Da “Il Gazzettino dell’AUC Ascolano” n° 136 – 15 marzo 2021
(a cura del Magg. Leo Palmiotti – per sua gentile concessione).
Il 9 settembre 1943 gli Alleati sbarcarono nella zona di Salerno e si scontrarono con le truppe tedesche dando il via ad una battaglia durata dieci giorni. Gli anglo-americani, malgrado le perdite elevatissime, riuscirono a consolidare la testa di ponte ed i tedeschi si ritirarono.
IL 10 settembre il comune di Cava de’ Tirreni fu investito dalla ferocia dei combattimenti ed il luogo fu teatro di saccheggi sia da parte di entrambe le parti belligeranti che della popolazione stessa in un tragico scenario di violenza e di morte.
Tornata “la quiete dopo la tempesta” (come recita la poesia di Giacomo Leopardi) il terreno era disseminato di corpi frettolosamente sepolti e di mine e bombe inesplose. Nella località viveva Lucia Pisapia, una donna di umili origini, sposata Apicella, la quale, madre e nonna di famiglia, narrò di aver sognato i fantasmi di otto giovani soldati che, nei pressi delle loro tombe, le chiedevano aiuto per poter tornare dalle loro mamme. Lucia, che provava pietà per i soldati uccisi lontano dalle loro case, iniziò a scavare con le proprie mani estraendo i corpi maciullati per dare loro una più degna conservazione e per identificarli tramite i loro oggetti personali.
Visto l’immane compito che si era assegnata, chiese aiuto al Comando Alleato ; ma questo rispose che, raccolti i propri morti, la gestione di quelli del nemico era competenza delle amministrazioni locali, infatti la quasi totalità dei cadaveri abbandonati erano tedeschi (come disse Brenno… Guai ai vinti!). Lucia si rivolse al sindaco di Cava de’ Tirreni che dapprima rifiutò di aiutarla, ma, dopo le insistenze della tenace donna, ordinò a due operai di collaborare con la stessa. I due incaricati, vista la pericolosità di lavorare in una zona disseminata di ordigni inesplosi, vista la mole di impegno fisico necessaria e vista la putrescenza dei corpi, dopo due giorni rifiutarono di lavorare e se ne andarono.



