Nella mente dei Pensatori
Voltaire
Dizionario filosofico
Giulio Einaudi Editore s.p.a. – Torino 1950, 1969, 1995
CRISTIANESIMO. Ricerche storiche sul Cristianesimo.
Nello storico Giuseppe (Giosefo, nella Edizione Universale Economica) non si trova alcuna traccia di Gesù Cristo, non una parola della vita o della morte di Gesù, né Giuseppe parla del massacro di tutti i bambini per ordine di Erode. “Il calendario greco parla di quattordicimila bambini sgozzati in tale occasione”. (In nota a piè di pagina): “Voltaire aggiunse nel 1769 questa nota: “I cristiani, per una di quelle frodi che vengono chiamate pie, falsificarono grossolanamente un passo di Giuseppe ‘attribuendogli’ quattro linee ridicolmente interpolate, e alla fine del passo aggiungono ‘egli era il Cristo’… Come è possibile trovare ancora teologi tanto imbecilli o tanto insolenti da cercare di giustificare questa impostura dei primi cristiani, riconosciuti come fabbricatori di imposture cento volte più forti?”.
Lo storico Giuseppe Flavio non fa menzione della strage dei 14 mila bambini né “della nuova stella apparsa in Oriente” alla nascita di Gesù né delle “tenebre che coprirono tutta la terra” alla morte di Gesù né dell’apertura dei sepolcri e dei risuscitati… “nessuno storico romano ha parlato di questi prodigi”.
Nel descrivere la genealogia di Gesù, Matteo parla di 42 generazioni, mentre Luca ne cita 56, con antenati diversi da quelli che Matteo riferisce. Contraddizioni si riscontrano in alcuni episodi: la maledizione del fico che non porta frutti “quando non era la stagione dei fichi”, “i maiali indemoniati” in un paese dove non si allevavano maiali. Incomprensibile l’attenzione dei Vangeli per la genealogia di Gesù a partire da Giuseppe, quando Gesù non era figlio suo, ma solamente di Maria.
“Gesù… non rivelò affatto il mistero della sua incarnazione… non battezzò mai nessuno; non parlò mai dei sette sacramenti e non istituì alcuna gerarchia ecclesiastica… Nascose ai suoi contemporanei di essere figlio di Dio, generato ab aeterno, consustanziale a Dio, e che lo Spirito Santo procedeva dal Padre e dal Figlio… si manifestò agli uomini semplicemente come un giusto, caro a Dio, perseguitato dagli invidiosi e condannato a morte da magistrati accecati dai pregiudizi. Volle che la Santa Chiesa, da lui fondata, facesse tutto il resto”.
Questa ultima considerazione espressa da Voltaire mi lascia alquanto perplesso: partiamo dalla condanna inflitta dai magistrati “accecati dai pregiudizi”. Quali pregiudizi, di preciso? Morali, religioso, politici? Teniamo presente che i magistrati agivano sotto la supervisione e l’approvazione di Pilato il quale rappresentava il potere di Roma. E il potere di Roma incuteva timore e asservimento ai rappresentanti del popolo ebreo. D’altra parte la condanna di Gesù fu emessa in conseguenza diretta di due posizioni che avevano tutto del carattere politico e del mantenimento del potere acquisito. Da una parte la posizione di Pilato che temeva una sommossa popolare, visto il fermento che i maggiorenti locali avevano suscitato tra la folla, una sommossa che sarebbe potuta confluire in una rivolta armata tesa a liberare Israele dalla dominazione romana. Era oltremodo necessario tenere calma quella folla, accondiscendendo almeno in parte alle sue forti richieste. Pilato, dunque, non volle avere a che fare con l’episodio di quel “giusto” e se ne lavò le mani, consegnando l’imputato al verdetto del popolo acclamante. Il proprio posto sul seggio era dunque salvo e la minaccia di sommossa allontanata. Il volgo, peraltro, era stato psicologicamente spinto a considerare le parole proferite da Gesù come una bestemmia, come un tentativo di sovvertire la legge mosaica; e con