La quarta Battaglia voluta dallo Stato Maggiore dell’Esercito italiano ossia dal suo capo, generale Luigi Cadorna, divampò dal 10 novembre sino al 2 dicembre 1915. Le azioni si svolsero nei settori del Monte San Michele (Sud di Gorizia), del Podgora (Ovest di Gorizia, con il Monte Calvario) e di Plava (sulla sponda sinistra dell’Isonzo, ai margini occidentali della Bainsizza, Nord di Gorizia e del Sabotino). Le Armate italiane 2a e 3a, a partire dal 18 novembre, colpirono Gorizia con il lancio di oltre 3.000 colpi d’artiglieria, ma nel complesso non si registrò alcun progresso remunerativo. Il San Michele continuò a restare in possesso degli Honved ungheresi. Osserva John R. Schindler: “Tutto ciò che Cadorna riuscì a guadagnare alla fine della quarta battaglia era costituito dalle rovine dell’abitato di Oslavia, da poche trincee sul Podgora e da alcune inutili posizioni sul versante nord del San Michele”. Con quelle prime quattro “spallate” Cadorna era ben riuscito a immolare alla causa italiana decine di migliaia di giovani vite, sacrificate con grande eroismo dei singoli, ma inutilmente. È notorio che chi attacca ha sempre perdite maggiori da chi è appostato in difesa, perché maggiormente esposto all’insulto del fuoco nemico. Nel contesto considerato vediamo un Cadorna che si ostina a spingere all’attacco i reparti su una linea estesa, fidando nella potenza d’urto di una massa di armati senza peraltro rendersi consapevole che così facendo non sortiva altro risultato che quello di offrire alla linea nemica un facile e ghiotto bersaglio; a ogni attacco, infatti, erano innumerevoli le vittime che cospargevano di sangue il campo di battaglia e i risultati sul piano della conquista erano e rimanevano quasi del tutto assenti.
La lotta, strenuamente ingaggiata in un ambiente infernale, quasi immersi i Combattenti nel fango e nell’acqua, colpiti per giunta dal diffondersi di un’epidemia di colera, lasciò sul campo di battaglia quasi 49 mila vittime italiane e più di 25 mila austroungariche.
La quarta “spallata”
