Viveto, nosto Reino (Viveto, la nostra Regina)

Su una pagina di un giornale di un po’ di anni fa, intestato Coumboscuro, ritrovo un interessante articolo di genuino taglio culturale. Parla di un personaggio di grande statura storico-provenzale che veramente merita ricordare. È “Viveto Jonnekin”, regina del Felibrige (Il Félibrige, [pronuncia francese:  felibʁiʒ] è un’associazione letteraria e culturale fondata nel 1854 da Frédéric Mistral e altri scrittori provenzali per difendere e promuovere la Lingua occitana – detta anche langue d’Oc e Lingua Provenzale – e la sua letteratura, combattendo per il riconoscimento della diversità culturale sia in Francia che nel resto del mondo. È anche una delle due organizzazioni rappresentate in tutta l’Occitania dal 1945.

Il suo simbolo è una stella a sette punte che, come scrive Frederic Mistral in Lou tresor dóu Felibrige, è “un omaggio ai suoi sette fondatori”. È presieduto da un capoulié), una fra le persone più attive nel campo della promozione della cultura provenzale. Nelle valli provenzali cisalpine portò tra le prime il messaggio culturale di risveglio etnico. Viveto è riconosciuta tra i migliori esperti per lo studio del costume provenzale a cui ha dedicato studi di fondamentale importanza. Coumboscuro deve molto a questa figura femminile che con grazia e determinazione sostenne il nostro “Centre Prouvençal”.

Coumboscuro, nel Comune di Monterosso (Cuneo) è una vallata laterale che si diparte dalla Valle Grana. Negli anni cinquanta sorse il “Coumboscuro Centre Prouvençal”, centro di studi per una prima riscoperta della civiltà provenzale in Italia.

Il contenuto dell’articolo:

“A quei tempi per noi, ch’eravamo al di qua della montagna e di una frontiera, non era facile assuefarci a quel nome – Viveto – che definiva splendidamente una persona e un portamento. Nome e portamento insieme solenni e semplici, sovrani e familiari: sintesi vivente d’una storia e d’un popolo. Questo fu Viveto Jonnekin per noi di Coumboscuro qui, tra le montagne della Provenza d’Italia. Erano gli anni dopo il 1961, i tempi favolosi della prima riscoperta provenzale in terra cisalpina. Un giorno ad un “Rescountre Piemount – Prouvenço” ci dicono “C’è Viveto!” – Viveto?” – “Sì, la Rèino del Felibrige”.

“Sapevamo in qualche modo che cosa fosse il “felibrige”. Eravamo ancora inesperti, la riscoperta identità provenzale delle nostre valli non ci aveva ancora condotti troppo lontano. E appunto “Rèino” (Regina), ciò era una sorpresa! E fu in realtà sorpresa gioiosa, quando l’ebbimo davanti agli occhi, con quel suo portamento dignitoso ed amichevole, quel sorriso invitante e chiaro, che il costume d’Arles – portato in modo superbo – inquadrava come un personaggio d’un quadro di Watteau. Ma dopo quel primo momento ne vennero altri. E, se capitava al di fuori di feste e incontri, Viveto venne più d’una volta in Coumboscuro, se l’occasione portava, anche indossando il costume. Un mese di maggio le avevamo preparato una serata a Sancto Lucìo (Santa Lucia), nel laboratorio di scultura (adesso Museo Etnografico). Ci fu molta gente. Essa tra le altre cose recitò dei versi di Mistral, con quel bel tono saporoso, inconfondibile.

“Ora tutte queste cose sono nel ricordo. Viveto, Regina del Felibrige negli anni 1962/1967, ora non è più. Dal 16 ottobre scorso. Certamente con la sua scomparsa è un lembo di Felibrige, un pezzo di Provenza, un soffio di mistral che se ne sono andati. Ma per noi è anche un pezzo di quel meraviglioso sbocciare etnico, che come un fiore di giaggiolo aveva rischiarato le nostre valli di una storia nuova. Davvero le cose belle e limpide hanno corta durata. Restano nella malinconia del ricordo. In Coumboscuro (e lo sappia Reinat, marito di Viveto) vi dureranno”.

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