Pianeta Scuola

A che cosa stai pensando? Mi viene chiesto. Sarebbe forse meglio non pensare del tutto. Chi non è avvezzo a frustare sulla groppa dei pensieri soffre certamente meno di chi crea consapevolezza crescente. Ma io sono di questi ultimi, e non me ne dispiace.

Dicono le fonti di informazione: a livello nazionale gli studenti dell’ultimo anno della Scuola Secondaria di 2° grado (le Superiori) che raggiungono risultati molto bassi in Italia sono circa il 13% del totale, ma superano il 20% in Campania, Basilicata e Sicilia, per arrivare al 25% in Calabria. Sono dati che si ricavano dal Rapporto sulle Prove Invalsi 2019 presentato alla Camera. Si arriva a livelli molto bassi nei risultati soprattutto in Matematica e in Inglese in alcune regioni del Sud Italia, con particolare rilievo in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna.

È doloroso constatare la veridicità di quanto sopra riferito. Ma perché risultati così deprimenti e perché il cronico ormai divario fra Nord e Sud Italia? Io penso a due fattori probabili presenti in questa dinamica. Il primo riguarda il corpo docente e il dirigente che dovrebbero operare a livelli di eccellenza. Quando si tratta di educazione e di acculturazione, tanto più con riferimento stretto alla giovane età, chi lavora nel settore deve agire partendo dalla convinzione di credere fermamente in ciò che fa, deve dunque possedere le giuste motivazioni, la volontà e l’entusiasmo per portare a buon fine i propri propositi, ma anche deve essere considerato con adeguate retribuzioni, senza che si trascuri il ricorso a una giusta considerazione meritocratica per chi si prodiga con maggiore efficacia nel proprio lavoro. Il secondo fattore ha a che fare con gli studenti, e qui mi fermo su un termine attorno al quale si può dire molto: “ambizione”. L’enciclopedia ne dà due versioni di significato: una si riferisce alla brama di gloria, di onore, al desiderio di primeggiare. L’altra si rifà piuttosto alla volontà di eccellere, vista nel senso positivo del termine, al desiderio di migliorare la propria posizione. È a questa seconda versione che mi riferisco. Ambizione, dunque, non già nel segno di una gara a superare gli altri per dare lustro alla propria valentìa, per potersi dichiarare il migliore e farsene un vanto, ma una progressione animata da volontà a superare se stessi, a cercare, a scoprire, a non accontentarsi di ciò che si è raggiunto nel campo della conoscenza, quella che in termini appropriati viene chiamata “motivazione intrinseca”. Certo questo tipo di ambizione lo studente, da solo, non se lo può dare, se non in casi eccezionali. Necessita di uno stimolo, di una guida, di incentivi culturali, di una serie di convinzioni molto ferme. È forse questo tipo di ambizione che per lo più difetta in numerosi dei nostri giovani. Portarli dunque ad appropriarsene e a farne uno stile di vita può rappresentarsi come un’impresa non da poco, ma è indispensabile provarci con tutte le forze, per distogliere gli studenti dall’apatia, dalla banalità dei comportamenti, dalla ricerca della comodità e del disimpegno, dal disprezzo per i valori più nobili, dall’insensibilità per ogni aspetto del sapere che potrebbe portare a un arricchimento della personalità.

Questa mattina raccolgo l’informazione, l’ennesima informazione, sulla Scuola italiana. Ecco, si dice che meno di una persona su sei in età lavorativa, qui da noi, in Italia, possiede un diploma di laurea. Non possiamo invero andare tanto orgogliosi della nostra posizione su scala europea: penultimi, superati nel segno negativo soltanto dalla Romania, con tutto rispetto per i Romeni. A vedere dai dati provvisori di Eurostat sui livelli di istruzione, corrente l’anno 2017, l’Italia deterrebbe il primato negativo per il novero di laureati, il 13,7% di cittadini entro una fascia di età compresa fra i 15 e i 64 anni. Nella fascia 25/34 i laureati toccano la soglia del 26,4%, per un confronto poco esaltante con il 38,8% dell’Unione Europea.

Sono dati che oso accostare ai risultati dell’indagine OCSE/PISA nella Scuola Superiore italiana, elaborati dal sistema INVALSI. Le prove affrontate dai quindicenni italiani nel 2015 hanno collocato l’Italia piuttosto indietro, in ogni caso sotto la media europea. Nel 2015 è stata svolta l’indagine sulle competenze in scienze, in matematica e in lettura. Ne è scaturito che il 23,4% dei quindicenni non è in possesso neppure delle nozioni di base. Sull’evidenziare le eccellenze, quando a livello OCSE la media è del 7,7%, l’Italia si arresta al 4,1% e sono le ragazze a essere le più svantaggiate, con un peso negativo che si rivela maggiore più del doppio rispetto alla media europea.

Ho sempre sostenuto che, dal momento che si fa carico alla Scuola degli insuccessi fra l’utenza diretta, è pressoché inutile ancorare i discorsi esclusivamente su finanziamenti massicci, quando invece, dato che la Scuola è formata da persone e che i veri formatori sono i docenti, è proprio su questi ultimi che occorre investire con priorità. Il ruolo centrale nel sistema scolastico, infatti, resta quello degli insegnanti; un corpo docenti preparato e aggiornato è cruciale per la qualità della scuola, come insegna il modello di Singapore: formazione continua e di qualità, ottimi stipendi, premi ai migliori. Le attività collaterali e aggiuntive, a partire dai laboratori, servono ma non sono sufficienti senza insegnanti capaci, ben selezionati e formati.

Bene, sembra chiaro, no? E chi dovrebbe accollarsi le responsabilità del buon funzionamento del pianeta Scuola? Non voglio discendere nei particolari né perdermi in inutili polemiche. Dico solo, e questo lasciatemelo dire, che questi politici indaffarati quanto mai a cercare alleanze per consentire alla barca di muoversi dovrebbero lasciare una buona volta di tessere e ritessere la tela di Penelope e mettersi invece seriamente d’impegno per sanare questa piaga, quella delle competenze scolastiche dei nostri ragazzi, e molte altre che a quella seguono e che precedono. Sarebbe un vero servizio al Paese e un atto remunerativo per tutti noi.

Una opinione su "Pianeta Scuola"

  1. Ciao Mario. Tre spunti: 1) le lingue straniere dovrebbero essere insegnate da docenti madrelingua, da stranieri, è l’unica forma; 2) i programmi di matematica dovrebbero essere anticipati per permettere ad un quindicenne di avere maggiori competenze, per esempio di analisi, da applicare in altre materie; 3) l’informatica dovrebbe essere separata dalla matematica e avere molto più peso. Ecco, con queste azioni migliorerebbe considerevolmente la posizione dell’Italia in classifica. Riguardo all’istruzione universitaria dobbiamo portare a 11 anni (al posto di 13) l’insieme della durata di primaria e secondaria, come in tutto il mondo, con lo scopo di avere laureati di due anni più giovani. Inoltre si dovrebbe considerare come buona pratica incentivare dottorati e maestrie, la laurea dovrebbe essere la norma per tutti.

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