Guerra sui mari – Parte 4 di 7

I Giapponesi avevano schierato ingenti forze nella regione di Kokumbona e ne sbarcavano altre alla punta Koli, con l’intenzione di stringere in una morsa Henderson Field. Un battaglione americano, al comando del tenente colonnello Herman H. Hanneken, si mosse in ricognizione verso Punta Koli e la sera del 2 scorse sei navi nipponiche nell’azione di sbarco di truppe. Hanneken ricevette rinforzi da Vandegrift, coordinati dal generale Rupertus, in attesa del 164° reggimento al comando del generale di brigata Edmund B. Sebree.

Tra il 6 e il 7 novembre Yakutale e Yamamoto andavano modificando il piano iniziale, e l’8 novembre gli Americani ripresero ad avanzare. Gli aerei americani bombardavano e mettevano in fuga i Giapponesi che lasciarono 500 caduti sul campo. I commandos del colonnello Carlson raggiunsero i Giapponesi in fuga causando loro 500 perdite. I Giapponesi si trovavano di gran lunga indeboliti, ma la partita decisiva si sarebbe giocata sul mare. Due convogli americani partirono da Numea (ammiraglio Turner) e da Espiritu Santu, trasportando truppe e materiale. Gli ammiragli Scott e Callaghan erano di scorta alle navi. Nel pomeriggio del 12 agli Americani arrivarono messaggi che indicavano la presenza di navi nemiche. Turner ordinò il ripiegamento verso Espiritu Santu. Callaghan dispose in ordine di combattimento i cacciatorpediniere Cushing, Laffey, Sterett, O’Bannon, gli incrociatori Atlanta, San Francisco, Portland, Helena, Juneau, e i cacciatorpediniere Aaron Ward, Barton, Monssen e Fletcher. Con ciò Callaghan comandava un vero e proprio blocco navale.

Da parte giapponese l’ammiraglio Kondo aveva ricevuto l’ordine di passare a sud di Savo e di puntare a est per bombardare la zona presidiata da Vandegrift. L’incursione era stata affidata all’ammiraglio Abé.

A notte fonda il cacciatorpediniere Cushing scoprì la flotta nemica non molto lontana, ma nessuno fra i comandanti americani aveva ordini precisi. I Giapponesi li precedettero e fecero una carneficina dell’Atlanta uccidendo anche il comandante Scott. I siluri finirono di mettere fuori combattimento l’Atlanta. Poi furono colpiti il Cushing e il Laffey. L’ammiraglio Callaghan, che aveva emanato l’ordine di attacco, comandò allora di cessare il fuoco. Tre navi giapponesi, con la corazzata Kirishima, attaccarono il San Francisco provocando anche la morte dell’ammiraglio Callaghan. L’incrociatore Portland fu colpito da un siluro. L’Helena, peraltro, era riuscito a fuggire verso nord. Lo Juneau, invece, fu colpito a sua volta e finì con il disintegrarsi. Dei cacciatorpediniere l’Aaron Ward riuscì con fatica ad aprirsi un varco, ma il Barton soccombette a due siluri e andò a fondo con tutto l’equipaggio. Anche il Monssen era in preda alle fiamme. Soltanto il Fletcher ebbe maggior fortuna.

Gli stessi Giapponesi subirono gravi perdite: affondato il loro cacciatorpediniere Akatsuki, danneggiati il Yudachi, la corazzata Hiei e i cacciatorpediniere Ikazuchi, Murasame e Amatsukaze. Nemmeno un’ora era durato uno dei più grandi combattimenti navali di tutti i tempi. Nonostante il successo giapponese, Abé comandò la ritirata generale della flotta, senza aver potuto colpire l’aeroporto americano. Gli aerei americani sollevatisi dalla portaerei Enterprise attaccarono la corazzata pesante Hiei e la mandarono a fondo. Da una parte Mikawa si dava a bombardare l’aeroporto senza che le piste fossero state compromesse, dall’altra gli Americani puntarono con gli aerei sull’incrociatore pesante Kinugasa colpendolo con siluri e provocandone l’affondamento. L’Isuzu fu abbondantemente bombardato e trasformato in un rogo. Tutte le navi di Mikawa subirono danni per quattro attacchi successivi. Ora gli Americani avevano conquistato la supremazia aerea.

