I quattro giorni dell’Apocalisse per una città ridente, affascinante, ricca di sapienza e di bellezza. Vittima di una distruzione di massa panificata. Un delitto contro l’Umanità e la Cultura, inspiegabile, imperdonabile.
Dresda, dal 13 al 16 febbraio 1945. Gli ultimi sussulti dell’agonia di una guerra spietata la seppellirono sotto il fuoco di bombardamenti aerei di mostruose dimensioni. Dapprima solcarono i suoi cieli i minacciosi aerei della RAF: erano una immane squadriglia di 773 velivoli con un carico di 2.700 tonnellate di ordigni esplosivi gettati sulla città. Poi sopraggiunsero le fortezze volanti americane che, in tre ondate di 1.000 aerei per ciascuna, scatenarono uno dei bombardamenti più devastanti di tutta la seconda Guerra Mondiale, portando a termine il piano che prevedeva la distruzione della splendida Dresda.
Il 16 febbraio non rimaneva della città martoriata che un immenso braciere nel quale si consumarono atrocemente le vite di una moltitudine di civili, si contarono le vittime fra le 60.000 e le 250.000: sofferenze estreme inflitte alla popolazione inerme per privarla di ogni bene e del minimo necessario al sostentamento; donne, bambini, vecchi e malati destinati a pagare colpe di cui non erano portatori, vittime di terribili armi di distruzione di massa.
Non solo, ma oltre le persone i danni colpirono la ricchezza stessa storica e artistica della città. Le bombe che calavano a picco, a grappoli mortali, causarono la distruzione del centro monumentale di Dresda, tra cui il palazzo barocco dello Zwinger opera di Pöppelmann e il palazzo contenente la ricchissima pinacoteca, uno dei musei europei della massima rilevanza, già dotato di numerosissime stampe e di oltre 2.000 dipinti. Una ricchezza inestimabile di soggetti artistici, culturali, storici, orgoglio dell’umanità, annientati, ridotti in polvere e che non torneranno mai più. Un attentato senza precedenti e senza spiegazione per piegare una nazione ferendola a morte nei suoi gangli vitali. Altro soggetto colpito: il Museo di Scultura Antica, la cui raccolta di opere marmoree fu trasportata nel 1945 in Russia e restituita fra il 1958 e il 1959. In essa sono annoverate copie di Atena Lemnia fidiaca, del Cinisco policleteo, del Satiro prassitelico, della Menade di Scopa.
Per non dimenticare, perché non accada mai più.
