Disinnescare una bomba in procinto di esplodere – 2 di 2 puntate

I bambini possono ancora essere bambini?

Un piccolo salto nel passato, con le gambe di un pensionato. Leggevo, tempo addietro su una rubrica di Pmnet, l’articolo “Sfonda la campagna marketing sulla psichiatria” riportante la raccapricciante notizia di un contingente di trentamila bambini già alcuni anni fa sottoposti a terapie psicofarmacologiche nel nostro Bel Paese; notizia seguita da una proposta verosimilmente sonante “anti-Ritalin”, quella cioè di ricercare soluzioni intelligentemente applicabili alla casistica ormai ben nota degli studenti portatori di deficit di attenzione e di comportamenti iperattivi, evitando così ogni deleterio ricorso a sostanze più o meno dopanti e pertanto dannose alla salute.
Iperattività, distrazione eccessiva, disinteresse per le attività scolastiche, ma anche tendenza a estraniarsi, a evadere, quando non il rifiuto sfacciato e la facile degenerazione in deviazioni comportamentali, violenza, bullismo.
Già, bullismo, la parola all’ordine del giorno, il tema che fa discutere molto all’interno delle realtà scolastiche. Anche questo represso con i dopanti?
Mi soffermo attorno al bullismo perché, come ex uomo di scuola, ebbi l’occasione di prendere visione della C.M. (Circolare Ministeriale) n° 16 del 05 febbraio 2007 che, guarda quale circostanza, aveva proprio per oggetto le “linee di indirizzo generali ed azioni a livello nazionale per la prevenzione e la lotta al bullismo”. Vi invito allora ad accompagnarmi per un breve viaggio all’interno del testo normativo.

(L’immagine qui sopra è tratta da Wikipedia)

E, allora, parliamo al presente, tanto si tratta di un problema che non fu risolto nel passato. La CM n° 16/2007 guarda innanzitutto, come è di regola, alla “valorizzazione della persona”, alla crescita e allo “sviluppo educativo, cognitivo e sociale del singolo discente” puntando a promuovere una “cultura della legalità e del benessere di bambini e adolescenti.”
Niente male come proponimento in premessa! È solo tutto ciò che tutti desideriamo. Bullismo, violenza, provocazione, denigrazione, dispersione dei valori nella palude dell’indifferenza, dell’assuefazione. Una vera bomba che minaccia di esplodere da un momento all’altro. Anzi, un terribile campo minato zeppo di insidie. Abbiamo trovato l’artificiere con tutti i requisiti richiesti per il disinnesco delle spolette di detonazione? È forse l’ennesima Circolare ministeriale piovuta dall’alto con voce tonante e un’implorazione nascosta: “Presto, fate qualcosa, qui sta mancando l’aria!”?
Ma… come? Perché finora che cosa non s’è fatta?
La CM citata, come c’era da attendersi, punta il dito verso i propri paladini, insegnanti e dirigenti, annoverando ancora una volta – ma non era il caso di rammentarlo – la Scuola come l’istituzione preposta a mettere in piedi azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo, vere e proprie azioni “di sistema”.
Compito di eccelso rilievo educativo quello che viene affidato alla Scuola. E intanto il personale che dell’educazione ha fatto, e fa, il proprio strumento di lavoro sta cercando di andarsene, se ne va. Provate a dare un’occhiata alle domande di pensionamento presentate da docenti e dirigenti negli ultimi periodi. E provate a parlare con gli interessati: “Non ce la faccio più, non è più un lavorare a queste condizioni” vi risponderanno per una considerevole parte di loro.

Sì, è vero che la CM 16, sottolineando il “valore educativo dell’esperienza scolastica” che, con priorità riconosciuta, risiede “nell’introiezione lenta e profonda della conoscenza che acquista significato se diventa contemporaneamente opportunità per l’assunzione di comportamenti consapevoli e responsabili, dando luogo a quel processo, progressivo e «faticoso», di assimilazione critica del reale” si propone, al tempo stesso, di “valorizzare il ruolo degli insegnanti”. Come mai, allora, non si è pensato prima di prendere gli operatori della Scuola nella considerazione che loro spetta? Intanto se ne vanno, sempre più numerosi, sempre più sfiduciati, disillusi e delusi da un lavoro che è arrivato al punto di sfibrare, disamorare, allontanare da quella che un tempo veniva poeticamente dipinta come la nobile missione dell’educare.
La normativa scolastica vigente, poi, in materia di violenze perpetrate in scuola, va altalenando fra il consigliare/sconsigliare l’uso delle sanzioni disciplinari da una parte e, dall’altra, l’auspicare il ricorso a una serie efficace di strategie di recupero.
Il 24 giugno 1998, rammento, fu introdotto nella legislazione scolastica, con il D.P.R. n° 249, lo “Statuto delle Studentesse e degli Studenti” che volgeva a scoraggiare l’adozione di soluzioni radicali, quale quella della “sospensione” dalle attività didattiche, andando a privilegiare e a suggerire piuttosto un insieme di provvedimenti educativi volti a recuperare lo studente reo di violenze e a responsabilizzarlo senza allontanarlo dal contesto scolastico di appartenenza.