Al largo l’ammiraglio Lee aveva predisposto la formazione di combattimento con i cacciatorpediniere Walke, Benham, Preston e Gwin, e le corazzate Washington e South Dakota. Iniziò a sparare il cacciatorpediniere Walke, poi tutti gli altri. Vennero affondati il Walke, il Benham e il Preston, mentre da parte giapponese andava a fondo l’Ayanami. Lee scelse il bersaglio maggiore, la Kirishima, colpita con pezzi da 406 e infine affondata dagli stessi Giapponesi. Con queste perdite i Giapponesi avevano perso la supremazia sul mare.

Nella battaglia campale fu il generale Sebree ad attaccare con il 164° Fanteria, l’8° Marines, due battaglioni del 182° Fanteria e una squadra di rinforzi. Le truppe americane il 18 novembre attraversavano il Matanikau. Yakutake da attaccante era diventato oggetto di attacco e i suoi soldati erano demoralizzati, colpiti dalla malaria erano quasi senza medicine e anche di riso. Tanaka inventò il passaggio di rifornimenti rinchiusi in barili e scaricati in mare.

A Espiritu Santu Kinkaid aveva dovuto passare le consegne al contrammiraglio Wright il quale ricevette dall’ammiraglio Halsey l’ordine urgente di intervenire al largo di Guadalcanal contro otto cacciatorpediniere e sei navi da trasporto giapponesi. I cacciatorpediniere americani lanciarono i siluri contro il cacciatorpediniere Takanami che fu abbandonato dall’equipaggio. I Giapponesi reagirono con i siluri e colpirono il Minneapolis e il New Orleans. Il Pensacola, colpito, andò a fuoco con i marinai bruciati vivi. Due siluri raggiunsero il Northampton bloccandolo in un rogo.

Tanaka aveva dato ordine di gettare in mare i barili dei rifornimenti, ma Yakutake ne recuperò soltanto un terzo. La fame era tanta che nel dicembre 1942 i fanti di Yakutake mangiavano più sovente erba che non riso.

Negli alti Comandi americani il 9 dicembre Vandegrift lasciò Guadalcanal e cedette il posto al generale Patch il quale il 10 dicembre constatava la disponibilità di 13 mila uomini, con un deficit pari ad almeno 3 mila unità, mentre avrebbe avuto bisogno di tre divisioni al completo. Patch ottenne i rinforzi e il 9 gennaio 1943 aveva già ai suoi ordini più di 40 mila soldati.

Il 2 dicembre il generale Hitoshi Imamura prese a Rabaul il comando di tutte le forze del Pacifico del Sud, 50 mila uomini, e dei resti della 17a Armata del generale Yakutake. Nello stesso tempo gli Americani avevano imposto il loro blocco. Il Consiglio Imperiale del 21 dicembre decise la fine della campagna di Guadalcanal. I Giapponesi avrebbero dovuto tenere la costa nordest della Nuova Guinea e difendere Rabaul e le principali isole dell’arcipelago delle Salomone. Dopo che le cose non erano andate per il verso giusto il 30 novembre, Tanaka provò il 3 dicembre a inviare nuovi soccorsi a Yakutake gettando in mare altri 1500 barili, dei quali fu recuperato meno di un quinto. Il 7 dicembre si mosse un terzo convoglio al comando del capitano Sato, succeduto a Tanaka, ma, sotto la minaccia di una quindicina di bombardieri americani, Sato fu costretto a ordinare la ritirata. Il quarto e ultimo convoglio, l’11 dicembre, fu diretto ancora da Tanaka sul cacciatorpediniere Teruzuki che soccombette sotto i colpi di una ventina di bombardieri americani. Yakutake non poteva più disporre di rinforzi e i suoi soldati erano affamati e sfiniti per la febbre malarica.

I Giapponesi tenevano la parte occidentale dell’isola, tra Kokumbona, il monte Austen e il capo Speranza, con un concentramento di truppe nella posizione fortificata detta “Gifu”. Contro quest’ultima si gettò il 17 dicembre il 132° reggimento di Fanteria che per la prima volta fece uso dei lanciafiamme a Guadalcanal. Dal 21 dicembre i Giapponesi si apprestavano a fuggire per mare. Il 29 gennaio 1943 una formazione di bombardieri nipponici attaccò la flotta dell’ammiraglio Giffen, provocando l’affondamento dell’incrociatore pesante Chicago, ma intanto, tra il 1° e i 2 febbraio, iniziavano l’evacuazione di Guadalcanal che terminava il 7 febbraio 1943 con gli ultimi soldati salvati sul cacciatorpediniere Isokaze, dopo sei mesi di battaglia per Guadalcanal. I Giapponesi avevano perso sul terreno 25 mila soldati e oltre 600 aerei. Gli Americani avevano accusato 1.598 morti e 4.709 feriti.