questo i sommi sacerdoti, condannando Gesù, erano riusciti a sfuggire al tentativo temuto, da parte della folla, di destituirli se non avessero agito. Altro che pregiudizi, era il timore provato dai maggiorenti di perdere il proprio carisma e il proprio posto privilegiato nel contesto sociale a istigare il popolo nell’implorare la condanna per blasfemia. Quando, poi, Voltaire parla della Santa Chiesa fondata da Gesù, la cosa mi risulta alquanto incerta. Se è vero, secondo i Vangeli, che Gesù fondò la Chiesa con le parole rivolte a Pietro “Ed io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa… e a te darò le chiavi del regno dei cieli” (Matteo, XVI, 18-19), con la propria morte considerò conclusa la propria missione in terra, lasciando ai propri seguaci il compito di dare forma al proprio progetto universale. Così, infatti, si esprime Voltaire: “Volle che la Santa Chiesa, da lui fondata, facesse tutto il resto”. Intanto resto interdetto su quell’espressione attribuita a Gesù “edificherò la mia Chiesa”: il significato etimologico della parola “Chiesa” quale posto avrà occupato nella cultura religiosa e nelle convinzioni di quei primi apostoli? Che cosa si saranno immaginata? Avranno compreso veramente quanto Gesù voleva dire? Perché non gli fecero altre domande, perché non andarono più a fondo nel tentativo di comprendere il significato di quella declamazione, dal momento che il termine “Chiesa” appartiene a epoche a noi vicine, non era ancora in voga a quel tempo? O non si fecero per nulla il problema e si accontentarono di ascoltare e non capire? Ancora, dice Voltaire che Gesù coltivava l’attesa che la Chiesa “facesse tutto il resto”. Fu così infatti, ma in quale modo e misura! Sarà l’imperatore Costantino a inventare di sana pianta, per motivi politici e di potere anche qui come sempre, il “Credo” cattolico, inserendovi quelle verità che dalla bocca di Gesù non erano uscite. L’onere di creare un codice fondamentale della Chiesa cattolica, espresso con le verità rivelate nel Credo, che accompagnarono per quasi 1700 anni, e accompagnano tuttora, il rito dei riti a sostegno della fede cattolica fu assunto da un imperatore avido di potere, arrivista, opportunista che arrivò al punto di macchiarsi, per raggiungere i propri loschi scopi, di delitti orrendi ai quali sottopose le persone a lui più vicine e legate da vincolo di sangue. Un personaggio invero, sotto il profilo religioso, poco affidabile e meno ancora credibile, tanto che mi viene da dire che il Cristianesimo, dall’Editto di Nicea in poi, anno 325, può a buona ragione abbandonare la propria denominazione e assumere quella più consona, sotto tutti gli aspetti, di “Costantinesimo”.
“Nei primi anni dopo la morte di Gesù c’erano società o sette differenti tra gli Ebrei: i farisei, i sadducei, gli esseni, i giudaiti, i terapeuti, i discepoli di Giovanni e i discepoli di Cristo il cui piccolo gregge era condotto da Dio per sentieri conosciuti (sic: intendi “sconosciuti” o conosciuti a Lui solo) alla sapienza umana. Colui che contribuì maggiormente a rinsaldare questa società nascente fu quello stesso Paolo che l’aveva più accanitamente perseguitata”.
In quanto alla consustanzialità c’è da dire, con Voltaire, che lo stesso Paolo, nell’ Epistola ai Filippesi, esortò i suoi adepti: “… abbiate gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale, essendo improntato da Dio, non ha creduto sua preda eguagliarsi a Dio”. Qualcosa del genere fu sostenuto anche da Origene nel suo Commento a Giovanni, ma Voltaire aggiunge qualcosa che autorizza a mutare il senso dell’interpretazione, ossia le parole “… imitate Gesù, il quale non credette che fosse una preda, un’usurpazione, l’eguagliarsi a Dio”.
