Nella mente dei Pensatori
Adelphi Editore SPA – Milano 1995
Originale: The Perennial Philosophy, Mrs. Laura Huxley 1945
Stampato Ottobre 1995 da Techno Media Reference S.R.L., Milano
Il potere. Chi ama il potere, quanto più invecchia tante più possibilità ha di indulgere al proprio peccato, e quanto più di continuo è soggetto alle tentazioni, tanto più ricche di fascino esse diventano per lui. Invece di portare, a chi ama il potere, una pietosa tregua dai suoi vizi, la vecchiaia tende a intensificarli rendendo più facile soddisfare la propria brama su più vasta scala e in modo più spettacolare. Ecco perché “tutti i grandi uomini sono malvagi” (Acton). L’azione politica intrapresa, in troppi casi, non per il pubblico bene, ma solo o principalmente per gratificare la brama di potere dei malvagi, si dimostra tanto spesso uno strumento di autorimbecillimento, oppure un’opera semplicemente disastrosa (170). Non è mai stato trovato un metodo infallibile per controllare le manifestazioni politiche della brama di potere; poiché il potere, per sua essenza stessa, tende a espandersi indefinitamente, esso non può essere frenato se non dallo scontro con un altro potere. Quindi ogni società che apprezzi la libertà, nel senso del governo della legge anziché dell’interesse di classe o dell’arbitrio personale, deve provvedere affinché il potere dei suoi governanti sia suddiviso. Poiché la fame del potere è puramente mentale e pertanto insaziabile e inattaccabile dalla malattia o dalla vecchiaia, nessuna comunità che apprezzi la libertà può permettersi il lusso di accordare lunghi periodi di permanenza in carica ai suoi governanti. Queste regole per controllare la sete di potere sono facilissime da formulare, ma difficilissime da attuare in pratica, come dimostra la storia. Poiché un autentico autogoverno è possibile solo nei piccolissimi gruppi, le società su scala nazionale o sopranazionale saranno sempre guidate da minoranze oligarchiche i cui membri arrivano al potere perché hanno sete di potere.
Potere della Chiesa. Se i prelati di un’organizzazione ecclesiastica sono schiavisti e reggitori di Stati (come nel passato) o se la corporazione è nel suo complesso capitalistica (come oggi), nessun titolo, per quanto onorifico, può celare il fatto che l’organizzazione, quando pronuncia sentenze, lo fa per tirare l’acqua al proprio mulino, in quanto partito impegnato per qualche preciso scopo economico o politico.
La verità. (Pensiero mio: è quella cosa che rincorriamo e che non raggiungiamo mai perché, come un sogno, risiede soltanto nella nostra immaginazione) – Dice Maestro Eckhart: “Perché vai cianciando di Dio? Qualsiasi cosa tu dica di Lui non è vera”. – Nella letteratura religiosa la parola “verità” è usata in almeno tre sensi distinti e molto diversi l’uno dall’altro: 1) come sinonimo di “dato di fatto”, come quando si afferma che Dio è Verità ossia la Realtà primordiale; 2) come apprendimento diretto del Fatto spirituale, opposto alla conoscenza della Realtà come viene formulata e accettata da un’autorità; 3) quando i simboli verbali – quando si dice “Questa affermazione è la verità” – dei quali l’affermazione si compone corrispondono ai fatti ai quali essa si riferisce.
FP. Il tema fondamentale della Filosofia Perenne (FP) è la natura della Realtà eterna e spirituale.
Unione con Dio. La disciplina Zen suggerisce: “Non vi sforzate di cercare il vero, solo cessate di nutrire opinioni”. – La più vera delle teologie verso la conoscenza del Fatto primordiale presuppone la spersonalizzazione, la docilità, l’apertura al caposaldo dell’eternità. La conoscenza unitiva di Dio è possibile solo a coloro che “hanno cessato di accarezzare opinioni”. – Maestro Eckhart suggerisce di fare affidamento su intelletto e amore per superare quelle che sono le personali facoltà mentali e rimettersi al cuore di Dio. Eckhart usa la parola “intelletto” nel senso scolastico di intuizione immediata: “Intelletto significa penetrazione intima della verità; ragione significa indagine e discorso”. Conoscere la Verità-come-Fatto e conoscerla unitivamente “nello spirito e nella verità-come-apprensione-immediata”: è questa la liberazione, in questo “consiste la nostra vita eterna”. Familiarizzarsi con le verità verbalizzate che simbolicamente corrispondono alla Verità-come-Fatto per quanto essa possa essere conosciuta nella verità-come-apprensione-immediata o nella verità-come-rivelazione-storica o inferita da esse – questa non è la salvazione, ma è semplicemente lo studio di una particolare branca della filosofia. La sopravvalutazione di parole e formule può essere considerata come un caso particolare di quella sopravvalutazione delle cose temporali, così fatalmente caratteristica del cristianesimo storico. Nella Retta Conoscenza si giunge finalmente alla coscienza trasfiguratrice del fatto che saṃsāra e nirvāṇa (il tempo e l’eternità) sono una sola cosa.
