Con il nome di Perpetua si vuole generalmente indicare la domestica del sacerdote, tuttavia con esso si vuole ricordare la figura di una Santa e Martire cristiana. È strano, ma la figura di Perpetua esercita, per me, un’attrazione particolare. La storia di Perpetua e Felicita è nota attraverso la lettura della passio di cui Perpetua scrisse la parte principale. Entrambe morirono martiri per non aver voluto abbandonare la propria fede cristiana. Perpetua, giovane di ventidue anni, era stata sposata e allattava il suo bebè che le fu portato anche in cella al tempo della sua carcerazione. Felicita invece era una schiava, al momento della descrizione in stato di avanzata gravidanza. Il padre di Perpetua, che era pagano, tentò ripetutamente di dissuadere la figlia dall’abbracciare la religione cristiana. Furono la rievocazione di questi tentativi, i sentimenti materni nutriti da Perpetua e da Felicita e le visioni di Perpetua a rendere celebre la passio.

Vibia Perpetua, una nobile e colta matrona di Cartagine di ventidue anni, madre di un bambino che ancora allattava, fu arrestata insieme ai suoi servi Revocato, Saturnino, Secondolo e Felicita, convertiti al Cristianesimo da Saturo. Nel 202 un decreto dell’imperatore Settimio Severo (193-211) aveva proibito a tutti i cittadini dell’impero di diventare cristiani, ma Perpetua rifiutò di fare sacrifici agli dei.
Dopo il loro arresto, e prima di essere condotti in prigione, i cinque catecumeni furono battezzati. Perpetua e Saturo lasciarono fedeli e puntuali resoconti delle sofferenze e dei patimenti subiti durante la prigionia, delle loro visioni e di tutte le vicissitudini succedutesi prima della loro esecuzione.
Poco dopo la morte dei cinque martiri, un cristiano ha aggiunto a questi documenti preziosi anche il racconto dell’esecuzione.
Il buio e l’atmosfera oppressiva della prigione terrorizzavano Perpetua, che era anche molto in ansia per la vita del suo bambino. Due diaconi riuscirono a far visita ai prigionieri, alleviandone un po’ le sofferenze. Anche la madre e il fratello catecumeno fecero visita a Perpetua la quale poté riabbracciare e nutrire il suo bambino, tenendolo in cella con sé.
Si narra che Perpetua avesse avuto una visione: saliva su una scala stretta, sui cui lati erano fissati ogni genere di strumenti di ferro (spade, lance, arpioni, lunghi coltelli, spiedi), in modo tale che chi trascurava di guadare verso l’alto finisse dilaniato, impigliato nei ferri; fino a raggiungere un prato verde, in cui pascolava un gregge di pecore. Da questo capì di essere prossima al martirio. Anche Saturo tramandò per iscritto le sue presunte visioni.
Il 7 marzo, durante uno spettacolo castrense per celebrare il compleanno del cesare Geta, i cinque catecumeni furono condotti nell’anfiteatro. In seguito alla richiesta della folla furono dapprima fustigati, poi un cinghiale, un orso e un leopardo furono aizzati contro gli uomini, e una mucca selvaggia contro le donne. Feriti dalle bestie feroci si baciarono secondo il rito per l’ultima volta prima di essere uccisi. I loro corpi furono sepolti a Cartagine.
Una meravigliosa basilica, chiamata Basilica Maggiore, fu eretta nel luogo in cui i martiri furono sepolti. Alfred Louis Delattre, proprio in questa basilica, scoprì un’antica iscrizione recante i nomi dei martiri.
La loro festa venne celebrata, anche al di fuori dei confini dell’Africa, il 7 marzo. Perpetua e Felicita sono invocate nelle litanie dei santi, specialmente durante la veglia pasquale della Chiesa cattolica, e il loro nome è inserito anche nel canone romano.
Nel 439 le reliquie di santa Perpetua, all’approssimarsi dell’invasione dei Vandali, furono trasferite a Roma, poi da lì, nell’843, per mano dell’arcivescovo di Bourges, san Raoul, all’abbazia di Dèvres (o Deuvre), a Saint-Georges-sur-la-Prée. Dopo che quest’abbazia fu saccheggiata dai Normanni nel 903, le reliquie furono trasferite a Vierzon, nel sito dell’attuale municipio. Da lì furono traslate nella chiesa di Notre Dame di Vierzon nel 1807, dove sono state conservate fino a ora. Perpetua fu proclamata patrona di Vierzon. Nel 1632 quella città fu gravemente colpita da un’epidemia di peste: gli abitanti allora fecero ricorso alla santa portandone in processione le reliquie, e fecero il voto che, se la peste fosse cessata, avrebbero incastonato la sua testa in un reliquiario d’argento. La peste effettivamente cessò.
(Foto e parti del file tratte dal sito Wikipedia)