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- Il miele proviene dalla trasformazione del nettare (che ha il 75-80% di acqua), grazie all’intervento di uno speciale principio attivo, la invertina o invertasi, presente nei succhi ghiandolari delle api: il saccarosio (zucchero vegetale complesso) viene convertito in glucosio e levulosio (zuccheri semplici). Passando ed uscendo dall’ingluvie (borsa melaria) viene a contatto con i succhi ghiandolari (provenienti da ghiandole situate nella testa e nel torace) che lo trasformano in miele.

- Il miele possiede un alto valore alimentare: un grammo sviluppa 3,264 calorie; un kg di miele ha un valore nutritivo corrispondente a: 1,6 kg di carne bovina o 5,5 litri di latte intero o 1 kg di prosciutto o 3 kg di banane (n° 25 banane) o 6 kg di arance (n° 40) o 50 uova o 600 grammi di formaggio.
- Il miele è prontamente assimilabile: contiene saccarosio, fosfato di calcio, carbonato di calcio, azotati, solfati, sali di ferro, acido formico e tracce di altri elementi minerali.
- Composizione del miele di acacia: acqua (18.09%); saccarosio, glucosio, levulosio, fruttosio (74,70%); destrina (6.11%), albumina (1.10%), minerali, acido formico, vitamine A-B-C-K-PP.

- Miele: una famiglia di api ne consuma da 1 kg al mese (in periodi di riposo) sino a ½ kg al giorno (specialmente se la fioritura è vicina); per superare l’inverno le occorrono almeno 10 kg di miele opercolato (sigillato con cera).
- Propoli: come cementante e stucco (salici, pioppi) e imbalsamante.
- Polline: è la parte proteica nell’alimentazione delle api, indispensabile per la produzione/secrezione della cera, della pappa reale, delle uova nella regina. È l’elemento maschile del fiore.
- Le api raccolgono soltanto il polline entomofilo (amico degli insetti), non quello anemofilo (amico del vento).

- Un’ape può portare circa 15 mg di polline per viaggio per una durata da 3 a 11 minuti per volo.
- Una famiglia di api può raccogliere da 100 a 250 g di polline al giorno e da 25 a 40 kg all’anno.
- Tutte le piante visitate per il raccolto del polline si trovano generalmente in un raggio di circa 400 metri.
- 1 kg di polline raccolto comporta una perdita di 250 g di miele.
- Per la maggior parte il polline viene raccolto dalle antere degli stami, inumidito con saliva e nettare, poi viene passato tra le coppie di zampette sino ai tarsi del 3° paio, spazzolato e quindi pigiato nelle cestelle, trattenuto infine da lunghi peli che sporgono dai bordi esterni della tibia.Polline: una famiglia di api ne consuma 35/40 kg in un anno.

- Contenuto del polline: acqua (12-40%), proteine (7-35%), amminoacidi (40-45%), zuccheri, (glucidi: idrati di carbonio, 20-48%), grassi (1-20%), sali minerali (1-7%), resine, pigmenti, vitamine.
- Il polline, in particolare, contiene amminoacidi indispensabili (in ordine di quantità): leucina, isoleucina, treonina, fenilalanina, metionina, triptofano, istidina (circa 5 volte più di: carne, uova, formaggi).
- Vitamine nel polline: B1 (tiamina o aneurina) per il metabolismo dei glucidi – B2 (riboflavina o lattoflavina) di utilizzazione nutritiva – B6 (piridossina) per l’accrescimento e contro l’anemia – PP (acido nicotinico) contro i disturbi cutanei, digestivi e neuromuscolari – Acido pantotenico per l’accrescimento, contro i disturbi cutanei, nervosi, respiratori, digestivi, sanguigni – C (acido ascorbico, pantotenico, contro lo scorbuto, la gengivite, le emorragie), carotene, rutina (glucoside: aumenta la resistenza della parete dei capillari, difende dai casi di emorragia cerebrale e della retina, dalle crisi cardiache), valina, antibiotico (in particolare il polline di mais, castagno, tarassaco, trifoglio rosso), un fattore di crescita – B (acido folico) con azione ematopoietica (formazione del sangue) – A (retinolo) contro le lesioni oculari – H (biotina) per lo sviluppo e contro i disturbi cutanei – E (tocoferolo) per la riproduzione, contro i disturbi neuromuscolari.