Salvazione, liberazione, illuminazione. Salvazione: ma da che cosa? Liberazione: ma da quale situazione particolare per arrivare a quale altra situazione particolare? Coloro che hanno accettato la FP aspirano a essere liberati dall’io singolo e temporale per passare nell’eternità quale è sentita nella conoscenza unitiva del Fondamento divino. – L’Ottuplice Sentiero di Buddha: 1) la Retta Fede, per la quale la causa del dolore e del male è la bramosia di un’esistenza separata ed egocentrica; 2) la Retta Volontà o volontà di liberare se stessi e gli altri; 3) la Retta Parola, diretta dalla compassione e dalla carità; 4) la Retta Azione, per creare e mantenere pace e benevolenza; 5) i Retti Mezzi di Sussistenza o scelta di professioni che non siano dannose ad alcuno; 6) il Retto Sforzo in vista del dominio di sé; 7) la Retta attenzione o Raccoglimento; 8) la Retta Contemplazione o conoscenza unitiva del Fondamento. Sono gli otto mezzi dati all’uomo per raggiungere la meta finale ed essere “salvato”.
Spersonalizzazione (da Maitrāyaṇīya Upaniṣad): Avendo preso coscienza del proprio se stesso come il Sé, un uomo diviene spersonalizzato; e in virtù della spersonalizzazione egli deve essere concepito come non condizionato. Questo è il mistero più alto, che fa presagire l’emancipazione; attraverso la spersonalizzazione egli non partecipa più a piaceri né a dolori ma attinge l’Assoluto. – (Da William Law): “In che cosa consiste la salvazione? Non in una qualche fede storica o conoscenza di qualcosa di assente o distante, non in una qualche varietà di restrizioni, regole o metodi di praticare la virtù, non in una qualche opinione convenzionale circa la fede e le opere, il pentimento, il perdono dei peccati, o la giustificazione e santificazione, né in qualsiasi verità o rettitudine che tu possa ottenere da te stesso, dal migliore degli uomini o dei libri, ma solamente e interamente dalla vita di Dio, e dall’Unto di Dio, rinato in te, in altre parole nella restaurazione e unione perfetta della prima vita duplice nell’umanità”. – La conoscenza unitiva del Fondamento, che dipende dal raggiungimento di una spersonalizzazione totale, non può essere realizzata da chi non sia ancora spersonalizzato. La salvazione ottenuta attraverso la fede nel potere salvifico di Gesù non è la liberazione totale di cui ci parlano le Upaniṣad, le scritture buddhiste e le opere dei mistici cristiani. È qualcosa di diverso, non solamente per grado, ma per genere. – (da Śaṅkara): “La liberazione non verrà mai; se non vi è coscienza della Unicità del Sé”.
Il tempo e l’eternità. L’Universo è una successione eterna di eventi, ma il suo fondamento, secondo la FP, è il nunc atemporale del divino spirito. Dice Severino Boezio: “Poiché Dio ha sempre uno stato eterno e presente, la Sua conoscenza, che supera la nozione di tempo, resta nella semplicità della Sua presenza e, comprendendo l’infinito di ciò che è passato e di ciò che è a venire, considera tutte le cose come se fossero nell’atto di essere compiute”. La FP stimola a mortificarsi, a morire a se stessi. Deve essere una mortificazione non solo degli appetiti, dei sentimenti e della volontà, ma anche delle facoltà raziocinanti, della coscienza stessa, della nostra memoria personale e delle nostre energie d’abitudine ereditate. Per giungere alla liberazione completa non basta la conversione dal peccato, ma occorre una conversione della mente. Le energie di abitudine dei ricordi accumulati vengono distrutte, come anche il senso di essere un ego separato. – Dice Maestro Eckhart: “Il tempo è ciò che impedisce alla Luce di giungere a noi. Non vi è ostacolo più grande fra noi e Dio”. Tre cose impediscono all’uomo di conoscere Dio. La prima è il tempo, la seconda è la corporeità, la terza è la molteplicità. Ogni volta che si pensa a Dio come se fosse interamente nel tempo c’è la tendenza a considerarlo come un essere “numinoso” anziché morale, un Dio di semplice potere assoluto anziché un Dio di Potere, Saggezza e Amore; un potere imperscrutabile e pericoloso da propiziare con sacrifici, non uno Spirito da adorare nello spirito. Il Dio che viene così terribilmente come Tempo esiste anche fuori del tempo come Divinità, come Essere, Consapevolezza, Beatitudine. Dio che è spirito può essere adorato solo nello Spirito e per amor suo; ma Dio nel tempo viene normalmente adorato con mezzi materiali allo scopo