Mi torna un po’ difficile attribuire un significato preciso e circostanziato a quanto riferisce Voltaire nel trarre espressioni da un passo della Lettera ai Filippesi. Mi rivolgo allora all’edizione della Sacra Bibbia da me consultata in merito alle questioni trattate e, nel capitolo II della Lettera (II, 5-8), leggo: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale esistendo nella forma di Dio, non considerò questa sua uguaglianza con Dio come una rapina, ma annichilò se stesso, prendendo la forma di servo e divenendo simile agli uomini, apparve come semplice uomo; umiliò se stesso fattosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.
È quel termine “preda” che in Paolo fa pensare alla cattura della convinzione, da parte di Gesù, di essere uguale a Dio, ma Gesù questo non lo credette, quindi lontano dal dichiararsi simile al Padre. Il commento di Voltaire, per altro verso, apponendo dopo la parola “preda” il vocabolo “usurpazione”, induce a pensare che non fosse illecito, per Gesù, considerarsi uguale al Padre, dunque uno stravolgimento dell’interpretazione precedente, una vera e propria ammissione di uguaglianza fra le due Persone, come dice il Credo cattolico, uguali e distinte. E a questo punto, ancora, un’altra osservazione d’obbligo: dire uguali e distinte non suona come un’affermazione ossimorica? Se posseggo due matite perfettamente uguali e una la uso mentre sto scrivendo, l’altra la tengo in disparte sul tavolo, posso dire che sono uguali e distinte nel senso che occupano due spazi differenti; con ciò non posso dire che siano lo stesso oggetto: possono essere sovrapponibili ma non assimilabili in un unico ente. Così mi risulta ostico cercare di comprendere come il Figlio e il Padre, pur essendo distinti in quanto a natura e a posizione, possano rivestirsi allo stesso tempo del criterio di uguaglianza. Le due matite sono uguali per forma, per peso, per misura, ma mai potranno condividere lo spesso spazio nel medesimo tempo. In quanto alle Persone trinitarie non resta altro da affermare che non comprenderemo il dilemma perché è un mistero e, come tale, non abbordabile dalla nostra mente limitata. Ed è con la parola “mistero” che la Chiesa finisce per avallare ogni sua dichiarazione incomprensibile e per eliminare ogni ostacolo capace di frapporsi nel discorso che rivolge ai suoi fedeli.
Il cristianesimo nascente oscillava in modo alquanto incerto fra l’adesione a un ebraismo atavico, la Legge di Mosè, e l’adozione di comportamenti più consoni alla mentalità greca, quella dei cosiddetti “gentili”. Il propendere per un punto di vista o per un altro, come capitò a Paolo che fu guardato con occhio torvo per aver sostenuto la necessità di rivolgere il messaggio cristiano ai gentili e, per altro verso, per l’essersi introdotto nel Tempio con stranieri e poi per fare penitenza secondo il rito ebreo, portò ben presto al nascere di correnti di pensiero difformi, talvolta persino discordanti. Voltaire parla infatti di una “disputa sopravvenuta fra gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni da una parte, e Paolo dall’altra. Più tardi sopravvenne san Girolamo con il sostenere che la disputa insorta fra Paolo e Pietro fosse tutta una finzione, architettata per galvanizzare e trarre a sé i fedeli, ebrei per Pietro e gentili per Paolo. “Ma sant’Agostino – afferma Voltaire – non è affatto di questo parere”.
“Solo verso l’anno 60 i cristiani cominciarono a separarsi dalla comunione ebraica, e questo attirò loro molte dispute e persecuzioni… furono accusati di empietà e di ateismo dai loro fratelli giudei… la separazione fra gli Ebrei e i Cristiani divenne completa prima della fine del I secolo.”