La guerra in Cina

La guerra contro i giapponesi non fu portata soltanto nelle isole del Pacifico, ma si prolungò all’interno del continente asiatico, in Cina e in Birmania.

A far data dal 4 luglio 1942 il generale di brigata Claire Lee Chennault assunse il comando ufficiale dell’aviazione americana in Cina, con il 23° Gruppo caccia costituito da giovani aviatori. Lo stesso 4 luglio si svolse una battaglia aerea nel cielo di Kweilin, in cui il 23° Gruppo abbatté 13 aerei giapponesi.

Venne costituito l’American Volunteer Group, le “Tigri volanti”, con i migliori piloti da combattimento degli Stati Uniti. Chennault ottenne la piena fiducia del generalissimo Ciang Kai-shek.

L’8 dicembre 1941 le truppe giapponesi avevano invaso Shanghai e portato l’assalto all’isola di Hong-Kong. Il 9 dicembre Ciang Kai-shek dichiarò guerra al Giappone, alla Germania e all’Italia, alleandosi con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. L’Unione Sovietica si unisce all’alleanza, ma non contro il Giappone.

Il Giappone, che controllava l’Indocina, era affiancato dalla Tailandia nel tentativo di invadere la Birmania. Il governo cinese di Nanchino nel dicembre 1941 controllava il nordest della Cina e numerose province orientali. Il capo del governo di Nanchino, Wang Ching-wei era un ex collaboratore di Ciang Kai-shek.

La zona libera della Cina era divisa in due: il governo di Chungking al sud, al centro e all’ovest; al nord, nella capitale Yenan, la base comunista di Mao Tse-tung, forte di un esercito di 300 mila uomini. Il solo e vero nemico per Wang Ching-wei e per Ciang Kai-shek era Mao Tse-tung. Stalin aveva abbandonato a se stesso Mao e prestato invece aiuto al reazionario Ciang Kai-shek. Nessuna di queste forze si impegnò a fondo contro i Giapponesi.

Il brigadiere generale Johan Magruder venne nominato capo della missione americana in Cina. Il 19 dicembre dieci bombardieri giapponesi partirono da Hanoi verso Kunming, ma si scontrarono con le “Tigri volanti” di Chennault: nove su dieci degli aerei giapponesi vennero abbattuti.

Il 29 dicembre Ciang Kai-shek venne posto al comando del teatro di operazioni cinese. I Giapponesi, intanto, iniziarono la conquista della Birmania e si sforzarono di impedire agli Americani di insediarsi nei territori controllati da Ciang Kai-shek. L’offensiva giapponese ebbe inizio il 23 dicembre con circa 100 mila uomini che, avanzati di 70 chilometri, giunsero nei pressi di Changsha bombardandola. La battaglia doveva tosto trasformarsi in combattimenti corpo a corpo e terminò il 4 gennaio 1942.

Da parte americana si andava alla ricerca di un generale per nominarlo capo di Stato maggiore di Ciang Kai-shek; dal generale Marshall fu individuato il generale Stilwell che arrivò a Chungking a fine febbraio 1942. Era investito del compito di accrescere l’aiuto americano al governo cinese e di provvedere al miglioramento del potenziale bellico dell’esercito cinese.

Il 29 aprile 1942 i Giapponesi, con l’invasione della Birmania, misero un blocco all’unica via di comunicazione tra la Cina e i suoi alleati. Il 30 aprile Chennault era in testa all’ultima battaglia dell’A.V.G. (gruppo volontari americani) sull’aeroporto di Loiwing, nei pressi di Lashio in Birmania. I Cinesi furono costretti alla ritirata. Nel corso della battaglia aerea le “Tigri volanti” abbatterono 13 aerei giapponesi. La battaglia di Birmania vedeva la disfatta totale delle truppe britanniche e cinesi, quasi distrutte del tutto.

Fu la signora Ciang Kai-shek ad autorizzare Chennault a colpire le corazzate giapponesi dirette in Birmania, e le “Tigri volanti” compirono un vero massacro di civili e soldati. Furono le piogge monsoniche a fermare infine i Giapponesi che non riuscirono a penetrare in Cina. Tuttavia i Giapponesi l’11 maggio 1942 invasero il Chekiang e distrussero gli aeroporti usati dall’aviazione americana, massacrando mezzo milione di Cinesi, fra militari e civili. La città di Chuhsien fu rasa al suolo.