Educare o convincere? Oppure convincere educando? Vi pare cosa semplice a realizzarsi? Forse che la Scuola s’è sempre divertita a chiudere un occhio, due occhi, di fronte a incresciosi fatti di bullismo? Forse che sino a oggi non s’è fatta preoccupazione e non s’è presa cura alcuna del fenomeno? Forse che non ha escogitato e messo in atto procedimenti educativi per recuperare le devianze? Parrebbe, dalle raccomandazioni indirizzate, che gli insegnanti non abbiano ancora preso la determinazione di affrontare il problema. Ma sarebbe più esatto dire che le hanno provate tutte e, in certi casi che non sono poi così infrequenti e occasionali, proprio non sanno più quali pesci pigliare.
Perché, diciamola tutta, è inutile educare senza convincere. Perché chi fruisce di un percorso educativo deve in esso vedere un senso chiaro e leggibile, deve farsi una ragione del motivo per cui quel senso è tutt’una cosa con i significati che egli, consciamente o meno, va cercando nella propria vita. Perché sia egli stesso, lo studente, a trasformare questo percorso di ricerca in convinzioni relative le quali, opportunamente orchestrate in un contesto di rispetto reciproco, andranno infine a costituire il fondo della sua personalità. Ed il discorso si farebbe di necessità molto più ampio.

Ma torniamo per un momento alla CM in parola, perché colpisce alquanto la tentata originalità con la quale sono offerte alcune indicazioni interpretative in merito all’erogazione di sanzioni disciplinari a carico degli alunni trasgressori della legalità in scuola. A parte l’opportunità di sospendere o meno gli studenti colpevoli, anche sino a quindici giorni qualora sussista la qualificazione di reato grave o di pericolo per l’incolumità altrui e propria, la normativa pone in fieri tutta una ricca gamma di provvedimenti atti a semplificare le “procedure previste per l’irrogazione di sanzioni disciplinari” e pone particolare enfasi sulla scelta, alternativa all’atto sanzionatorio, di “percorsi educativi di recupero”.
Ma, poi, non ci si limita a fornire suggerimenti; si elargiscono anzi promesse attorno all’avvio di azioni concrete – e che altro! verrebbe da dire – di “programmi di sostegno alla qualità dell’insegnamento e di promozione della salute, di prevenzione del disagio giovanile e di contrasto alla violenza, al bullismo e all’illegalità.”
Con quali mezzi? Ancora la buona volontà dei docenti e il loro sacrificio quotidiano nel cercare con fantasia rinnovata soluzioni che non si trovano e che nessuno è in grado di garantire? Con l’impeto professionale di molti educatori che sono finiti, essi sì, a piena ragione, in mano allo psichiatra perché colti da crisi di panico pochi giorni prima appena che riprendano le attività scolastiche? Incredibile, ma vero.

Ma gli ideali della CM 16 vanno più in là, abbracciano la soluzione volta a istituire osservatori regionali permanenti per monitorare il fenomeno del bullismo, altra ramificazione burocratica foriera di ammassi di statistiche le quali non fanno altro che parlare di se stesse a se stesse. Senza trascurare il personale della Scuola che, giustamente, dovrà seguire opportuni percorsi di formazione e aggiornamento in servizio.
E, scusate tanto, abbiamo quasi finito di caricare lo zaino, già grave di incombenze, sulla schiena degli insegnanti? Se guardassimo un po’ oltre, nello spazio e nel tempo? La CM 16, a onor del vero, produsse un sensibile sforzo in questa direzione, nel tentativo di coinvolgere tutte le componenti delle realtà scolastiche, mettendo altresì a disposizione un numero verde – 800.66.96.96 – attivo dal lunedì al venerdì, ore 10/13 e 14/19, per segnalare casi e richiedere consigli utili.
Un particolare di non poca importanza va sottolineato: la CM 16 fa cenno ai videogiochi cercando di mettere in luce il bene e il male che da essi si può trarre, nella convinzione – educativamente plausibile – che sia più che necessario “abituare i giovani a «smontare» i prodotti, a coglierne le connessioni e a individuare criticamente le scelte che vi sono sottese.” – Si propone, nello stesso tempo, di agire in modo da sensibilizzare i genitori nella scelta che essi stessi avallano all’atto dell’acquisto. A questo scopo è disponibile la classificazione PEGI (Pan European Game Information), utile per una adeguata autoregolamentazione in merito. Ultime ma non meno importanti vengono menzionate le trasmissioni, da TV e da cinema, che, quelle sì in prima linea, dovrebbero essere sottoposte a regolamentazione severa.

Poi tutto tace. Nello spazio e nel tempo, avevo accennato. Sì, perché non si rimanda mai, o quasi mai se non in sede di terapia d’emergenza, a quanto si verifica in ambiti extrascolastici ai danni dei nostri studenti né si pone mente a tutta una sequenza di vissuti che, lungo il volgere dell’arco evolutivo, hanno dato un colore specifico alla scena inter-relazionale del cui sapore il bambino, ogni bambino, si è nutrito. Forse i tentativi che stiamo prodigando non sono altro che tamponi applicati qua e là – l’educazione alla salute, l’educazione alla legalità non sono soltanto dell’altro ieri – e intanto i fenomeni di bullismo e di un più generalizzato disadattamento scolastico vanno estendendosi a macchia d’olio, aggrediscono con disinvoltura le soglie di età abbassandole con il semplice tocco di un dito e si dimostrano sempre più resistenti ai tentativi di contenimento.

Ho profuso anch’io tante parole, forse inutili ancora; è dunque bene chiedere venia, accingendomi allora a riportare una breve poesia che di tutto quanto è stato declamato fa un riuscito compendio, meglio sicuramente di tanta carta scritta. Eccola, è di Tina Turco Mercurio, tratta dal periodico “A.N.E.B.” (Associazione Nazionale Educatori Benemeriti, Cuneo), n° unico, anno 2006:

“Non chiedetemi come e perché

ho barattato mio padre

con un motorino.

Non chiedetemi come e perché

ho cercato il paradiso

in una siringa.

Non chiedetemi come e perché

prima ho violentato

e poi ho ucciso.

Chiedetevi come e perché

ci avete dato un motorino,

una siringa…

… una pistola per uccidere.”

– Tina Turco Mercurio

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