di raggiungere fini temporali. Dio nel tempo è palesemente Distruttore oltre che Creatore; per questo è stato adorato con metodi tanto terribili quanto le distruzioni da lui inflitte: sacrifici di sangue, offerte di bambini, sacrifici umani in modo propiziatorio per ottenere un beneficio. Tracce sublimate di questi antichi schemi di pensiero e di comportamento si possono ancora trovare in certe teorie dell’espiazione e nella concezione della Messa come eternamente ripetuto sacrificio dell’Uomo-Dio. Gli adoratori retrospettivi del tempo hanno una cosa in comune con i rivoluzionari devoti del futuro più grande e migliore: sono pronti a usare una violenza illimitata per raggiungere il loro fine. Per i filosofi del tempo il bene ultimo è da cercare nel mondo temporale, in un futuro in cui chiunque sarà felice. E poiché il bene ultimo sta nel tempo, possono usare qualsiasi mezzo temporale per raggiungerlo. – L’Inquisizione arde e tortura al fine di perpetuare un credo, un rituale e un’organizzazione ecclesiastico-politico-finanziaria considerata necessaria alla salvezza eterna degli uomini (pensiero mio: ma nemmeno tanto, lo scopo immediato e primario riguarda l’acquisizione e il consolidamento del potere di casta, senza curarsi del destino delle anime dei suoi fedeli). La maggior parte delle religioni e delle filosofie che prendono il tempo troppo sul serio sono in relazione con teorie politiche che inculcano e giustificano l’uso della violenza su vasta scala. – Due motivi per i quali la politica correlata alle filosofie dell’eternità è tollerante e aliena (guerre di religione) dalla violenza: 1) la pace è il frutto della liberazione nell’eternità, ma è anche la radice della liberazione; dove ci sono passioni violente e distrazioni imperiose, il bene ultimo non si potrà mai realizzare; 2) l’eternità, la cui realizzazione è il bene supremo, è un regno del cielo dentro di noi. Ogni violenza è una ribellione sacrilega contro l’ordine divino. Le religioni la cui teologia si è occupata più dell’eternità che non degli eventi temporali sono state coerentemente le meno violente e le più umane nella pratica politica. Diversamente dal primo giudaismo, dal cristianesimo e dall’islamismo (tutti e tre ossessionati dal tempo) l’induismo e il buddhismo non sono mai state fedi persecutorie, non hanno predicato quasi nessuna guerra santa e si sono astenute da quell’imperialismo religioso e proselitizzante che è andato di pari passo con l’oppressione politica ed economica della gente di colore. Per 400 anni, dall’inizio del XVI secolo all’inizio del XX, la maggior parte delle nazioni cristiane dell’Europa hanno speso buona parte del loro tempo e delle loro energie nell’assalire, sottomettere e sfruttare i loro vicini non cristiani degli altri continenti. Dice William Law (teologo inglese, 1686-1761, rappresentante autorevole delle tendenze della Chiesa alta anglicana, cercò di conciliare puritanesimo e misticismo): “L’egoismo e la parzialità sono qualità molto vili e disumane, anche nelle cose di questo mondo; ma nelle dottrine della religione sono di natura ancor più vile. E questo è il male più grande che abbia prodotto la divisione della Chiesa. Ha il massimo merito e il massimo onore solo colui che apprezza e difende tutto nella sua comunità e non tralascia di criticare nulla in tutti coloro che appartengono a una comunità diversa. C’è dunque uno spirito universale, una comunione di santi nell’amore di Dio e nella bontà che nessuno può imparare da ciò che si chiama ortodossia nelle chiese particolari, ma si può solo ottenete con una morte totale a tutte le teorie mondane, con un puro amore di Dio e con una unzione dall’alto, tale da liberare la mente da ogni egoismo e farle amare la verità e la bontà con uguale affetto per ogni uomo. Colui che volesse ottenere questo spirito divino e universale in questo stato di cose disordinato e diviso, e vivere in una parte separata della Chiesa senza risentire di questa separazione, deve avere ben fisse in mente tre verità. Prima: l’amore universale. Seconda: può essere un vero cattolico solo colui che ha più verità e meno errore di quanto non ne sia racchiuso in ogni parte separata della Chiesa. Terza: si deve tenere sempre presente la grande verità secondo cui è gloria della Giustizia divina non guardare a partiti o a persone, ma essere equanime verso ciò che è bene e ciò che è male”.
