Si diceva dell’intelligenza. Certo una dote che appartiene non soltanto agli uomini. Ne sono partecipi anche gli animali in forme evolutive più o meno complesse. Noi, oltre alle prerogative di capire, comprendere e operare per concetti, siamo provvisti della facoltà di astrarre e di trascendere la nostra realtà, per portarci al di là dei confini che la natura ci pone. Così possiamo allontanarci sia dal luogo dove viviamo sia dalle consuete abitudini di vita sia dal contesto di cultura e di conoscenza di cui siamo portatori. Gli animali, no. Per essi, eccezion fatta per i fenomeni migratori, vige l’obbligo di mantenere il possesso di un territorio che dovranno difendere par mantenere a disposizione le fonti di sopravvivenza, ma anche si manifesta prepotente la spinta a proteggere la prole dalle insidie incombenti. Gli animali non hanno l’ardire di superare i limiti loro imposti per conoscere nuove realtà e dominarle. Fanno parte della natura che li circonda e tanto basta loro.

Qui giunto, mi lascio andare a qualche considerazione di carattere puramente fantascientifico, perché è bello darsi, qualche volta, a immaginare. E, allora, ritorno a tratteggiare il profilo dell’Homo Sapiens Sapiens nella sua corsa evolutiva. Abbiamo sperimentato che, nel volgere della storia umana, a un certo punto i clan, le tribù, i popoli decisero di non accontentarsi di ciò che la natura ristretta provvedeva per il loro sostentamento. Capirono che avrebbero potuto diventare più ricchi, più potenti e dominatori, ma dovettero fare i conti con le popolazioni limitrofe che, per difesa o per paritetica bramosia di conquista, avrebbero reagito di conseguenza. Di qui le guerre, le dichiarazioni di guerra, le aggressioni non annunciate, le stragi, i genocidi.
Gli animali? Non fanno guerre, se non razzie contenute per il cibo e lotte per la difesa del gruppo. Non dichiarano guerre e non le esportano. Ma… se un giorno la Natura volesse seminare fra loro qualche bizzarra mutazione genetica rendendoli simili agli uomini nel desiderio di supremazia e di conquista?

Mi sono attardato, ieri sera, a riflettere su un dato ricavato da una trasmissione scientifica di RAI Scuola, che disquisiva sulla proliferazione delle formiche sul nostro Pianeta. Ne è stata fatta una cifra, cosa che può lasciare un po’ perplessi dacché nessuno è mai arrivato a contare a una a una le formichine che camminano sopra e sotto la crosta terrestre. Ci limitiamo a stime statistiche fondate sull’analisi di campionamenti probanti, tanto da arrivare a una approssimazione quanto meno attendibile. Dunque le formiche del pianeta Terra raggiungerebbero la consistenza numerica pari a 1016 ossia a un numero formato da 1 seguito da 16 zeri, che si legge “dieci milioni di miliardi”. Un bell’esercito davvero! Ora lasciamoci andare a fantasticare. Se un giorno quel grandioso popolo si convincesse che sia giunta l’ora di dichiarare guerra all’umanità per via delle tante violenze inferte al terreno, allora vedremmo insorgere dalle terra una falange immensa di dieci milioni di miliardi di formiche in marcia per attaccarci, più di un milione di individui per ciascuno di noi. Non avremmo neppure il tempo di pensare a come difenderci, ci mangerebbero tutti in men che non si dica. Fantastico, no? Ma, poi, chissà…
A questo punto che cosa c’è di meglio se non una raccolta di versi nella luce di panegirico delle formiche? Eccola (di autore ignoto):
SCIENZA
La Scienza è figlia dell’uomo
ed evolve, asintoticamente proiettata verso una verità
costantemente rimessa in discussione.
Ci piace essere,
probabilmente per una malformazione genetica,
tra i matti,
incapaci di approfittare della comodità della rivelazione
che rende superfluo,
e meramente descrittivo,
il lavoro di ricerca…
Qualsiasi fede strangola il dubbio
alza roghi
e fa salire sui pulpiti parolai distratti,
che danno l’impressione
di aver ingoiato il cervello.
A noi risulta che il buon Dio
ha messo altrettanta cura
nell’avviare la storia delle formichine
di quanto ne abbia spesa
per avviare la storia dell’uomo.
Anzi,
da alcuni grossolani indizi,
sembra che abbia trattato meglio
le formichine.