Una storia fantastica – Il Battaglione Saluzzo del 2° Reggimento Alpini (5)

Le Compagnie 22a e 23a del Battaglione Saluzzo.

Anche la 22a Compagnia subì sorte simile alla 21a a muovere dallo spostamento in Conca di Plezzo verso la località di Goricica Planina, sottoponendosi lungo la via a un micidiale bombardamento per tutta la notte del 23 ottobre 1917 sino al mattino del giorno 24. Una trentina di Alpini, colpiti a morte, non raggiunsero la meta. Erano stati tre attacchi nemici, lanciati senza tregua, ad abbattersi sui nostri. Cadevano sulle compagini del Battaglione Saluzzo proietti armati con esplosivo detonante, ma anche ordigni lacrimogeni e altri a diffusione di gas asfissianti. Tutto il 2° Alpini con i suoi battaglioni Borgo San Dalmazzo, Dronero, Saluzzo e con l’87° Reggimento Fanteria era tuttavia riuscito a respingere i pericolosi tentativi.
Poi, di lì, verso Sella Prevala con una marcia estenuante, i piedi affondati nell’abbondante neve posatasi al suolo, incespicando a volte e scivolando su un terreno improbabile privo di sentieri, molestati senza tregua dai colpi dell’artiglieria nemica.

Sella Prevala (nella foto) venne finalmente raggiunta il mattino del 25 ottobre. Si trovarono insieme gli Alpini del 2° Reggimento, appoggiati dal Battaglione Val Fella dell’8° Reggimento Alpini e da una batteria da 75. Fu qui che si scorse, nel pomeriggio inoltrato, una pattuglia austriaca subito seguita da un battaglione forte di alcune sezioni mitragliatrici. Altre testimonianze indicavano il sopravanzare di ben tre battaglioni nemici che ormai si trovavano a distanza ridotta, appena duecento metri. Una affrettata ricognizione sulla forza disponibile a quell’ora rivelava purtroppo la mancanza di una ulteriore quindicina di Alpini, rimasti sul percorso sotto il fuoco che li aveva perseguitati per tutta la lunga faticosa marcia, sfiniti dal gelo implacabile e dalla tormenta che risucchiava ogni flebile energia rimasta. Le munizioni a disposizione degli Alpini sopravvissuti scarseggiavano paurosamente; di bombe a mano manco a parlarne, tutte esaurite.
Procedevano nella loro quanto mai ardua impresa, gli Alpini, con una forza di volontà e un coraggio degno della più grande ammirazione, ben sapendo che di fronte a loro si apriva una strada colma di imprevisti e di sofferenze.
Sorse l’alba del giorno 27 quando s’intravidero le punte avanzate austriache muovere verso le postazioni della 22a Compagnia sui dossi di Sella Prevala. Gli Austriaci avanzavano sicuri del loro buon equipaggiamento di mitragliatrici e persino di cannoncini. Gli Alpini li avrebbero dovuti fronteggiare, riponendo peraltro fiducia nei pochi colpi rimasti per i fucili.
Fu lo scontro: una mischia terribile si scatenò fra le formazioni avverse e infuriò per tutta la mattinata e per il primo pomeriggio lasciando al proprio seguito una distesa di neve arrossata dal sangue di molti Combattenti di entrambe le parti. Il sacrificio di altri quindici Alpini e l’ardimento indomito dei loro compagni valsero infine ad arginare l’urto degli avversari.
Quei tre giorni di lotta furibonda sulle alture di Sella Prevala furono tutt’altro che irrilevanti per l’esito delle strategie di guerra, in quanto impegnarono in alta quota notevoli disponibilità di forze austriache dissuadendole, almeno per il momento, dal realizzare le loro mire espansionistiche verso la Carnia intera.
A notte fatta la 22a Compagnia fu raggiunta dall’ordine di ripiegamento. Arrivò a Sella Buia la sera del 28 ottobre, dopo una marcia estenuante in condizioni pressoché disumane, e di qui puntò a valle in retroguardia a quanto era rimasto del Battaglione Saluzzo, nella speranza di accedere alla Val di Resia e, per quella via, sganciarsi dall’accerchiamento delle forze avverse ormai pervenute a un punto di prevedibile seria minaccia.
Un rapido calcolo sulle perdite subite poneva in risalto una drastica riduzione della forza dai circa 600 uomini in totale, presenti a Sella Prevala il 25 ottobre, ai 350 giunti a Sella Buia il mattino del 28. Ciò stava a significare che in quei tre giorni di lotta contro le armi nemiche e le avversità naturali, non ultimi gli strapiombi nei quali precipitarono molti Alpini per scivolamento sul terreno ghiacciato, quasi la metà di loro ossia più di quattro Alpini su dieci erano caduti sulle selvagge erte del Monte Canin.
Come avvenne per la 21a, così la 22a Compagnia incappò nella trappola di Stolvizza dove truppe austriache, ivi insediate da alcuni giorni, intimarono la resa al nostro reparto. Qui il Tenente Osvaldo Martina, che era stato fino a quel momento a capo della 22a, non impiegò molto tempo a stilare una rassegna degli uomini rimasti alla sua Compagnia: non erano più di una ventina.
Sorte del tutto simile a quanto era accaduto al resto del Battaglione Saluzzo toccò alla 23a Compagnia, sviata da una fitta nebbia nel tentativo di raggiungere la Sella Prevala. A un certo punto la nebbia, diradatasi, diede modo al Tenente Castagna, comandante di Compagnia, di avvedersi dell’errore di posizione, ma anche alle bocche da fuoco austriache di individuare la presenza del reparto e di riprendere con i micidiali bombardamenti. La risalita per Sella Prevala riprese, ma fu ben presto contrastata dall’avanzare di un forte nucleo avversario. Gli Alpini si disposero subito in formazione difensiva, attesero che gli Austriaci si avvicinassero sino a una distanza di circa mezzo chilometro, quindi aprirono un fuoco infernale vanificando ogni tentativo preparato dalla parte opposta. La 23a dovette far fronte ad altri scontri ravvicinati difendendosi con le poche munizioni rimaste e, esaurite queste, provocando frane di massi e rocce sui manipoli austriaci in risalita.
Altri ostacoli naturali si frapposero a quella marcia dagli esiti incerti, dal Rombon Cergnala al Vratni. Fu il Tenente Castagna, allora, a fare il punto sulla situazione: esaurimento totale delle scorte di viveri e di munizioni.
Si era ormai a tarda sera del 26 ottobre e la 23a Compagnia si trovò in completo isolamento. Complessivamente si poteva contare ancora su circa 1.500 uomini, compresi gli effettivi dei battaglioni coinvolti in quella situazione drammatica. L’impossibilità assoluta di organizzarsi a difesa, a motivo della mancanza dei mezzi necessari, indusse i comandanti di reparto a dichiarare la resa per evitare un inutile e ingiustificato ulteriore spargimento di sangue.

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