno di sedurre e incantare gli ascoltatori, fino anche a lasciare loro provare trascinanti emozioni.

Sto pensando a quanto lavoro di preparazione si siano esposti questi orchestrali poco più che esordienti, a quanti sacrifici, a quante rinunce. Tutto per dare vita e forma a valori culturali e artistici nei quali hanno creduto e continuano a credere. E i risultati si sono visti! Nessun segno di esibizionismo o di vanto personale, nessun atteggiamento improntato al culto di sé o alla caccia di consensi per la propria bravura. Anzi, quando Sir Pappano puntava l’indice verso l’uno o l’altro di loro, al termine dell’esecuzione musicale, per invitarli ad alzarsi in piedi e a raccogliere gli applausi del pubblico, questi ragazzi, quasi timidi e schivi, ne rimanevano stupiti e persino un po’ imbarazzati. Credo che tutti questi giovani, indistintamente, nelle loro avventure evolutive abbiano goduto del supporto educativo e dell’incoraggiamento senza cedimenti da parte di una famiglia consapevole dell’essenzialità di una buona educazione e della forza che da essa deriva nell’indirizzare i propri figli verso mete che essi amano raggiungere sulle frontiere del bello e dell’arte.
Lo spettacolo al quale ho avuto la buona sorte di assistere mi fa pensare a quanta gioventù abbia deciso di dirigere i propri sforzi per creare opportunità formative sia in ambito artistico sia nel sociale sia nello studio individuale. Ebbene, mi viene da dire, perché i mezzi di informazione non fanno ricorso a questi esempi positivi per far conoscere a una platea più ampia di giovani che molti fra i loro coetanei non sono per una vita disordinata o per farsi mantenere bighellonando nella palude dei vizi e dell’ozio? Parlare un po’ meno delle disgrazie che affliggono la nostra società e proporre episodi di grande rilevanza nella valorizzazione degli aspetti più desiderabili per bellezza e creatività sarebbe certamente la via migliore per indurre tutti, giovani e non solo giovani, a riprendere a piene mani la speranza per un futuro migliore che può essere sempre e comunque a portata di mano.
Immagine di copertina tratta da Turismo Roma.