Ciang Kai-shek pose tre condizioni relative alla guerra in Cina: gli Stati Uniti avrebbero dovuto inviare sul fronte cinese tre divisioni; 500 aerei da mandare in Cina; fornire ai Cinesi in guerra 5 mila tonnellate di materiale ogni mese.

Il 4 luglio 1942 le “Tigri volanti” furono trasformate nel 23° Gruppo caccia della 10a Air Force di Brereton. La notizia non soddisfò Stilwell che aveva come obiettivo la riconquista della Birmania. L’A.V.G. terminò pertanto di esistere. Aveva combattuto per ben sette mesi nei cieli della Cina, della Birmania, della Tailandia e dell’Indocina Francese, abbattendo 299 aerei giapponesi e distruggendone all’incirca 153. Di riscontro le “Tigri volanti” avevano perso 73 aerei, 23 piloti uccisi in combattimento e tre prigionieri.

Chennault, divenuto comandante della China Air Task Force, aveva a disposizione 51 aerei, dei quali soltanto 29 potevano alzarsi in volo, a confronto dei 450 aerei utilizzati dai Giapponesi in Cina. Chennault tuttavia escogitò una tattica efficace, quella della “rete di ascolto” composta da migliaia di posti di osservazione. Nessun movimento degli aerei giapponesi sfuggiva a questa rete, tanto che gli aviatori americani erano in grado di sapere in modo perfettamente esatto la posizione degli aerei avversari. Accadde però che il 23° Gruppo del colonnello Scott e tutta l’aviazione di Chennault nell’autunno 1942 cominciassero ad avvertire pesanti segni di stanchezza, cosicché i Giapponesi concentrarono truppe e aerei a Hong-Kong con lo scopo di attaccare gli aeroporti americani della Cina orientale. Notevoli forze ammassarono anche in Indocina e in Birmania. La battaglia che ne seguì causò la distruzione di numerose navi e di 27 aerei nipponici, mentre da parte americana le perdite ammontarono a 22 aerei colpiti a terra.

Sul piano delle decisionalità e delle valutazioni tattiche si era creata una dicotomia: da una parte Ciang Kai-shek e Chennault e dall’altra Stilwell con Bissel che miravano a riconquistare la Birmania. Stilwell, da parte sua, respinse le tre richieste di Ciang Kai-shek, sopra citate.

In conclusione la China Air Task Force aveva distrutto 149 aerei giapponesi, più altri 85 probabili, con la perdita di appena 16 aerei. Era giunto il momento che Claire Lee Chennault, forte dell’appoggio di Ciang Kai-shek, pensasse ad attaccare l’aviazione giapponese.

Nell’autunno 1942 Ciang Kai-shek aveva ottenuto dagli Americani l’equipaggiamento completo per una trentina di divisioni cinesi stanziate nello Yunnan, destinate all’offensiva da scatenarsi contro la Birmania. Il 18 marzo 1943 alla 14a Air Force pervenne di rinforzo un primo contingente di bombardieri pesanti. Chennault disponeva ora sia di forze da combattimento sia di abbondanza di mezzi di approvvigionamento. In una assemblea militare alleata, presieduta da Roosevelt, Il piano di Ciang Kai-shek e di Chennault venne preso in considerazione con la priorità per la 14a Air Force a ricevere tutto il materiale diretto in Cina. Il 24 agosto 1943 terminava a Quebec la conferenza chiamata del “Quadrante”. Le operazioni in Birmania vennero affidate agli Inglesi, al comando dell’ammiraglio Mountbatten per l’Asia di Sudest. Stilwell fu nominato suo aiutante, sotto il comando supremo di Ciang Kai-shek. La 14a Air Force effettuò il suo primo attacco di potenza contro Formosa: con 28 aerei all’attacco riuscì ad abbattere 42 aerei giapponesi nel giro di appena dodici minuti. Tuttavia i Giapponesi il 4 dicembre sfondarono la linea del fronte lungo il lago Tung-Ting. Ciang Kai-shek impose alle truppe del generale Sun di fermarsi, dopo la loro avanzata verso la Birmania, nella vallata dello Hukawang, muovendo dall’India agli ordini di Stilwell.