Il silenzio. (Da Lao-Tzu): “Colui che sa non parla; colui che parla non sa”. Se passiamo in rivista le parole da noi pronunciate indiscriminatamente nel corso di una giornata qualsiasi, vediamo che la maggior parte di esse si può classificare in tre categorie principali: parole ispirate dal malanimo e dalla mancanza di carità verso il prossimo; parole ispirate da avidità, sensualità e amor proprio; parole ispirate da pura imbecillità e pronunciate senza capo né coda, per il solo piacere di fare un po’ di vano rumore. Queste sono parole vane; e, a guardare meglio, vedremo che tendono a superare di gran lunga il numero di quelle dettate dalla ragione, dalla carità o dalla necessità. Tutte queste vane parole, sciocche, egoistiche e non caritatevoli, sono ostacoli sulla via della conoscenza unitiva del divino Fondamento. – (Da Chuang-Tzu): “Un cane non viene considerato un buon cane perché sa abbaiare bene. Un uomo non viene considerato un uomo buono perché sa parlare bene”.
Il XX secolo è l’Età del Rumore: fisico, mentale e di desiderio. Il materiale pubblicitario ha un solo scopo: impedire alla volontà di conquistare il silenzio. La produzione industriale in espansione è una bramosia universale. La pubblicità è lo sforzo organizzato di estendere e intensificare la bramosia, quella forza che è la causa principale di sofferenza e di male, il più grosso ostacolo tra l’anima umana e il suo divino Fondamento.
La sofferenza. La capacità di soffrire si manifesta là dove c’è imperfezione, disunione e separazione da una totalità che tutto abbraccia. La meta della creazione è il ritorno di tutti gli esseri senzienti alla totalità della Realtà eterna, attraverso la conoscenza unitiva, lungi dall’individualizzazione e dalla fuorviante tendenza a essa che danno come risultato la sofferenza. La capacità propria dell’uomo di desiderare più violentemente di qualsiasi altro animale l’intensificazione della propria separazione dà come risultato non solo il male morale e le sofferenze da esso inflitte alle vittime del male e a chi lo compie, ma anche certe tipicamente umane disfunzioni organiche. La maggior parte delle malattie sono dovute al fatto che gli esseri umani civilizzati non vivono, su nessun piano del loro essere, in armonia con il Tao, con la divina Natura delle Cose. Tra le conseguenze degli usi erronei dell’organismo psicofisico sono certi mutamenti degenerativi di organi particolari, come il cuore, i reni, il pancreas, l’intestino e le arterie. La sofferenza può stimolare in chi soffre un desiderio conscio o inconscio di intensificazione della propria separazione, o può lasciare il desiderio com’era prima della sofferenza, oppure può mitigarlo e divenire così un mezzo per progredire verso la rinuncia alla personalità e verso l’amore e la conoscenza di Dio. La scelta di rinunciare a se stessi nella sofferenza rende possibile l’accoglimento della grazia sul piano spirituale, sotto forma di accrescimento dell’amore e della conoscenza di Dio, e della grazia sul piano mentale e di quello fisiologico, sotto forma di diminuzione della paura, dell’egoismo e persino del dolore. Non sono i dolori provati ad avere il potere di redimere, poiché credere che Dio si adiri (il Dio del Vecchio Testamento) per il peccato e che la sua ira non possa essere mitigata se non con l’offerta di una certa quantità di dolore, significa bestemmiare contro la Natura divina. La verità è, naturalmente, che siamo tutti organicamente in rapporto con Dio, con la natura e con i nostri simili. Se ogni essere umano fosse costantemente e coscientemente nella giusta relazione con il proprio ambiente divino, naturale e sociale, vi sarebbe solo quel tanto di sofferenza che la Creazione rende inevitabile. Ma oggi come oggi la maggior parte degli esseri umani sono cronicamente in un rapporto sbagliato con Dio, con la Natura e almeno con alcuni dei propri fratelli. I risultati di questi rapporti sbagliati si manifestano sul piano sociale attraverso la guerra, le rivoluzioni, lo sfruttamento e il disordine; sul piano naturale, attraverso lo spreco e l’esaurimento di risorse insostituibili; sul piano biologico con le malattie degenerative e il deterioramento di ceppi razziali; sul piano morale, attraverso una burbanzosa (di boria, alterigia vanitosa e arrogante) iattanza (vanto, ostentazione presuntuosa); e sul piano spirituale, nella cecità di fronte alla Realtà divina e nella completa ignoranza della ragione e dello scopo dell’esistenza umana. La società è stata trasformata da molti in una vasta e durevole incarnazione del disordine, infliggendo sofferenze ai suoi membri e infettandoli con l’ignoranza e la malvagità. L’uomo giusto può sfuggire alla sofferenza solo accettandola e superandola; e può fare ciò solo convertendosi dalla rettitudine alla spersonalizzazione totale e alla concentrazione assoluta in Dio.
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