Si verificarono casi di zelo sconsiderato: Giustino, nel compito affidato da Dio agli angeli; Lattanzio, per “aver fabbricato certi oracoli sulle sibille”. Si rimproverò anche ai primi cristiani di avere supposto alcuni versi acrostici di una antica Sibilla, i quali cominciavano tutti con le lettere iniziali del nome di Gesù Cristo ciascuna nel suo ordine. Si rimproverava loro di avere fabbricato lettere di Gesù Cristo al re di Edessa nel tempo in cui non c’era re a Edessa; di avere fabbricato lettere di Maria, di Seneca e Paolo, lettere e atti di Pilato, falsi vangeli, falsi miracoli, e cento altre imposture. Abbiamo ancora la storia o Evangelo della natività e del matrimonio della vergine Maria, dove è detto che, condotta al Tempio all’età di tre anni, ne salì la scala da sola. Vi è raccontato che una colomba scese dal cielo per avvertire che era Giuseppe che doveva sposare Maria. Abbiamo il protovangelo di Giacomo, fratello di Gesù, nato dal primo matrimonio di Giuseppe. Vi è detto che quando Maria rimase incinta durante l’assenza del marito, e suo marito se ne lamentò, i sacerdoti fecero bere ad ambedue l’acqua di gelosia, e tutti e due furono dichiarati innocenti… Abbiamo il Vangelo dell’infanzia attribuito a san Tommaso; un Vangelo di Nicodemo… Si spinse il falso zelo fino a diffondere parecchie lettere di Gesù Cristo… Vennero fabbricati cinquanta Vangeli… Si credette che ce ne fosse uno chiamato Vangelo eterno… ma non apparve mai, nei primi secoli della Chiesa, alcun libro così intitolato. Si diedero come autentiche anche false lettere della Vergine… Abdia di Babilonia… mescolò favole così assurde (sulla storia degli Apostoli)… ma sul principio esse ebbero grande diffusione… Abdia riferisce la lotta di san Pietro con Simone mago.”
Rufino Turannio (345-411 circa), prete di Aquileia, con una formula che “si chiamava symbolos in greco, e collatio in latino… Il cristianesimo si stabilì dapprima in Grecia. I cristiani ebbero da lottare qui contro una nuova setta di Ebrei… la setta della gnosi o degli gnostici… I loro nomi più comuni nei quattro primi secoli presso i gentili erano quelli di galilei e di nazareni”.
In quanto ai Concili: se ne tennero 5 nel I secolo, 16 nel II, 30 nel III. “Era permesso allora a tutti di parlare in chiesa, eccettuate le donne”. I cristiani, ma anche gli Ebrei di quel tempo avevano il potere di cacciare i diavoli; i cristiani con il segno della croce.
Magia. “Tutti i padri della Chiesa rendono testimonianza della magia”: Giustino, Lattanzio, Ireneo, Clemente Alessandrino, Tertulliano, il vescovo Cipriano che sostengono l’esistenza delle anime dopo la morte.
Persecuzioni. “Diocleziano, che presso gli ignoranti passa per un persecutore… fu per più di diciotto anni protettore dichiarato del cristianesimo. Fu il cesare Galerio a perpetrare la persecuzione”.
Il Cesare Costanzo Cloro protesse molto i cristiani. “Egli aveva una concubina che era cristiana: è la madre di Costantino, conosciuta sotto il nome di Sant’Elena… Costantino ebbe il coraggio di farsi eleggere” e ottenne “la vittoria su Massenzio, che era stato eletto a Roma”. Costantino, colpevole dell’“assassinio di tutti i suoi parenti, di sua moglie e di suo figlio”.
Fino all’anno 314 i cristiani si vendicarono dei loro persecutori: “gettarono la moglie di Massimino (imperatore romano del III secolo, inizio IV; Diocleziano gli affidò l’Occidente con il titolo di Cesare e poi di Augusto) nell’Oronte e sgozzarono tutti i suoi parenti… massacrarono in Egitto e in Palestina i magistrati avversi al cristianesimo… La vedova e la figlia di Diocleziano furono gettate in mare.
Qui Voltaire si esprime con parole a parer mio inaccettabili: “Dio, che punisce secondo giustizia, volle che le mani dei cristiani si macchiassero del sangue dei loro persecutori, non appena essi ebbero libertà di agire”. Questo non è altro che leggere nelle intenzioni e nella volontà di Dio. Per prima cosa osserverò che si parla di Dio come di una vecchia conoscenza e si vanno a enumerare i suoi progetti, la sua volontà, le sue intenzioni. In secondo luogo si attribuisce a Dio la scelta per la violenza e per la vendetta per ricompensare il suo popolo delle persecuzioni subite. Ma di quale Dio sta parlando Voltaire?