- Dosaggio per l’assunzione del polline: 20 g al giorno (2 cucchiai da dolce o uno da minestra) al mattino, a digiuno, ¼ d’ora prima di colazione, o distribuito in due assunzioni.
- Benefici del polline: aumenta l’appetito, combatte i raffreddori, le diarree, le enteriti, le enterocoliti, la colibacillosi, arresta lo sviluppo di una serie di microbi, in particolare quelli del gruppo Salmonella, migliora il morale e lo stato psichico, offre sensazione di benessere, di soddisfazione, accresce il dinamismo, favorisce l’ottimismo, lenisce la fatica, contribuisce a schiarire il pensiero e la formazione di idee.
- Ogni polline che ha preso acqua o anche solo umidità diventa nocivo.
- Digeribilità: il polline è molto difficile da digerire, per via della membrana esterna (exina) non intaccabile dai succhi gastrici, però dotata di un gran numero di forellini; è consigliabile polverizzare il polline con un macinino da caffè.
- I singoli grani di polline hanno un diametro da 21 a 47 micron (millesimi di mm): occorrono da 20 a 50 grani circa messi in fila per raggiungere la lunghezza di un mm.
- La pappa reale è secreta dalle ghiandole ipofaringee e mandibolari delle nutrici (nutrizione abbondante con polline).
- Contenuto della pappa o gelatina reale: proteine con molti amminoacidi liberi (44-49%), zuccheri (glucosio, fruttosio, 24.30%), grassi (12.18%), sali minerali (sodio, potassio, rame, nichel, ferro, cobalto, manganese…, 2.6-3.1%), prodotti acidi, vitamine (B1, B2, B6, PP, B12), sostanze antimicrobiche.

- Propoli: viene prelevata da pioppi, salici, betulle, olmi, resinose; è composta di resine aromatiche (50%), cera (40%), olio essenziale (10%). Se ne faceva uso nell’antico Egitto per le pratiche di imbalsamazione.
- Cera: per farne 1 kg occorrono 10 kg di miele.
- Favi: contengono sulle due facciate circa 86.000 cellette. Sulle due facce possono dimorare 4.000 api.
- Cellette a forma esagonale: occorre minore quantità di cera e sono meglio adatte (rispetto a quelle con forma triangolare o quadrata) a contenere le larve, sono strutturalmente più robuste e resistenti.
- Sopravvivenza nell’inverno: il glomere mantiene una temperatura minima di 25-30°, che può raggiungere i 37° nell’interno del glomere (mediamente 34,5-35,5°). – Le api riscaldano l’alveare facendo vibrare i muscoli.
- Sciame – ricerca di una nuova dimora: le api esploratrici segnalano con la danza le posizioni di luoghi adatti – nello stesso tempo vengono proposte varie dimore possibili, attraverso la danza in direzioni differenti; poi sopravviene una graduale unificazione delle danze sino a che una dozzina di api compie lo stesso tipo di danza nel medesimo tempo.
- La scelta definitiva non è prerogativa della regina, ma delle esploratrici.
- La posizione del luogo è indicata dalla direzione e dal ritmo della danza scodinzolante, dalla qualità, dalla vivacità e dalla durata della stessa. Più dura la danza, maggior numero di api sono richiamate e un numero maggiore di messaggere si recherà presso il luogo indicato; al ritorno, si uniranno alla danza. L’interesse di tutte le api si concentrerà sempre più su quel luogo che ha raccolto maggiori condivisioni.
- Anestesia delle api: si effettua con fumigazioni di nitrato di ammonio.
- Un po’ di storia. Gli antichi Egizi allevavano le api già nel 3.600 a.C. (anche prima del 5.000 secondo Karl von Frisch). Ne testimoniano, fra gli altri, i disegni trovati sul sarcofago di Mykirinos. Usavano cera e propoli per imbalsamare.
- I Romani antichi utilizzavano il miele come alimento (idromele) e a scopi medicinali e cosmetici. La cera veniva impiegata nelle tavolette per la scrittura.
- Nel Medio Evo si verifica un decadimento dell’apicoltura dopo il XVI secolo con l’introduzione dello zucchero di canna (introdotto dagli Arabi nel 7° secolo. Cultura intensiva nelle colonie americane nel 16° secolo) e, successivamente, di barbabietola (produzione in Europa dal 19° secolo, in seguito al Blocco continentale sancito da Napoleone con il Decreto di Berlino (21-11-1806) – e inasprito con il Decreto di Milano (17-12-1807) – per impedire all’Inghilterra di commerciare con il continente). Veniva tuttavia praticata in alcuni conventi.
- Il 19° secolo vede una ripresa dell’apicoltura: abbondano gli studiosi e si rivaluta l’uso del miele e della cera.Un ulteriore sviluppo si ha fra il 1910 e il 1940.
- Nel 1872 vi erano in Italia 95.967 alveari, di cui 6.728 razionali.Nel 1928 in Italia si contano 632.325 alveari di cui 309.123 razionali e gli altri villici.
- Nel 1933 sono 647.237 di cui 306.700 razionali.Il 1940 annovera un milione di alveari.La crisi subentra nel periodo bellico.
- Riferimenti bibliografici:
- Melchiorre Biri, L’allevamento moderno delle api
- S. Ferrari, C. Gastaldi, Dalle api salute e ricchezza
- A. Zappi Ricordati, Apicoltura
- Carlo von Frisch, Nel mondo delle api
- Alin Caillas, Il Polline
- Martin Lindauer, Il linguaggio sociale delle api
- Padre M. Dugat, L’alveare “Grattacielo”
- Maria Adelaide Vecchi, Sulla patologia dell’ape regina