Unico aiuto materiale per Lucia fu quello di una sua amica, Carmela Passaro (con lei nell’immagine a sinistra). Dapprima la donna mise le cassette con le ossa sotto il suo letto, poi, aumentando il numero delle stesse, iniziò a collocarle nella chiesetta di San Giacomo (foto al centro). A destra Lucia, all’ombra di una croce, in un momento di stanchezza. Molti dissero che Lucia era pazza; altri, in quel bailamme di distruzione e di odio, cercarono di boicottarla perché i caduti erano in prevalenza tedeschi. Lucia non si scompose, per lei i caduti “erano tutti figli di mamma”; scavava con le mani nella terra estraendo i corpi, pulendoli e catalogandoli con nomi e cognomi. Unico conforto della sua famiglia era la compagnia della nipotina che, senza alcun tema verso quello scenario di morte, la seguiva tranquilla e serena.
Nelle immagini Lucia che, con l’affetto di una madre, raccoglie e conserva nelle cassette le ossa dei morti sotto lo sguardo della nipotina che la seguiva in questa missione di pietà.
I vicini, valutando la sua presunta follia, le chiesero come mai non temeva di scavare con le mani tra gli ordigni inesplosi; lei, con la sua caratteristica semplicità, rispondeva che”Il Signore sa quello che sto facendo e mi aiuterà”. Nessuna bomba esplose, forse la pietà di quella donna era miracolosa. Lucia riuscì a raccogliere quasi ottocento salme dei vari eserciti ed a dare a quasi tutte una identità.
Una grande tragedia colpì Lucia e la sua famiglia agli inizi degli anni 50, la nipotina, che l’accompagnava durante quell’opera di pietà (foto precedenti), si ammalò e morì. Anche per i credenti è difficile comprendere il destino e le vie del Signore quando accadono tali sciagure. Lucia continuò la sua opera anche in nome della bambina che non c’era più.
Lucia si rivolse ad una conoscente che parlava la lingua tedesca e volle comunicare ai genitori dei caduti, utilizzando i dati raccolti, che i corpi dei loro figli erano stati da lei conservati per poterli restituire alle famiglie. In un breve lasso di tempo la notizia corse da un capo all’altro della Germania Federale, i giornali se ne occuparono largamente e le autorità tedesche si mossero per conoscere la “mamma adottiva” dei loro morti e collaborare con la stessa.
A sinistra ”Mamma Lucia”, al centro il Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca Konrad Adenauer e, a destra, il Presidente della Repubblica Federale Tedesca Theodor Heuss (entrambi democratici ed antinazisti da sempre) i quali, appena appreso quel che avveniva a Cava de’Tirreni, espressero con i fatti la loro riconoscenza a nome del popolo tedesco.
La Germania occidentale si mise a disposizione di Lucia che fu invitata, quale ospite d’onore, a portare lei stessa le cassette con le ossa e gli oggetti personali. Le solenni accoglienze che le tributarono furono una sorpresa per Lucia che, nella sua semplicità, sentiva di aver fatto solo quello che il cuore le dettava. La folla, commossa, la accolse ovunque al grido di “Mama Luzia” e di “Mutter der Toten” (Mamma dei Morti). Giovani e vecchi si stringevano intorno a quella donna che rappresentava la rinascita di una umanità devastata.
L’Unione Europea, piaccia o non piaccia, ha evitato il ripetersi di quelle tragedie.
A sinistra il Presidente Heuss riceve Mamma Lucia per consegnarle la massima onorificenza civile tedesca, la “Gran Croce al Merito dell’Ordine della Repubblica Federale Tedesca”( foto al centro). A destra i familiari dei caduti che finalmente possono pregare sulla tomba dei loro ragazzi.
Lucia si incontrò con i familiari dei morti da lei raccolti ed amorosamente curati. Consegnò ad ogni famiglia non solo la cassetta con le ossa, ma anche gli oggetti reperiti sui corpi. Per Lucia fu un’esperienza sconvolgente perché ogni incontro con i genitori era una terribile emozione di dolore, di lacrime, di riconoscenza, di affetto, di ricordi e di sentimenti. Lei stessa dirà che non avrebbe mai più ripetuto tale viaggio perché “non avrebbe resistito” a tanta angosciosa emotività. Un episodio tra i tanti…Lucia, prima di partire, aveva preparato con cura ed amore un pacchetto per i genitori del caporale Robert Wagner,contenente un anello, un orologio ed un portasigarette; quando incontrò ed abbracciò i genitori, Karoline e Adam, vedendo questi aprire quel pacchetto con mani tremanti e piangere sugli oggetti del figlio, fu devastata da un’indescrivibile emozione dolorosa. Dovette fuggire in lacrime da quella casa che l’aveva accolta con amore e gratitudine. E l’Italia? L’Italia, sempre tardiva, a seguito della risonanza internazionale, scoprì di avere al suo interno questa figura grande nella sua semplicità.



Dopo una decina d’anni (la nostra maligna burocrazia!) Mamma Lucia ricevette l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (a sinistra) e, dopo circa trenta anni (ancora la burocrazia!), poco prima della sua morte, quella della Medaglia d’Oro al Merito Civile della Repubblica Italiana. Al centro la donna, a Roma, in ginocchio di fronte al Milite Ignoto.
Negli ultimi mesi che precedettero la sua morte un gruppo di cinquanta liceali tedeschi,durante un viaggio scolastico di studio, vollero dedicare, insieme ai loro insegnanti, un giorno a Lucia. Tutti vollero abbracciarla, baciarla e parlare con lei. Lucia vide in quegli studenti gli stessi giovani soldati morti che aveva raccolto e che, come diceva sempre, “sono tutti figli di mamma”.



Il cantante lirico Beniamino Gigli (a sinistra), che apparteneva alla schiera di “quelli che avevano perso”, volle onorare Lucia cantando per lei, al Teatro San Carlo di Napoli, la struggente canzone “Mamma”. Forse fu il tributo più bello per Lucia. Al centro la donna poco tempo prima della morte ed a destra la tomba con le sue reliquie che furono deposte, come da lei voluto, in una “cassetta”, come quelle dei soldati da lei così raccolti.
Quando “un grande” muore segue sempre la gara degli opportunisti che, prima volutamente assenti, iniziarono ad utilizzare il nome di Lucia per dare lustro a se stessi con le solite iniziative formali e culturali; furono persino create fantasiose leggende per creare un personaggio pubblicitario. Tutto questo non ci interessa.
“Mama Luzia” non c’è più e noi preferiamo ricordarla nella grande semplicità del suo immenso cuore ed immaginiamo un cielo dove le stelle sono Mamma Lucia, la sua nipotina ed ottocento soldati, tutti suoi figli.