Roosevelt avanzò la proposta che un esperto cinese si recasse a Washington per mettere a punto l’affare delle condizioni e dell’ammontare degli aiuti americani. Intanto i Giapponesi stavano preparando un’ultima grande offensiva chiamata “Piano Ichigo”, con quasi un milione di uomini, con lo scopo di consentire l’utilizzo della ferrovia Pechino-Hankeu e del suo prolungamento sino a Canton. Il generale Hata emise l’ordine di attacco il 17 aprile 1944. Toccò agli eredi delle “tigri volanti” bombardare i ponti sul fiume Giallo e il tratto di ferrovia Pechino-Hankeu per rallentare l’avanzata giapponese nell’Honan. Chennault temette seriamente che gli Americani avrebbero corso il rischio di perdere tutti gli aeroporti che erano riusciti a costruire nella Cina orientale. Chiese pertanto che gli fossero messi a disposizione tutti gli aerei della 14a Air Force con uomini, materiale e carburante. Ricevette così 10 mila tonnellate di materiale al mese. Nel frattempo i Giapponesi attaccarono Changsha, con uno dei più importanti aeroporti americani, quello di Hengyang. Ridotte a mal partito, le “Tigri volanti” furono costrette ad abbandonare l’aeroporto. Si arrivò alla fine del 1944 che i Giapponesi facevano lunga collezione di vittorie. La città di Hengyang venne conquistata dai Giapponesi i quali minacciavano anche Chang-hsien e Kweilin dove si trovava la base principale dell’aviazione di Chennault.

Stilwell dichiarò a Chennault l’impossibilità di difendere l’aeroporto e la necessità di distruggere le installazioni. Il 18 ottobre 1944 a Stilwell pervenne l’ordine di rientrare negli Stati Uniti perché sostituito dal generale Albert Coaday Wedemeyer. Il settore indo-birmano venne affidato al generale Sultan.

Il 7 novembre Kweilin cadde nelle mani dei Giapponesi e il 10 novembre fu la volta di Liuchow, l’ultima base americana nella Cina meridionale.

Wedemeywe e Chennault si confrontarono con Ciang Kai-shek per la realizzazione del piano “Alfa” che prevedeva di raccogliere tutte le forze cinesi nella regione di Kunming, ma la concentrazione delle forze cinesi, a causa di caduta dello spirito combattivo, non ebbe buon esito. Da allora i rapporti fra Wedemeywe e Ciang Kai-shek divennero tesi.

Il 24 novembre i Giapponesi conquistarono Nan-ning e il 9 dicembre si ricongiunsero con le forze dell’Indocina francese. Hurley tentò di convincere Ciang Kai-shek e Mao Tse-tung a unirsi per battere i Giapponesi. Al momento le forze di Mao Tse-tung erano appoggiate da quasi 100 milioni di cinesi. Hurley tentò ancora, nel giugno 1945, di stabilire contatti tra Chungking e Yenan.

Il 18 dicembre 1944 Hankeu divenne la grande base giapponese della Cina centrale. Un attacco improvviso di 77 superfortezze americane e 200 bombardieri medi prese i Giapponesi alla sprovvista. Per mezz’ora di seguito caddero bombe a tonnellate sui porti e sulle navi sullo Yang-tze: 64 aerei giapponesi vennero distrutti. Fu la fine di Hankeu come base giapponese in Cina. Chennault, con i suoi caccia bombardieri, riuscì a distruggere sull’aeroporto di Shanghai 241 aerei giapponesi nel mese di dicembre, 334 nel gennaio 1945. In sei mesi, dal novembre 1944, gli avieri della 14a Air Force distrussero 1.634 aerei giapponesi, con la perdita di appena 16 aerei americani. L’aviazione giapponese era ormai eliminata dai cieli della Cina. Il Giappone andava crollando su tutti i fronti.

Il 22 gennaio il generale Sultan dichiarò aperta la nuova via per la Birmania che Ciang Kai-shek volle chiamare “strada Stilwell”, il nome del suo avversario. Il 1° maggio il generale Marshall nominò il generale Stratemeyer comandante delle forze aeree americane in Cina. Stratemeyer comunicò a Chennault che avrebbe dovuto abbandonare il suo posto di comandante della 14a Air Force dal 31 luglio per cederlo al generale Stone. Claire Lee Chennault aveva iniziato con una forza di 250 uomini e 100 aerei e arrivò a formare un esercito di 20 mila uomini con mille aerei. Le “Tigri volanti” in tre anni avevano perso 500 aerei, ma distrutto 2.600 velivoli nemici con forse altri 1.500, avevano affondato o danneggiato 2.230 mila tonnellate di cargo giapponesi, 44 navi da guerra e 13 mila battelli, provocando la distruzione di 573 ponti e la morte di 66.700 soldati giapponesi. Il tenente generale Takahashi dichiarò che se non vi fosse stata la 14a Air Force avrebbero avuto ogni possibilità di azione.

Immagine di Copertina tratta da Britannica.com.

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